Dal carcere alla comunità, inoffensività “is the way”

Le esigenze cautelari, di eccezionale rilevanza, che impongono il mantenimento della misura custodiale in carcere, pur in presenza delle condizioni considerate dall’art. 89, comma 2, d.P.R. n. 309/90 possibilità di conversione della custodia in carcere con il trasferimento in una struttura per un programma di recupero , non coincidono con una normale situazione di pericolosità, ma si identificano in un’esposizione al pericolo dell’interesse di tutela della collettività, di tale consistenza da non risultare compensabile rispetto al valore sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, valutato anche in termini di probabilità.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17428, depositata il 18 aprile 2014. Il caso. Il tribunale di Catania, sezione del riesame, rigettava l’appello di un imputato, in custodia cautelare in carcere perché accusato del reato ex art. 74 d.P.R. n. 309/90 Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti , che chiedeva la sostituzione della misura cautelare con quella degli arresti domiciliari presso una struttura comunitaria, per frequentare un programma terapeutico di disintossicazione beneficio, previsto dall’art. 89 d.P.R. n. 309/90, possibile per l’imputato tossicodipendente per cui non sussistano esigenze cautelari di eccezionale gravità . L’imputato ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di non aver tenuto conto che i fatti contestati risalivano a diversi anni prima e che, da allora, egli non aveva più avuto contatti rilevanti con gli altri soggetti accusati di essere membri dell’associazione. In più, il tribunale non aveva considerato la sua decisione di seguire un piano terapeutico, oltre al fatto che era un soggetto praticamente incensurato e, quindi, non sussistevano ,le esigenze di eccezionale gravità. Infine, i giudici avrebbero applicato erroneamente l’art. 274, comma 3, c.p.p., il quale stabilisce che, in caso di gravi indizi di colpevolezza per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, viene applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi da cui risulti l’insussistenza di esigenze cautelari. Interesse tutelato. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che le esigenze cautelari, di eccezionale rilevanza, che impongono il mantenimento della misura custodiale in carcere, pur in presenza delle condizioni considerate dall’art. 89, comma 2, d.P.R. n. 309/90, non coincidono con una normale situazione di pericolosità, ma si identificano in un’esposizione al pericolo dell’interesse di tutela della collettività, di tale consistenza da non risultare compensabile rispetto al valore sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, valutato anche in termini di probabilità. Motivazione a metà. I giudici di legittimità rilevavano che la motivazione del tribunale si era esaurita nella mera considerazione del fatto che l’imputato era partecipe dell’associazione, non considerando gli altri elementi, riguardanti la personalità dell’imputato, che evidenziassero o meno il pericolo di una recidiva, come la lontananza nel tempo del fatto. Inoltre, non veniva fatto alcun cenno alle sue prospettive di recupero, considerate dalla legge come un aspetto discriminante. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 febbraio – 18 aprile 2014, n. 17428 Presidente Zecca – Relatore D’Isa Fatto e diritto 1. Con l'ordinanza, indicata in epigrafe, il Tribunale di Catania - sezione riesame - ha rigettato l'appello proposto da P.M., in custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309/90, avverso l'ordinanza, in data 30.07.2013, con la quale la Corte d'Appello dello stesso capoluogo, sezione feriale, aveva a sua volta rigettato l'istanza presentata dal medesimo di sostituzione della più grave misura coercitiva con quella degli arresti domiciliari presso la struttura comunitaria San Pio , al fine di frequentare un programma terapeutico di disintossicazione ai sensi dell'art. 89 d.P.R. 309/90, ritenendo che erano sussistenti le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza ed evidenziando che non era stato certificato lo stato di tossicodipendenza da cocaina e che non era stata prodotta la certificazione del SERT di competenza. 2. Propone ricorso per cassazione il P. Denuncia mancanza di motivazione e, comunque, vizio della medesima circa le ritenute esigenze cautelari e per non aver tenuto il Tribunale in debito conto che i fatti contestati sono rimasti accertati nel 2006 e, pertanto, risalenti nel tempo e che da quel momento il ricorrente non ha più avuto contatti rilevanti con altri soggetti accusati di essere partecipi della associazione contestata. Si evidenzia ancora che il Tribunale non ha considerato la decisione del P. di frequentare una struttura comunitaria per seguire un piano terapeutico di recupero da tossicodipendenza, e la circostanza che è soggetto praticamente incensurato e, quindi, non sussistono affatto le ritenute esigenze di eccezionale gravità . Inoltre, si espone che il Tribunale del riesame, non solo ha omesso un'adeguata motivazione, ma ha erroneamente applicato la legge penale, ed, in particolare, ha erroneamente interpretato ed applicato l'art. 274, comma 3, secondo periodo, c.p.p. nella parte in cui - nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all'art. 74 d.P.R. 309/90 è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari - non fa salva, altresì, l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici in relazione al caso concreto dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure. 3. Il ricorso va accolto. Il Tribunale di Catania, nella premessa dell'impugnata ordinanza, dopo un esame delle norme di riferimento e della giurisprudenza di legittimità nonché di quella costituzionale, correttamente pone in evidenza che, nel caso in cui il richiedente la concessione del beneficio di cui all'art. 89, commi 1 e 2. d.P.R. 309/90, sia sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere in relazione al delitto di cui all'art. 74 stesso T.U. Stup., come nel caso di specie, non sia rinvenibile nel sistema una presunzione assoluta di inadeguatezza di una misura diversa da quella inframuraria, quand'anche rapportata alla esigenza di tutela del diritto alla salute del tossicodipendente, bensì sia riscontrabile una presunzione relativa, suscettibile di essere superata ove la difesa alleghi o comunque emergano dagli atti elementi specifici che inducano a ritenere insussistenti le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza , ostative alla concessione del beneficio, avuto riguardo, a titolo esemplificativo, alla entità dell'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti della quale l'indagato è ritenuto di farne parte, ovvero al ruolo che questo abbia in concreto svolto e rivestito nel sodalizio criminoso. 4. Ciò posto il Tribunale ha ravvisato le esigenze di eccezionale gravità nell'entità del sodalizio criminoso di cui è accusato essere partecipe il P.I, associazione che gestiva traffici di cocaina con professionalità, stabilità e spregiudicatezza agendo con continuità e nell'ambito di più ampi contatti con ambienti criminosi per l'acquisto della sostanza stupefacente e per la successiva cessione ad altri spacciatori, sulla base di una pregressa programmazione e del ruolo direttivo rivestito dal P. Si aggiunge, poi, che le condotte dell'imputato, nelle quali il difensore ha ravvisato nuovi elementi favorevoli, quali lo svolgimento di attività lavorativa e la partecipazione a corsi scolastici in detenzione, non sono stati documentate ed il comportamento processuale, di asserita collaborazione, già dal GUP e poi dalla Corte d'appello è stato ritenuto irrilevante. 5. Va ricordato che le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza che impongono il mantenimento della misura custodiale carceraria, pur in presenza delle condizioni considerate dall'art. 89, comma 2, T.U. stup., non coincidono con una normale situazione di pericolosità, ma si identificano in una esposizione al pericolo dell'interesse di tutela della collettività di tale consistenza da non risultare compensabile rispetto al valore sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, valutato anche in termini di probabilità ex plurimis, Sez. 6, n. 10329 del 23/01/2008, Reale, Rv. 238928 Sez. 6, n. 33807 dei 12/07/2007, Scrivano, Rv. 237420 . 6. La motivazione resa dal Tribunale per confermare l'ordinanza del primo giudice, che ha respinto l'istanza del P., non evidenzia alcun parametro inquadrabile nel suddetto ordine concettuale-nomativo, esaurendosi nella mera considerazione del fatto che il medesimo era partecipe di un'associazione criminale, ancorché rivestisse in essa un ruolo direttivo, evidenziando elementi oggettivi riguardanti l'associazione criminosa della quale non si sa se ancora attiva ma non considerando gli altri elementi tutti afferenti alla personalità dell'imputato, evidenziati dal difensore,, ed in ragione di tanto significativi al fine di evidenziare o meno il pericolo di recidiva, quale ad esempio la lontananza nel tempo sette anni rispetto alla commissione dei reato il tutto obliterando ogni rilievo circa le prospettive di recupero del medesimo, espressamente considerate, quale aspetto discriminante, dalla riferita disposizione di legge in sede di riesame il P. ha esibito la documentazione attestante il suo stato di tossicodipendenza . 7. L'ordinanza impugnata deve dunque essere annullata, con rinvio, per nuovo e più approfondito esame, al Tribunale di Catania, che si conformerà, nell'esame della concreta fattispecie, ai principi di diritto evidenziati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell'istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto stabilito dall'art. 94 co. 1 disp. Att c.p.p