Lo colpisce e lo spinge alla reazione: non per questo la vittima voleva farsi una scazzottata

Il presupposto per l’operatività della scriminante del consenso dell’avente diritto ex art. 50 c.p. è rappresentato dalla libera determinazione della volontà del soggetto passivo del reato, scevra da condizionamenti esterni. Tale scriminante non è applicabile, neanche nella forma putativa, quando debba escludersi, in base alle circostanze del fatto, la ragionevole persuasione di operare con l’approvazione della persona che può validamente disporre del diritto.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 32024, depositata il 21 luglio 2014. Il caso. Il tribunale di Termini Imerese, in qualità di giudice d’appello, riformava la sentenza del gdp, che aveva condannato un uomo per il reato di lesioni personali e lo aveva assolto da quello di danneggiamento nei confronti della stessa persona offesa. Il tribunale, invece, condannava l’imputato, ai soli effetti civili, anche per il reato di danneggiamento. L’imputato ricorreva in Cassazione, contestando al giudice di non aver dichiarato inammissibile l’appello della parte civile, la quale aveva chiesto che l’imputato venisse condannato penalmente per il reato di danneggiamento, senza fare specifico riferimento, nell’atto di impugnazione, agli effetti civilistici che si volevano perseguire. Inoltre, lamentava la mancata applicazione dell’esimente del consenso dell’avente diritto, in quanto la persona offesa aveva partecipato coscientemente e volontariamente all’alterco con l’imputato. Effetti impliciti dell’impugnazione della parte civile. Analizzando il ricorso, la Corte di Cassazione ricorda che l’impugnazione della parte civile contro una sentenza di proscioglimento, che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche nel caso in cui non contenga l’espressa indicazione che l’atto è proposto ai soli effetti civili. Questo scopo, infatti, discende direttamente dall’art. 576 c.p.p., secondo cui la parte civile può proporre impugnazione, con il mezzo previsto per il pubblico ministero, contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio . Reazione all’aggressione. Per quanto riguarda l’altro motivo di ricorso, la Cassazione sottolinea che il presupposto per l’operatività della scriminante del consenso dell’avente diritto ex art. 50 c.p. è rappresentato dalla libera determinazione della volontà del soggetto passivo del reato, scevra da condizionamenti esterni. Tale scriminante non è applicabile, neanche nella forma putativa, quando debba escludersi, in base alle circostanze del fatto, la ragionevole persuasione di operare con l’approvazione della persona che può validamente disporre del diritto. Nel caso di specie, era stato dimostrato che la persona offesa non aveva iniziato la lite che aveva prodotto dei danni nel locale di sua proprietà , ma era stata costretta a reagire all’aggressione dell’imputato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 febbraio – 21 luglio 2014, n. 32024 Presidente Dubolino – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con sentenza pronunciata il 9.2.2012 il tribunale di Termini Imerese, in composizione monocratica, in qualità di giudice di appello, in riforma della sentenza con cui il giudice di pace di Termini Imerese, in data 16.11.2010 aveva condannato F.F. alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile per il delitto di lesioni volontarie personali commesso in danno di P.L., assolvendo lo stesso F. dal delitto di danneggiamento, sempre commesso in danno del P., dichiarava la responsabilità dell'imputato, ai soli effetti civili, anche in relazione al delitto di danneggiamento, liquidando in complessivi euro 2000,00, in via equitativa ed onnicomprensiva, l'entità del risarcimento del danno da corrispondere alla persona offesa, costituita parte civile. 2. Avverso la sentenza del tribunale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo dei suo difensore di fiducia, lamentando 1 il vizio di cui all'art. 606, co. 1, lett. c , c.p.p., in relazione agli artt. 20, d.lgs. n. 274 dei 2000, 97, 178, lett. c , 179, 369 e 369 bis, c.p.p., 28 e 29, disp. att., c.p.p., per omessa notifica al F. dell'informazione di garanzia ex art. 369, c.p.p., all'atto della notifica della citazione a giudizio innanzi al giudice di pace, con conseguente lesione del diritto di difesa dell'imputato, in quanto, pur avendo provveduto il pubblico ministero a designargli un difensore d'ufficio, ai sensi dell'art. 97, c.p.p., il F. non era stato informato dei diritti in materia di difesa penale, primo fra tutti, quello di provvedere alla nomina di un difensore di propria fiducia 2 il vizio di cui all'art. 606, co. 1, lett. e , c.p.p., per non avere il giudice di secondo grado dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto dalla parte civile, avendo chiesto, quest'ultima, in violazione dell'art. 576, c.p.p., che l'imputato venisse condannato penalmente per il reato di danneggiamento, senza fare alcun specifico e diretto riferimento, nell'atto di impugnazione, agli effetti civilistici che si intendevano perseguire con l'appello 3 i vizi di cui all'art. 606, co. 1, lett. b ed e , in relazione agli artt. 50 e 582, c.p., per avere il tribunale, con motivazione carente e manifestamente illogica, escluso nel caso in esame la sussistenza della scriminante del consenso dell'avente diritto, da ritenersi, invece configurabile, ad avviso del ricorrente, in quanto la partecipazione cosciente e volontaria della persona offesa all'alterco con l'imputato, costituisce motivo sufficiente per escludere che la stessa persona offesa possa poi legittimamente dolersi delle conseguenze che da esso erano scaturite. 3. Il ricorso non può essere accolto. 4. Ed invero, quanto al primo motivo di impugnazione, nessuna violazione, nei termini indicati dal ricorrente, del diritto di difesa si è verificata nel caso concreto, posto che il decreto di citazione a giudizio notificato al F., conteneva espressamente l'avviso della facoltà per l'imputato di nominare un difensore di fiducia, con la specificazione che, ove non si fosse avvalso di tale facoltà, sarebbe stato assistito da un difensore di ufficio, nominato dal pubblico ministero, conformemente alla previsione dell'art. 20, co. 2, lett. e , d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274. Non conferente risulta il richiamo al contenuto degli artt. 369 e 369 bis, c.p.p., di cui si assume la violazione, in quanto, premesso che il diritto dell'imputato ad essere informato della facoltà di nominare un difensore di fiducia, a causa della pendenza di un procedimento penale a suo carico, con l'avviso che, in mancanza, sarà assistito da quello nominato d'ufficio, è riconosciuto dal combinato disposto delle norme in precedenza indicate solo nel caso in cui il pubblico ministero debba procedere ad un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il ricorrente non ha indicato, né nei motivi di appello, né in sede di ricorso per cassazione, quale sarebbe stato in concreto l'atto compiuto dal pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari al quale il difensore del F. avrebbe avuto il diritto di assistere e prima del compimento del quale l'informazione di garanzia avrebbe dovuto essere inoltrata. Per cui, sotto questo profilo, il rilievo difensivo è del tutto generico. 5. Infondato appare il secondo motivo di ricorso. Come chiarito, infatti, da un condivisibile arresto reso dalle Sezioni Unite del Supremo Collegio, l'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l'espressa indicazione che l'atto è proposto ai soli effetti civili, discendendo tale effetto direttamente dall'art. 576 c.p.p. cfr. Cass., sez. un., 20/12/2012, n. 6509, rv. 254130 . Ne consegue che non può considerarsi inammissibile l'impugnazione con la quale la parte civile chiede che venga affermata la responsabilità penale dell'imputato, senza fare riferimento agli effetti civili che si intendono perseguire con il gravame, in quanto tale scopo è connaturato all'impugnazione di tale parte processuale prevista e disciplinata dall'art. 576, c.p.p. 6. Anche l'ultimo motivo di ricorso deve considerarsi infondato. Al riguardo appare sufficiente osservare, a prescindere dalla genericità delle censure difensive, che il presupposto per l'operatività della scriminante del consenso dell'avente diritto, di cui all'art. 50, c.p., è rappresentato dalla libera determinazione della volontà del soggetto passivo del reato, scevra da condizionamenti esterni cfr. Cass, sez. I, 11/04/2002, n. 23599 . La scriminante del consenso dell'avente diritto, peraltro, non è applicabile nemmeno nella forma putativa quando debba escludersi, in base alle circostanze del fatto, la ragionevole persuasione di operare con l'approvazione della persona che può validamente disporre del diritto Cass., sez. VI, 15/04/2011, n. 20944, rv. 250065 . Orbene, nel caso in esame, non è possibile affermare, nemmeno sotto il profilo putativo, che il soggetto passivo del reato abbia acconsentito, attraverso un'autonoma e libera determinazione volitiva, a subire i danni arrecati agli arredi del pub Kalòs di sua proprietà, partecipando alla colluttazione con il F. che si svolse all'interno del suddetto locale, proprio perché tale partecipazione non fu il frutto di una libera scelta del P., ma, piuttosto, imposta dalla necessità di difendersi dall'aggressione dell'imputato. Come correttamente evidenziato dal tribunale, infatti, senza che sul punto il ricorrente abbia formulato rilievi se non in termini assolutamente generici, attraverso un approfondito esame delle risultanze processuali, in cui assume un particolare rilievo la valutazione della deposizione del teste S., giudicato inattendibile dal giudice di secondo grado, non fu il P. ad iniziare la lite, essendo stato, invece, quest'ultimo costretto a reagire all'indebita aggressione del F., che lo aveva colpito per primo con un pugno, infierendo poi sullo stesso P., caduto in terra nel tentativo di schivare il colpo, con diversi calci. 5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.