Non basta la confusione, è necessaria la materiale alterazione del marchio altrui

Per la configurazione del reato di contraffazione non è sufficiente la mera possibilità di confusione tra 2 marchi, regolarmente registrati, ma è necessaria la materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio.

Il caso. 14.800 borse e 9.240 portafogli con marchio contraffatto Gucci. Questa la quantità di merce per i quali un cittadino cinese veniva ritenuto responsabile dei reati di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi art. 474 c.p. e di ricettazione art. 648 c.p. , unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche ed esclusa la recidiva – condannato ad un anno e 6 mesi di reclusione e ad una multa di 1.800 euro. La condanna, però, diventava più pesante in appello, dove i Giudici territoriali, in parziale riforma della sentenza di primo grado, escludevano le attenuanti generiche e aumentavano la pena a 2 anni e 2 mesi di reclusione e a 2.400 euro di multa. Niente ricettazione e nemmeno introduzione di prodotti con segni falsi, al massimo è contraffazione o nemmeno quello? L’imputato, quindi, ricorre in Cassazione, affermando che, vista la natura immateriale del marchio estraneo al concetto di cosa mobile era da escludere il reato di ricettazione. Non solo. Il ricorrente sostiene, inoltre, che, avendo commissionato la merce e chiesto la registrazione di un suo marchio, sarebbe stato, al massimo, autore della contraffazione art. 473 c.p. e non del reato di cui all’art. 474 c.p Necessaria la materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio. E, secondo i Giudici di legittimità, il problema sta proprio alla radice. Infatti, rifacendosi ad un precedente giurisprudenziale Cass., sez. V, n. 10193/2006 , la S.C. ha sottolineato che, ai fini della configurazione del reato di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali art. 473 c.p. , non è sufficiente la mera possibilità di confusione tra 2 marchi, regolarmente registrati, ma è necessaria la materiale contraffazione o alterazione dell’altrui marchio . L’imputato ha un marchio registrato. A tal proposito, dunque, sarebbe stato necessario accertare, in presenza di un marchio registrato in capo all’imputato, che quello presente sui capi sequestrati fosse la contraffazione di quello di Gucci e non espressione di quello registrato, ancorché idoneo a determinare confusione rispetto all’altro marchio anteriormente registrato e quindi idoneo ad integrare l’illecito della concorrenza sleale, ma non l’illecito penale relativo alla contraffazione del marchio . Assorbite tutte le ulteriori doglianze del ricorrente, dunque, la palla passa al giudice del rinvio, che dovrà procedere con un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 giugno – 3 luglio 2014, n. 28922 Presidente Petti – Relatore Davigo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 18.10.2010 il Tribunale di Genova dichiarò Y.X. responsabile dei reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen. in relazione a 14.800 borse e 9.240 portafogli con marchio contraffatto G. unificati sotto il vincolo della continuazione e - concesse le attenuanti generiche ed esclusa la recidiva - lo condannò alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione ed € 1.800,00 di multa. 2. L'imputato ed il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale proposero gravame e la Corte d'appello di Genova, con sentenza 11.6.2013, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, escluse le attenuanti generiche, aumentò la pena ad anni 2 mesi 2 di reclusione ed € 2.400,00 di multa. 3. Ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore, deducendo 1. violazione di legge in quanto l'imputato è titolare del marchio figurativo contraddistinto dal n. F120070000654 e dal titolo G.B. Dood Bye registrato all'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi a seguito di domanda presentata il 10.5.2007 la merce in sequestro non reca il marchio contraffatto cucci ma il marchio di proprietà dell'imputato il Tribunale aveva escluso la buona fede sull'assunto che la merce era sta presentata per l'importazione il 16.5.2007 e quindi era stata prodotta in epoca anteriore alla presentazione della domanda di registrazione nell'atto di appello la difesa aveva evidenziato che gli effetti della registrazione retroagiscono al momento della presentazione della domanda, ma la Corte d'appello ha rigettato il gravame sull'assunto della similarità del marchio la condotta dell'imputato sarebbe perciò lecita richiamando Cass. Sez. 5 n. 10193 del 23.3.2006 inoltre è stata elevata la perizia di parte G. ad atto giuridicamente idoneo a certificare la contraffazione del marchio la G. avrebbe dovuto adire il giudice civile per ottenere l'inibizione dell'uso del marchio, cosa che non ha mai fatto 2. vizio di motivazione in quanto l'elemento soggettivo del reato è stato desunto dai precedenti penali, mentre sarebbero stati proprio questi ad indurre l'imputato ad agire lecitamente 3. violazione di legge in quanto l'imputato, avendo commissionato la merce e chiesto la registrazione, sarebbe stato - se mai - autore della contraffazione, sicché il fatto sarebbe diverso da quello contestato art. 473 cod. pen. . 4. Con motivi aggiunti datati 30.5.2014 e pervenuti il 18.6.2014, il difensore del ricorrente deduce violazione di legge in relazione all'art. 648 cod. pen. stante la natura immateriale del marchio, come tale estraneo alla nozione di cosa mobile, che nella specie sarebbe un prodotto industriale penalmente irrilevante, svolgendo ampia argomentazione. 5. Con motivi aggiunti datati 5.6.2014 e depositati in pari data il difensore del ricorrente deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 474 e 648 cod. pen. stante la natura di bene immateriale del marchio, svolgendo argomenti simili a quelli di cui al punto 4. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Questa Corte ha chiarito che, ai fini della configurazione del reato di cui all'art. 473 cod. pen. contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali non è sufficiente la mera possibilità di confusione tra due marchi, regolarmente registrati, ma è necessaria la materiale contraffazione o alterazione dell'altrui marchio Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10193 del 09/03/2006 dep. 23/03/2006 Rv. 234241 . La sentenza Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10193 dei 09/03/2006, sopra citata, pur relativamente al reato di cui all'art. 473 cod. pen., ha così motivato appare quindi fondato, per quanto di ragione, il ricorso, atteso che, pur a fronte della rappresentata esistenza, da parte della difesa del ricorrente, di regolare registrazione, presso la Camera di commercio di Macerata, del marchio figurante sulle calzature in sequestro, prodotte dall'azienda di cui il T. era legale rappresentante, il tribunale del riesame ha del tutto ignorato il problema, dando per acquisito che bastasse a rendere configurabile il reato in questione secondo quanto si evince dalla motivazione del provvedimento impugnato la confondibilità tra i due marchi e la sostanziale identità esteriore del prodotto e ciò sulla base del fallace assunto secondo cui vi sarebbe coincidenza tra la condotta integrante l'illecito civilistico della concorrenza sleale e quella integrante il reato di cui all'art. 473 c.p., laddove una tale coincidenza è invece da escludere, atteso che l'illecito civilistico, quale previsto per quanto qui interessa dall'art. 2598 c.c., n. 1, richiede come condizione necessaria e sufficiente quella che si usino nomi o segni distintivi idonei a creare confusione con quelli usati da altri, o che si imitino servilmente i prodotti altrui, mentre l'art. 473 c.p., richiede, più specificamente, che gli altrui marchi o segni distintivi siano fatti oggetto di materiale contraffazione o alterazione, per cui, mancando queste, la sola possibilità di confusione non può, di per se, valere a costituire il reato . Pertanto sarebbe stato necessario accertare, in presenza di un marchio registrato in capo all'imputato, che quello apposto sui capi in sequestro fosse la contraffazione di quello G. e non espressione di quello registrato, ancorché idoneo a determinare confusione rispetto ad altro marchio anteriormente registrato e quindi idoneo ad integrare l'illecito civile della concorrenza sleale, ma non l'illecito penale relativo alla contraffazione del marchio. 2. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Genova per nuovo giudizio. 3. Nella decisione assunta rimangono assorbite le ulteriori doglianze comprese quelle svolte con i motivi nuovi. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Genova per nuovo giudizio.