Dopo un incidente, la prima cosa da fare è tirare il freno a mano

L’obbligo di fermarsi è imposto a seguito di un sinistro per prestare l’assistenza eventualmente occorrente nei confronti di chi abbia potuto subire un danno, anche se questo non si sia poi verificato in concreto.

E’ quanto emerge dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 33408, depositata il 29 luglio 2014. Il caso. Ai sensi dell’art. 189, commi 6 e 7, c.d.s., la Corte d’appello di Trieste condannava un imputato per non essersi fermato e aver prestato assistenza in seguito ad un incidente stradale. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando la mancanza di un bisogno effettivo dell’investito. A suo giudizio, non vi era dolo, in quanto mancava la consapevolezza della necessità di assistenza, e la Corte d’appello si sarebbe limitata genericamente ad evocare la sussistenza del dolo eventuale. Obbligo di fermarsi. Analizzando il ricorso, la Corte di Cassazione ricordava che l’obbligo di fermarsi è imposto a seguito di un sinistro per prestare l’assistenza eventualmente occorrente nei confronti di chi abbia potuto subire un danno, anche se questo non si sia poi verificato in concreto. Nel caso di specie, l’affermazione di responsabilità era derivata dal fatto che il ricorrente, dopo l’investimento della vittima un motociclista , lo avesse aggredito verbalmente, senza sincerarsi delle sue condizioni, mentre altre persone lo soccorrevano. Subito dopo, l’imputato si era allontanato. Situazione chiara. La vittima, quindi, si trovava in una situazione di indubbia e visibile difficoltà dopo essere caduto dalla moto, tanto evidente che alcune persone erano intervenute in aiuto. Di conseguenza, senza dubbi il ricorrente era venuto meno al suo dovere di solidarietà, avendo inveito contro la vittima, non essendosi sincerato delle sue condizioni ed essendosi allontanato repentinamente. Tali comportamenti, secondo i giudici di legittimità, correttamente erano stati ricondotti alla sfera del dolo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 maggio – 29 luglio 2014, n. 33408 Presidente Romis – Relatore Blaiotta Motivi della decisione 1. Il Tribunale di Udine ha affermato la responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine ai reati di cui all'art. 189, commi 6 e 7, del codice della strada. La sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Trieste. 2. Ricorre per cassazione l'imputato. Si assume che non esisteva una situazione di bisogno effettivo dell'investito motociclista F. Non vi era dolo, mancando la consapevolezza della necessità di assistenza. La Corte d'appello ha trascurato l'esigenza, ritenuta dalla giurisprudenza di legittimità, di un'effettiva oggettiva necessità e si è limitata ad evocare genericamente la sufficienza del dolo eventuale. La Corte, comunque, parla di sommarietà, di frettoloso allontanamento che evocano la colpa e non il dolo. I giudici non hanno minimamente preso in considerazione il colposo errore sul fatto. 3. Il ricorso è infondato. La sentenza impugnata considera che la giurisprudenza impone l'obbligo di fermarsi a seguito di un sinistro per prestare l'assistenza eventualmente corrente nei confronti di chi abbia potuto subire danno, indipendentemente dal fatto che tale danno si sia verificato in concreto. L'imputato, di fronte al motociclista investito e caduto si è limitato ad attribuirgli la responsabilità dell'incidente con espressioni virulente. Non rileva che i danni non fossero evidenti e macroscopici e che altri si fossero fermati a prestare soccorso. L'imputato ha inoltre frettolosamente ed unilateralmente escluso la propria responsabilità e si è allontanato dando luogo ad una condotta quantomeno caratterizzata da dolo eventuale. Tutti i testi e la vittima hanno riferito che, dopo l'investimento del motociclista, l'imputato lo ha aggredito a male parole senza sincerarsi di come stesse, mentre altri lo aiutavano ad alzarsi e lo soccorrevano. Indi si è allontanato. Di qui l'affermazione di responsabilità. Tale apprezzamento appare immune da censure logiche o giuridiche. La vittima versava in una situazione di indubbia e visibile difficoltà, essendo caduta dal proprio motociclo a seguito dell'urto, tanto che alcune persone erano intervenute per soccorrerla. In tale situazione correttamente si è ritenuto che l'imputato sia venuto meno al suo fondamentale dovere di solidarietà, per aver inveito contro la vittima, per non essersi sincerato della sua reale condizione, per essersi allontanato inopinatamente e senza dare conto di sé. Tutti comportamenti che con apprezzamento immune da vizi logici il giudice di merito riconduce alla sfera del dolo. Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.