Diffamazione o calunnia davanti al giudice? La differenza teorica ha risvolti concreti

L’esimente ex art. 598 c.p., secondo cui non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati davanti alle autorità giudiziarie ed amministrative, annovera tra i suoi presupposti esclusivamente quello della pertinenzialità di quanto esposto all’oggetto della causa e non della sua veridicità incompatibile con il diritto di difesa . Tuttavia, tale causa di non punibilità non può trovare applicazione anche nel caso in cui la falsità di quanto esposto integri il reato di calunnia.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 32053, depositata il 21 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Lecce condannava per il reato di diffamazione pluriaggravata un uomo che, nella comparsa depositata in un procedimento civile da lui stesso intentato per il pagamento di alcuni crediti professionali, aveva accusato falsamente la persona offesa di aver intrattenuto un rapporto usuraio con la sua ex-moglie. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 598 c.p. offese in scritti e discorsi pronunciati dinnanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative , la cui operatività, a suo giudizio, non sarebbe stata esclusa dall’eventuale calunniosità delle accuse da lui formulate nell’esercizio del proprio diritto di difesa nella causa civile. Diritto di difesa. La Corte di Cassazione approvava il ragionamento svolto a metà l’esimente ex art. 598 c.p., secondo cui non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati davanti alle autorità giudiziarie ed amministrative, annovera tra i suoi presupposti esclusivamente quello della pertinenzialità di quanto esposto all’oggetto della causa e non della sua veridicità incompatibile con il diritto di difesa . Non applicabile in caso di calunnia. Tuttavia, tale causa di non punibilità non può trovare applicazione anche nel caso in cui la falsità di quanto esposto integri il reato di calunnia. I giudici di merito, però, hanno escluso questa esimente con delle argomentazioni ritenute non condivisibili dalla Cassazione. La Corte d’appello aveva ritenuto che l’art. 598 c.p. non potesse trovare applicazione in caso di accuse calunniose contenute negli scritti difensivi, in quanto la norma si riferirebbe solo alle offese, lasciando, quindi, fuori le calunnie. Due situazioni incompatibili. L’errore dei giudici era consistito nell’escludere l’esimente sulla base della natura calunniosa, continuando però a ritenere consumato il reato di diffamazione. La Cassazione sottolineava che i due aspetti erano incompatibili o la condotta dell’imputato aveva natura diffamatoria, per cui doveva essere riconosciuta l’esimente, o integrava gli estremi della calunnia e, quindi, giustamente non poteva essere applicato l’art. 598 c.p., ma neanche poteva essere confermata la condanna per diffamazione. Al contrario, doveva essere rilevato un fatto diverso da quello contestato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Lecce, per stabilire l’esatta qualificazione del fatto contestato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 giugno – 21 luglio 2014, n. 32053 Presidente Marasca – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Lecce confermava la condanna a seguito di giudizio abbreviato di M.F. per il reato di diffamazione pluriaggravata commesso ai danni di G.F. Il fatto concerneva le false accuse rivolte dall'imputato alla persona offesa di aver intrattenuto un rapporto usurario con G.V. ex moglie del M. nel corso di una comparsa deposita nel procedimento civile intentato dallo stesso M. per il pagamento di crediti professionali vantati nei confronti del G., pretesa cui quest'ultimo aveva replicato opponendo di aver già saldato il proprio debito mediante la girata di alcuni assegni alla G Nel replicare a sua volta all'obiezione di controparte, l'imputato sosteneva per l'appunto nella menzionata comparsa che la consegna degli assegni era stata invece effettuata in esecuzione di un prestito usuraio accordato dalla persona offesa alla sua ex moglie. 2. Avverso la sentenza ricorre l'imputato a mezzo del proprio difensore articolando tre motivi. Con il primo deduce vizi motivazionali in merito al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 598 c.p., la cui operatività non sarebbe esclusa - contrariamente a quanto sostenuto in sentenza - dalla eventuale calunniosità delle accuse implicitamente o esplicitamente formulate dal M. nell'esercizio del proprio diritto di difesa nella causa civile di cui si è detto. Con il secondo motivo analoghi vizi vengono denunciati in merito alla ritenuta idoneità della comparsa a determinare il pericolo dell'apertura di un procedimento penale nei confronti di G. per il reato di usura e in relazione alla prova della falsità delle presunte accuse mosse dall'imputato, non potendosi in tal senso ritenersi attendibile la testimonianza resa dalla G., in quanto potenziale vittima della suddetta usura. Con il terzo motivo vengono infine lamentati ulteriori vizi della motivazione in ordine alla prova della consapevolezza da parte del M. della calunniosità di quanto riferito in comparsa. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è fondato nei limiti che di seguito verranno esposti e il suo accoglimento comporta l'assorbimento degli altri. 2. L'esimente di cui all'art. 598 c.p. - per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie e amministrative - annovera tra i suoi presupposti esclusivamente quello della pertinenzialità di quanto esposto all'oggetto della causa e non certo della sua veridicità, requisito ritenuto dal legislatore incompatibile con l'esercizio del diritto di difesa. 2.1 Le doglianze del ricorrente colgono dunque nel segno nella misura in cui lamentano che la Corte distrettuale avrebbe escluso l'operatività della menzionata esimente in ragione della ritenuta falsità di quanto riferito dal M. nella comparsa di replica in ordine alla causa dei versamento effettuato dal G. a mani della moglie dell'imputato. 2.2 Non può invece condividersi l'ulteriore obiezione sollevata sul punto nel ricorso circa il fatto che l'esimente dovrebbe trovare applicazione anche qualora la falsità di quanto esposto integrasse gli estremi della calunnia. Obiezione che però la sentenza impugnata ha contrastato con argomentazioni non condivisibili. 2.3 La Corte distrettuale ha infatti richiamato a tal fine l'orientamento per cui l'art. 598 c.p. non troverebbe applicazione in caso di accuse calunniose contenute negli scritti difensivi, considerato che la predetta disposizione si riferisce esclusivamente alle offese e non potrebbe, pertanto, estendersi alle espressioni calunniose Sez. 5, n. 29235 del 19 maggio 2011, P.M. in proc. Ciccio' e altri, Rv. 250466 Sez. 6, n. 32325 del 4 maggio 2010, Grazioso, Rv. 248080 . I giudici d'appello hanno peraltro travisato il senso delle citate pronunzie, che invero escludono l'applicabilità dell'esimente a condotte dal contenuto intrinsecamente calunnioso, giacchè trattasi di fatto non più inquadrabile nello schema della diffamazione, ma integrante, per l'appunto, il più grave reato di calunnia, il quale è invece sottratto all'ambito di operatività dell'art. 598 c.p. 2.4 In definitiva la sentenza ha escluso l'esimente sulla base della natura calunniosa delle offese, continuando però a ritenere consumato il reato di diffamazione. Ed invece delle due l'una o effettivamente la condotta dei M. aveva natura meramente diffamatoria - ed allora doveva essergli riconosciuta l'esimente ex art. 598 c.p. - ovvero integrava gli estremi della calunnia. In tale ultimo caso, come detto, non poteva trovare applicazione l'esimente, ma nemmeno potevano i giudici d'appello confermare la condanna dell'imputato per il reato di diffamazione, ma avrebbero dovuto trarre le conseguenze in diritto dall'avvenuta rilevazione di un fatto diverso da quello contestato. 2.5 La sentenza deve dunque essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Lecce per nuovo esame. In particolare il giudice del rinvio dovrà stabilire l'esatta qualificazione del fatto contestato sulla base di quanto effettivamente accertato nel corso dei processo e assumere le decisioni conseguenti alla luce dei principi affermati da questa Corte. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Lecce.