Detenzione e spaccio cantano: “e non ci lasceremo mai”

Il reato di favoreggiamento non è configurabile, con riferimento all’illecita detenzione di sostanze stupefacenti, in costanza di detta detenzione, perché nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve, salvo che non sia diversamente previsto, in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15467, depositata il 7 aprile 2014. Il caso. Il Tribunale per i minorenni di Napoli revocava la misura cautelare della custodia in un istituto penale minorile nei confronti di due indagati per traffico di stupefacenti, perché, in concorso con altri, illecitamente avevano detenuto, al fine di spaccio, quantitativi imprecisati di sostanze stupefacenti, le quali venivano, in parte, consegnate ad un bambino per farle sparire e, in parte, da loro disperse. A giudizio del Tribunale, gli elementi probatori acquisiti non consentivano di escludere che i due fossero, nel loro agire, animati dall’intento di aiutare gli autori materiali della detenzione ad eludere le indagini, piuttosto che a fornire il loro contributo all’attività di spaccio. Il Procuratore della Repubblica ricorreva in Cassazione, sostenendo che le risultanze delle indagini fornivano un quadro univoco volto a dimostrare il coinvolgimento dei due giovani nella vicenda non come meri favoreggiatori, ma come diretti responsabili dell’attività di detenzione e spaccio di stupefacenti. Favoreggiamento non possibile. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il reato di favoreggiamento non è configurabile, con riferimento all’illecita detenzione di sostanze stupefacenti, in costanza di detta detenzione, perché nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve, salvo che non sia diversamente previsto, in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale. Non poteva, quindi, affermarsi, nel caso di specie, che gli elementi probatori fossero insufficienti a constatare, quanto meno a livello di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, l’attualità al momento dell’arresto dei due indagati di un’attività di consapevole detenzione finalizzata allo spaccio anche da parte loro. Mancano altre idee. Il Tribunale, infatti, non aveva posto delle basi su cui individuare un’ipotesi alternativa, che non fosse quella di agevolare i loro complici condotta che integra un’ipotesi di concorso e non di favoreggiamento , per cui i due soggetti avessero provveduto, da una parte, a consegnare degli involucri, presumibilmente contenenti sostanze stupefacenti, ad un bambino che faceva perdere le proprie tracce e, dall’altra, a disperdere nel lavandino delle sostanze, anche in questo caso presumibilmente stupefacenti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 gennaio – 7 aprile 2014, n. 15467 Presidente Teresi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Il Tribunale per i minorenni di Napoli, con ordinanza del 25 settembre 2013, emessa a seguito di ricorso per riesame proposto dalla difesa degli indagati, ha revocato la misura cautelare della custodia in istituto penale minorile applicata, con provvedimento del competente Gip su richiesta del PM, in danno di E.S. ed E.G. , indagati in relazione al delitto di cui agli artt. 81, cpv, e 110 cod. pen. e 73 e 80, lettera a , dPR n. 309 del 1990, perché in concorso con altri, illecitamente detenevano al fine di spaccio quantitativi imprecisati di sostanza stupefacente del tipo cocaina che, in parte, venivano da loro dispersi e consegnati, per sottrarli alle indagini, ad un bambino che, allontanandosi, li portava via con sé. Nei motivi a sostegno di detta decisione, depositati il successivo 30 settembre 2013, il Tribunale per i minorenni, pur riconoscendo che i due minori erano stati sorpresi all'interno di un appartamento palesemente adibito a punto di deposito e vendita di sostanze stupefacenti e che il contegno tenuto dai due minorenni in occasione dell'intervento sul luogo dei Carabinieri era apparso fortemente suggestivo di un loro coinvolgimento in attività illecite , ha rilevato che gli elementi probatori acquisiti non consentono di escludere che i due fossero, nel loro agire, animati dall'intento di aiutare gli autori materiali della detenzione ad eludere le investigazioni dei Carabinieri, piuttosto che a fornire il loro contributo all'attività di spaccio. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso per cassazione il Procuratore della repubblica presso il Tribunale per minorenni di Napoli, deducendo, in sintesi, la erroneità della ricostruzione offerta dal Giudice e sostenendo, invece, che le risultanze delle indagini forniscono un quadro univoco volto a dimostrare il coinvolgimento dei due giovani nella vicenda non come meri favoreggiatori, ma come diretti responsabili dell'attività di detenzione e spaccio di stupefacenti. Considerato in diritto Il ricorso, risultato fondato, merita, pertanto, l'accoglimento. Osserva, infatti, il Collegio che il Tribunale per i minorenni di Napoli, nell'affermare che gli elementi probatori acquisiti agli atti non consentono di escludere che gli indagati fossero animati dall'intento di aiutare gli autori materiali della detenzione ad eludere le investigazioni piuttosto che fornire un contributo alla attività di spaccio, in tal senso ipotizzando a carico dei due indagati la sussistenza dell'assai meno grave reato di favoreggiamento personale, ha trascurato di considerare che questa Corte, anche attraverso l'intervento chiarificatore delle Sezioni unite in tempi relativamente recenti, ha avuto modo di precisare, e da tale insegnamento non vi è motivo di deflettere nel presente caso, che il reato di favoreggiamento non è configurabile, con riferimento alla illecita detenzione di sostanze stupefacenti, in costanza di detta detenzione, perché, nei reati permanenti, qualunque agevolazione del colpevole, posta in essere prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve - salvo che non sia diversamente previsto - in un concorso nel reato, quanto meno a carattere morale Corte di cassazione, Sezioni unite penale, 20 settembre 2012, n. 36258 idem, Sezione VI penale, 6 febbraio 2004, n. 4927 . Né può ragionevolmente affermarsi, come invece fatto dal Tribunale per i minorenni partenopeo, che gli elementi probatori a disposizione degli inquirenti siano insufficienti, tanto più nella presente sede cautelare, ai fini della affermazione, quanto meno a livello di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, della attualità al momento dell'arresto dei due indagati di una attività di consapevole detenzione finalizzata allo spaccio di sostanza stupefacente anche da parte loro. Il Tribunale, infatti, non si è assolutamente dato carico di individuare in base a quale ipotesi alternativa, che non fosse quella di agevolare i loro complici - condotta questa che come visto nella permanenza del reato integra ipotesi di concorso e non di favoreggiamento - i due indagati abbiano provveduto uno a trasferire, nell'imminenza dell'intervento dei Carabinieri presso uno dei due appartamenti ove era esercitata l'attività di detenzione e spaccio di stupefacenti, attraverso le grate di una finestra degli involucri, ragionevolmente contenenti stupefacente, ad un bambino che subito si dileguava facendo perdere le sue tracce e l'altro a disperdere in una lavandino sotto il getto dell'acqua di un rubinetto aperto della sostanza che, altrettanto ragionevolmente, è lecito supporre essere stupefacente. L'ordinanza impugnata deve, pertanto essere annullata, con rinvio al Tribunale dei minorenni di Napoli che, in diversa composizione, rivaluterà, motivando alla luce dei principi esposti, l'istanza di riesame presentata dalla difesa degli indagati avverso l'ordinanza emessa dal competente Gip in data 13 settembre 2013 applicativa nei loro confronti della misura cautelare della custodia presso istituto penitenziario minorile. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale per i minorenni di Napoli.