La prosecuzione del sequestro probatorio deve essere giustificata

In tema di sequestro probatorio, ai fini della legittimità dello stesso, non è necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo del reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la semplice possibilità del rapporto di queste con il reato. Tuttavia, non può mai mancare la motivazione in merito alla funzione probatoria del vincolo e alle condizioni legittimanti la sua prosecuzione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33229, depositata il 28 luglio 2014. Il caso. Con ricorso per cassazione è impugnata l’ordinanza con la quale il gip ha respinto una istanza di restituzione formulata nell’interesse dell’indagato, concernente beni appresi in esecuzione di un provvedimento di perquisizione e sequestro adottato dal pm nell’ambito delle indagini preliminari relative ai reati di corruzione e turbativa d’asta. Il ricorrente denuncia vizio di carenza assoluta di motivazione riguardo alle condizioni legittimanti la prosecuzione del vincolo. La funzione strumentale del sequestro. La funzione strumentale del sequestro si legittima con riguardo all’accertamento del fatto ipotizzato, e non quando si debba ancora identificare il fatto meritevole dell’investigazione. Nel caso di specie, non sono apprezzate né la funzione probatoria del vincolo, né la questione della pertinenza della cosa allo specifico delitto in contestazione, pertanto il provvedimento impugnato appare privo del contenuto motivazionale minimo esigibile. L’utilità probatoria. La prosecuzione del sequestro, specie riguardo al denaro può essere giustificata nell’ottica dell’utilità probatoria, oppure stabilendo che il vincolo deve continuare nella prospettiva dell’eventuale confisca, così assumendo natura e funzioni preventive. In ogni caso, ribadisce la Corte di Cassazione, si deve fare applicazione del principio secondo cui in tema di sequestro probatorio, ai fini della legittimità dello stesso non è necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo del reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la semplice possibilità del rapporto di queste con il reato Cass., Sez. VI, n. 1683/13 . Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 aprile – 28 luglio 2014, n. 33229 Presidente Ippolito– Relatore Leo Ritenuto in fatto 1. È impugnata l'ordinanza del 6/12/2013 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma - a norma dell'art. 263, comma 5, cod. proc. pen. - ha respinto una istanza di restituzione formulata nell'interesse di V.M. L'istanza concerneva beni appresi in esecuzione di un provvedimento di perquisizione e sequestro adottato dal pubblico ministero nell'ambito delle indagini preliminari relative ai reati di corruzione e turbativa d'asta, in ipotesi commessi con riguardo ad un bando dell'Agenzia del Demanio del Lazio per l'assegnazione di un'area sita nel piazzale OMISSIS , a fini di riqualificazione e di realizzazione di parcheggi. Il Giudice del merito ha considerato generiche le indicazioni di V. circa la provenienza della somma rinvenuta nella sua disponibilità detta somma sarebbe stata versata al ricorrente da P.D. , relativamente ad una consulenza per la partecipazione al bando in questione . Ha considerato anomalo che V. avesse istruito personale dipendente dal P. sul preciso momento in cui l'offerta avrebbe dovuto essere presentata, considerando tra l'altro gi accertati e frequenti contatti tra l'odierno ricorrente ed il direttore dell'Agenzia del Demanio del Lazio, durante tutto l'arco della vicenda. Per tali ragioni ha ritenuto sussistere il fumus necessario e sufficiente per la prosecuzione del sequestro. 2. Nell'interesse di V.M. il Difensore ha dedotto, con unico motivo, la illegittimità del sequestro. Dopo aver ricordato che in una cassetta di sicurezza nella disponibilità del ricorrente è stata sequestrata, tra l'altro, la somma contante di 100.000 Euro, si precisa nel ricorso che V. è pensionato dal 2006, e dal 2012 non fa più parte del Comitato di gestione dell'Agenzia del territorio, ente comunque diverso dall'Agenzia del Demanio. Egli ha dunque perso da tempo la qualità di pubblico ufficiale, e solo in qualità di consulente avrebbe coadiuvato P. nella partecipazione all'asta bandita per l'area di OMISSIS , ricevendone un compenso di 35.000 Euro. La porzione ulteriore del denaro accantonato sarebbe riferibile a risparmi personali dell'indagato o di suoi familiari, e la sua conservazione in termini di liquidità sarebbe connessa alla necessità di pagare debiti pertinenti alla farmacia acquistata da un figlio dell'interessato. Il provvedimento impugnato sarebbe del tutto carente di motivazione in ordine alla finalizzazione probatoria del vincolo, e finanche alla pertinenza a reato delle cose sequestrate. Nello stesso contesto il Difensore assume che nel corso dell'udienza camerale il pubblico ministero avrebbe modificato la contestazione, ripiegando sull'ipotesi di reato prevista dall'art. 346-bis cod. pen., e così violando il diritto di difesa degli interessati tra l'altro prendendo la parola per ultimo . Il reato di turbativa d'asta non sarebbe quindi più configurabile. Considerato in diritto 1. Il ricorso de quo - ammissibile alla luce del principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte Sentenza n. 9857 del 30/10/2008, Manesi, rv. 242290 - è anche fondato, relativamente al denunciato vizio di carenza assoluta di motivazione riguardo alle condizioni legittimanti la prosecuzione del vincolo. 2. Il decreto di perquisizione locale dal quale sono scaturiti i sequestri de quibus ipotizzava a carico di V.M. , e dei coindagati A. e P. , i reati di corruzione propria capo b e di turbativa d'asta capo a . Pare di comprendere, sulla base degli atti, che l'imputazione provvisoria sia stata parzialmente disattesa dal Giudice della cautela, essendosi constatato come all'epoca dei fatti V. non svolgesse funzioni pubbliche, o comunque funzioni pertinenti al procedimento amministrativo preso in considerazione. Piuttosto, l'odierno ricorrente avrebbe assunto funzioni di mediatore tra gli esponenti della Flora Energy e non meglio indicati funzionari dell'Agenzia per il demanio, dando vita al reato di cui all'art. 346-bis cod. pen In sostanza, rispetto al reato di corruzione configurato dal Pubblico ministero, si è esclusa finanche la sussistenza del fumus necessario e sufficiente a legittimare l'atto di sequestro. Sennonché il Giudice della cautela non è giunto neppure ad enunciare e quindi, men che meno, a documentare, sia pure nella prospettiva di valutazione tipica della sede l'ipotesi alternativa di reato cui dovrebbe connettersi la misura cautelare. Si è scritto piuttosto e solamente che non risulta assolutamente chiaro il ruolo ricoperto dal V. nel bando di gara pubblicato dall'agenzia del demanio del Lazio”. Ora, per quanto si discuta nella specie di una cautela reale, sembra chiaro piuttosto come spetti al pubblico ministero, e per quanto gli compete al giudice, indicare con accettabile precisione il fatto storico cui si riferisce la cautela, e la relativa qualificazione giuridica. La funzione strumentale del sequestro - e dunque il regime peculiare della prova che ad esso sottende - si legittima con riguardo all'accertamento del fatto ipotizzato, e non quando si debba ancora identificare il fatto meritevole dell'investigazione. Nella specie, come detto, manca l'enunciazione, prima ancora che la valutazione, di un traffico d'influenza. E di tale fattispecie, per l'effetto, resta oscuro qualunque possibile profilo di rilievo. D'altra parte, anche volendo ammettere che il provvedimento impugnato sia stato deliberato con riferimento concorrente al delitto di turbativa d'asta, non sono apprezzate, con riferimento pur sommario alle circostanze del caso concreto, né la funzione probatoria del vincolo, almeno con riguardo al denaro sul quale principalmente si concentra l'attenzione del ricorrente , né la questione della pertinenza della cosa allo specifico delitto in contestazione. La prosecuzione della cautela reale, in caso di carenza originaria o sopravvenuta della sua utilità ai fini della prova, va disposta dal giudice con un provvedimento assunto secondo il disposto concorrente degli artt. 262, comma 3, e 321 cod. pen., avuto particolare riguardo, nella prospettiva di una eventuale confisca, al comma 2 di tale ultima norma . Ora, pur volendo ammettere che il provvedimento impugnato sia stato sostanzialmente assunto in applicazione delle norme indicate, è agevole constatare come lo stesso provvedimento sia comunque privo del contenuto motivazionale minimo esigibile. È appena necessario premettere, al proposito, come non sia sufficiente l'enunciazione di una regola astratta, ma occorra almeno la enunciazione che nel caso di specie ricorrono le condizioni di fatto utili all'applicazione della fattispecie. In altre parole, non è sufficiente rammentare che il corpo del reato può essere oggetto di sequestro, essendo piuttosto indispensabile se non solo, almeno la chiara indicazione del reato e delle ragioni di strumentalità o pertinenza della cosa sequestrata. Nella specie non risulta affrontato, neppure per implicito, il tema della utilità probatoria della conservazione del vincolo, il che risulta risolutivo almeno riguardo alla somma di denaro, il cui possesso da parte del ricorrente potrebbe e potrà essere dimostrato su base documentale. Che si tratti poi di corpo del reato è assunto che dovrebbe postulare almeno l'enunciazione del reato in questione e della specifica funzione assunta dalla cosa nell'economia del fatto illecito. Dovrebbe essere stabilito, ad esempio, se si ipotizza che il denaro proveniente da P. costituisse il compenso per il traffico d'influenza, o fosse destinato alla corruzione di pubblici funzionari, o comunque dovrebbe essere chiarito come potesse risultare strumentale alla turbativa d'asta. 3. È quindi necessario provvedere all'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata. La prosecuzione del sequestro - specie riguardo al denaro - potrà essere giustificata nell'ottica dell'utilità probatoria, oppure stabilendo che il vincolo deve continuare nella prospettiva dell'eventuale confisca, così assumendo natura e funzioni preventive. In ogni caso si farà applicazione del principio secondo cui in tema di sequestro probatorio, ai fini della legittimità dello stesso non è necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato delle cose oggetto del vincolo, essendo sufficiente la semplice possibilità del rapporto di queste con il reato” Sez. 6, Sentenza n. 1683 del 27/11/2013, rv. 258416 . Va per altro chiarito, al proposito, che la possibilità” non può essere intesa nel senso di una compatibilita del tutto astratta, ed avulsa dalle caratteristiche del caso concreto, quasi che il sequestro possa considerarsi legittimo tutte le volte in cui non ricorrano elementi idonei a dimostrare, in termini perentori, che la cosa non è pertinente al reato o non ne rappresenta il corpo od il frutto. Ciò a maggior ragione quando si tratti di un sequestro del quale l'instaurazione e la prosecuzione trovino la propria giustificazione sostanziale non nella rilevanza probatoria del vincolo, quanto piuttosto nella sua strumentalità ad una futura ed ipotetica confisca. Tanto da imporre, per l'eventualità d'una riconosciuta carenza originaria o cessazione delle esigenze cautelari, l'adozione di una misura cautelare finalizzata alla conservazione della cautela cioè il sequestro preventivo art. 262, comma 5, cod. proc. pen. , con il corrispondente corredo di natura indiziaria. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma per nuovo esame.