Sequestro del bene, ma solo se strumento del reato

Non è sequestrabile un bene se la sua disponibilità, da parte di soggetti non indagati, è legittima e non importa l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del delitto ipotizzato.

Il principio è stato espresso e ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17960 del 29 aprile 2014, che ha escluso la sequestrabilità, ai fini preventivi, di autovelox in uso presso la polizia municipale, posto che in questo caso la disponibilità dei macchinari ottenuti in noleggio non è, di per sé, circostanza che possa aggravare o protrarre le conseguenze del delitto per cui si procedeva abuso d’ufficio . Il fatto. Nella specie la Procura della Repubblica aveva impugnato l’ordinanza del Tribunale con la quale si era respinta la richiesta di sequestro di autovelox avanzata in base al fatto che l’abuso d’ufficio contestato faceva riferimento alla circostanza che i proventi dovuti da un Comune ad una società privata, per il noleggio degli autovelox, non fossero commisurati alle somme effettivamente incassate per le violazioni contestate, ma solo al numero e alla tipologia delle sanzioni rilevate”. Il bene sequestrato deve essere strumentale alla commissione del reato. Come la Suprema Corte ha notato con una certa facilità, nonostante che il ricorso fosse lungo, articolato e non sempre completamente intelligibile”, perché si proceda ad un sequestro preventivo è indispensabile motivare la necessità del vincolo ai fini preventivi e questi non possono essere automaticamente rinvenuti solo perché un determinato bene sia la causa o pretesto dell’abuso stesso”, dovendo essere necessario che tale bene sia anche lo strumento indispensabile attraverso cui il reato si compie e può compiersi. Poiché nell’ipotesi in questione l’abuso rilevava per le modalità di erogazione del corrispettivo per il noleggio, la disponibilità in sé dell’autovelox da parte della polizia giudiziaria non rilevava. D’altra parte, come è stato bene notato dalla Cassazione, per l’uso degli autovelox si possono prevedere canoni fissi o variabili quand’anche sia illegittimo il criterio di definizione del corrispettivo, ciò non rileva ai fini dell’uso dell’autovelox ai fini di constatare le infrazioni stradali. Da qui l’inammissibilità del ricorso. La sentenza appare ineccepibile e non pone particolari problemi di interpretazione. Vi è solo da notare come il riferimento alla non sequestrabilità della cosa che costituisce il pretesto” del reato sia di notevole importanza pratica. Infatti, nell’ottica repressiva, vista alla luce delle peculiarità del caso de qua , se si impedisse l’uso degli autovelox di per sé non potrebbe sorgere alcun dovere di pagamento per il loro uso e, quindi, a priori si impedirebbe la commissione futura del reato di abuso contestato o la sua protrazione o il suo aggravamento. Sequestrare non equivale ad impedire il reiterarsi del reato. Se non che questo ragionamento ha una falla indiscutibile, bene evidenziata dalla Corte di legittimità non è sequestrando ciò che ha in qualche modo contribuito alla commissione del delitto che si può escludere la commissione di altri reati, poiché è ben possibile come nella specie che la disponibilità in sé sia legittima e, quindi, corrisponda ad un interesse giuridicamente meritevole di tutela e di apprezzamento. Pericolosità del bene va dimostrata. E’, dunque, necessario indicare perché una tale disponibilità sia pericolosa ai fini penali ma tale giudizio di pericolosità abbisogna di essere sostenuto da elementi fattuali attuali e concreti e non anche da semplici illazioni. In definitiva, se la detenzione di un bene specie se da parte di un terzo è legittima e non è in contestazione tale detenzione, non si può procedere a sequestrare tale bene ai fini preventivi solo perché dalla considerazione dell’uso legittimo del bene il reo abbia organizzato” la commissione del reato. Dopo tutto, è vietato rubare e non anche possedere beni che possano istigare” al furto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 marzo – 29 aprile 2014, n. 17960 Presidente Marasca – Relatore Fumo Rilevato in fatto 1. Il tribunale del riesame di Forlì, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha rigettato l'appello proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento di rigetto di richiesta di sequestro preventivo, a sua volta emesso dal GIP presso il tribunale della medesima città in data 19 luglio 2013 e avente ad oggetto le apparecchiature fisse per il rilevamento della velocità delle autovetture autovelox di proprietà della AREABLU spa, apparecchiature in uso all'amministrazione provinciale di Forlì-Cesena. 2. I reati ipotizzati a carico di B.M. e di altre ventisette persone vale a dire il presidente, il vicepresidente e i componenti della giunta provinciale, il presidente e i consiglieri del consiglio provinciale, alcuni funzionari dell'amministrazione provinciale e il presidente del consiglio di amministrazione di AREABLU spa sono quelli di concorso in falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e di abuso di ufficio, in quanto, da un lato, sarebbe stato falsamente attestato che la somma da corrispondere alla spa era stata regolarmente stanziata, esistendo la relativa copertura contabile, dall'altro, era stato adottato un criterio di calcolo delle spettanze della spa arbitrariamente proporzionato al numero delle infrazioni rilevate dagli apparecchi autovelox e non secondo i dettami previsti dalla legge. Infine, al dirigente del servizio bilancio, finanze e provveditorato della amministrazione provinciale di Forlì, Ma.Ma. , è addebitato l'ulteriore delitto di falso ideologico per le attestazioni rilasciate alla polizia giudiziaria in corso di indagini, attestazione con le quali lo stesso ebbe ad affermare che le entrate derivanti dalla riscossione delle sanzioni per l'inosservanza di norme del CdS erano state attribuite nel rispetto del vincolo di destinazione dei proventi derivanti dalle predette sanzioni. 3. Il collegio cautelare ha escluso il rapporto di pertinenzialità tra le apparecchiature e i delitti contestati tanto con riferimento al falso ideologico, quanto con riferimento all'abuso d'ufficio e ha valorizzato le dichiarazioni del comandante della polizia provinciale, Se.Gi. , dalle quali si evince che le apparecchiature in questione sono nella effettiva disponibilità della polizia e non più della AREABLU spa. Osserva inoltre il tribunale che le censure del pubblico ministero investono principalmente il contenuto del disciplinare di affidamento alla società predetta della gestione del sistema di controllo fisso sulle strade della provincia. In particolare, osservano i giudicanti, il pubblico ministero contesta il fatto che alla spa sia stato riconosciuto un compenso in funzione del numero di immagini utilizzate dalla polizia per elevare le contravvenzioni stradali. In merito, sostiene tuttavia il collegio cautelare che, così operando, la PA non ha violato gli articoli 201 e 208 CdS, anche perché la AREABLU non è semplicemente la proprietaria dei macchinari dati in locazione alla polizia locale, ma - come premesso - è la società che ha in gestione le postazioni fisse. I criteri di calcolo dunque sono diversi da quelli invocati dall'impugnante. 4. Ricorre per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Forlì, con un articolato atto di impugnazione, corredato di documentazione e inglobante anche brani delle consulenze tecniche disposte in corso di indagini. 5. Il ricorso sembra contestare la struttura motivazionale del provvedimento del tribunale, nonché dedurre violazione di legge, con specifico riferimento al delitto di cui all'articolo 323 cp. Si sostiene che non è stato colto il contrasto dell'atto amministrativo con i parametri normativi in materia di circolazione stradale e di contabilità pubblica, essendosi superati i limiti della cosiddetta esternalizzazione del servizio. In realtà, i compensi dovuti ad AREABLU, oltre a essere non correttamente commisurati al numero e alla tipologia delle sanzioni rilevate, vengono riconosciuti sulla base di quanto accertato e non di quanto riscosso , causando un aumento di esborso per la P.A. e dunque un illecito arricchimento per la spa AREABLU. Invero, il compenso corrisposto alla spa sembra avere natura composita in quanto, oltre ad un fisso per i servizi contemplati, prevede anche altre clausole, ben più significative sul piano economico e sotto il profilo della corrispettività delle prestazioni e della individuazione dei costi per l'amministrazione provinciale. Il contratto con AREABLU, peraltro, è talmente sbilanciato a favore di tale soggetto privato che ha consentito al predetto, nell'anno 2010, un introito superiore al 100% degli incassi pervenuti - nello specifico settore - alla amministrazione provinciale. Il soggetto privato, in realtà, ha finito, di fatto, per gestire l'attività inerente al servizio di polizia stradale, imputandola contrattualmente all'amministrazione provinciale, senza che quest'ultima possa, in pratica, sovrintendere alla all'attività stessa. E ciò costituisce, oltreché violazione di specifiche norme di legge, anche violazione dei principi cardine del nostro ordinamento costituzionale e, in particolare, dall'articolo 97 della Carta fondamentale. In sintesi, la situazione appare ancora più allarmante perché la completa disponibilità operativa finisce per sfuggire al diretto controllo dell'organo di polizia. 6. Il ricorrente inoltre contesta anche uno specifico passaggio motivazionale nel quale il tribunale romagnolo afferma che l'amministrazione provinciale ha comunque reperito, con altre modalità, le somme per coprire l'esubero di spesa. Se così fosse, si darebbe ingresso a un'ipotesi di impegno di spesa eccedente rispetto alle entrate derivanti dalla specifica attività di gestione del servizio autovelox. A ciò conseguirebbe un indebito ulteriore arricchimento del terzo. 7. Ha fatto pervenire memoria il difensore degli indagati con la quale sostiene la inammissibilità, nel caso in esame, della adozione di misura cautelare, per assoluta mancanza di presupposti. Considerato in diritto 1. Il ricorso, come premesso, lungo, articolato e non sempre completamente intelligibile, sembra concentrarsi unicamente sulla ipotesi di abuso di ufficio, nulla osservando in ordine ai pure ipotizzati dall'Accusa delitti di falso ideologico. È dunque in contestazione il solo fumus del delitto ex art. 323 cp. 2. Tanto chiarito, va subito detto che correttamente il tribunale del riesame ha escluso la sussistenza del vincolo di pertinenzialità tra il reato contestato e le apparecchiature in sequestro. Invero, se pur si ipotizza che l'abuso sia stato consumato, gli autovelox, al più, possono essere considerati la causa o il pretesto dell'abuso stesso essi non sono lo strumento che tuttora lo consente. E invero a l'autovelox registra le infrazioni stradali, b sulla base delle infrazioni rilevate, vengono emessi i verbali relativi alle infrazioni stesse, e il proprietario degli apparecchi AREA BLU spa deve essere compensato per il noleggio, d il compenso può essere - in astratto - calcolato a forfait o in proporzione delle multe secondo il pubblico ministero - per quel che è dato comprendere dal tenore del ricorso - detto compenso non può essere calcolato, come è avvenuto, proporzionalmente al numero dei verbali di multa , ma in relazione agli importi effettivamente incassati . 3. Sta di fatto, tuttavia, che, per quanto emerge dal provvedimento impugnato, la res che si vorrebbe sottoporre a sequestro preventivo non è nella disponibilità di AREA BLU dunque non si comprende perché, secondo il ricorrente, la spa gestirebbe il servizio , ma della polizia stradale di Forlì - Cesena cui appunto gli apparecchi sono stati ceduti in noleggio . Orbene, nulla impedisce alla P.A. di rivedere, se i termini dell'accordo lo consentono, i criteri di calcolo e pagamento del noleggio, ovvero, se del caso, di adire la competente autorità giudiziaria e ciò certamente a prescindere dalla detenzione degli apparecchi. 4. In sintesi la disponibilità da parte della polizia municipale dei macchinari ottenuti in noleggio non è, di per sé, circostanza che possa aggravare o protrarre le conseguenze del delitto ipotizzato, ovvero agevolare la commissione di altri reati. 5. Consegue la inammissibilità del ricorso. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso del procuratore della Repubblica.