La persona offesa è attendibile? Basta la sua deposizione per provare la responsabilità dell’imputato

In tema di violenza sessuale, la testimonianza della persona offesa vittima di siffatto reato, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, purché la relativa valutazione sia sorretta da un’adeguata motivazione, che dia conto dei criteri adottati e dei risultati acquisiti.

Le dichiarazioni della vittima saranno ancor più credibili ove siano confortate da elementi di riscontro, quale ad esempio la certificazione medica attestante le lesioni diffuse, subite dalla persona offesa a causa ed in conseguenza della violenza sessuale, tali da escludere sia un rapporto consenziente che una aggressione violenta ed improvvisa, di per sé incompatibile con la condotta contestata. Lo ha ribadito la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17862, depositata il 29 aprile 2014. Il caso. La pronuncia in esame trae origine da una sentenza di condanna confermata in appello per il reato di violenza sessuale, previsto e punito dall’art. 609 bis c.p Nello specifico, il ricorrente deduceva, fra gli altri motivi, l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p., con specifico riguardo alla ritenuta inattendibilità della persona offesa, autrice di una deposizione - a suo dire - gravemente contraddittoria. Per il ricorrente, la Corte di Appello di Salerno non aveva valutato correttamente l’evidente contrasto fra le riferite violenze e l’atteggiamento consapevole della donna asseritamente violentata che aveva addirittura fatto sì che la ragazza seguisse il suo carnefice” in una via buia ed isolata . La testimonianza della persona offesa . Come è noto, in generale, nel nostro sistema processuale manca una specifica normativa dettata a tutela della vittima-testimone, la cui posizione viene sostanzialmente equiparata a quella di qualsiasi altro teste che debba essere escusso, e ciò ad eccezione delle sole regole dettate in tema di audizione del minore le quali, pertanto, possono ritenersi uniche eccezioni in materia. Tali regole infatti limitano, in considerazione della necessità di tutelare soggetti in condizioni di maggiore debolezza psichica, il diritto al pieno contraddittorio dell’imputato che, in sede dibattimentale, trova la sua espressione nella cross-examination di ciascuna fonte di prova orale. La decisività della deposizione dibattimentale, se da un lato esalta il principio del pieno contraddittorio nella formazione della prova dinanzi al Giudice, dall’altro espone la vittima del reato al pericolo di maggiori pressioni o sollecitazioni, al fine di ottenere una più o meno completa ritrattazione, aumentando così notevolmente la possibilità che, alle sofferenze patite al momento della consumazione dell’episodio delittuoso, ne seguano altre, ancor più penose, nel periodo antecedente l’audizione dibattimentale od anche in sede di incidente probatorio. deve essere scevra da contraddizioni logiche. Ciò premesso sul piano generale, ci si è chiesti se ed in che termini la testimonianza della persona offesa specie nel caso di delitti contro la libertà sessuale possa essere ritenuta attendibile e credibile, in particolare nelle ipotesi in cui si tratti dell’unica prova diretta della riferita violenza. Uno degli aspetti più rilevanti della riforma dei reati sessuali intervenuta con la legge n. 66/1996 è consistito nella eliminazione della distinzione tra violenza carnale ed atti di libidine a differenza di quanto avviene in altre legislazioni penali europee, fra cui ad esempio quella spagnola, che ancora distingue fra aggressioni, abusi e molestie sessuali , sicché l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 609 bis c.p. sussiste ogni qual volta che un qualunque atto di natura sessuale sia compiuto con violenza. L’unificazione delle fattispecie risponde a giustificazioni di carattere sia astratto che tecnico sotto il primo profilo, infatti, è rispondente all’esigenza di affermare il principio assoluto di inviolabilità del corpo umano e della pari gravità di ogni condotta lesiva del predetto bene, attribuendosi maggiore rilevanza alla dignità della persona, sicché la mutata oggettività giuridica del reato e l’unicità del bene giuridico protetto, la libertà sessuale corollario del più ampio diritto alla libertà personale, impongono di riconoscere la natura illecita a qualunque violazione del diritto alla libera estrinsecazione della propria sessualità a prescindere dalle concrete modalità esecutive della condotta. Vi è, inoltre, una motivazione di carattere più propriamente tecnico e pratico, consistente nelle necessità di una maggiore semplificazione dell’accertamento del reato e di una più intensa tutela della dignità della persona offesa. Sul punto, l’orientamento dominante in giurisprudenza sostanzialmente confermato dalla sentenza in commento afferma che il diritto processuale penale non opera alcuna discriminazione sia in ordine alla capacità a testimoniare della persona offesa dal reato, sia in ordine alla valenza probatoria delle sue deposizioni rispetto a quelle di altre persone. Pertanto in caso di necessità, per essere la persona offesa l'unico testimone che abbia avuto percezione diretta del fatto da provare o, comunque, l'unico in grado di introdurre una tale percezione nel processo, anche la sola deposizione di essa può, nell'ambito del libero convincimento del giudice, essere posta a fondamento del giudizio di colpevolezza dell'imputato. In tal caso il giudice di merito deve valutare con particolare attenzione tutti gli elementi, sia di natura intrinseca che estrinseca, su cui ha basato il suo convincimento di attendibilità e veridicità delle deposizioni della persona offesa, dando conto di tale valutazione con motivazione dettagliata e rigorosa, specificamente riferita alla detta qualità Cass. n. 6930/1990 . Anche nella pronuncia in esame, la Cassazione conferma dunque che il controllo sulla psicologia della persona offesa-testimone va fatto con oculatezza, a maggior ragione nelle ipotesi in cui essa costituisce l’unico soggetto che può riferire circa il commesso reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 novembre 2013 – 29 aprile 2014, n. 17862 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 22 marzo 2013 la Corte di Appello di Salerno confermava la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore del 24 settembre 2012 emessa nei confronti di M.S. imputato del reato di violenza sessuale art. 609 bis cod. pen. con la quale lo stesso era stato dichiarato colpevole del suddetto reato ed, esclusa la recidiva e con la diminuente per il rito, era stato condannato alla pena di anni quattro di reclusione, oltre alle pene accessorie di legge e al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile costituita. 1.2 Ricorre avverso la detta sentenza l'imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia deducendo tre specifici motivi. Con il primo rileva la violazione di disposizioni processuali penali art. 192 cod. proc. pen. per avere la Corte territoriale ritenuto l'attendibilità della persona offesa senza tenere conto delle contraddizioni ritenute dalla difesa gravi in cui era incorsa la persona offesa soprattutto quando ha riferito di essere stata oggetto di avances sessuali lungo una stradina buia nella quale si era incamminata unitamente all'imputato a lei in passato sentimentalmente legata nonostante il luogo dell'appuntamento fosse l'abitazione dell'imputato presso la quale si sarebbe dovuto recare il nuovo compagno della donna per prelevarla dopo aver pregato telefonicamente l'imputato di fare attendere lì la donna. Con il secondo motivo la difesa lamenta violazione di legge con riferimento agli artt. 61 n. 5 cod. pen. e 62 bis cod. pen. deducendo l'erroneità della decisione della Corte di merito laddove afferma la natura oggettiva dell'aggravante senza che potesse assumere una qualche rilevanza la circostanza che consapevolmente la vittima si fosse incamminata in un tratto di strada buio tale da rendere difficoltosa la difesa accettando il rischio insito nella oscurità dei luoghi. Viene, in seno allo stesso motivo, evidenziata la violazioni di legge consistita nel diniego, da parte della Corte distrettuale, delle circostanze attenuanti generiche sulla base dei precedenti penali, senza tenere conto del contegno processuale dell'imputato che era acceduto alla richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'escussione di alcuni testimoni che avrebbero potuto riferire notizie favorevoli per l'imputato e tali da incidere sulla concedibilità delle circostanze attenuanti anche in termini di equivalenza rispetto all'aggravante. Cin un terzo motivo la difesa lamenta la violazione ed inosservanza della legge penale art. 609 bis comma 3 cod. pen. per avere la Corte ingiustificatamente omesso di concedere l'invocata circostanza attenuante del fatto di minore gravità. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita di essere accolto in quanto infondato. 2. Vanno anzitutto fugate le perplessità manifestate dalla difesa del ricorrente in ordine alla legittimità della motivazione per relationem , segnalandosi - come principio di carattere generale ripetutamente affermato da questa Corte Suprema che tema di motivazione della sentenza di appello, è consentita quella c.d. per relationem con riferimento alla pronuncia di primo grado, quando le censure formulate a carico della decisione di primo grado non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso ciò in quanto il giudice di appello non è obbligato a riesaminare una questione formulata genericamente nei motivi di appello che sia stata già risolta dal primo giudice con argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici in termini, tra le tante, Sez. 6^ 14.6.2004 n. 31080, Cerrone, Rv. 229299 Sez. 4^ 17.9.2008 n. 38824, Raso e altri, Rv. 241062 Sez. 2^ 19.3.2013 n. 30838, Autieri e altri, Rv. 257056 . 2.1 Nel caso in esame è vero che in un passaggio della sentenza si legge testualmente di un espresso richiamo della Corte territoriale alle argomentazioni spese nella sentenza di primo grado e fatte proprie pag. 3 della impugnata sentenza ma la Corte, posta di fronte alle esplicite censure mosse dall'appellante soprattutto per quel che riguardava l'attendibilità della vittima posta in discussione, non si è limitata al mero richiamo della motivazione del Tribunale ma ha svolto ulteriori e più analitiche considerazioni, richiamando anzitutto i principi che regolano la testimonianza della persona offesa e che la difesa ritiene non essere stati osservati. 2.2 In proposito deve essere ricordato che, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, la testimonianza della persona offesa vittima di reato sessuale, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova, purché la relativa valutazione sia sorretta da un'adeguata motivazione, che dia conto dei criteri adottati e dei risultati acquisiti tra le tante, Sez. 3^ 13.11.2003 n. 3348, Pacca e altro, Rv. 227493 Sez. 6^ 4.11.2004 n. 443, Zamberlan, Rv. 230899 idem 14.4.2008 n. 27322, De Ritis, Rv. 240524 . Inoltre mette conto di rilevare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno escluso l'applicabilità delle regole dettate dall'art. 192, comma 3 codice di rito alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone S.U. 19.7.2012 n. 41461, Bell'Arte e altri, Rv. 253214 . 2.3 A tali principi si è uniformata la Corte salernitana qualificando come particolarmente attendibili le dichiarazioni della vittima anche perché confortate da elementi di riscontro che - seppur non strettamente indispensabili quando la prova sia costituita dalla dichiarazioni della vittima una volte ritenute attendibili - certamente accentuano la già elevata credibilità della persona offesa il riferimento è al certificato medico redatto a seguito del ricovero della ragazza al pronto soccorso dopo l'aggressione subita che descrive le lesioni diffuse subite dalla ragazza del tutto incompatibili sia con una relazione sessuale consenziente sia con una aggressione violenta ed improvvisa come dalla donna denunciato che la aveva costretta a difendersi e che la aveva vista in un primo tempo soccombere a causa della caduta per terra v. pag. 4 della sentenza impugnata . La Corte ha anche fatto riferimento alle testimonianze di P.A. e V.A. nuovo partner della persona offesa che aveva preso appuntamento con l'imputato pregandolo di fare attendere a casa sua la sua compagna che si doveva recare in quel luogo , giudicandole di rilevanza marginale soprattutto per quel che riguarda la pregressa relazione sentimentale tra la B. e l'imputato, non negata dalla donna così come ha rilevato del tutto secondaria la circostanza riferita dall'imputato che la vittima era a conoscenza che si stava recando in un luogo appartato. Invero è del tutto logico ritenere, anzitutto che la donna, che in passato aveva intrattenuto con il M. una relazione sentimentale sapesse della conformazione dei luoghi vicino all'abitazione ma è altrettanto logico ritenere che la donna, della cui relazione sentimentale attuale con il V. l'imputato era a conoscenza, tanto da offrire all'amico la propria disponibilità a far aspettare la B. a casa sua in attesa dell'arrivo del suo compagno, si fidasse del comportamento corretto dell'imputato una volta accettato l'invito a fare una breve passeggiata sotto casa in attesa dell'arrivo del proprio compagno il fatto che l'imputato abbia poi approfittato della accondiscendenza della ragazza a fare la passeggiata non poteva certo significare che la ragazza fosse disponibile ad eventuali avances anche perché se davvero una simile disponibilità fosse stata anche tacitamente manifestata, non vi sarebbe stata alcuna ragione perché la ragazza riportasse le diffuse lesioni descritte nel referto medico. 2.4 Ma vi è di più la Corte ha sottolineato il momento dell'arrivo dei Carabinieri chiamati in soccorso con il numero di emergenza, i quali avevano sorpreso la donna per terra e l'imputato che inveiva contro di lei si tratta di un elemento ben a ragione valorizzato dalla Corte di merito che dimostra una volta di più come la ragazza si trovasse in balia dell'imputato, verosimilmente colto da un improvviso desiderio sessuale incontrollabile legato alla passata relazione poi venuta meno e certamente adirato per il rifiuto della ragazza di sottostare ai suoi desideri. 2.5 La decisione della Corte è quindi assolutamente coerente con i dati probatori acquisiti e pienamente rispondente alla logica sia astratta che concreta. 3. Anche il secondo motivo non è fondato in quanto correttamente la Corte ha evidenziato la natura oggettiva della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 5 cod. pen. la cui configurabilità non è giustificata ex se dalle sole circostanze logistiche temporali e di luogo ma laddove concorrano altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata certamente tale circostanza aggravante ricorre Sez. 2^ 18.1.2011 n. 3598, Salvatore, Rv. 249270 nello stesso senso, Sez. 2^ 13.12.2005 n. 5266, Moscato, Rv. 233573 . Orbene nel caso in esame la Corte correttamente ha valorizzato il comportamento subdolo dell'imputato che, con la scusa di far fare una passeggiata alla sua ex compagna e confidando nella buona fede della ragazza ha sostanzialmente attirato la ragazza in un tranello come ritenuto dalla Corte approfittando del luogo buio ed isolato per assalirla sessualmente ed in modo del tutto imprevedibile pag. 5 della sentenza impugnata . 4. Pienamente conforme al consolidato orientamento di questa Corte Suprema il diniego delle circostanze attenuanti generiche basato sui ripetuti precedenti penali del M. che costituiscono, come rilevato dalla Corte territoriale, un indice negativo della personalità rientrante quindi in quei parametri indicati dall'art. 133 cod. pen. alla stregua dei quali valutare il riconoscimento o meno di circostanze che hanno quale unico scopo soltanto quello di mitigare la pena e che si basano su elementi non specifici idonei a temperare la sanzione. 4.1 Per costante indirizzo di questa Corte dal quale non vi è alcuna ragione di discostarsi non è necessario che il giudice quando decida di negare tali circostanza debba prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, bastando il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purché la valutazione di tale rilevanza tenga obbligatoriamente conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato Sez. 3^ 23.4.2013 n. 23055, Banic e altri, Rv. 256172 e a tali criteri si è uniformata la Corte di merito valorizzando elementi negativi a ragione ritenuti decisivi ma implicitamente facendo riferimento anche alle modalità violente dell'azione e particolarmente callide. Peraltro la difesa nello specifico motivo di ricorso sottolinea quali elementi favorevoli soltanto circostanze del tutto ipotetiche legate ad una assunzione di prove testimoniali che avrebbero a suo avviso potuto incidere favorevolmente sulla posizione dell'imputato senza tuttavia spiegare convincentemente le ragioni di una tale supposta incidenza. 5. Infondato, infine, l'ultimo motivo riguardante il mancato riconoscimento della circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravità. 5.1 Dal punto di vista generale va osservato che, in materia di reati contro la libertà sessuale, la circostanza attenuante prevista dall'art. 609 bis cod. pen. per i casi di minore gravità deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui, tenuto conto dei mezzi, delle modalità esecutive e delle circostanze dell'azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera non grave Sez. 3^ 8.5.2000 n. 9528, Nitti C, Rv. 217708 più di recente Sez. 4A 12.4.2013 n. 18662, A., Rv. 255930 . I parametri, infatti, dei quali occorre tenere conto ai fini della concedibilità di tale attenuante sono quelli previsti dall'art. 133 comma 1 del codice penale sub nn. 1 , 2 e 3 e non quelli indicati nel comma successivo in termini Sez. 3^ 26.10.2011 n. 45692, B., Rv. 251611 . 5.2 Va, in concreto, rilevato che la Corte salernitana ha fatto leva, anzitutto, sulla invasività degli atti sessuali eterogenei quanto a qualità e di intensità crescente nell'ottica del soddisfacimento della concupiscenza da parte dell'imputato ancora, sulle modalità dell'azione, commessa, come opportunamente rimarcato dal giudice di appello, ad opera di soggetto che per pregressi rapporti sentimentali con la vittima ne riscuoteva la fiducia e con modalità oltre che invasive, del tutto subitanee ed imprevedibili tanto da limitare la difesa della ragazza che solo grazie all'arrivo istantaneo dei Carabinieri è riuscita ad evitare il peggio. 6. Il ricorso va, pertanto, rigettato segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.