Il binomio uso personale - entità minima esclude la punibilità

La coltivazione casalinga” di piantine di marijuana non è punibile, quando la condotta sia inoffensiva, ossia quando l’entità sia minima e l’uso sia esclusivamente personale. Queste condizioni, difatti, escludono la possibile diffusione della sostanza producibile e/o l’ampliamento della coltivazione.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 33835, depositata il 30 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello confermava la condanna dell’imputato per aver coltivato piante di canapa indiana. Avverso la sentenza ricorreva per cassazione il p.g. deducendo l’insussistenza in concreto di un fatto punibile attesa l’inoffensività della condotta, in presenza di quantità trascurabili di sostanza stupefacente destinata all’esclusivo uso personale. Interpretazione rigida. Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, la coltivazione di piante destinata alla produzione di stupefacente è una condotta sempre punibile in quanto esclusa, dagli artt. 75 e 73 d.p.r. n. 309/90, dall’ambito della detenzione finalizzata all’uso personale, sanzionata in va amministrativa . Tuttavia, questa interpretazione risulta essere abbastanza rigida se si considera che possa comportare la punibilità della produzione minima della sostanza stupefacente per conclamato uso personale. Trattamento sanzionatorio diverso tra detenzione e coltivazione. La Cassazione sviluppa il proprio ragionamento argomentativo partendo dal richiamo alla sentenza n. 360/1995, in base alla quale viene affrontato il tema dell’offensività in senso astratto e concreto considerando il tema del diverso trattamento tra mera detenzione e coltivazione di sostanze stupefacenti. Tale sentenza indica quale sia, valutata sotto il profilo dell’offensività, l’ambito del pericolo presunto del reato di coltivazione di stupefacenti, individuando così l’ambito d’assenza di offensività della condotta. La coltivazione non ha immediato collegamento con l’uso personale e nemmeno un vincolo diretto ed immediato con il consumo, dal momento che ha a che fare con le diverse fasi della produzione di droga. Essa è punita – specifica il Collegio - in ragione del carattere di aumento della disponibilità e della possibilità di ulteriore diffusione . Diversamente, la detenzione ha per sua natura un oggetto determinato e controllabile sotto il punto di vista della quantità. Essa è strettamente collegata alla successiva destinazione della sostanza. Pertanto – come affermato dalla Corte Suprema - è punibile solo quando è destinata all’uso di terzi, mentre se destinata all’uso personale, è punibile con sanzione amministrativa . Da considerare il principio d’offensività. In sostanza, l’azione tipica della coltivazione si individua all’accertamento della destinazione della sostanza, bastando che sia realizzato il pericolo presunto. Tuttavia, nell’individuazione del compimento dell’azione tipica, va applicata la regola necessaria dell’offensività in concreto, ossia - chiarisce la Corte - pur realizzata l’azione tipica, dovrà escludersi la punibilità di quelle condotte che siano in concreto inoffensive . Tale condizione, ricorre quando la condotta dimostri tale levità da essere irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcuna ulteriore diffusione della sostanza. Come si riconosce l’inoffensività della condotta? Aggiunge la Cassazione, che l’ambito di tale riconoscibile inoffensività è, ragionevolmente, quello del conclamato uso personale e della minima entità della coltivazione, tale da escludere la possibile diffusione della sostanza producibile e/o all’ampliamento della coltivazione l’onere della prova, spettando all’accusa dimostrare la realizzazione del fatto tipico, va ritenuto tendenzialmente a carico dell’imputato anche se è probabile che la condizione di inoffensività sia di immediata percezione . L’uso era personale e la quantità minima il fatto non sussiste. Nel caso di specie, la valutazione di non offensività fatta dal p.g. era corretta, dal momento che era stato sequestrato un vaso con due piantine di marijuana. Dalla prima potevano ricavarsi 750 mg di foglioline, con THC pari all’1,48% pertanto erano presenti 11 mg di THC quantitativo inferiore al valore della quantità massima detenibile, equivalente a poco meno di 1/2 di dose media singola . Dalla secondo potevano ricavarsi 500 mg di foglioline, con THC pari all’1,59% per cui erano presenti 8 mg di THC quantitativo inferiore al valore della quantità massima detenibile, equivalente a circa 1/3 di dose media singola . In conclusione, è indubbia l’assoluta inconsistenza della coltivazione del caso in esame, tanto da escludere che in concreto sia stata realizzata la lesione del bene tutelato dalla norma. La Corte annulla, quindi, senza rinvio l’impugnata sentenza perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 aprile – 29 luglio 2014, n. 33835 Presidente Milo – Relatore Di Stefano Considerato in fatto Il procuratore generale della Repubblica presso la sezione distaccata di Corte di Appello di Sassari propone ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Sassari che il 7 febbraio 2013 confermava la condanna di P.A. per aver coltivato piante di canapa indiana, deducendo con primo motivo la illegittimità costituzionale della norma penale applicata e con secondo motivo la insussistenza in concreto di un fatto punibile attesa la inoffensività della condotta, in presenza di quantità trascurabili di sostanza stupefacente destinata all'esclusivo uso personale. Chiede quindi l'annullamento di tale sentenza. Ritenuto in diritto Il ricorso è fondato. Il primo motivo è superato in quanto attiene alla questione di costituzionalità superata dalla recente decisione della Corte Costituzionale sentenza 32/2014 che ha annullato la disposizione che unificava il trattamento sanzionatorio per i vari tipi di droga. È fondato il secondo motivo che pone la questione della sussistenza nel caso concreto di una effettiva offensività della coltivazione di canapa indiana realizzata dall'imputato si tratta di questione assorbente rispetto alla comunque necessaria revisione del trattamento sanzionatorio essendo applicabili le meno gravi sanzioni della normativa precedente al 2006 , poiché ne consegue l'esclusione della sussistenza del reato per il quale era stata disposta condanna. Può qui darsi per nota la giurisprudenza di questa Corte che, a Sezioni Unite, ha affermato che la coltivazione di piante destinate alla produzione di stupefacente è una condotta sempre punibile in quanto esclusa, dagli artt. 75 e 73 d.p.r. 309/90, dall'ambito della detenzione finalizzata all'uso personale, sanzionata solo in via amministrativa. Rispetto ad una tale interpretazione che, così come formulata, risulta indubbiamente rigida laddove si ritenga comportare anche la punibilità della produzione di minima sostanza per conclamato uso personale, va considerato il tema della offensività in concreto. Prima di affrontare l'argomento più in dettaglio, può rammentarsi in estrema sintesi che, proprio nel contesto della riconosciuta punibilità di qualsiasi tipo di coltivazione senza distinzione tra una coltivazione in senso economico ed una coltivazione casalinga , il tema della offensività si è posto ed è stato utilizzato in vario modo - innanzitutto si è considerato se possa ritenersi offensiva una condotta di coltivazione prima che si sia realizzato il prodotto con capacità drogante. Al riguardo è stato affermato che, attesa la espressa previsione della coltivazione quale attività in tema di stupefacenti per la quale la legge formula un espresso divieto, tale divieto non possa che riguardare la coltivazione del dato tipo di pianta in ogni sua fase, realizzandosi la condotta ancor prima che la pianta arrivi a maturazione e produca la sostanza drogante, purché, ovviamente sia idonea alla effettiva produzione Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l'offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, attese la formulazione delle norme e la ratio della disciplina, anche comunitaria, in materia, sicché non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente Fattispecie in cui è stata affermata l'idoneità offensiva della condotta di coltivazione in considerazione della qualità dei prodotti già ricavati dalla stessa piantagione . Sez. 6, n. 22459 del 15/03/2013 - dep. 24/05/2013, Cangemi, Rv. 255732 . Poi, sulla scia di quanto affermato da questa Corte a Sezioni Unite laddove è stato ritenuto che la coltivazione sia un comportamento sempre vietato, senza doversene distinguere la possibile finalità quanto alla successiva distribuzione del prodotto, si è affermato che la offensività in concreto manchi quando il prodotto finale non abbia alcuna capacità drogante ipotesi che, in realtà, potrebbe essere anche risolta con riferimento alla non realizzazione della fattispecie tipica che è quella di una pianta con un adeguato contenuto di principio drogante Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l'offensivita della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile . Conforme, Sez. U. 24 aprile 2008, Valletta, non massimata . Vedi Corte cost. n. 360 del 1995 e n. 296 del 1996 . Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008 - dep. 10/07/2008, Di Salvia, Rv. 239921 . Tesi ribadita, con affermazione che invero sembra negare la fondatezza di quanto si dirà oltre, da Sez. 4, n. 43184 del 20/09/2013 - dep. 22/10/2013, Carioti e altro, Rv. 258095 Pertanto, e conclusivamente, la condotta è inoffensiva soltanto se essa è priva della concreta attitudine ad esercitare, anche in misura assai limitata, minima, l'effetto psicotropo evocato dal già richiamato D.P.R., art. 14. Esulano, quindi, dalla sfera dell'illecito solo le condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui, quanto alla presenza del principio attivo, da non poter indurre, neppure in misura trascurabile, la modificazione dell'assetto neuropsichico dell'utilizzatore per converso, anche dosi inferiori a quella media singola ben possono configurare il delitto in esame Sez. 4, n. 21814 del 12/05/2010, Renna, Rv. 247478 . Ed ancora, altra giurisprudenza ha considerato il carattere di offensività in concreto con maggiore attenzione alla ragione per la quale è affermato la sanzionabilità comunque della coltivazione, individuando il non infrequente caso in cui, pur realizzata la condotta tipica, che comprende anche la produzione di una pur minima sostanza con efficacia psicotropa, il carattere ridotto della coltivazione non consenta di ritenere raggiunta la soglia di offesa in concreto del bene tutelato La coltivazione domestica di una piantina di canapa indiana contenente principio attivo pari a mg. 16, posta in un piccolo vaso sul terrazzo di casa, costituisce condotta inoffensiva ex art. 49 cod. pen., che non integra il reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990. Sez. 4, n. 25674 del 17/02/2011 - dep. 28/06/2011, P.G. in proc. Marino, Rv. 250721 in motivazione 3. Ciò detto e venendo al caso di specie, è da ritenere che il giudice di merito abbia fatto buon governo dei principi illustrati, laddove ha riconosciuto a fronte delle oggettive circostanze del fatto e della modestia dell'attività posta in essere coltivazione domestica di una piantina posta in un piccolo lo vaso sul terrazzo di casa, contenete un principio attivo di mg. 16 , una condotta del tutto inoffensiva dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice . Nel caso posto con il ricorso del PG, interessa considerare l'applicabilità e la rilevanza ai fini della decisione del tema della offensività come prospettato da tale ultima decisione. Si deve quindi considerare come operi nel nostro ordinamento il principio di offensività, tema sul quale si è più volte pronunciata la Corte Costituzionale. Innanzitutto è rilevante la sentenza 360/1995 in quanto affrontava il tema di offensività in astratto/offensività in concreto proprio considerando il tema del diverso trattamento tra mera detenzione e coltivazione di piante stupefacenti. Tale sentenza difatti indica anche quale sia, valutato sotto il profilo della offensività, l'ambito del pericolo presunto del reato di coltivazione di stupefacenti, in tale modo individuando indirettamente l'ambito in cui, si vedrà, può valutarsi la assenza di offensività della condotta del P. . in sintesi, secondo la sentenza 360/1995 - La scelta normativa di distinguere fra detenzione e coltivazione è collegata ad un atteggiamento meno rigoroso nei confronti del consumo degli stupefacenti, attività che viene valutata in termini di illiceità ma in modo ben diverso rispetto alla attività di distribuzione di stupefacente a terzi. - Per tale ragione quelle condotte che risultino immediatamente e direttamente collegate all'uso di stupefacenti, quale è la detenzione della sostanza da parte del medesimo consumatore che intende utilizzarla, non possono che avere il medesimo trattamento del consumo applicazione della sola sanzione amministrativa di cui all'art. 75 d.p.r. 309/90 . - Tale situazione non ricorre, invece, nel caso della coltivazione che, in termini generali, nella prospettiva del legislatore, non ha affatto tale immediato collegamento con l'uso personale in quanto, in assenza di un vincolo diretto ed immediato con il consumo, ha a che fare con le diverse fasi della produzione ed approvvigionamento di droga. - La differenza è ancora più evidente se si tiene conto che la detenzione ha per sua natura un oggetto determinato e controllabile sotto il punto di vista della quantità, cosa che invece non ricorre nel caso della produzione sia per la indeterminatezza del quantitativo da produrre sia per trattarsi di condotta con capacità di ulteriore diffusione atteso, appunto, che si tratta di coltivazione. - In tale differenza si rileva il pieno rispetto del principio di offensività in astratto nella formulazione della norma da parte del legislatore, essendovi un giustificato diverso giudizio di disvalore per la previsione della sanzione penale in qualsiasi caso di coltivazione. Infatti ciò che viene sanzionato non è il consumo ma la creazione di nuova disponibilità di droga e di condizioni per la ulteriore diffusione dello stupefacente in ragione dell'aumento delle occasioni di vendita a terzi dovuto all'accrescimento dei quantitativi da coltivare. Questo rende del tutto ragionevole la previsione diversificata. - In tale stesso contesto, però, la Corte Costituzionale, pur considerando che il principio di offensività è certamente rispettato sotto il profilo della tecnica normativa, ragione questa per cui tale disciplina supera il vaglio di costituzionalità, pone al di fuori il profilo della offensività specifica della singola condotta ovvero spetterà al giudice distinguere l'ipotesi in cui la condotta in concreto non abbia alcuna attitudine alla messa in pericolo del bene tutelato. - Da qui la affermazione che la assenza di capacità drogante della sostanza coltivata rende di per sé inoffensivo il reato nel caso concreto ed il rilievo che spetta al legislatore individuare una nozione di coltivazione che funga da discrimine tra condotte sanzionate penalmente e non. Sono rilevanti al fine in esame altre affermazioni della Corte Costituzionale in tema di offensività in concreto, indicative di come la stessa vada verificata nell'ambito della ipotesi di condotta che, pur pienamente conforme al tipo, non è in alcun modo in grado di ledere l'interesse tutelato. Sentenza Corte Costituzionale 260/2005 decisione in tema di contravvenzione di cui all'articolo 707 codice penale il principio di offensività opera su due piani, rispettivamente della previsione normativa, sotto forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo, di un bene o interesse oggetto della tutela penale offensività in astratto , e dell'applicazione giurisprudenziale offensività in concreto , quale criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l'interesse tutelato v. sentenze numeri 360 del 1995, 263 e 519 del 2000, ove viene appunto definita la duplice sfera di operatività, in astratto e in concreto, del principio di necessaria offensività, quale criterio di conformazione legislativa delle fattispecie incriminatrici e quale canone interpretativo per il giudice Si deve però tenere presente che la particolare configurazione della contravvenzione in esame lascia aperta la possibilità che si verifichino casi in cui alla conformità del fatto al modello legale non corrisponde l'effettiva messa in pericolo dell'interesse tutelato. Il giudice chiamato a fare applicazione della norma dovrà pertanto operare uno scrutinio particolarmente rigoroso circa la sussistenza del requisito dell'offensività in concreto, verificando la specifica attitudine funzionale degli strumenti ad aprire o forzare serrature . Sentenza Corte Costituzionale 513/2000 . alla lesività in astratto, intesa quale limite alla discrezionalità del legislatore nella individuazione di interessi meritevoli di essere tutelati mediante lo strumento penale, suscettibili di essere chiaramente individuati attraverso la formulazione del modello legale della fattispecie incriminatrice, fa riscontro il compito del giudice di accertare in concreto, nel momento applicativo, se il comportamento posto in essere lede effettivamente l'interesse tutelato dalla norma v. di recente, proprio con riferimento a un reato previsto dal codice penale militare di pace, sentenza n. 263 del 2000, nonché sentenza n. 360 del 1995 . Risulta particolarmente utile per le conclusioni cui si giungerà, valutare la sentenza 139/2014 della Corte Costituzionale che rispondeva al dubbio di costituzionalità sulla assenza di soglia minima di punibilità per il reato di omesso versamento di contributi previdenziali. La Corte, con riferimento ad un caso nel quale la perplessità del giudice rimettente derivava dal fatto che, pur essendo nel caso di specie certamente realizzato il fatto tipico, risultava eccessiva la sanzione penale per soli 24 Euro omessi, rammentava come il problema non trovi soluzione nel sindacato della scelta normativa quindi la offensività in astratto , bensì nella valutazione della offensività in concreto Da ultimo, con riferimento all'ordinanza n. 262 del 2013 in cui il rimettente fa presente che il giudizio è relativo ad un omesso versamento di 24,00 Euro, occorre ricordare che questa Corte ha già precisato che resta precipuo dovere del giudice di merito di apprezzare - alla stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta concreta - se essa, avuto riguardo alla ratio della norma incriminatrice, sia, in concreto, palesemente priva di qualsiasi idoneità lesiva dei beni giuridici tutelati sentenza n. 333 del 1991 . Il legislatore ben potrà, anche per deflazionare la giustizia penale, intervenire per disciplinare organicamente la materia, fermo restando il rispetto del citato principio di offensività che ha rilievo costituzionale . Quindi l'omissione di pagamento di soli 24 Euro integra il fatto ma può non essere giudizio dal quale la Corte ovviamente si astiene lesivo del bene tutelato. È opportuna una revisione della disciplina legislativa, ma la valutazione di sussistenza della offensività in concreto della condotta resta obbligo del giudice atteso che il principio di offensività ha rilievo costituzionale . Si possono quindi trarre le conclusioni che serviranno poi alla decisione per il singolo caso È indubbio che il reato di coltivazione venga ritenuto sostanzialmente diverso da quello di mera detenzione dello stupefacente sia nella giurisprudenza costituzionale sopra sintetizzata che nella giurisprudenza di questa Corte - la coltivazione non può essere direttamente ricollegata all'uso personale ed è punita di per sé in ragione del carattere di aumento della disponibilità e della possibilità di ulteriore diffusione. - la detenzione è condotta che, invece, è strettamente collegata alla successiva destinazione della sostanza ed è qualificata da tale destinazione pertanto è punibile solo quando è destinata all'uso di terzi mentre, se destinata all'uso personale, ha la sanzione amministrativa corrispondente a tale ultima condotta. Perciò l'azione tipica della coltivazione si individua senza alcun riguardo all'accertamento della destinazione della sostanza bastando che sia realizzato il pericolo presunto quale sopra specificato. Ma, proprio nella individuazione del compimento della azione tipica nel singolo caso, va applicata la regola di necessaria sussistenza della offensività in concreto ovvero, pur realizzata l'azione tipica, dovrà escludersi la punibilità di quelle condotte che siano in concreto inoffensive . Per il caso in questione, tale condizione ricorre per quelle condotte che dimostrino tale levità da essere sostanzialmente irrilevante l'aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcuna ulteriore diffusione della sostanza. Ovvero, a fronte della realizzazione della condotta tipica, che è la coltivazione di una pianta conforme al tipo botanico e che abbia, se matura, raggiunto la soglia di capacità drogante minima, il giudice potrà e dovrà valutare se la condotta stessa sia del tutto inidonea alla realizzazione della offensività in concreto. L'ambito di tale riconoscibile inoffensività è, ragionevolmente, quello del conclamato uso esclusivamente personale e della minima entità della coltivazione tale da escludere la possibile diffusione della sostanza producibile e/o l'ampliamento della coltivazione l'onere della prova, spettando all'accusa dimostrare la realizzazione del fatto tipico, va ritenuto tendenzialmente a carico dell'imputato anche se è probabile che la condizione di inoffensività sia di immediata percezione. Risulta quindi corretta la valutazione del procuratore generale che ha proposto impugnazione laddove ritiene che tale totale assenza di offensività in concreto ricorre nel caso di specie in cui all'imputato risultava sequestrato un vaso con due piantine dell'altezza di 33 cm di marijuana la prima dalla quale potevano ricavarsi circa 750 mg di foglioline, con THC pari all'1,48 %, pertanto, erano presenti 11 mg di THC quantitativo inferiore al valore della quantità massima detenibile, equivalente a poco meno di Y2 di dose media singola e la seconda dalla quale potevano ricavarsi circa 500 mg di foglioline, con THC pari all'1,59%, per cui erano presenti 8 mg di THC quantitativo inferiore al valore della quantità massima detenibile, equivalente a circa 1/3 di dose media singola . Indubbiamente la assoluta inconsistenza della coltivazione in questione fa escludere che in concreto sia stata realizzata la lesione del bene tutelato dalla norma. Non necessitando ulteriori apprezzamenti di fatto, poiché è sufficiente quanto accertato e valutato dalla sentenza impugnata per decidere nel senso dell'accoglimento del ricorso con assoluzione dell'imputato ritenendo che il fatto non sussiste non è stato realizzato il fatto con le sue caratteristiche di aggressività del bene giuridico l'annullamento deve essere pronunciato senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.