Non è indispensabile la traduzione del provvedimento di sequestro preventivo

Ai sensi del novellato art. 143 c.p.p., modificato dall’art. 1 d.lgs. n. 31/2014, il provvedimento di sequestro preventivo, a differenza delle misure cautelari personali, non rientra fra gli atti fondamentali che danno diritto alla traduzione, in quanto tale provvedimento non costituisce atto d’indagine probatoriamente rilevante e può essere disposto anche nei confronti di persona non soggetta a indagine e non destinataria di informazione di garanzia.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33402, depositata il 29 luglio 2014. Il caso. Cinque soggetti sottoposti a indagini proponevano ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale che, confermando il decreto di sequestro emesso dal Gip, riteneva sussistere il fumus del reato di lottizzazione abusiva. Mancata conoscenza della lingua italiana. Nell’analizzare il ricorso, la Corte di Cassazione si sofferma sul motivo di gravame inerente la mancata traduzione degli atti nella lingua dei destinatari non cittadini italiani. L’ordinanza impugnata si è attenuta in tema di traduzione degli atti ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo i quali l’essere cittadino straniero o apolide non costituisce per la persona raggiunta dal provvedimento giudiziario un elemento sufficiente ad assicurare il diritto alla traduzione degli atti, posto che, ai sensi dell’art. 143, comma 1, c.p., vigente all’epoca dei fatti, tale diritto sussiste allorché sia accertata la mancata conoscenza della lingua italiana in capo alla persona stessa Cass., Sez. IV, n. 39157/13 Cass., SU, n. 25932/08 . Tale principio deve essere confrontato nel caso in esame con la circostanza che i ricorrenti hanno acquistato un immobile in Italia alcuni anni prima del sequestro e ne rivendicano l’utilizzazione continua, così escludendosi una loro permanenza occasionale in territorio italiano e una non episodica gestione dell’immobile posseduto. Traduzione atti. La Corte di Cassazione rileva, inoltre, che l’art. 1 del d.lgs. n. 31/2014, in attuazione della direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, ha modificato l’art. 143 c.p.p. Come emerge dal nuovo testo del predetto articolo, modificato in senso più favorevole al diritto alla persona, il provvedimento di sequestro preventivo, a differenza delle misure cautelari personali, non rientra fra gli atti fondamentali” che danno diritto alla traduzione, e questa circostanza va valutata alla luce del fatto che il sequestro preventivo non costituisce atto d’indagine probatoriamente rilevante e può essere disposto anche nei confronti di persona non soggetta a indagine e non destinataria di informazione di garanzia. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta questo motivo di ricorso e annulla l’ordinanza impugnata in riferimento alla prescrizione del reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 maggio – 29 luglio 2014, numero 33402 Presidente Mannino– Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con il citato provvedimento che disponeva il sequestro preventivo di numerosi immobili, il Giudice delle indagini preliminari aveva in estrema sintesi affermato a Che dagli atti d'indagine emerge che nelle località OMISSIS sono state realizzate condotte lottizzazione mediante frazionamento dei lotti, atti di compravendita e atti di edificazione di civile abitazione b Che l'attività lottizzatoria è stata effettuata in zone qualificate come E3 Agricole Produttive e censite in plurimi mappali ai Fogli 11, 17, 6, 12, 8, 9 e 7 del Catasto e in contrasto con le prescrizioni del P.T.C.P. della Regione Liguria in particolare articolo 49 e 52 e delle norme di attuazione del P.d.F. articolo 42 che tutelano aree caratterizzati da uliveti e gravate dall'obbligo per i privati di coltivare e completare il manto di ulivi, consentendo la realizzazione di edifici soggetti a specifici limiti descritti a pag. 7 dell'ordinanza c Che nell'arco di pochi anni le aree interessate sono state interessate da attività edificatorie, oggetto di concessione edilizia o di permesso di costruire, che le hanno di fatto e illecitamente connotate di carattere urbano-residenziale come accertato anche con sentenza del T.A.R. Liguria in data 7/2/2011 d Che le attività edificatorie hanno avuto luogo in gran parte in epoca successiva all'anno 2003, che la maggior parte degli edifici abusivi non è ancora ultimata e che le stesse opere di urbanizzazione primaria realizzate nell'area risultano carenti e da completare a regola d'arte e Che questo rende il reato di lottizzazione ancora in essere non essendosi verificata la cessazione della permanenza, con conseguente non operatività di ipotesi di prescrizione del reato f Che versandosi in ipotesi di lottizzazione è prevista dall'articolo 44, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001, numero 380 come obbligatoria la confisca delle aree interessate dall'illecito. 2. Decidendo sulle istanze di riesame proposte da più destinatari del decreto di sequestro, alcuni dei quali non soggetti a indagine da parte della procura della Repubblica ma proprietari dei lotti e degli immobili interessati, il Tribunale di Imperia con l'ordinanza qui impugnata ha ritenuto sussistere il fumus del reato di lottizzazione abusiva ha escluso che la mancanza di contestuale notificazione dell'informazione di garanzia renda nullo il provvedimento di sequestro ha escluso che la nullità dell'atto discenda dalla mancata traduzione dello stesso nella lingua dei destinatari non cittadini italiani ha ritenuto che l'obbligatorietà della confisca discendente dalla legge sia da sola idonea a giustificare il sequestro e non occorra individuare diverse esigenze cautelari, peraltro in linea generale esistenti che la estraneità al reato di alcuni destinatari del sequestro non è sufficiente in ipotesi di lottizzazione abusiva per escludere nei loro confronti la confiscabilità del bene e il relativo sequestro preventivo che non sussistono vizi motivazionali e che la fondata questione relativa alla inutilizzabilità della consulenza del Pubblico ministero non essendo rispettati i termini per le indagini in difetto di rituali proroghe non fa venire meno l'esistenza di elementi di fatto che fondano il fumus di reato, emergendo in modo evidente dai sopralluoghi e dalle acquisizioni documentali l'esistenza di un vasto intervento lottizzatorio non autorizzato, che travolge la legittimità dei singoli permessi di costruire rilasciati dall'ente territoriale che i singoli acquirenti hanno quanto meno colposamente ignorato la chiara illegittimità dei permessi e l'esistenza di indici evidenti di lottizzazione, alla quale hanno dato in tal modo un contributo rilevante che non sussiste l'invocata prescrizione dei reati, attese la natura permanente della lottizzazione abusiva e l'attualità delle opere di urbanizzazione che l'istanza dei sigg. G. e R. non può trovare accoglimento in quanto non sussiste legittimazione per i meri possessori di un bene che risulta di proprietà della sig.ra G. e che a costei è stato sequestrato. 3. Avverso tale decisione sig. propongono ricorso gli avv.ti Giovanni Maria Bocchiardo e Aldo Prevosto nell'interesse dei sigg. S. e D.A. , persone sottoposte a indagine, in sintesi lamentando a. Vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod. proc. penumero ed errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero per essere assenti sia il fumus di reato sia la motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato, attese le caratteristiche dell'immobile, isolato dal contesto, e attesa l'esistenza di permesso di costruire risalente al 2003 e di validazione da parte degli enti territoriali e delle Soprintendenza b. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett.b cod. proc. penumero con riferimento all'articolo 157 cod. penumero , posto che l'immobile fu terminato nel mese di novembre 2007 e che non sussistono opere di urbanizzazione in atto. 4. Gli avv.ti Maria Grazia e Giuseppe Acquarone propongono ricorso nell'interesse del sig. U.P.A. , persona soggetta a indagine, in sintesi lamentando a. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero per omess traduzione in lingua tedesca dell'atto di sequestro e dell'informazione di garanzia e atti collegati b. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett.b cod. proc. penumero con riferimento all'assenza dell'informazione di garanzia e con riferimento al rispetto delle garanzie difensive ex articolo 369 e 369-bis cod. proc. penumero e. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett.b cod. proc. penumero per mancata partecipazione del difensore alla redazione del verbale di sequestro. 5. L'avv. Francesco Pintucci propone ricorso nell'interesse dei sigg. G. e R. , persone non soggette a indagine, in sintesi lamentando a. Vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod. proc. penumero per avere il Tribunale omesso di considerare gli elementi che depongono per la titolarità effettiva del bene e per l'interesse dei ricorrenti ad opporsi al provvedimento di sequestro ai sensi dell'articolo 322 cod. proc. penumero b. Errata applicazione di legge ex articolo 606, lett. b cod. proc. penumero dell'articolo 321 cod. proc. penumero e dell'articolo 44 del d.P.R. 6 giugno 2001, numero 380 per essere i promissari acquirenti terzi in buona fede, che utilizzano il bene dal 2006 uti dominus e che non hanno in alcun modo concorso al reato neppure incorrendo in profili di colpa. Considerato in diritto 1. La Corte osserva preliminarmente che il ricorso proposto dai sigg. G. e R. risulta alla data odierna inammissibile, risultando sopravvenuto il provvedimento con cui l'immobile sequestrato è stato restituito nella disponibilità degli aventi diritto, con conseguente perdita di interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronuncia da parte di questa Corte. La circostanza che l'interesse alla decisione sia venuto meno a seguito di provvedimento dell'autorità giudiziaria sopravvenuto all'impugnazione esclude che i ricorrenti possano essere gravati delle spese del presente grado. 2. Venendo all'esame dei restanti ricorsi, la Corte ritiene di dover prendere le mosse dal motivo di ricorso che concerne la mancata traduzione degli atti nella lingua dei destinatari non cittadini italiani. L'ordinanza impugnata è stata emessa al mese di luglio 2013 e si è attenuta in tema di traduzione degli atti ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo i quali l'essere cittadino straniero o apolide non costituisce per la persona raggiunta dal provvedimento giudiziario un elemento sufficiente ad assicurare il diritto alla traduzione degli atti, posto che, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, allora vigente, tale diritto sussiste allorché sia accertata la mancata conoscenza della lingua italiana in capo alla persona stessa si vedano Sez.4, numero 39157 del 18/1/2013, Burkhart Sez. Unumero , numero 25932 del 29/5/2008, Ivanov . Ai fini di tale accertamento, da compiersi nel momento in cui il provvedimento viene emesso ed eseguito, il principio ora ricordato deve essere confrontato nel caso in esame con la circostanza che i ricorrenti hanno acquistato un immobile in Italia alcuni anni prima del sequestro e ne rivendicano l'utilizzazione continua, così escludendosi una loro permanenza occasionale in territorio italiano e una non episodica gestione dell'immobile posseduto. Va, poi, considerato che il ricorso proposto dai Difensori del sig. U. affronta non solo la questione in rito circa l'omessa traduzione degli atti, ma anche il merito di tutti i passaggi essenziali del provvedimento cautelare e dell'ordinanza del tribunale del riesame, così che va esclusa l'esistenza di una limitazione del diritto di difesa, che sul piano concreto ha avuto modo di esprimersi in maniera completa ed efficace. 3. La Corte non può, tuttavia, fare a meno di rilevare che l'articolo 1 del d.lgs. 4 marzo 2014, numero 31, la cui rubrica recita Diritto all'interprete e alla traduzione degli atti fondamentali , in attuazione della direttiva 2010/64/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010 sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, ha modificato l'articolo 143 cod. proc. penumero nei termini che seguono 1. L'imputato che non conosce la lingua italiana ha diritto di farsi assistere gratuitamente, indipendentemente dall'esito del procedimento, da un interprete al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti e lo svolgimento delle udienze cui partecipa. Ha altresì diritto all'assistenza gratuita di un interprete per le comunicazioni con il difensore prima di rendere un interrogatorio, ovvero al fine di presentare una richiesta o una memoria nel corso del procedimento. 2. Negli stessi casi l'autorità'procedente dispone la traduzione scritta, entro un termine congruo tale da consentire l'esercizio dei diritti e della facoltà' della difesa, dell'informazione di garanzia, dell'informazione sul diritto di difesa, dei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali, dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, dei decreti che dispongono l'udienza preliminare e la citazione a giudizio, delle sentenze e dei decreti penali di condanna. 3. La traduzione gratuita di altri atti o anche solo di parte di essi, ritenuti essenziali per consentire all'imputato di conoscere le accuse a suo carico, può essere disposta dal giudice, anche su richiesta di parte, con atto motivato, impugnabile unitamente alla sentenza. 4. L'accertamento sulla conoscenza della lingua italiana è compiuto dall'autorità' giudiziaria. La conoscenza della lingua italiana è presunta Fino a prova contraria per chi sia cittadino italiano. 5. L'interprete e il traduttore sono nominati anche quando il giudice, il pubblico ministero o l'ufficiale di polizia giudiziaria ha personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare. 6. La nomina del traduttore per gli adempimenti di cui ai commi 2 e 3 è regolata dagli articoli 144 e seguenti del presente titolo. La prestazione dell'ufficio di interprete e di traduttore è obbligatoria . 4. Come emerge dal testo s dell'articolo 143 cod. proc. penumero , modificato in senso più favorevole al diritto della persona, il provvedimento di sequestro preventivo, a differenza delle misure cautelari personali, non rientra fra gli atti fondamentali che danno diritto alla traduzione, e questa circostanza va valutata alla luce del fatto che il sequestro preventivo non costituisce atto d'indagine probatoriamente rilevante e può essere disposto anche nei confronti di persona non soggetta a indagine e non destinataria di informazione di garanzia. 5. Tale precisazione, che impone comunque di non qualificare come viziato un atto assunto in epoca anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. numero 32 del 2014, non impedisce alla Corte di mettere in evidenza come il testo dell'articolo 143 cod. proc. penumero introdotto da tale decreto imponga all'autorità giudiziaria una particolare attenzione alle esigenze di informazione sui diritti di difesa e un obbligo di traduzione degli atti entro un termine congruo compatibile con l'esercizio di tali diritti. Il che significa che, una volta accertato che la persona non conosce la lingua italiana, questa dovrà essere posta in condizione di comprendere quale sia l'ipotesi di reato per cui si procede, quali ragioni fondano il provvedimento cautelare e quali sono i diritti esercitabili per contrastare detta misura. Tale indicazione appare chiaramente desumibile dal comma 3 del nuovo articolo 143 cod. proc. penumero , che autorizza a richiedere al giudice la traduzione anche di parte soltanto degli atti rilevanti la persona destinataria di provvedimenti giudiziali che non sia a conoscenza della lingua italiana. 6. Merita, invece, accoglimento il motivo di ricorso proposto dai sigg. S. e D.A. , che esplica efficacia generale e opera anche in favore della posizione U. ex articolo 587 cod. proc. penumero , con riferimento al tema della prescrizione del reato. La Corte ritiene che si sia in presenza di una errata applicazione della legge e che la motivazione adottata dal Tribunale sia in radice carente e renda l'ordinanza meritevole di annullamento. Per quanto riguarda il tema della prescrizione, la conclusione cui il Tribunale perviene richiamando le opere di urbanizzazione primaria e secondaria appare alla Corte sostanzialmente priva di una motivazione che la sorregga con riguardo alle singole posizioni sottoposte al suo esame. 7. La valutazione circa il maturare dei termini prescrizionali non può non muovere dagli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza di legittimità, che si è fatta carico di analizzare le conseguenze che si collegano alle differenti situazioni di fatto e alla differenti posizioni dei soggetti agenti. Questa Sezione, con la sentenza numero 20671 del 20/03/2012, D'Alessandro, ha affermato il principio che In tema di lottizzazione abusiva, la permanenza del reato per il venditore lottizzatore cessa solo con il completamento dell'attività edificatoria eseguita dagli acquirenti sui singoli lotti o con il verificarsi di interventi esterni incidenti sul reato, come il sequestro preventivo o l'intervento dell'ente territoriale competente, mentre, per ciascuno dei singoli acquirenti che non hanno dato causa alla lottizzazione ex articolo 41 cod. penumero , cessa con la conclusione della attività da ognuno di essi posta in essere sul proprio lotto . Tale principio non esaurisce i possibili casi che concernono i singoli acquirenti, per i quali non è esclusa la rilevanza di condotte di urbanizzazione direttamene legata al lotto da loro acquistato e destinato ad uso residenziale. E anche questo è profilo che l'ordinanza impugnata omette di affrontare. 8. Quanto osservato impone di concludere che la motivazione dell'ordinanza risulta del tutto generica e priva di indicatori individualizzanti che pongano le affermazioni generali in rapporto alle singole posizioni, così pervenendo a un criterio di cessazione tanto generico della permanenza da non risultare coerente con la necessità di fissarne i termini caso per caso e sulla base di elementi fattuali e logici precisi. 9. Sotto diverso profilo, poi, l'ordinanza impugnata non chiarisce le ragioni per le quali l'atto di trasferimento del bene in favore di ciascuno dei ricorrenti presenterebbe profili di illegittimità, per così dire, intrinseci e tali da imporre in capo all'acquirente un dovere di accertamento e di cautela che non sarebbe stato rispettato. L'ordinanza non chiarisce, infatti, quali profili di contraddittorietà del singolo rogito si pongano in contrasto con la presunzione di legittimità dell'atto amministrativo e costituissero un indicatore di attenzione disatteso dall'acquirente. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso di G.B. e R.G. per sopravvenuta carenza di interesse. Annulla l'ordinanza impugnata nei confronti dei restanti ricorrenti e rinvia al Tribunale di Imperia.