Trafugate in farmacia le offerte per la parrocchia: in materia di vigilanza l’uomo non può sostituire la macchina

Nel furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di video-registrazione, che non può considerarsi equivalente alla presenza di una diretta e continua custodia da parte del proprietario o di altra persona addetta alla vigilanza.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17407 del 18 aprile 2014. Il fatto. Un uomo veniva condannato alla pena di 5 mesi e 10 giorni di reclusione per aver sottratto in una farmacia, mentre acquistava delle siringhe, le offerte destinate alla parrocchia, contenute in una scatola, di cui si assumeva l’esposizione alla pubblica fede. Il difensore dell’imputato propone ricorso in Cassazione. Il ricorrente il sistema di video-sorveglianza esclude l’aggravante. Secondo la difesa, l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, c.p. sarebbe esclusa dalla presenza nella farmacia di un sistema di video-sorveglianza e di video-registrazione ininterrotte, tale da consentire un continuo controllo de parte del personale ivi presente. Inoltre, il generico impiego per fini di culto delle somme in ipotesi trafugate non consente, di per sé, di sostenere la ravvisabilità dell’aggravante in questione. La video-registrazione non è equivalente alla custodia di una persone fisica. Il ricorso non può trovare accoglimento nel furto, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di video-registrazione, che non può considerarsi equivalente alla presenza si una diretta e continua custodia da parte del proprietario o di altra persona addetta alla vigilanza. Nel caso di specie, all’interno della farmacia, non sussisteva un sistema di videosorveglianza permanente e diretto, affidato a personale specializzato. Prove incontrovertibili. In merito poi alla responsabilità che, secondo il ricorrente, sarebbe stata affermata sulla base di mere congetture, i Carabinieri lo hanno immediatamente riconosciuto nelle immagini e il fatto che egli avesse acquistato delle siringhe, unitamente alla sua nota tossicodipendenza, rende facile immaginare che fine avesse fatto la somma sottratta. Ne consegue il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 ottobre 2013 – 18 aprile 2014, n. 17407 Presidente Marasca – Relatore Micheli Ritenuto in fatto Il difensore di G.F. ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la parziale riforma della sentenza emessa il 24/05/2011, nei confronti del suddetto imputato, dal Tribunale di Ascoli Piceno, sezione distaccata di San Benedetto del Tronto il G. , condannato in primo grado alla pena di mesi 8 di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il delitto di furto aggravato, risulta avere ottenuto una riduzione della sola sanzione detentiva - all'esito del giudizio di appello - a mesi 5 e giorni 10 di reclusione. I fatti si riferiscono alla presunta sottrazione, da parte dell'imputato, di una scatola contenente offerte per la parrocchia, della quale si assume l'esposizione a pubblica fede, scatola che era stata allestita presso una farmacia dove il G. si era recato per acquistare delle siringhe. Il ricorrente lamenta 1. inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 625, n. 7, cod. pen Secondo la difesa, l'aggravante in parola avrebbe dovuto essere esclusa sulla base della dimostrata esistenza, presso la farmacia dove si assume realizzato il furto, di un sistema di video-sorveglianza e di videoregistrazione ininterrotte, tale da consentire un continuo controllo da parte del personale ivi presente controllo, nella fattispecie, sicuramente esercitato in tempo reale atteso che l'episodio - in base alle dichiarazioni del titolare dell'esercizio - si era verificato poco dopo l'orario di apertura ed in presenza di un solo altro cliente impegnato negli acquisti. Peraltro, in prossimità della cassa vi era proprio uno schermo che consentiva la riproduzione immediata delle immagini registrate. Inoltre, la Corte territoriale non avrebbe in alcun modo affrontato l'ulteriore problema della ravvisabilità dell'aggravante de qua in ordine alla destinazione delle somme in ipotesi trafugate a pubblica reverenza destinazione che la giurisprudenza di legittimità non consente di affermare sulla sola presunzione generica di un impiego per fini di culto 2. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata. L'affermazione della penale responsabilità dell'imputato sarebbe stata pronunciata sulla base di mere congetture, a partire dalla circostanza che i Carabinieri operanti ritennero di riconoscere nelle immagini de quibus la persona del G. quando invece si tratta di riprese che non consentono di individuare le sembianze dei soggetti ivi riprodotti, né permettono di capire se il giovane intento ad effettuare acquisti presso la farmacia fosse nell'atto di riporre qualcosa nelle tasche dei pantaloni . Per converso, appare invece assodato che nella disponibilità del G. non venne rinvenuta la presunta refurtiva, né una sacca rossa di cui aveva fatto parola il farmacista. Considerato in diritto 1. Il ricorso non può trovare accoglimento. 1.1 Secondo la giurisprudenza di legittimità, sussiste l'aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen. qualora il furto di un motociclo esposto alla pubblica fede sia commesso in un luogo avente un sistema di videosorveglianza, il quale, ancorché consenta la conoscenza postuma delle immagini registrata dalla telecamera, non costituisce di per sé una difesa idonea a impedire la consumazione dell'illecito attraverso un immediato intervento ostativo” Cass., Sez. V, n. 6682 dell'08/11/2007, Manno, Rv 239095 . Si è anche espressamente precisato che nel furto, la circostanza aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall'esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videoregistrazione, che non può considerarsi equivalente alla presenza di una diretta e continua custodia da arte del proprietario o di altra persona addetta alla vigilanza” Cass., Sez. V, n. 35473 del 20/05/2010, Canonica, Rv 248168 . Nella sentenza impugnata, che menziona quest'ultimo precedente a sostegno della ravvisabilità dell'aggravante de qua, si evidenzia fra l'altro che la vigilanza della farmacia era affidata allo stesso personale che era addetto alle vendite e doveva, quindi, occuparsi anche di servire i clienti [ .], per cui non può dirsi che nell'esercizio commerciale in questione esistessero un sistema di sorveglianza permanente e diretta, affidata a personale specializzato, ovvero altri sistemi di protezione della merce”. Si tratta di argomentazioni ineccepibili, che valgono ex se a ritenere infondate le censure mosse dalla difesa. 1.2 In ordine all'individuazione dell'imputato come responsabile del fatto contestatogli, dalla sentenza oggetto di ricorso si evince che i Carabinieri riconobbero immediatamente nelle immagini la figura del G. , il quale venne controllato dopo circa un'ora senza che fosse rinvenuto in suo possesso il bussolotto e la somma di denaro che conteneva, circa 50,00 Euro . La Corte di appello chiarisce però in termini di logica coerenza che, visto il contestuale acquisto di siringhe e la nota tossicodipendenza dell'imputato, non è difficile immaginare che fine avesse fatto la somma ricordata, oltre a dare atto che dalle riprese in questione si vedeva il giovane che, in attesa di essere servito, prende con la mano destra il bussolotto e lo ripone nella tasca sempre destra del pantalone quindi, effettua l'acquisto delle siringhe e va via”. Anche sulla ricostruzione della dinamica dell'episodio, pertanto, il percorso argomentativo adottato dai giudici di merito non presenta affatto le carenze motivazionali lamentate dal ricorrente del tutto irrilevante, a fronte della decisività degli elementi tratti dalla visione del filmato, si palesa infine il particolare che il G. disponesse o meno di una sacca di colore rosso. 2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna dell'imputato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.