Spaccio di droga: la motivazione del giudice deve essere convincente

Nei casi di patteggiamento, sebbene l’onere motivazionale del giudice è soggetto ad un significativo alleggerimento, è comunque compito dell’organo giudicante verificare - oltre che la corretta qualificazione giuridica del fatto operata dalle parti in sede di proposta di pena concordata – anche l’applicazione e la comparazione delle circostanze attenuanti prospettate dalle parti.

Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 16192 del 14 aprile. Pochi grammi di cocaina Il gip del Tribunale di Avezzano applicava la pena di un anno di reclusione e una multa in relazione alla imputazione di cui all’art. 73, comma 1, dPR n. 309/1990 Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope , perché in concorso con altri, deteneva, ai fini di spaccio circa 110 gr di cocaina, avendo riconosciuto in suo favore la ricorrenza della circostanza attenuante di cui a comma 5 del citato articolo. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello, lamentando che il Tribunale avesse riconosciuto la sussistenza della circostanza attenuante speciale ex art. 73, comma 5, dPR n. 309/1990 in maniera immotivata, limitandosi ad affermare che il quantitativo non era da ritenersi elevato in considerazione dell’esito delle analisi svolte, nulla riferendo in ordine alla percentuale del principio attivo, al numero delle dosi ricavabili, al contesto e alle modalità della condotta del prevenuto. Fatto di lieve entità giustifica l’attenuante. La S.C. ritiene il ricorso fondato e meritevole di accoglimento, in quanto è ormai principio consolidato che in sede di patteggiamento, la concessione dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 5, dPR n. 309/1990, può non essere motivata solo quando, in base all’imputazione il fatto risulti a prima vista di minima offensività, mentre il giudice deve adeguatamente motivare il proprio convincimento qualora la lieve entità del fatto non possa essere desunta ictu oculi dalla quantità e qualità dello stupefacente, né dagli altri parametri normativi quali i mezzi utilizzati, le modalità e le circostanze dell’azione. Nel caso di specie i giudici territoriali non hanno fatto buon governo del ricordato principio. L’onere motivazionale. La motivazione è, infatti, del tutto insoddisfacente, da un lato perché la detenzione di 110 gr di cocaina è tutt’altro che modesta, e dall’altro perché il fatto che tale quantitativo fosse detenuto dal prevenuto in concorso con altri è circostanza del tutto irrilevante, posto che non deve certamente farsi luogo alla suddivisione dell’intera quantità per il numero dei partecipanti al reato né avrebbe senso riferirsi, per alleggerire la gravità del fatto, ad un’ipotesi di uso di gruppo, stante la destinazione della sostanza allo spaccio infine il richiamo assolutamente generico all’esito delle analisi non dimostrava che si trattasse di un fatto di lieve entità. Per questi motivi la Corte accoglie le pretese del ricorrente e rimette la causa al Tribunale affinché si conformi al principio suddetto,eventualmente anche attraverso una nuova definizione negoziata del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 marzo – 14 aprile 2014, n. 16192 Presidente Gentile – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Procuratore generale presso la Corte di appello de L'Aquila ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale il Gip del Tribunale di Avezzano, in data 17 giugno 2013, ha applicato a E.A.M., ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni 1 e mesi 11 di reclusione e euro 3.000,00 di multa in relazione alla imputazione di cui all'art. 73, comma 1, dPR n. 309 del 1990, perché, in concorso con altri, deteneva, a fini di spaccio, gr 110 circa di cocaina, avendo riconosciuto in suo favore la ricorrenza della circostanza attenuante di cui al comma 5 del citato articolo di legge. Osserva il ricorrente che nel caso di specie il Tribunale, a fronte di una contestazione avente ad oggetto, coma sopra riportato, la detenzione a fine di spaccio di gr 110 di cocaina, ha riconosciuto la sussistenza della circostanza attenuante speciale di cui al comma 5 dell'art. 73 dPR n. 309 del 1990, in maniera immotivata, limitandosi ad affermare che il quantitativo non era da ritenersi elevato in considerazione dell'esito delle analisi svolte, nulla riferendo in ordine alla percentuale di principio attivo, al numero delle dosi ricavabili, al contesto ed alle modalità della condotta del prevenuto. Ciò, ad avviso del ricorrente, comporta la illegittimità del provvedimento preso in quanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, in occasione della applicazione della pena su richiesta la motivazione in ordine alla concessione della speciale circostanza attenuante di cui al precetto comma 5 può considerarsi superflua solo quando, in base alla imputazione, il fatto risulti prima facie privo di gravità. Circostanza questa non ricorrente nella fattispecie, laddove il dato ponderale della sostanza rinvenuta avrebbe dovuto rendere, in assenza di adeguata motivazione volta a valorizzare altri elementi aventi segno opposto, improbabile la concessione della attenuante in discorso. Chiedeva, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso del Procuratore generale, risultato fondato, è, pertanto, meritevole di accoglimento. Invero, rileva questa Corte, nella giurisprudenza anche recente di legittimità più volte è stato oggetto di precisazione il fatto che in sede di patteggiamento, la concessione dell'attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del dPR n. 309 del 1990 nessun rilievo avendo in questa sede il dato che, successivamente alla pronunzia della impugnata sentenza, per effetto della innovazione normativa apportata con il decreto legge n. 146 del 2013, convertito, con modificazioni, con legge n. 10 del 2014, la predetta circostanza attenuante abbia perduto tale qualifica, dovendosi ritenere che, ad oggi, la condotta in questione, se di lieve entità, integri una fattispecie delittuosa autonoma , può non essere motivata solo quando, in base all'imputazione il fatto risulti a prima vista di minima offensività, mentre il giudice deve adeguatamente motivare il proprio convincimento qualora - in assenza di altri dati significativi - la lieve entità del fatto non possa essere desunta ictu oculi dalla quantità e qualità dello stupefacente, né dagli altri parametri normativi quali i mezzi utilizzati, le modalità e le circostanze dell'azione Corte di cassazione, Sezione VI penale, 12 aprile 2013, n. 16596 idem, Sezione IV penale, 28 gennaio 2013, n. 4217 idem, Sezione IV penale, 28 gennaio 2009, n. 4104 . Nel caso che interessa il Gip di Avezzano non pare avere fatto buon governo del ricordato principio. Infatti, sebbene in sede di procedimento ex art. 444 cod. proc. pen. l'onere motivazionale del giudice è soggetto ad un significativo alleggerimento, ancorchè in siffatto procedimento sia, comunque, compito dell'organo giudicante verificare - oltre che la corretta qualificazione giuridica del fatto operata dalle parti in sede di proposta di pena concordata - anche la applicazione e la comparazione delle circostanze attenuenti prospettate dalle parti , nel caso che interessa il Gip, che ha ritenuto di dovere riconoscere la ricordata circostanza attenuante sulla base della seguente, testuale argomentazione in considerazione del non elevato quantitativo di droga cocaina detenuta in concorso con altri così come determinato all'esito delle analisi , non ha assolto neppure tale affievolito onere. La riportata motivazione è, infatti, del tutto insoddisfacente posto che, per un verso il quantitativo di droga rinvenuto nel possesso del prevenuto è, in sé e per comune esperienza, tutt'altro che modesto circa 100 gr di cocaina per altro verso il dato - pur ricordato da giudicante evidentemente al fine di far risaltare la levità del fatto onde giustificare la concessione della attenuante ad effetto speciale - che tale quantitativo fosse detenuto dal prevenuto in concorso con altre persone è circostanza del tutto irrilevante posto che non deve certamente farsi luogo alla suddivisione della intera quantità per il numero dei partecipanti al reato né avrebbe senso riferirsi, per alleggerire la gravità del fatto, ad un'ipotesi di uso di gruppo, stante la destinazione della sostanza allo spaccio infine, il richiamo assolutamente generico ed indeterminato all'esito delle analisi non consente alcun apprezzamento sulla effettiva congruità della argomentazione spesa rispetto alla finalità di dimostrare che si tratti o meno di fatto di lieve entità. Trattasi, pertanto, sul punto di motivazione meramente apparente, caratterizzata da un contenuto esclusivamente assertivo non connesso a dati di fatto riferiti o comunque risultanti dagli atti, il che equivale a motivazione omessa. All'accoglimento del ricorso del Procuratore generale ed al derivante annullamento della sentenza impugnata segue la trasmissione degli atti al Tribunale di Avezzano affinché riprenda il suo corso il procedimento nei confronti di E.A., eventualmente anche attraverso una nuova definizione negoziata del giudizio, che sia però conformata, quanto alla motivazione dei provvedimento, ai principi dianzi esposti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, senza rinvio, e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Avezzano.