La ricognizione è presidiata da regole formali, ma per la difesa l’attimo è … fuggente!

La violazione dell’art. 213, comma 1, c.p.p. in caso di ricognizione di persona - a differenza che nel caso di individuazione di persona ovvero di riconoscimento informale - determina una nullità relativa che se, ad esempio, è avvenuta in sede di udienza preliminare, in presenza del difensore, va eccepita prima del compimento dell’atto, ovvero se non è possibile immediatamente dopo, in quanto, in difetto di tempestiva eccezione, l’atto conserva la sua efficacia.

La sez. V Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 32941, depositata il 24 luglio 2014, detta le regole che disciplinano le ricognizioni personali e chiarisce il regime delle nullità che ne fungono da presidio. L’importanza del riconoscimento formale o informale. La ricognizione personale è ancora oggi, nonostante l’assurgere a sempre maggiore importanza delle prove scientifiche, un mezzo di prova di utilizzo assolutamente frequente, ma il cui esito si è dimostrato invero, in diverse occasioni, non sempre capace di attingere quel grado elevatissimo di attendibilità che costituisce il presupposto indefettibile per una sentenza penale di condanna. Nella fase delle indagini preliminari, l’omologo strumento investigativo, diffusamente utilizzato anche dalla P.G., assume il nome di individuazione di cose o di persone e trova la sua disciplina nel dettato normativo dell’art. 361 c.p.p Nel corso della istruttoria dibattimentale il mezzo di prova corrispondente assume il nome di ricognizione personale e la disciplina normativa si ritrova negli artt. 213 e ss c.p.p Al di là di tali figure normativamente delineate e inserite l’una nella fase delle indagini preliminari e l’altra nella fase processuale, l’esperienza giurisprudenziale ha elaborato un tertium genus , definito riconoscimento informale , qualificato come prova atipica e, dunque, inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all’art. 189 c.p.p E del rispetto delle forme che lo presidiano Il ruolo svolto dalla memoria visiva rende, come già si è anticipato, particolarmente delicato il compimento di atti basati su percezioni sensoriali le incrinature del ricordo dovute al decorso del tempo, o anche a disturbi della memoria verificatisi prima dell'effettuazione formale dell'atto o a semplici contingenti difficoltà di percezione possono dare luogo, infatti, a pericolose distorsioni nelle risultanze di questo mezzo probatorio. Proprio sulla base di tali rilevi, il legislatore ha, da un lato, circondato la ricognizione personale ex art. 213 c.p.p. di particolari cautele e, dall’altro, dettato una analitica disciplina degli adempimenti preliminari, proprio al fine di scongiurare o limitare ogni possibile distorsione e, comunque, offrire al giudice un bagaglio di informazioni utili per potere correttamente valutare la prova ed il suo grado di attendibilità. Infatti il giudice, prima di procedere all'assunzione della prova, invita chi debba eseguire la ricognizione a descrivere verbalmente la persona da riconoscere, indicando tutti i particolari che ricorda. Il giudice deve poi accertare a se chi deve effettuare la ricognizione sia già stato in precedenza chiamato ad eseguire un riconoscimento della medesima persona e se abbia già, prima o dopo il fatto per cui si procede, visto anche riprodotto in fotografia o su altro supporto di qualsiasi natura il soggetto da riconoscere c se la persona da riconoscere gli sia stata indicata o descritta d conclusivamente, se sussistono altre circostanze che, in ogni modo, possano influire sull'attendibilità della ricognizione. E la rilevanza della loro violazione Come già si è anticipato, le regole formali appena cennate sono dettate dal codice di procedura penale per la sola ricognizione personale che avvenga nel corso del dibattimento. Quid iuris nel caso di loro violazione? E nel caso di loro violazione in sede di individuazione personale avvenuta nella fase delle indagini preliminari? Ovvero nel caso di riconoscimento informale? La pronuncia che si annota costituisce la cartina tornasole di tali situazioni. Nel caso in esame, l’imputato era, infatti, stato oggetto di ricognizione personale in sede di rito abbreviato condizionato e riconosciuto dalla persona offesa quale autore di un furto con strappo della borsetta della vittima. Avverso la sentenza di primo grado aveva interposto appello la difesa, evidenziando come la ricognizione non fosse stata preceduta dalle formalità di rito di cui all’art. 213 c.p.p. e che, pertanto, doveva ritenersi nulla. La Corte di Appello di Bari aveva, tuttavia, rigettato le doglianze difensive, richiamando precedenti giurisprudenziali attinenti alla ricognizione informale in cui si era riconosciuta la non necessarietà del rispetto delle formalità preliminari alla ricognizione di cui all’art. 213 c.p.p La pronuncia della Corte d’Appello è oggetto di ricorso per cassazione, richiamando il ricorrente il presidio della nullità previsto dallo stesso art. 213, comma 3, c.p.p., proprio per la violazione di dette forme. Nei distinguo della Cassazione Gli Ermellini non possono che riconoscere che la ricognizione personale di cui all’art. 213 c.p.p. è effettivamente tutelata dal presidio di forme, la cui violazione è sanzionata dalla nullità prevista al comma 3 dello stesso articolo. Diversa, invece, e in effetti carente di sanzione – osserva la Suprema Corte –, la disciplina della ricognizione informale, invocata però impropriamente dal giudice di secondo grado. Resta, tuttavia, il problema di qualificare il regime della nullità che inficia la ricognizione personale nel caso di mancato rispetto delle formalità ex lege previste. Sul punto, la Corte è altrettanto rigorosa. La difesa, pur presente all’assunzione della prova, aveva eccepito la nullità solo in sede di appello avverso la sentenza di condanna di primo grado, con la conseguenza, altrettanto formale, ma inappuntabile, che, trattandosi di nullità relativa, la stessa andava eccepita prima del compimento dell’atto, se possibile, ovvero immediatamente dopo. La difesa, dunque, aveva colto nel segno nel rilevare la nullità dell’atto, tuttavia detta nullità era stata sollevata tardivamente, allorchè sulla stessa era ormai irrimediabilmente calata la mannaia della sanatoria, con conseguente rigetto del ricorso per cassazione proposto. É appena il caso di ricordare che la giurisprudenza di legittimità, non dissimilmente, in tema di individuazione assunta nel corso delle indagini preliminari evidenzia come neppure sia previsto che l'atto di ricognizione fotografica debba essere preceduto dalla descrizione delle fattezze fisiche della persona, adempimento preliminare imposto per il solo diverso mezzo di prova della ricognizione di persona disciplinato dall'art. 213 c.p.p. Cass., n. 47937/2012 .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 maggio – 24 luglio 2014, n. 32941 Presidente Dubolino – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa in data 17 febbraio 2009, confermata dalla Corte d'appello di Bari il 27 febbraio 2013, il G.U.P. del Tribunale di Bari, all'esito di rito abbreviato condizionato all'espletamento di formale ricognizione di persona, condannava alla pena di giustizia B.V., per il delitto di furto con strappo di una borsa contenente denaro ed effetti personali, sottratta con violenza a M.T., dopo aver aperto lo sportello anteriore, lato passeggero, dell'autoveicolo da lei condotto. 1.1 In particolare entrambi i giudici di merito ritenevano certa l'identificazione dell'imputato, fondata sulla immediata individuazione fotografica ad opera della persona offesa, in fase investigativa, e sulla successiva ricognizione personale. 2. Contro la sentenza propone ricorso per Cassazione l'imputato, con atto sottoscritto dal difensore, avv. N.Q., affidato a due motivi. 2.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettera E, in relazione all'art. 213 cod. proc. pen., con riferimento all'efficacia probatoria della ricognizione formale, da ritenersi nulla, per l'omissione degli atti preliminari previsti dalla norma processuale sul punto si contesta il richiamo alla giurisprudenza affermatasi in tema di incidente probatorio, non applicabile al caso di specie. Quanto all'individuazione fotografica, si rinnova la censura di inattendibilità del suo esito, poiché alla denunciante fu mostrata una foto scattata successivamente al momento dei fatti. Inoltre si censura la mancata acquisizione del documento, ai sensi dell'articolo 441, comma 5, cod. proc. pen., inutilmente sollecitata al giudice di primo grado inoltre si censura la motivazione del giudice di appello sui dubbi espressi in sede di impugnazione, che non sono stati efficacemente fugati. 2.2 Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione della decisione di appello, in ordine alla qualificazione giuridica del reato, il quale correttamente doveva essere ricondotto al furto commesso con destrezza, essendo quello il reato progettato dall'imputato poiché la resistenza della vittima è insorta solo successivamente, allorché la donna si accorse della sottrazione della borsa, ciò non consentiva di configurare l'ipotesi di furto ex art. 624 bis cod. pen Considerato in diritto 1. Il ricorso va rigettato. 1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato, anche se i vizi denunciati sono da escludere per ragioni diverse da quelle indicate nella sentenza impugnata. È infatti innegabile essendo testualmente previsto dal comma 3 della disposizione che l'inosservanza della procedura descritta dall'art. 213 cod. proc. pen. determina la nullità della ricognizione il giudice invita chi deve eseguire la ricognizione a descrivere la persona indicando tutti i particolari che ricorda gli chiede poi se sia stato in precedenza chiamato a eseguire il riconoscimento se, prima e dopo il fatto per cui si procede, abbia visto, anche se riprodotta in fotografia o altrimenti, la persona da riconoscere se la stessa gli sia stata indicata o descritta e se vi siano altre circostanze che possano influire sull'attendibilità del riconoscimento. Anche per questo il secondo comma prevede che il verbale dia atto degli adempimenti previsti dal comma 1 e delle dichiarazioni rese. 1.2 La giurisprudenza richiamata dalla Corte d'appello di Bari non è quindi applicabile alla fattispecie concreta, poiché riguarda il riconoscimento informale, comunemente definito individuazione di persona proprio per distinguerlo dalla ricognizione di persona , al quale pacificamente non si applica la disciplina dell'art. 213 cod. proc. pen., trattandosi di prova atipica, inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all'art. 189 cod. proc. pen 1.3 Piuttosto va considerato che secondo la migliore dottrina la violazione dell'art. 213, comma 1, cod. proc. pen. determina una nullità relativa della ricognizione, per cui, essendo intervenuta davanti al giudice dell'udienza preliminare, in presenza del difensore, essa andava eccepita prima dei suo compimento, ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo , ai sensi dell'art. 182, comma 2, cod. proc. pen., motivo per cui, in caso di mancata tempestiva eccezione, l'atto rimane efficace. Nel caso di specie il ricorrente ha dedotto il vizio per la prima volta solo con l'atto di appello, sicchè la nullità della ricognizione è rimasta sanata e, di conseguenza, la prima censura è infondata. 1.4 Quanto poi all'inattendibilità dei riconoscimento, la censura è apodittica e, comunque, attinente al merito dell'individuazione, in quanto relativa al suo risultato è l'affermazione che il riconoscimento sarebbe stato inficiato dalla distanza temporale del fatto, Va considerato che la vittima ha reiteratamente riconosciuto l'imputato come l'autore del reato in sede investigativa, nell'immediatezza dei fatti, sulla base della visione delle foto segnaletiche, peraltro descrivendone anche le caratteristiche fisiche in udienza preliminare, attraverso la ricognizione formale e che la doglianza di falsità dell'immagine mostrata alla M. la foto sarebbe stata scattata in epoca successiva a quella in cui fu mostrata alla persona offesa non ha alcun riscontro negli atti processuali, così come accettati dall'imputato con la richiesta di giudizio abbreviato subordinato solo alla ricognizione di persona. 1.4 Quanto alla doglianza di mancata riapertura dell'istruttoria, proprio al fine di acquisire tale foto, va ricordato che la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen., è doverosa in caso di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, salvo il limite costituito da richieste di prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti diversamente, nell'ipotesi contemplata dall'art. 603, comma 1, cod. proc. pen., la rinnovazione è subordinata alla condizione che il giudice ritenga, nell'ambito della propria discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti ed una tale impossibilità può sussistere solo quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l'incombente richiesto rivesta carattere di decisività, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali suddette incertezze ovvero sia di per sè oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza Sez. 2, n. 31065 del 10/05/2012, Lo Bianco, Rv. 253526 Sez. 2, n. 3458 dei 01/12/2005, Di Gloria, Rv. 233391 . La rinnovazione dell'istruzione nel giudizio di appello ha natura di istituto eccezionale rispetto all'abbandono del principio di oralità nel secondo grado, ove vige la presunzione che l'indagine probatoria abbia raggiunto la sua completezza nel dibattimento già svoltosi. Va anche richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di giudizio abbreviato poichè l'imputato, presentando richiesta di rito abbreviato, ha accettato che il procedimento si svolga sulla base degli elementi istruttori acquisiti al fascicolo del Pubblico Ministero, egli non può poi dolersi della mancata assunzione di nuova prova, nemmeno se sopravvenuta e decisiva tra le ultime, Cass., Sez. 2, n. 25659 del 18/06/2009, Rv. 244163 infatti, se è sempre possibile, da parte dell'imputato che abbia richiesto il rito abbreviato, sollecitare il giudice di appello all'esercizio del potere di ufficio di cui all'art. 603 cod. proc. pen., comma 3, la non incompatibilità dei rito speciale con le assunzioni probatorie comporta che all'assunzione d'ufficio di nuove prove o alla riassunzione delle prove già acquisite agli atti si proceda solo quando e nei limiti in cui il giudice di appello lo ritenga assolutamente necessario ai fini della decisione Cass., Sez. 6, 24 novembre 1993 n. 1944, ric. De Carolis . In definitiva deve ritenersi escluso che la parte conservi un diritto proprio a prove, alla cui acquisizione ha rinunciato per effetto della scelta del giudizio abbreviato, con la conseguenza che deve escludersi che il mancato esercizio da parte del giudice d'appello dei poteri d'ufficio sollecitati possa tradursi in un vizio deducibile mediante ricorso per cassazione Sez. 6, n. 7485 del 16/10/2008, Monetti, Rv. 242905 e che deve ulteriormente negarsi un obbligo per il giudice di motivare il diniego di tale richiesta Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249161 . 2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La qualificazione giuridica dei fatti è assolutamente corretta, poiché la decisione rileva che se è vero che in un primo tempo l'imputato intendeva commettere un furto con destrezza, introducendosi nell'auto senza farsi notare dalla conducente, nel momento in cui la donna si è accorta della sua presenza ed ha opposto resistenza, tentando di trattenere la borsa, l'imputato, anziché desistere dal proposito criminoso, ha strappato la cosa di mano alla vittima, imprimendo violenza sulla borsa in tal modo si è consumato un furto con strappo, punito dall'art. 624 bis cod. pen La motivazione adottata sul punto dalla Corte territoriale, pertanto, non è né illogica, né contraddittoria. 3. Per tutte le considerazioni svolte, il ricorso dell'imputato va rigettato, con conseguente condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.