Prescrizione: nessuna sentenza light se ci sono dei soldi in ballo

La declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione non può comportare un’automatica conferma delle statuizioni civili, dovendosi verificare la sussistenza dei presupposti per affermare la responsabilità civile del ricorrente con conseguente condanna dello stesso al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 29936, depositata l’8 luglio 2014. Il caso. Il tribunale di Busto Arsizio condannava un giornalista ed il direttore del giornale per la contravvenzione prevista dall’art. 656 c.p. pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico , in relazione alla pubblicazione di un articolo contenente notizie false o tendenziose. Inoltre, il direttore veniva altresì condannato per tentata violenza privata, avendo cercato di costringere una persona a rilasciare un’intervista sui fatti descritti nell’articolo. La Corte d’appello di Milano dichiarava prescritti i reati e confermava le statuizioni a favore delle parti civili. Gli imputati ricorrevano in Cassazione, lamentando la mancata motivazione sui motivi d’appello, riguardanti l’incompetenza territoriale del tribunale di Busto Arsizio e l’affermazione di responsabilità, consistita in un mero richiamo alla decisione di primo grado. Prevalenza della prescrizione. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, in presenza di una causa di prescrizione, il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito soltanto quando l’evidenza dell’innocenza sia così evidente che la valutazione da compiere appartenga all’idea di una percezione ictu oculi , piuttosto che a quello di apprezzamento, nel senso che non c’è bisogno di accertamenti o approfondimenti. Qualora, in sede d’appello, sopravvenga una causa di estinzione del reato, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, perciò il giudice non deve svolgere un esame approfondito delle risultanze probatorie già assunte, ma dichiara semplicemente l’estinzione del reato. Ma c’è un’eccezione. Tuttavia, questa regola non vale se il giudizio si è concluso con una pronuncia di condanna in primo grado e vi sia anche una condanna in favore della parte civile. In tale situazione, il giudice d’appello, prendendo atto di una causa estintiva del reato, deve comunque pronunciarsi, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., sull’azione civile. Di conseguenza, in questa ipotesi, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, anche nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova, perché il giudice d’appello deve valutare le prove ai fini delle statuizioni civili, proprio per la presenza della parte civile. Conferma da discutere. Inoltre, la declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione non può comportare un’automatica conferma delle statuizioni civili, dovendosi verificare la sussistenza dei presupposti per affermare la responsabilità civile del ricorrente con conseguente condanna dello stesso al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile. Perciò, il giudice d’appello è tenuto a decidere sull’impugnazione agli effetti delle disposizioni riguardanti gli interessi civili, per cui i motivi di impugnazione devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato. Nel caso di specie, la Corte d’appello, rilevando la prescrizione, aveva confermato le statuizioni civili, senza vagliare le censure proposte, ma limitandosi a condividere la sentenza di primo grado. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 27 maggio – 8 luglio 2014, n. 29936 Presidente Palla – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13 marzo 2007, il Tribunale di Busto Arsizio condannava P.S. e B.J.X.L. alla pena di giustizia, per la contravvenzione di cui all'articolo 656 cod. pen., il primo come autore ed il secondo come direttore responsabile, in relazione alla pubblicazione sul quotidiano omissis del omissis di un articolo contenente notizie false e tendenziose circa la violabilità dei sistemi di sicurezza dell'aeroporto di Malpensa, così ingenerando turbativa d'ordine il solo B.J. era altresì condannato per un ulteriore ipotesi della contravvenzione e per tentata violenza privata, per aver cercato di costringere il dirigente della Polaria di Malpensa, G.G. , a rilasciare un'intervista sui fatti descritti nell'articolo. 2. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 12 febbraio 2013, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava non doversi procedere per i reati in considerazione del intervenuta prescrizione, confermando le statuizione in favore della parte civile. 3. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati, con atto del difensore avv. Adalberto Biffani, affidato a due motivi. 3.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettera B ed E, cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 12, lettere A e C, e 16, comma 1, cod. proc. pen. ed omessa motivazione in riferimento al motivo di appello con il quale si deduceva l'incompetenza territoriale del Tribunale di Busto Arsizio, in favore di quella del Tribunale di Milano la censura è stata infatti respinta con motivazione apparente, consistente nel mero richiamo e nella condivisione della decisione di primo grado. I ricorrenti trascrivono il contenuto del motivo di appello, riguardante l'incompetenza, con il quale si escludeva che il criterio della connessione potesse operare allorché non vi fosse identità soggettiva dei concorrenti nel reato e si richiamava la giurisprudenza secondo la quale lo spostamento della competenza riguarda solo l'imputato al quale siano contestate le violazioni generanti la connessione. Nel merito si riteneva che, non essendo occultabile il reato di cui all'articolo 656 cod. pen., l'intervista richiesta dallo J. al G. potesse al più essere finalizzata al conseguimento dell'impunità del precedente reato, finalità la cui rilevanza, ai fini della connessione, è stata esclusa dal legislatore con la novella legislativa del 2001. A fronte di tale articolato motivo di appello, la sentenza impugnata manca di qualsiasi considerazione. 2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettera B ed E, cod. proc. pen., in relazione all'art. 578 cod. proc. pen. ed omessa motivazione in riferimento ai motivi di appello, che pure la decisione qualifica come plurimi , respinti con motivazione apparente, consistente nel mero richiamo e nella condivisione della decisione di primo grado. Anche a tal proposito i ricorrenti trascrivono il contenuto dei motivi di appello, riguardanti l'affermazione di responsabilità di primo grado, con i quali si contestava la falsità del reportage pubblicato sul quotidiano omissis , avendo del resto la stessa sentenza riconosciuto la corrispondenza al vero del nucleo essenziale dell'inchiesta giornalistica. In particolare si contestava l'affermazione della decisione di primo grado, secondo la quale l'imputato P. , autore dell'inchiesta, si sarebbe servito della collaborazione di un dipendente della SEA per accedere alle aree sterili dell'aeroporto, circostanza smentita dall'interessato D. , sentito ai sensi dell'articolo 197 bis cod. proc. pen Inoltre si contestava il carattere falso, esagerato o tendenzioso delle notizie pubblicate nell'articolo e la conseguente turbativa dell'ordine pubblico. 2.3 Nello specifico ed ulteriore appello proposto solo dallo J. , poi, si contestava il reato di violenza privata tentata, poiché in realtà c'era stato solo un colloquio rispettoso e civile, nel quale il G. non aveva percepito alcuna minaccia e che l'imputato aveva tenuto al solo scopo di garantire al dirigente della Polaria, responsabile delle misure di sicurezza dello scalo, un diritto di replica. Il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il giudice di appello nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, è tenuto a decidere sull'impugnazione agli effetti civili ed, a tal fine, i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna al risarcimento del danno dalla mancanza di prova dell'innocenza degli imputati, secondo quanto previsto dall'art. 129 cod. proc. pen 3. Con atto di motivi nuovi, depositato il 12 maggio 2014, viene sviluppato il secondo motivo di ricorso, richiamando una serie di dichiarazioni della parte civile che di fatto confermavano la bontà del reportage del P. e riscontravano quelle del D. inoltre si contesta la sussistenza di un danno di immagine in capo alla persona offesa si ripropongono infine le censure in ordine alla condanna al pagamento della provvisionale ed al suo eccessivo importo. Considerato in diritto 1. Le censure di mancanza di motivazione proposte con i motivo di appello sono fondate le Sezioni Unite penali di questa Corte Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273 , risolvendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che all'esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l'impugnazione del P.M. proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell'art. 530, comma secondo, c.p.p . 2. È noto il principio generale secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice può pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito solo quando la evidenza della innocenza sia lampante, così che la valutazione che deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi , che a quello di apprezzamento , ovverosia quando sia da escludere qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento, incompatibili col concetto di mera constatazione. Hanno ulteriormente precisato le Sezioni Unite che, qualora in sede di appello sopravvenga una causa di estinzione del reato, il proscioglimento nel merito in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, nel senso che il giudice non è tenuto a svolgere un esame compiuto e approfondito delle risultanze probatorie già assunte, ma deve dichiarare l'estinzione del reato. Le cose stanno diversamente laddove il giudizio si sia concluso con una pronuncia di condanna in primo grado e vi sia anche condanna in favore della parte civile in tal caso, infatti, il giudice dell'appello - nel prendere atto di una causa estintiva del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado - è tenuto a pronunciarsi, ai sensi dell'art. 578 cod. proc. pen., sull'azione civile. In questo caso, allora, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova, perché il giudice di appello è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili per la presenza della parte civile. La pronuncia ex art. 578 cod. proc. pen. fa infatti stato tra le parti e dunque si impone, pur in presenza della causa estintiva, un esame approfondito di tutto quanto rilevi ai fini della responsabilità civile, mentre ciò che riguarda esclusivamente la responsabilità penale non deve essere oggetto di esame, quando ricorre la causa estintiva. 3. Ha ancora precisato questa Corte che la declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione non può comportare un'automatica conferma delle statuizioni civili, dovendosi verificare la sussistenza dei presupposti per affermare la responsabilità civile del ricorrente con conseguente condanna dello stesso al risarcimento dei danni cagionati alla costituita parte civile Sez. 6, n. 3284 del 25/11/2009 - dep. 26/01/2010, Mosca, Rv. 245876 . In tal senso questa Corte ha avuto modo di precisare Sez. 6, n. 16155 del 20/03/2013, Galati, Rv. 255666 ed il Collegio ritiene di condividere il principio, che, nella evidenziata situazione processuale, il giudice di appello è tenuto a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili e ciò comporta che i motivi di impugnazione devono essere esaminati compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell'innocenza dell'imputato, secondo il parametro fissato dall'art. 129 cod. proc. pen., comma 2. 3. Nel caso di specie la Corte territoriale, rilevato che i reati erano prescritti la contravvenzione alla data del 15 ottobre 2008 ed il delitto in data 29 aprile 2011 , ha dichiarato l'improcedibilità dei reati ed ha confermato le statuizioni civili, senza procedere ad un vaglio concreto delle censure proposte, ma limitandosi, con formula di stile, ad affermare di condividere l'esauriente motivazione del giudice di primo grado, da intendersi richiamata. Risulta allora evidente la fondatezza della censura proposta dai ricorrenti, in punto di motivazione della decisione, sia in ordine all'affermazione di responsabilità, sia con riferimento alla dedotta incompetenza territoriale del Tribunale di Busto Arsizio. 4. Il primo motivo, riguardante l'incompetenza territoriale del Tribunale di Busto Arsizio, è superato dall'intervenuta prescrizione dei reati, perché l'eventuale dichiarazione di annullamento comporterebbe un rinvio al giudice di merito, precluso dalla intervenuta estinzione dei reati. 5. La sentenza impugnata deve in conclusione essere annullata, con rinvio al giudice civile competente in grado di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.