Spaccio di droga: poco non è sinonimo di lieve

In tema di traffico di stupefacenti, l’attenuante per fatti di lieve entità non può essere riconosciuta nell’ipotesi di attività di spaccio, sia pure di modiche quantità, che sia non sporadica ma costante e ripetuta nel tempo. Solo una valutazione complessiva di tutte le componenti del fatto mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze può consentire un giudizio di lieve offensività del reato.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14937, depositata il 1° aprile 2014. Il caso. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza di condanna nei confronti di sei imputati, accusati di traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990. Gli imputati ricorrevano in Cassazione, contestando la mancata applicazione dell’attenuante per fatti di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, in quanto il carattere non occasionale, ma continuativo, dell’attività di spaccio non sarebbe incompatibile con tale attenuante. Valutare tutti gli elementi. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione riteneva che l’attenuante non possa essere riconosciuta nell’ipotesi di attività di spaccio, sia pure di modiche quantità, che sia non sporadica ma costante e ripetuta nel tempo. In tema di stupefacenti, solo una valutazione complessiva di tutte le componenti del fatto mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze può consentire un giudizio di lieve offensività del reato. Di conseguenza, l’attenuante può sussistere, in astratto, anche in presenza di una non modica quantità di droga, ma solo se la concreta modalità e la circostanza della condotta attenuino la rilevanza penale del fatto. Nel caso di specie, tali circostanze mancavano, dato che il numero di dosi rinvenute e la quantità di droga commercializzata superavano, oggettivamente, il limite da cui potersi dedurre la lieve entità del fatto. Perciò, il parametro quantitativo risulta decisivo ai fini dell’esclusione dell’attenuante, apparendo irrilevante ogni altra, pur favorevole, considerazione, se viene superato un ragionevole limite, individuabile in alcuni multipli della dose media giornaliera. Ipotesi di codetenzione. Inoltre, uno degli imputati contestava l’accusa di spaccio e riteneva di poter essere accusato di codetenzione, punito come illecito amministrativo, ai sensi dell’art. 75 d.P.R. n. 309/1990. La Cassazione ribatteva, però, che la non punibilità della codetenzione implica la prova rigorosa che la droga sia stata acquistata o detenuta da uno dei partecipanti al gruppo, su preventivo mandato degli altri, in vista della futura ripartizione e destinazione al consumo esclusivo dei medesimi ed attraverso una partecipazione di tutti alla predisposizione dei mezzi finanziari occorrenti. In questo caso specifico, tuttavia, la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito escludeva la possibilità di poter applicare la norma invocata. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava tutti i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 dicembre 2013 – 1° aprile 2014, n. 14937 Presidente Fiandanese – Relatore Diotallevi Ritenuto in fatto N.C., F.S., F.F., C.F., M.P., V.P., M.A. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma, n. 5388/2011 del 18 novembre 2011 con la quale è stata parzialmente confermata la sentenza di condanna del Tribunale di Roma in data 2 maggio 2007, in ordine alla commissione di vari episodi di cui al reato previsto e punito dall'art. 73 d.P.R. n. 309/90. N.C. ha dedotto i seguenti motivi a Inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b c.p.p. mancanza e/o insufficienza della motivazione ex art. 606 lett. e cod. proc. pen. Il ricorrente lamenta la omessa motivazione in ordine alla qualità della droga oggetto del reato contestato. In realtà secondo il ricorrente si sarebbe dovuto applicare il principio in dubio pro reo , in assenza di riscontri oggettivi specifici rispetto alla qualificazione della sostanza stupefacente come droga leggera o droga pesante. b mancata applicazione dell'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/90. Il ricorrente lamenta la mancata qualificazione del fatto contestato all'interno del comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/90, in quanto il carattere non occasionale ma continuativo dell'attività di spaccio non sarebbe incompatibile con la circostanza attenuante invocata. F.S. e F.F. hanno dedotto a Violazione dell'art. 606, lett. e cod. proc. pen. I ricorrenti lamentano la mancata qualificazione del fatto contestato all'interno dei comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/90, in quanto il carattere non occasionale ma continuativo dell'attività di spaccio non sarebbe incompatibile con la circostanza attenuante invocata, anche ai fini della quantificazione della pena del reato continuato. M.A. ha dedotto a Inosservanza ed erronea interpretazione della norma penale violazione dell'art. 606, lett. b cod. proc. pen. in relazione all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/90, art. 74, comma 6 d.P.R. n. 309/90., art. 15 e 81 cod. pen. Il ricorrente lamenta la mancata qualificazione dei fatto contestato all'interno del comma 5 dell'art. 73, d.P.R. n. 309/90, in quanto il carattere non occasionale ma continuativo dell'attività di spaccio non sarebbe incompatibile con la circostanza attenuante invocata. In questo senso anche l'applicazione dell'art. 81 cod. pen. avrebbe dovuto avere come base la fattispecie di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/90 e sarebbe stato evitato di valutare due volte lo stesso fatto contra reum , prima per escludere la configurabilità dell'attenuante invocata e poi per ponendo il fatto reato così determinato a base del calcolo della continuazione. b Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Travisamento delle risultanze probatorie violazione dell'art. 606, comma 1 lett. e cod. proc. pen. Il ricorrente lamenta la mancata qualificazione del fatto di cui al 24 marzo 2005, capo S come episodio concernente l'uso personale di sostanza stupefacente. C.F. ha dedotto a Inosservanza ed erronea interpretazione della norma penale Violazione dell'art. 606, lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/90, 74, comma 6 d.P.R. n. 309/90., mancanza e/o insufficienza della motivazione ex art. 606 lett. e cod. proc. pen. perché il fatto non sussiste ovvero non costituisce reato. Il ricorrente sottolinea che la circostanza dell'accertata collaborazione con il F. non sarebbe dimostrativa del concorso nell'attività di spaccio, visto che lo stesso C. sarebbe dedito al consumo di sostanza stupefacente. b Violazione dell'art. 606, comma 1 lett. b ed e cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione di norme giuridiche con riferimento all'art. 175 cod. pen. e omessa motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione. M.P. e V.P. hanno dedotto a Violazione dell'art. 606, lett. e cod. proc. pen. mancanza e/o insufficienza della motivazione. I ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento dell'acquisto di droga per uso esclusivamente personale. Considerato in diritto 1. Rileva la Corte che i ricorsi di N.C., F.S., F.F., C.F., M.P. e V.P. sono manifestamente infondati e quindi devono essere dichiarati inammissibili mentre il ricorso di M.A. è infondato e deve essere pertanto rigettato. Ciò premesso rileva la Corte che il motivo di censura concernente la mancata qualificazione dei fatti ai sensi dell'art. 73, comma 5 del d.P.R. n. 309/95, comune a più imputati, può essere trattato unitariamente. Sotto questo profilo ritiene il Collegio che debba trovare applicazione il consolidato principio giurisprudenziale in base al quale, anche ai fini della quantificazione della pena, l'attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 non può essere riconosciuta nell'ipotesi di attività di spaccio, sia pure di modiche quantità di sostanza stupefacente, che sia non sporadica ma costante, ripetuta nel tempo. Sez. 4, n. 6664 del 28/01/1993 - dep. 07/07/1993, Mangani ed altri, Rv. 195477 . Infatti in tema di stupefacenti, solo una valutazione complessiva di tutte le componenti del fatto mezzi, modalità, circostanze dell'azione, qualità e quantità delle sostanze consente, in concreto, un giudizio di lieve offensività del reato. Pertanto l'attenuante di cui all'art. 73 comma quinto d.P.R. n. 309/90 può sussistere anche in presenza di una non modica quantità di droga, solo se la concreta modalità e la circostanza della condotta attenuino la rilevanza penale dei fatto. Sez. 4, n. 8954 del 11/05/1992 - dep. 18/08/1992, P.G. in proc. Bondi, Rv. 191643 . Tali circostanze non sussistono nel caso in esame dove il numero delle dosi rinvenute e la quantità della droga commercializzata oggettivamente supera il limite da cui possa dedursi la lieve offensività del fatto. Ne deriva che il parametro quantitativo risulta decisivo ai fini dell'esclusione dell'attenuante, apparendo irrilevante ogni altra pur favorevole considerazione, allorché sia superato un ragionevole limite, individuabile in alcuni multipli della dose media giornaliera. La quantità e la qualità dello stupefacente detenuto non per farne uso personale sono di certo particolarmente significative. Esse, tuttavia, dunque non legittimano di per sè la concessione dell'attenuante se non si accompagnano a mezzi, modalità e circostanze dell'azione tali da privare il fatto dei suoi connotati di gravità, ad esempio in ragione della condizione di tossicodipendenza e quindi della destinazione di parte della droga detenuta al consumo personale , se siano stati accertati in modo comunque apprezzabile mezzi, modalità e circostanze dell'attività di spaccio, quali, ad esempio, la sistematicità o meno di esso, la sua ampiezza, l'esistenza di eventuali strutture organizzative, anche se rudimentali, il ruolo svolto nell'illecito traffico, le disponibilità economicamente correlate all'attività lavorativa, nonché la quantità di stupefacente destinata allo spaccio rispetto a quella detenuta per il consumo personale, come è avvenuto per il F.F. e per la F.S. v. pag. 11 e 12 della sentenza d'appello , per N.C. e C.F., dove al primo sono contestati numerosi episodi di spaccio di cocaina, ammessi dallo stesso imputato, e per il C.F., che risulta essere responsabili di cessione di droghe leggere e pesanti e a cui è stata sequestrata droga leggere per il confezionamento di 111 dosi giornaliere v. pag. 17 e 18 della sentenza d'appello , ovvero per il P.M. e per il P.V. che risultano essere responsabili, anch'essi di cessione di droghe leggere e pesanti, come risulta anche dal contenuto delle intercettazioni telefoniche v. pagg. 25 e 26 della sentenza d'appello . Quindi il Collegio ha ritenuto che, perché possa riconoscersi l'attenuante speciale prevista dall'art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per i reati in materia di stupefacenti, è necessario che la fattispecie reale risulti di offensività trascurabile sia sotto l'aspetto oggettivo mezzi, modalità e circostanze dell'azione che sotto l'aspetto soggettivo finalità della condotta , di talché il vaglio in senso negativo di uno solo dei parametri di riferimento individuati dalla legge, con decisività pari a quella di tutti gli altri, comporta, ineluttabilmente, l'esclusione dell'ipotesi attenuata. Sez. 2, 11/05/1994 Ud. dep. 23/02/1994 , n. 1751 del Rv. 200542. Conseguentemente ai fini dell'applicazione dell'attenuante del fatto di lieve entità art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 3009 del 1990 , lo stato di tossicodipendente può rilevare solo se si accerti che lo spaccio non ha dimensioni ragguardevoli, sì da fare apparire verosimile che l'imputato ne destini i proventi all'acquisto di droga per uso personale. Sez. 5, 03/04/2009 Ud. dep. 19/06/2009 , n. 25883 . Rv. 243895. Nei casi presi in esame tali condizioni pacificamente non sussistevano, come esaurientemente spiegato nella motivazione della sentenza di appello che, in quanto adesiva sul punto alla ricostruzione della sentenza di primo grado, per quanto riguarda l'attività di spaccio con riferimento a queste posizioni , appare esente da censure logico - giuridiche. Tali conclusioni possono essere riportate anche per la valutazione della posizione del M., dove lo stesso imputato ha ammesso di aver svolto l'attività di cessione di sostanza stupefacente, circostanza che ha trovato riscontro anche nelle dichiarazioni di altri coimputati v. pag. 22 della sentenza d'appello . Inoltre, in base alla ricostruzione del fatti, a parere del collegio, non può trovare applicazione l'art. 75 d.P.R. n. 309/90 per i due episodi di cui il prevenuto nega la cessione dello stupefacente ma afferma la sussistenza di una ipotesi di codetezione dello stesso. Osserva la Corte che in tema di reati concernenti sostanze stupefacenti, la non punibilità della codetenzione implica la prova rigorosa che la droga sia stata acquistata o detenuta da uno dei partecipanti al gruppo su preventivo mandato degli altri, in vista della futura ripartizione e destinazione al consumo esclusivo dei medesimi ed attraverso una partecipazione di tutti alla predisposizione dei mezzi finanziari occorrenti. Sez. 4, n. 7939 del 14/01/2009 - dep. 23/02/2009, D'Aniello e altro, Rv. 243870 In materia di stupefacenti non sono punibili, e rientrano pertanto nella sfera dell'illecito amministrativo previsto dall'art. 75 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 l'acquisto e la detenzione di droga destinata all'uso personale che avvengano sin dall'inizio per conto e nell'interesse anche di altri soggetti dei quali sia certa l'identità e manifesta la volontà di procurarsi le sostanze destinate al proprio consumo, giacché in tal caso l'omogeneità teleologica della condotta dell'agente rispetto allo scopo degli altri componenti del gruppo caratterizza la detenzione come codetenzione e impedisce che egli si ponga in rapporto di estraneità e diversità rispetto agli altri, con conseguente impossibilità di connotazione della sua condotta come cessione. Sez. 6, n. 37078 del 01/03/2007 - dep. 08/10/2007, Antonini, Rv. 237274 . La ricostruzione dei fatti , così come è stata operata dai giudici di merito esclude la possibilità che possa essere applicata la norma invocata v. pagg. 22 e 23 della sentenza d'appello , in quanto il ragionamento operato dai giudici di merito appare esente da censure logico giuridiche. Alla luce delle suesposte considerazioni tutti i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili ad eccezione del ricorso del M. che deve essere rigettato Ne consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di ciascuno, ad eccezione dl M.A., della somma ulteriore di euro 1000,00 alla cassa delle ammende, in considerazione dei profili di colpa emergenti dai ricorsi. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi di F.F., F.S., N.C., C.F., P.M. e P.V., che condanna al pagamento delle spese - processuali e ciascuno al versamento della somma di euro 1000,00 alla cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di M.A. che condanna al pagamento delle spese processuali.