Quando il diritto di recesso configura un’ipotesi di reato

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, anche l’esercizio di facoltà astrattamente legittime, come il diritto di recesso, può costituire una modalità di realizzazione del distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore, quando effettuato al solo scopo di consentire all’imprenditore fallito di sottrarre una parte del suo patrimonio al soddisfacimento dei creditori.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30830, depositata l’11 luglio 2014. Il caso. Il procuratore della Repubblica proponeva ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame che annullava il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal G.i.p., avente ad oggetto il 90% della quote di una società, in relazione al delitto di cui agli artt. 110 c.p. e 216, comma 2, l.f. bancarotta fraudolenta , per cui si procedeva nei confronti dell’indagata. Secondo l’ipotesi accusatoria la donna, nella sua qualità di socio amministratore della società, concorreva nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione con il marito, imprenditore titolare di una ditta individuale, dichiarato fallito, il quale nel corso di un’assemblea ordinaria della predetta società, aveva fraudolentemente esercitato il diritto di recesso da tale società, di cui deteneva il 90% delle quote sociali, che, in tal modo, erano state così sottratte alla procedura fallimentare riguardante la sua ditta individuale, in quanto, la relativa titolarità, in conseguenza all’avvenuto recesso, si era trasferita in capo alla moglie. Il Tribunale del riesame aveva, invero, evidenziato come l’uomo avesse legittimamente esercitato, ai sensi dell’art. 2743 c.c., il diritto di recesso di cui era titolare, in virtù del quale il rimborso della quota di socio era avvenuto senza riduzione del capitale sociale. Bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione. Il ricorrente contesta, in particolare, le legittimità dell’avvenuto esercizio del diritto di recesso, peraltro avvenuto appena due giorni prima della dichiarazione di fallimento del marito dell’indagata. Il recesso dell’uomo, secondo la prospettazione del procuratore della Repubblica, è stato effettuato proprio allo scopo di consentire all’indagato, una volta dichiarato fallito come imprenditore individuale, di sottrarre, con il concorso della moglie, una parte del suo patrimonio al soddisfacimento dei suoi creditori. La Cassazione riporta, sul punto, i principi da tempo consolidati nella giurisprudenza di legittimità in sede di interpretazione dell’art. 216 l.f., secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito, in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela Cass., Sez. V, n. 44891/08 Cass., Sez. V, n. 4739/99 . Conseguentemente, anche l’esercizio di facoltà astrattamente legittime può costituire uno strumento in frode ai creditori, in quanto la liceità di ogni operazione che incide sul patrimonio dell’imprenditore dichiarato fallito è un valore che va accertato in concreto Cass., Sez. V, n. 9430/96 . Natura distrattiva del recesso. Secondo l’interpretazione della Cassazione, il Tribunale del riesame ha fatto discendere l’impossibilità di attribuire natura distrattiva al recesso dell’imprenditore esclusivamente dal mero riconoscimento di tale diritto in capo al socio di una s.r.l. da parte dell’art. 2734 c.c., omettendo qualsiasi accertamento in concreto sulla liceità di tale azione. Ma ciò, non appare sufficiente ad escludere la natura distrattiva dell’operazione compiuta. Per tali motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 giugno – 11 luglio 2014, n. 30830 Presidente Lombardi – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con ordinanza adottata il 21.1.2014 il tribunale dei riesame di Chieti annullava il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Vasto in data 16.1.2014, all'esito della convalida del decreto di sequestro preventivo adottato in via d'urgenza dal pubblico ministero di Vasto in data 14.1.2014, avente ad oggetto il 90% delle quote della Ludovico Arredamenti srl , in relazione al delitto di cui agli artt. 110, c.p., 216, co. 2, l. fall., per cui si procede nei confronti di D.F.M Secondo l'ipotesi accusatoria la D.F., nella sua qualità di socio amministratore della Ludovico Arredamenti srl , concorre nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione con il marito L.A., imprenditore, titolare di una ditta individuale, dichiarato fallito dal tribunale di Vasto con sentenza del 17.12.2013, il quale, in data 14.12.2013, nel corso di un'assemblea ordinaria della Ludovico Arredamenti srl , convocata dalla stessa D.F., aveva fraudolentemente esercitato il diritto di recesso da tale società, di cui deteneva il 90% delle quote sociali, che, in tal modo, erano state sottratte alla procedura fallimentare riguardante la sua ditta individuale, in quanto, la relativa titolarità, in conseguenza dell'avvenuto recesso, si era trasferita in capo alla moglie. Il tribunale del riesame, nel disattendere l'impostazione accusatoria condivisa dal giudice per le indagini preliminari di Vasto, evidenziava come il L. abbia legittimamente esercitato, ai sensi dell'art. 2743, c.c., il diritto di recesso di cui era titolare, in virtù del quale il rimborso della quota di socio, valutata in circa settemila euro, era avvenuto senza riduzione dei capitale sociale, con la conseguenza che, essendosi concretizzata la condotta del L. nell'esercizio di un diritto riconosciutogli dalla legge, al quale è connesso l'effetto automatico dell'accrescimento della quota dell'altro socio la D.F. , poi diventata amministratrice della società, ad essa non può attribuirsi natura distrattiva. 2. Avverso la decisione dei tribunale dei riesame, di cui chiede l'annullamento con rinvio, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Chieti, lamentando violazione di legge e mancanza di motivazione dell'ordinanza impugnata. 2.1 Il ricorrente contesta, in particolare, proprio la legittimità dell'avvenuto esercizio del diritto di recesso, sottolineando che nessuna norma del codice civile o dello statuto della Ludovico Arredamenti srl prevede la possibilità di recedere dalla società in caso di fallimento di uno dei soci. Il tribunale dei riesame, ad avviso dell'organo della pubblica accusa, ha omesso di considerare che il recesso del L. dalla suddetta società, pacificamente motivato dall'avvenuta presentazione nei suoi confronti di un'istanza di fallimento, è stato effettuato proprio allo scopo di consentire all'indagato, una volta dichiarato fallito come imprenditore individuale, di sottrarre, con il concorso della moglie, una parte del suo patrimonio al soddisfacimento dei suoi creditori. Il recesso, infatti, evidenzia il ricorrente, è avvenuto appena due giorni prima della dichiarazione di fallimento del L., laddove, trattandosi di società contratta, di fatto, a tempo indeterminato la data di cessazione, infatti, è stata prevista per l'anno 2050 , quest'ultimo poteva recedere solo dando un preavviso di almeno centottanta giorni, giusto il disposto dell'art. 2473, co. 2., c.c. Inoltre il valore della quota ceduta, rileva ancora il ricorrente, è certamente superiore a quello indicato all'atto del recesso, in quanto il L. aveva conferito nella società la sua azienda dotata di un patrimonio particolarmente rilevante. Di conseguenza, tenuto conto anche della mancata effettuazione di una stima del valore di mercato delle quote sociali trasferite alla D.F., in violazione di quanto previsto dall'art. 2473, c.c., secondo cui il rimborso della partecipazione del socio receduto avviene in proporzione del patrimonio sociale, determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso, il danno per i creditori del fallito, una volta venuta meno la possibilità per questi ultimi di aggredire il 90% delle quote sociali originariamente detenute dal L., per effetto della revoca del sequestro preventivo, non potrebbe certo essere ristorato dall'acquisizione della somma di settemila euro ricevuta dal fallito, somma che, peraltro, non ha formato oggetto dei provvedimento cautelare. Né va taciuto, ad avviso del ricorrente, che all'atto del conferimento d'azienda e della produzione delle scritture contabili in suo possesso, il L. ometteva di indicare l'esistenza di un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti in relazione al credito vantato dal dott. M., rendendo, in questo modo, la Ludovico Arredamenti srl immune dalla responsabilità solidale che grava sulla società conferitaria per i debiti della società conferente, giusto il disposto dell'art. 2560, c.c., per cui l'unico ulteriore tassello che l'indagato doveva aggiungere al disegno criminoso volto a frustrare le ragioni dei suoi creditori, era quello di spogliarsi della titolarità delle quote in suo possesso in favore della moglie, per evitare fossero destinate al soddisfacimento dei suddetti creditori. In conclusione, dunque, il pubblico ministero ricorrente censura la decisione del tribunale del riesame, anche sotto il profilo della completa mancanza di motivazione sul punto, nella parte in cui ha escluso la configurabilità dei reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, solo perché il L. ha esercitato un diritto riconosciutogli dalla legge, senza considerare che tale delitto non viene meno per il solo fatto della utilizzazione da parte del soggetto attivo dei reato di negozi leciti o di facoltà legittime. 3. In data 28.5.2014 perveniva in Cancelleria memoria difensiva nell'interesse della D.F., a firma del difensore di fiducia, avv. C.D.R. del Foro di Vasto, con cui si chiede che il ricorso dei pubblico ministero sia dichiarato inammissibile o rigettato. 3.1 Rileva, in particolare, il difensore della D.F. che il ricorso del pubblico ministero è inammissibile, in quanto con esso, da un lato è stato dedotto non il vizio di violazione di legge, ma un vizio della motivazione dell'ordinanza impugnata, che non può essere denunciato con il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti in materia cautelare reale adottati dal tribunale dei riesame, giusto il disposto dell'art. 325, c.p.p., dall'altro il pubblico ministero per la prima volta ha formulato rilievi in ordine alle modalità dei recesso dei L., mutando in tal modo la causa petendi dell'originario sequestro preventivo, che si fondava su atti traslativi la cessione delle quote sociali all'indagata , in realtà mai avvenuti, evidenziando, pertanto, con il ricorso per cassazione, elementi estranei e nuovi rispetto a quelli indicati nel decreto di sequestro preventivo adottato in via d'urgenza dallo stesso pubblico ministero e poi convalidato dal giudice per le indagini preliminari. 3.2. Il difensore dell'indagata insiste, peraltro, sulla impossibilità di configurare il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, evidenziando, nel condividere il giudizio del tribunale del riesame, come tra il L. e la D.F. non sia intercorso nessun atto diretto di cessione delle quote, essendosi verificato, in conseguenza dell'esercizio del legittimo diritto di recesso del socio, l'effetto estensivo previsto dall'art. 2743, co. 6, c.c., senza che alla suddetta D.F. possa essere imputata nessuna azione od omissione penalmente rilevante. Il sequestro preventivo, dunque, ad avviso dell'avv. D.R., risulta illegittimamente disposto, sia perché, difettando una fattispecie di reato, le quote sociali sequestrate non possono considerarsi cose pertinenti al reato e, comunque, difficilmente possono essere assoggettate a confisca, sia in quanto le finalità dei sequestro preventivo, c.d. periculum in mora, avrebbero potuto essere soddisfatte con io strumento civilistico della revocatoria ex artt. 66 e 67, l. fall. 3. Il ricorso va accolto. 4. In via preliminare va osservato che il ricorso dei pubblico ministero si sottrae ai rilievi formulati dal difensore della D.F. in punto di inammissibilità. Come è noto, infatti, in tema di riesame delle misure cautelare reali, costituisce violazione di legge legittimante il ricorso per cassazione a norma dell'art. 325, comma 1, c.p.p., la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente cfr., ex plurimis, Cass., sez. I, 31/01/2012, n. 6821 rv. 252430 Cass., sez. V, 25/06/2010, n. 35532 rv. 248129 Cass., sez. un., 28/01/2004, n. 5876 . La contestazione di tale vizio rappresenta il centro gravitazionale del ricorso del pubblico ministero, che rimprovera al tribunale dei riesame di avere completamente omesso di motivare sulle ragioni che hanno indotto lo stesso tribunale ad escludere la possibilità di configurare l'ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione nella condotta del L. e della D.F. come descritta nel capo A . Orbene, pur nella sua provvisorietà, l'imputazione formulata nella fase cautelare costituisce un punto di riferimento dal quale non si può prescindere, trovando in essa l'ipotesi accusatoria un primo momento di definizione e, nel caso in esame, la condotta addebitata alla D.F. nel capo A dell'imputazione consiste nell'avere concorso con il marito L. ad arrecare pregiudizio ai creditori di quest'ultimo, concordando, all'esito dell'assemblea ordinaria della Ludovico Arredamenti srl , convocata proprio dall'indagata, il recesso dei marito dall'anzidetta società, con il conseguente passaggio alla D.F. della titolarità delle quote sociali del coniuge, che, pertanto, venivano sottratte alla procedura concorsuale aperta con la sentenza dei tribunale di Vasto del 17.12.2013 dichiarativa dei fallimento dei L. Ne consegue che il pubblico ministero, nel censurare la completa mancanza di motivazione dell'ordinanza impugnata sotto il profilo in precedenza indicato, si è mosso dei tutto legittimamente all'interno del perimetro segnato dall'imputazione provvisoria, che individua il pregiudizio arrecato ai creditori dalla descritta operazione non in un negozio di cessione delle quote sociali dal L. alla D.F., ma nel recesso dei socio L. dalla Ludovico Arredamenti srl , che, secondo l'impostazione accusatoria, ha costituito lo strumento attraverso il quale è stata perseguita e conseguita la finalità distrattiva in danno dei creditori dell'imprenditore individuale. 4.1 Le doglianze dei pubblico ministero ricorrente devono considerarsi non solo legittimamente rappresentate con il presente ricorso, ma anche assolutamente fondate. Ed invero il tribunale del riesame non ha fatto corretta applicazione dei principi da tempo consolidati nella giurisprudenza di legittimità, in sede di interpretazione dell'art. 216, l. fall. secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore poi fallito con conseguente depauperamento in danno dei creditori , in cui si concreta l'elemento oggettivo del reato, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell'atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l'esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 09/10/2008, n. 44891, rv. 241830 Cass., sez. V, 23/03/1999, n. 4739 . Pertanto, come del reato insegna una pluriennale esperienza giudiziaria, anche l'esercizio di facoltà astrattamente legittime, in quanto ricomprese nel contenuto di diritti riconosciuti dall'ordinamento, si concretizzi o meno nell'adozione di strumenti negoziali tipizzati, può costituire uno strumento in frode ai creditori come, ad esempio, nei caso di cessione di beni senza adeguata contropartita , in quanto la liceità di ogni operazione che incide sul patrimonio dell'imprenditore dichiarato fallito è un valore che va accertato in concreto cfr. Cass., sez. V, 17/05/1996, n. 9430 , in relazione alle conseguenze che essa produce sulle ragioni del ceto creditorio A tale accertamento concreto il tribunale dei riesame di Chieti si è completamente sottratto, facendo discendere l'impossibilità di attribuire natura distrattiva al recesso del L. dalla Ludovico Arredamenti srl esclusivamente dall'astratto riconoscimento di tale diritto in capo al socio di una società a responsabilità limitata da parte dell'art. 2743, c.c. Ma ciò, come si è detto, non è sufficiente ad escludere la natura distrattiva dell'operazione compiuta. 4. In presenza dei suddetto vizio di violazione di regge, che si atteggia in una completa assenza di motivazione su di un punto quaiificante per l'esistenza dei reato in contestazione, traducendosi, in definitiva, anche in una erronea interpretazione dell'art. 216, l. fall., l'impugnata ordinanza va, dunque, annullata con rinvio al tribunale di Chieti per nuovo esame, che dovrà essere condotto in conformità agli indicati principi di diritto. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Chieti per nuovo esame.