Il posteggiatore porta via l’auto affidatagli per il parcheggio: è furto

Ai fini della delimitazione dei confini tra il reato di furto e quello di appropriazione indebita possono rientrare nella nozione di possesso vari casi di detenzione, ma deve comunque trattarsi di detenzione nomine proprio” e non nomine alieno”.

Il presupposto del delitto di appropriazione, infatti, è costituito da un preesistente possesso della cosa altrui da parte dell’agente, cioè in una situazione che si concretizzi nell’esercizio di un potere autonomo sulla cosa, al di fuori dei poteri di vigilanza e di custodia del proprietario. Laddove, invece, sussista un semplice rapporto materiale con la cosa, determinato da un affidamento temporaneo e condizionato, che non attribuisca all’agente alcun potere di autonoma disponibilità della stessa, deve ravvisarsi la diversa ipotesi di furto. È quanto emerge dalla sentenza n. 17957/14 della Corte di Cassazione, depositata il 29 aprile 2014. Il caso. Il Tribunale del riesame di Napoli, in riforma dell’ordinanza del GIP della stessa sede e in accoglimento dell’appello proposto avverso questa dal Pubblico Ministero, applicava ad un posteggiatore abusivo la misura cautelare richiesta dalla pubblica accusa. In particolare, all’indagato veniva contestato il furto di un’autovettura, posto in essere sfruttando la sua attività lavorativa” egli si era, cioè, fatto consegnare l’autovettura stessa dalla proprietaria con il pretesto di parcheggiarla e l’aveva poi alla medesima sottratta. Avverso l’ordinanza di appello l’indagato proponeva ricorso in Cassazione fondato su un solo motivo. La difesa del posteggiatore deduceva la non corretta qualificazione giuridica del fatto posta in essere dal Tribunale. Nello specifico, doveva ritenersi erroneamente applicato l’art. 646 c.p., che punisce il delitto di appropriazione indebita, il quale rappresentava, secondo le prospettazioni difensive, la fattispecie di reato alla quale si doveva riferire la condotta dell’indagato. Secondo quanto precisato nel ricorso, infatti, la nozione di possesso di cui all’art. 646 c.p. dovrebbe essere intesa in senso più ampio di quella propria del diritto civile, dovendosi nella medesima includere anche ipotesi di mera detenzione del bene, purché essa avvenga al di fuori della sfera di vigilanza del titolare della cosa sottratta”. In ragione di ciò, e in considerazione della circostanza per cui l’autovettura era stata spontaneamente consegnata al posteggiatore dalla proprietaria, l’azione delittuosa avrebbe dovuto essere ricondotta al delitto di appropriazione indebita e non a quello di furto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. C’è detenzione e detenzione La Suprema Corte è perentoria nel definire la vicenda processuale in questione. Richiamando un suo costante e consolidato orientamento, il Collegio di legittimità ribadisce che la nozione di possesso ex art. 646 c.p. è idonea a ricomprendere non ogni ipotesi di detenzione della cosa oggetto della condotta, ma soltanto quelle riferibili al concetto di detenzione nomine proprio ”. Con tale definizione la Quinta Sezione Penale delimita il raggio d’azione del delitto di cui all’art. 646 c.p. alle ipotesi in cui il soggetto agente sia in grado di esercitare un qualsivoglia potere autonomo sulla cosa, al di fuori della sfera di vigilanza del proprietario, rimanendo da tale perimetro esclusi i casi di affidamento temporaneo del bene per singole operazioni. L’agente, pertanto, deve poter, in un certo qual modo, disporre” del bene con cui si relaziona, non essendo, ai fini che in questa sede rilevano, sufficiente la semplice esistenza dello stesso nelle mani” del detentore. Nel caso di specie, evidenzia la Corte di Cassazione, il rapporto tra l’indagato e l’autovettura deve considerarsi di natura meramente materiale, avendo questi ricevuto la stessa dalla proprietaria per il solo scopo di parcheggiarla e non potendo su questa esercitare alcun potere autonomo. Ne deriva che la situazione in cui versava il posteggiatore al momento della sottrazione non può essere ricompresa, secondo la V sezione penale, nel concetto di possesso ex art. 646 c.p., con la conseguenza della sussunzione della condotta in questione nella fattispecie di furto di cui all’art. 624 c.p., come ritenuto dal Tribunale del riesame di Napoli. Il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali si pongono, perciò, quali naturali conseguenze dell’ iter motivazionale della decisione in commento.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 marzo – 29 aprile 2014, n. 17957 Presidente Marasca – Relatore Demarchi Albengo Ritenuto in fatto 1. C.A. propone ricorso per cassazione contro l'ordinanza emessa dal tribunale del riesame di Napoli che ha accolto l'appello proposto dal pubblico ministero avverso l'ordinanza, emessa dal gip del tribunale di Napoli, di rigetto della misura cautelare. 2. Sostiene il ricorrente che il tribunale abbia erroneamente applicato l'articolo 646 del codice penale, ritenendo che la fattispecie contestata integrasse il reato di furto invece che quello di appropriazione indebita nel caso di specie si trattava di un posteggiatore abusivo che, con la scusa di parcheggiare l'autovettura, aveva sottratto il veicolo alla legittima proprietaria. 3. Il tribunale ha ritenuto che l'assoluta illiceità della causa del contratto intervenuto tra l'indagato e la persona offesa rendesse impossibile l'interversione del possesso che si richiede per la configurabilità dei delitto di cui all'articolo 646 cod. pen 4. Il ricorrente ritiene che la nozione di possesso accolta dal diritto penale sia più ampia di quella civilistica ed includa anche chi abbia solo la detenzione, a qualsiasi titolo, del bene, purché esplicantesi al di fuori della diretta vigilanza del proprietario poiché la persona offesa aveva dato spontaneamente e consapevolmente le chiavi della vettura all'indagato, così facendo gli aveva attribuito la piena disponibilità sul bene, per cui nessun rilievo può avere la causa illecita del negozio. Per tali motivi chiede che l'ordinanza cautelare emessa dal giudice di appello venga annullata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato come questa Corte ha più volte affermato, ai fini della delimitazione dei confini tra il reato di furto e quello di appropriazione indebita, possono rientrare nella nozione di possesso vari casi di detenzione, ma deve comunque trattarsi di detenzione nomine proprio e non in nomine alieno cfr. Sez. 2, n. 4853 del 20/12/1993, Balzaretti, Rv. 197781, ove si afferma che non è sufficiente la detenzione materiale o meramente precaria, al limitato fine di determinate operazioni . 2. D'altronde, il presupposto del delitto di appropriazione indebita è costituito da un preesistente possesso della cosa altrui da parte dell'agente, cioè da una situazione di fatto che si concretizzi nell'esercizio di un potere autonomo sulla cosa, al di fuori dei poteri di vigilanza e di custodia che spettano giuridicamente al proprietario. Laddove, invece, sussista un semplice rapporto materiale con la cosa, determinato da un affidamento temporaneo e condizionato, che non attribuisca all'agente alcun potere di autonoma disponibilità sulla cosa medesima, si versa nell'ipotesi di furto e non in quella di appropriazione indebita Sez. 2, n. 7079 dei 17/03/1988, Farfarillo, Rv. 178616 Conff. Mass. N. 171928 n. 146563 n. 115755 n. 113017 . 3. Si veda anche Sez. 2, n. 11122 dei 03/07/1981, Corrao, Rv. 151323, secondo cui risponde del delitto di furto e non di appropriazione indebita colui che si impossessi della cosa mobile di cui aveva la detenzione e non il possesso sulla nozione di possesso, inteso come signoria sulla cosa, analoga a quella del proprietario ed esercitabile anche fuori della sfera di vigilanza dei proprietario medesimo, si vedano le seguenti massime RV 115755/70, 113017/69 131315/75, 128632/74, 125451/74 122388/72 127709/74 146563/80, 113017/69 . I confini tra il reato di furto e quello di appropriazione indebita sono stabiliti in base all'estensione della detenzione il possesso a qualsiasi titolo implica un potere di fatto sulla cosa, che comprende non tanto la mera esistenza della cosa nelle mani dello agente, quanto almeno qualche facoltà di disporre della cosa stessa. Se l'agente non ha alcuna facoltà idonea ad esercitare il possesso, deve ravvisarsi il delitto di furto e non di appropriazione indebita Sez. 2, n. 1392 del 24/10/1977, Leogrande, Rv. 137835 . 4. Nel caso di specie, non vi è alcun dubbio che l'imputato non esercitasse alcuna forma di possesso, ma una semplice detenzione qualificata dallo scopo di parcheggio dell'autovettura nessun potere autonomo di disposizione della cosa, ma un affidamento temporaneo e condizionato, al limitato fine di una singola e semplice operazione, di brevissima durata nel tempo. 5. Ne consegue che, proprio in virtù della giurisprudenza di questa corte, il ricorso debba essere rigettato ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.