È vero, la critica distruttiva non serve a niente, neanche a salvare dalla galera

In tema di delitti contro l’onore, non è applicabile l’esimente del diritto di critica, qualora l’espressione utilizzata consista non in un dissenso motivato, manifestato in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale, con espressioni calibrate a ledere la dignità morale, professionale ed intellettuale dell’avversario e del contraddittore.

Lo statuisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16971, depositata il 16 aprile 2014. Il caso. Il giudice di pace di Borgomanero condannava un uomo, accusato del reato di ingiurie, ex art. 594 c.p., nei confronti di un agente della polizia municipale. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando l’insussistenza del fatto, in quanto la condotta era stata tenuta dopo che, nel corso di una gara ciclistica, l’agente, in servizio di controllo del traffico, aveva ingiunto all’uomo in macchina di fermarsi, mentre questo aveva continuato per qualche metro. Le frasi erano state pronunciate successivamente negli uffici del Comando della polizia municipale, ma erano state pronunciate, a giudizio del ricorrente, a mero scopo di critica della condotta scorretta ed aggressiva dell’agente. Poteri del P.U. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il pubblico ufficiale addetto al controllo del traffico, in una situazione critica per l’ordine pubblico come il passaggio di una gara ciclistica su una strada di comune viabilità , può inibire temporaneamente la marcia dei veicoli che possono porsi in situazione di incompatibilità e di pericolo. Il conducente deve attenersi scrupolosamente al comando ricevuto, senza possibilità di interpretarlo soggettivamente e, in caso di inottemperanza, il pubblico ufficiale deve ribadire perentoriamente l’ordine per ottenerne il rispetto. Perciò, salvo casi di eclatante superamento dei limiti di tale ordine perentorio, non si configura legittima la contrapposizione del cittadino, che pure ritenga di derogare, e tanto meno si configura il fatto ingiusto del pubblico ufficiale. Critica con limiti. Inoltre, in tema di delitti contro l’onore, non è applicabile l’esimente del diritto di critica, qualora l’espressione utilizzata consista non in un dissenso motivato, manifestato in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale, con espressioni calibrate a ledere la dignità morale, professionale ed intellettuale dell’avversario e del contraddittore. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 febbraio – 16 aprile 2014, n. 16971 Presidente Ferrua – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Aveva proposto appello, S.S., avverso la sentenza del Giudice di pace di Borgomanero, in data 12 ottobre 2012. Con tale decisione, il giudice lo aveva riconosciuto responsabile del reato di ingiurie, commesso il 20 aprile 2008, in danno dell'agente della polizia municipale, B.S Nei confronti di costui l'imputato aveva utilizzato le espressioni arrogante e maleducato nonché privo delle capacità per svolgere il suo lavoro . II Tribunale di Novara, adito per l'appello, rilevato che la sentenza non conteneva statuizioni di carattere civile da ritenersi aggredite con l'impugnazione, ha ritenuto che fosse consentito solo il ricorso per cassazione e ha convertito l'appello in tal mezzo di impugnazione, trasmettendo gli atti a questa Corte. Nel gravame, trasmesso dunque come ricorso, aveva dedotto l'impugnante 1 l'insussistenza del fatto. La condotta era stata tenuta dopo che, nel corso di una gara ciclistica, la persona offesa B., in servizio di controllo del traffico, aveva ingiunto all'imputato di fermarsi, mentre costui aveva proseguito la marcia del proprio veicolo, per qualche metro, per motivi di sicurezza. Le frasi di cui all'imputazione erano state pronunciate negli uffici del Comando della polizia municipale, ove l'imputato si era recato per presentare le proprie rimostranze in merito al comportamento del B., invitato anche quest'ultimo a presentarsi. Si era trattato del mero esercizio del diritto di critica, in ragione della condotta che l'imputato aveva ritenuto scorretta ed aggressiva, ad opera della persona offesa 2 la mancanza quantomeno dell'elemento psicologico. Infatti il comportamento del denunciante integrava gli estremi del fatto ingiusto aveva dato del tu all'imputato, aveva discusso animosamente, aveva gesticolato in modo nervoso con la paletta di servizio in mano 3 la contraddittorietà della motivazione, fondata sull'affermazione che la condotta in questione, narrata dal comandante M., sarebbe stata confermata dai testi L. e P. i quali, invece, avevano affermato di non avere sentito esattamente le parole pronunciate 4 il mancato riconoscimento, anche d'ufficio, dei doppi benefici di legge. L'impugnazione proposta dall'imputato va qualificata come ricorso, non essendo consentito l'appello contro la sentenza del Giudice di pace, per le ragioni esattamente individuate dal Tribunale che ha trasmesso gli atti il ricorso, essendo infondato, deve essere rigettato . La sentenza impugnata contiene una motivazione corretta e rispettosa delle norme in materia di ingiuria nonché, implicitamente, delle relative esimenti, laddove sostiene che la materialità del fatto di cui all'imputazione, da nessuno contestata relativamente al tipo di epiteti rivolti dall'imputato alla persona offesa, in presenza di questa, comporta la responsabilità per il reato contestato ex articolo 594 c.p. Rientra nelle mansioni del pubblico ufficiale addetto al controllo del traffico, specialmente in una situazione critica per l'ordine pubblico, qual è quella del passaggio su una strada di comune viabilità, di una gara ciclistica, il potere di inibire temporaneamente la marcia dei veicoli che possono porsi in situazione di incompatibilità e di pericolo con il deflusso delle biciclette. Altrettanto doveroso, da parte del conducente di volta in volta destinatario dell'ordine, è quello di attenersi scrupolosamente al comando ricevuto, senza possibilità di interpretarlo soggettivamente. In caso di in ottemperanza, il pubblico ufficiale ha il potere ed anche il dovere di ribadire la perentorietà dell'ordine per ottenerne il rispetto e per assicurare la tutela della finalità perseguita. Pertanto, salvo casi di eclatante superamento dei limiti di manifestazione di tale ordine perentorio, non si configura come legittima la contrapposizione all'ordine da parte del cittadino, che pure ritenga di poter derogare, e tanto meno si configura il fatto ingiusto del pubblico ufficiale. Ha anche rimarcato questa Corte, sotto il primo profilo, che, in tema di delitti contro l'onore, non è applicabile l'esimente del diritto di critica qualora l'espressione utilizzata consista non già in un dissenso motivato, manifestato in termini misurati e necessari, bensì in un attacco personale, con espressioni direttamente calibrate a ledere la dignità morale, professionale ed intellettuale dell'avversario e del contraddittore Sez. 5, Sentenza n. 35992 del 05/06/2013 Ud. dep. 03/09/2013 Rv. 256532 . D'altra parte, quanto al secondo profilo, l'impugnante non riesce a sostanziare la tesi del fatto ingiusto, considerato che, un pubblico ufficiale che intimi l'alt e che veda trasgredire il proprio ordine, ha il potere e il dovere agitare ulteriormente la paletta e cercare di attirare l'attenzione del conducente del veicolo - allontanatosi - con gesti. Infondato è anche l'ultimo motivo di ricorso considerato che l'articolo 60 dei decreto numero 274 del 2000 esclude la sospensione condizionale della pena nel procedimento speciale dinanzi al Giudice di pace e che comunque, a fronte di applicazione della pena pecuniaria, la scelta del giudice del merito appare nell'interesse dell'imputato che, infatti, non aveva formulato richieste a verbale. P.Q.M. Qualificato l'appello come ricorso, rigetta il medesimo e condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.