Sequestro di opere su aree soggette a vincolo paesaggistico, ma il giudice deve confermare l’attualità del pericolo

Se la semplice violazione della normativa a tutela del paesaggio può giustificare il mantenimento del provvedimento cautelare, in quanto l’attualità del pericolo ricorre in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata, indipendentemente dall’effettivo danno al paesaggio, è però necessario che anche nella fase cautelare il giudice esprima in modo adeguato il giudizio sulla attualità e concretezza del pericolo.

Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 16415 del 15 aprile 2014. Il fatto. Il Tribunale di Cosenza, in funzione del giudice del riesame, con ordinanza accoglieva parzialmente il gravame del P.M. e disponeva il sequestro preventivo dell’area e delle relative costruzioni realizzate da un individuo in zona soggetta a vincolo paesaggistico, e ravvisava le esigenze cautelari, indipendentemente dall’asserita ultimazione delle opere, nel fatto stesso della violazione della norma paesaggistica ritenuta idonea ex se ad aggravare le conseguenza del reato. L’uomo proponeva ricorso per cassazione, sostenendo la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del periculum in mora rilevava, infatti, al riguardo, che le opere edilizie in questione risultavano ultimate da moltissimo tempo, ed erano regolarmente abitate e formanti oggetto di un’istanza di condono edilizio presentata illo tempore dal ricorrente stesso. L’offesa sussiste indipendente dall’effettivo danno al paesaggio. La Corte ritiene, nel caso in esame, che il giudizio espresso dal tribunale del Riesame – quanto alla sussistenza del periculum in mora – ha dato per acquisita la prova delle esigenze cautelari desumendola dal fatto che gli interventi edilizi sono stati eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e sismico. In proposito la Corte ricorda un proprio precedente cioè che ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, rileva la sola esistenza di una struttura abusiva che integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente all’essere l’edificazione illecita ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio, perdura in stretta connessione all’utilizzazione della costruzione ultimata . Norma violata giustifica la misura cautelare,ma La Corte però continua ammettendo che se è vero che la semplice violazione della normativa a tutela del paesaggio può giustificare il mantenimento del provvedimento cautelare in quanto l’attualità del pericolo ricorre in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata, in relazione al rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, indipendentemente all’essere ultimata o meno ed a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio, è del pari necessario che anche nella fase cautelare il giudice esprima in modo adeguato il giudizio sulla attualità e concretezza del pericolo, sicché la carenza di motivazione sul punto si risolve in violazione di legge, vizio deducibile in sede di legittimità per i provvedimenti di natura cautelare . non in tutti casi. Difatti la Corte approfondisce, nel senso che laddove le contestazioni insorgono sulla attualità e concretezza delle esigenze, proprio perché possono ricorrere situazioni in presenza delle quali è da escludere il pericolo derivante dall’assenza dell’autorizzazione paesaggistica, è dovere del giudice offrire un’argomentazione adeguata atta ribadire la sussistenza, o meno, di tale pericolo. A detti criteri non si è ispirato il Tribunale, essendosi limitato ad una presa d’atto del reato ipotizzato dall’accusa, senza effettuare un vaglio critico rispetto alla particolare situazione di fatto e logistica rappresentata dalla difesa del ricorrente e documentata in atti.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 novembre 2013 – 15 aprile 2014, n. 16415 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza del 5 luglio 2013 il Tribunale di Cosenza, in funzione di Giudice del Riesame, decidendo sull’appello proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Paola avverso il rigetto della richiesta di sequestro preventivo avente per oggetto l’area e le opere edilizie ivi insistenti site nel comune di Scalea con riferimento, in particolare, alla posizione di G.C., accoglieva parzialmente il gravame del P.M. e disponeva il sequestro preventivo dell’area e delle relative costruzioni realizzate da G.C., individuando il fumus criminis nei reati di cui agli artt. 181 D.L.vo 42/04 e 93-95 del D.P.R. 380/01 e ravvisava le esigenze cautelari, indipendentemente dall’asserita ultimazione delle opere, nel fatto stesso della violazione della norma paesaggistica ritenuta idonea ex sé ad aggravare le conseguenze del reato. 1.2 Propone ricorso avverso la detta ordinanza G.C., con unico motivo con il quale censura la decisione impugnata per carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del periculum in mora rileva, al riguardo, che le opere edilizie in questione si tratta di un manufatto in muratura con strutture in c.a. della superficie di circa 113 mq. adibito ad abitazione e di altre tre strutture più piccole adiacenti in materiale leggero ma non di carattere precario risultano ultimate da moltissimo tempo, regolarmente abitate e formanti oggetto di una istanza di condono edilizio presentata illo tempore dal dante causa del G. Rileva, ancora, che il Tribunale si è limitato a prendere atto della ritenuta configurabilità del reato paesaggistico e di quello sismico per concludere apoditticamente sulla attualità e concretezza del pericolo senza alcuna specifica motivazione sul punto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. E’ assolutamente pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l’incidenza di un intervento edilizio sul carico urbanistico deve essere considerata con riferimento all’aspetto strutturale e funzionale dell’opera ed è rilevabile anche nel caso di una concreta alterazione della originaria consistenza sostanziale di un manufatto in relazione alla volumetria, alla destinazione o alla effettiva utilizzazione, tale da determinare un mutamento dell’insieme delle esigenze urbanistiche valutate in sede di pianificazione con particolare riferimento agli standard fissati dal D.M. n. 1444 del 1968 Sez. 3^, 5.10.2011 n. 36104, P.M. in proc. Armelani, Rv. 251251 idem 24.11.2011 n. 6599, Susinno, Rv. 252016 . 3. Ma nel caso in esame il giudizio espresso dal Tribunale del Riesame - quanto alla sussistenza del periculum in mora unico profilo contestato dal ricorrente che nulla ha dedotto in ordine al fumus criminis - ha dato per acquisita la prova delle esigenze cautelari desumendola dal fatto che gli interventi edilizi sono stati eseguiti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e sismico in proposito questa Corte ha chiarito che, ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, rileva la sola esistenza di una struttura abusiva che integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente all’essere l’edificazione illecita ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio, perdura in stretta connessione all’utilizzazione della costruzione ultimata Sez. 3^, 5.6.2013, n. 24539, Chiantone, Rv. 255560 idem 24.7.2009 n. 30932, Tortora, Rv. 245207 . 3.1 Tuttavia il Tribunale non ha svolto alcuna considerazione - se non limitandosi al titolo del reato provvisoriamente contestato art.- 181 del D. L.vo 42/04 - senza in particolare verificare, tenuto conto anche della vetustà dei manufatti, quale fosse l’impatto sul territorio dal punto di vista del pregiudizio al paesaggio. 3.2 Se è vero che in linea astratta la semplice violazione della normativa a tutela del paesaggio può giustificare il mantenimento del provvedimento cautelare in quanto l’attualità del pericolo ricorre in stretta connessione con l’utilizzazione della costruzione ultimata, in relazione al rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, indipendentemente all’essere l’edificazione illecita ultimata o meno ed a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio, Sez. 3^, n. 24539/13 cit. idem, n. 30932/09 cit. , è del pari necessario che anche nella fase cautelare il giudice esprima in modo adeguato il giudizio sulla attualità e concretezza del pericolo, sicchè la carenza di motivazione sul punto si risolve in violazione di legge, vizio deducibile in sede di legittimità per i provvedimenti di natura cautelare. 3.3 E’ noto che il reato previsto dall’art. 181 del D. L.vo 42/04, qualificabile come di pericolo astratto, non richiede ai fini della sua configurabilità un effettivo pregiudizio per l’ambiente, essendo sufficiente l’esecuzione di interventi in assenza di preventiva autorizzazione che siano astrattamente idonei ad arrecare nocumento al bene giuridico tutelato così come è pacifico che sussiste il fumus del reato di cui all’art. 181 del D. L.vo citato, idoneo a legittimare il sequestro preventivo, qualora, in zona sottoposta a vincolo storico e paesaggistico, siano realizzate opere prive dell’autorizzazione paesaggistica ovvero difformi rispetto ad essa senza che possa essere imposto al giudice della cautela un eventuale accertamento sulla idoneità astratta del comportamento a porre in pericolo il bene protetto, giudizio demandato al giudice chiamato ad accertare la responsabilità penale dell’imputato in termini Sez. 3^ 15.1.2013 n. 6299, Simeon e altro, Rv. 254493 Sez. 6^ 3.4.2006 n. 19733, Petrucelli, Rv. 234730 . 3.4 Ma laddove le contestazioni insorgano sulla attualità e concretezza delle esigenze, proprio perché possono ricorrere situazioni in presenza delle quali è da escludere il pericolo derivante dall’assenza della autorizzazione paesaggistica, è dovere del giudice offrire un’argomentazione adeguata atta a ribadire la sussistenza, o meno, di tale pericolo. 4. Ai detti criteri non si è ispirato il Tribunale, che, peraltro, aveva escluso che le opere edilizie insistessero su aree demaniali, essendosi limitato ad una presa d’atto del reato ipotizzato dalla Pubblica Accusa senza effettuare un vaglio critico rispetto alla particolare situazione di fatto e logistica rappresentata dalla difesa del ricorrente e documentata in atti con specifico riferimento alla avvenuta presentazione di una domanda di condono ai sensi della legge fondamentale urbanistica 47/85 presentata da D.L.S., dante causa dell’odierno ricorrente. 5. Si impone, quindi, l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza che in tale sede dovrà procedere, alla luce dei principi di diritto enunciati da questa Suprema Corte ad nuovo esame in ordine alla attualità e concretezza del periculum in mora in relazione ai reati ipotizzati dalla Pubblica Accusa nella contestazione provvisoria P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza.