Nessun giudizio di merito, quindi, nessun giudicato cautelare preclusivo

La preclusione processuale derivante dal giudicato cautelare opera solo nel caso in cui vi sia stato un effettivo apprezzamento valutativo del merito, in fatto o in diritto, in relazione al materiale probatorio e all’imputazione provvisoria. Mentre, tale effetto è escluso quando la decisione definisca la procedura cautelare in mero rito.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 32915, depositata il 24 luglio 2014. Il caso. Avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere applicata all’indagato, veniva proposto ricorso una prima volta dall’uomo personalmente, una seconda dal suo difensore di fiducia. Il Tribunale del riesame, adito per primo, dichiarava inammissibile il ricorso proposto per mancanza di motivi di censura. Il Tribunale, adito in sede d’appello, dal difensore dell’uomo, dichiarava inammissibile il ricorso, richiamando il principio del ne bis in idem, poiché il nuovo esame sulla stessa questione avrebbe, secondo il Giudice, violato le preclusioni processuali derivanti dai principi in materia di giudicato ex art. 649 c.p.p. divieto di un secondo giudizio . Infatti, precisava il Tribunale d’appello, così come le impugnazioni della sentenza di merito proposte dal solo difensore consumano il potere d’impugnazione, parimenti l’impugnazione in sede cautelare proposta personalmente dalla parte impedisce, per effetto del rispetto del giudicato cautelare, che il medesimo atto possa poi essere impugnato dal difensore della medesima parte . Ricorreva allora per cassazione il soccombente, deducendo vizio di motivazione dell’impugnata ordinanza, in quanto il principio che essa applicava avrebbe avuto una sua ragion d’essere ove il Giudice già si fosse pronunziato sul merito della questione fatta valere in precedenza. Nel caso in esame, secondo il ricorrente, la prima decisione assunta dal Tribunale del riesame non si occupava del merito della questione, semplicemente ne dichiarava l’inammissibilità. Preclusione processuale del giudicato cautelare solo quando vi sia stato l’apprezzamento del merito della questione. Il ricorso è fondato. Il Tribunale d’appello, adito dal difensore di fiducia, aveva fondato l’inammissibilità alla stregua del principio di preclusione dell’esame del ricorso per essersi formato sull’istanza dell’indagato il giudicato cautelare. Tuttavia, come hanno affermato ripetutamente le Sezioni Unite, rispetto alle ordinanze cautelari, all’esito del procedimento di impugnazione, si forma una preclusione processuale, che, a differenza della cosa giudicata, copre solo le questioni esplicitamente o implicitamente dedotte nel giudizio di riesame. Cass., Sezioni Unite, n. 14535/2007 . Perciò, specifica la Corte Suprema, la preclusione processuale derivante dal giudicato cautelare opera solo nel caso in cui vi sia stato un effettivo apprezzamento valutativo del merito, in fatto o in diritto, in relazione al materiale probatorio e all’imputazione provvisoria. Mentre tale effetto è escluso quando la decisione definisca la procedura cautelare in mero rito Cass., n. 43213/2010 . Dal momento che la prima ordinanza dichiarava l’inammissibilità del ricorso proposto direttamente dall’indagato fondata esclusivamente su motivi di rito senza alcun apprezzamento di merito della vicenda, questa non poteva essere invocata dal Giudice come fonte di preclusione per l’esistenza del giudicato cautelare. Pertanto, La Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III , sentenza 20 marzo – 24 luglio 2014, n. 32915 Presidente Teresi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale di Palermo, adito in sede di appello avverso l'ordinanza con la quale il locale Gip aveva rigettato l'istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere applicata a T.F., rilevato che tale ordinanza già era stata impugnata dal T. personalmente - mentre nella circostanza al suo attuale esame il gravame era stato interposto tramite difensore di fiducia - e che la impugnazione proposta direttamente dall'indagato già era stata definita con ordinanza, emessa dallo stesso Tribunale in diversa composizione, del 23 ottobre 2013, ha dichiarato la inammissibilità dei ricorso affermando che un nuovo esame della questione integrerebbe gli estremi di un bis in idem, precluso anche in sede cautelare stante l'operatività dei principi in materia di giudicato tra cui quello di cui all'art. 649 cod. proc. pen. . In particolare il Tribunale ha ricordato che, così come la impugnazione della sentenza di merito proposta dal solo difensore, anche di ufficio, consuma il potere di impugnazione, parimenti l'impugnazione in sede cautelare proposta personalmente dalla parte impedisce, per effetto appunto del necessario rispetto del giudicato cautelare, che il medesimo atto possa poi essere impugnato dal difensore della medesima parte. Ha proposto ricorso per cassazione il T., tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo il vizio di motivazione della impugnata ordinanza, in quanto, in sintesi, il principio che essa applica avrebbe una sua ragion d'essere ove il giudice già si sia pronunziato sul merito della questione fatta precedentemente valere. Ma nel caso presente la prima decisione assunta dal Tribunale del riesame, il cui testo è stato allegato dal difensore del ricorrente al ricorso ora proposto, e che avrebbe funzione preclusiva, è stata una decisione di mera inammissibilità per mancanza di motivi di censura. Stante il contenuto della decisione impugnata, sul gravame proposto dal T. non vi è mai stata una pronunzia di merito da parte dei giudici aditi, ma solo dichiarazioni di inammissibilità aventi carattere processuale non idonee, pertanto, alla formazione del cosiddetto giudicato cautelare. Nell'imminenza della udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa con la quale insiste per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è risultato fondato nei termini che saranno di seguito precisati. Il Tribunale di Palermo, infatti, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto dal difensore di fiducia del T. richiama espressamente la preclusione all'esame del ricorso in questione derivante dall'essersi formato sulla istanza dell'indagato il cosiddetto giudicato cautelare. Ciò in ragione del fatto che altra, analoga, istanza avente ad oggetto il medesimo provvedimento dei Gip di Palermo del 20 settembre 2013, presentata questa volta dal T. personalmente, già era stata definita con ordinanza emessa dallo stesso Tribunale di Palermo in data 23 ottobre 2013. A tale riguardo osserva, preliminarmente, questa Corte che, per come emerge dalla documentazione prodotta dal ricorrente in allegato all'atto introduttivo del presente giudizio, la decisione assunta dal Tribunale di Palermo in ordine all'appello proposto personalmente dal T. avverso il predetto provvedimento dei locale Gip è stata una decisione di mera inammissibilità non avendo il ricorrente prospettato le censure di cui riterrebbe affetta la ordinanza impugnata . La questione di diritto che si pone è, pertanto, se il cosiddetto giudicato cautelare si formi anche quando la precedente procedura trovi soluzione preliminare in rito, senza che sia stata espressa una valutazione, anche solo incidentale o implicita, dei merito probatorio contenuto negli atti del procedimento. La soluzione deve essere negativa. Ripetutamente le Sezioni unite di questa Corte suprema hanno ribadito l'ormai consolidato principio che rispetto alle ordinanze in materia cautelare, all'esito dei procedimento di impugnazione, si forma una preclusione processuale, anche se di portata più modesta di quella relativa alla cosa giudicata, perché è limitata allo stato degli atti e copre solo le questioni esplicitamente o implicitamente dedotte nel giudizio di riesame. Di conseguenza una stessa questione, di fatto o di diritto, una volta decisa con efficacia preclusiva non può essere riproposta, neppure adducendo argomenti diversi da quelli già presi in esame Corte di cassazione, Sezione unite penale 10 aprile 2007, n. 14535 . Osserva questa Corte che, nelle diverse pronunce, anche delle singole sezioni per tutte Corte di cassazione, Sez. VI penale, 3 febbraio 2010 n. 4993 , ciò che sempre caratterizza il giudicato cautelare è l'avvenuta decisione delle singole questioni di fatto e di diritto poste in relazione all'imputazione provvisoria ed al materiale probatorio agli atti. Perché si formi un tale giudicato allo stato degli atti - si noti, istituto esclusivamente di origine e disciplina giurisprudenziale - è pertanto indispensabile che vi sia stato un apprezzamento specifico di tale materiale cioè una valutazione contenutistica dei motivi del ricorso sotto i profili di fatto e di diritto. Tale apprezzamento copre, rendendone appunto, inammissibile un'ulteriore rivisitazione, le questioni dedotte e quelle deducibili, e quindi le questioni comunque riconducibili anche implicitamente al percorso logico-sistematico che ha condotto alla specifica valutazione di merito allo stato degli atti ed ai suoi presupposti. Proprio tali due peculiarità, - la valutazione specifica di merito in fatto ed in diritto degli elementi probatori e il riferimenti allo stato degli atti - segnano la differenza tra il giudicato cautelare e la cosa giudicata, forniscono la ragione per la quale la soluzione della questione in rito , cioè frutto di un decisione che non sia conseguenza della valutazione del merito ma che si imponga per aspetti meramente procedurali afferenti il rapporto processuale o le caratteristiche intrinseche degli atti che danno origine alla procedura di verifica, non è idonea a determinare alcun tipo di giudicato cautelare. Deve pertanto affermarsi il principio di diritto per cui la preclusione processuale determinata dal cosiddetto giudicato cautelare opera solo nel caso in cui vi sia stato un effettivo apprezzamento valutativo dei merito, in fatto o in diritto, in relazione al materiale probatorio e all'imputazione provvisoria, tale effetto non conseguendo alle decisioni che definiscano la procedura cautelare in mero rito in tal senso Corte di cassazione, Sezione VI penale, 27 ottobre 2010, n. 43213 . Nel caso di specie è di tutta evidenza che, essendo la ordinanza dei 23 ottobre 2013 con la quale è stata dichiarata la inammissibilità dell'appello proposto personalmente dal T. avverso il provvedimento del locale Gip del 20 settembre 2013 fondata esclusivamente su motivi di rito senza alcun apprezzamento del merito della vicenda, essa non può essere invocata dal medesimo Tribunale con la successiva ordinanza dei 13 novembre 2013, ora impugnata, quale fonte della preclusione - derivante dall'affermata esistenza di un giudicato cautelare - all'esame dei motivi di doglianza successivamente presentati avverso il medesimo provvedimento custodiale. Pertanto l'impugnata ordinanza del Tribunale di Palermo dei 13 novembre 2013 deve essere annullata, con rinvio allo stesso Tribunale che, in diversa composizione, rivaluterà, anche considerandone, se necessario, l'esistenza o meno di altri, diversi, profili di inammissibilità, l'originario ricorso presentato dal difensore dei T., attenendosi all'esposto principio di diritto. Ai sensi dell'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. dei presente provvedimento deve essere data comunicazione, tramite sua trasmissione in copia, al direttore dell'Istituto ove attualmente si trova ristretto il T P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Palermo. Dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell'Istituto penitenziario competente, a norma dell'art. 94 comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.