La confisca è disposta solo per l’autore materiale del reato, sempre che non si sia servito della società per commettere illeciti fiscali

Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, non può essere disposto su beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, ad esclusione della residuale ipotesi in cui la struttura societaria costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo proprio per porre in essere i reati di frode fiscale.

Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 11388 del 10 marzo 2014. Il caso. Il Tribunale di Messina rigettava la richiesta proposta dagli amministratori di una società, avverso il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal Gip in relazione ai reati di omesso versamento ritenute certificate e dichiarazione IVA. Il Tribunale giustificava la sua decisione dopo aver analizzato le condotte degli indagati e individuato una serie di operazioni commerciali criminose finalizzate al conseguimento di un indebito risparmio d’imposta. Avverso detta ordinanza ricorrono tutti gli indagati. Limiti del sequestro per equivalente esteso alle società. Il Collegio nell’analizzare la fattispecie riprende un suo recente orientamento, secondo cui il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 19 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, non può essere disposto su beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato d.lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in cui la struttura societaria costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere illeciti. Secondo la Corte non si tratterebbe di un indirizzo isolato, esso ha preso le mosse dalla considerazione della misura cautelare come provvedimento di carattere afflittivo sanzionatorio si è infatti affermato da temo il principio di diritto che la confisca per equivalente svolge una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondere valore a carico del responsabile . Conseguenze della natura di sanzione penale della confisca. Dalla natura di sanzione penale della confisca per equivalente deriva altresì l’inapplicabilità dell’istituto nei confronti di un soggetto diverso dall’autore materiale del reato a nulla rilevando, con riferimento alle persone giuridiche, il cosiddetto rapporto di immedesimazione organica del reo con l’ente del quale con compiti o poteri vari egli fa parte. Pertanto se così è, la decisione del Tribunale di vincolare il patrimonio societario per condotte ascrivibili ai singoli amministratori deve ritenersi adottato in difformità al prevalente indirizzo giurisprudenziale in materia, posto che nessuna specifica motivazione viene avanzata dal Tribunale circa i rapporti tra le singole condotte penalmente rilevanti ed i ruolo della società rispetto a tali condotte, nonché i modi di utilizzazione da parte dei singoli amministratori degli apparati societari. In questo senso l’ordinanza impugnata va annullata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 luglio 2013 – 10 marzo 2014, n. 11388 Presidente Mannino – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza del 18 ottobre 2012 il Tribunale di Messina - Sezione per il Riesame - rigettava la richiesta di riesame proposta nell'interesse di C.T. , C.A. , C.F. , C.G. e C.C. avverso il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal GIP del Tribunale di Messina di denaro e beni fino alla concorrenza di Euro 3.213.596 in relazione alle ipotesi di reato di cui agli artt. 10 bis e 5 del D. L,.vo 74/00 di cui erano rispettivamente indagati C.A. , C.C. , C.T. e C.F. . 1.2 Nel rigettare la richiesta, il Tribunale rilevava anzitutto la sussistenza del fumus criminis in relazione ad entrambe le ipotesi delittuose contestate ad entrambi gli indagati rigettava la preliminare eccezione formulata con riferimento alla non confiscabilità del profitto o prezzo del reato per cui si procedeva, richiamando la decisione delle SS.UU. che avevano affermato il principio opposto a quello sostenuto dagli indagati. Dopo aver analizzato le condotte degli indagati, individuando una serie di operazioni commerciali criminose finalizzate al conseguimento di un indebito risparmio di imposta fatto che costituiva il presupposto legittimante il sequestro , il Tribunale perveniva alla conclusione della legittimità del sequestro per equivalente di beni di pertinenza della società per fatti commessi dagli amministratori uniformandosi all'indirizzo della Corte Suprema che aveva affermato la configurabilità di tale provvedimento cautelare nell'ambito dei delitti tributari. 1.3 Avverso la detta ordinanza ricorrono tutti gli indagati sopra indicati a mezzo dei loro difensori fiduciari prospettando articolati motivi a sostegno che possono sintetizzarsi come segue. Con un primo motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge per totale carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all'art. 5 del D.L.vo 74/00, lamentando, in particolare, che, nonostante gli specifici motivi addotti in sede di riesame, il Tribunale peloritano nulla aveva affermato con riguardo alla assoggettabilità ad IVA delle prestazioni eseguite. Con un secondo motivo viene dedotto analogo vizio in quanto il Tribunale, nonostante la deduzione di specifici motivi, aveva ritenuto integrato il reato ipotizzato dalla Pubblica Accusa anche se l'IVA asseritamente evasa non era mai stata esposta nelle varie fatture riguardanti le prestazioni eseguite, e, meno che mai incassata. Con un terzo motivo si lamenta analogo vizio con riguardo a quella parte dell'ordinanza in cui si afferma l'avvenuto superamento della soglia di punibilità idonea a configurare il reato. Coin un quarto motivo si lamenta violazione di legge in relazione alla estensione del sequestro nei confronti di tutti gli indagati sino all'ammontare dell'intero profitto, in quanto costituirebbe indebita operazione da parte del Tribunale quella di estendere la contestazione ad ogni singolo indagato per fatti diversi da quelli ascritti ai medesimi. Con un quinto motivo si lamenta violazione di legge per avere il Tribunale confermato il vincolo reale nei riguardi di tutti gli indagati solidalmente sino alla concorrenza nell'intero. Con il sesto motivo si rappresenta assoluta carenza di motivazione nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto di confermare il provvedimento cautelare in quanto i beni della società assoggettati al sequestro erano stati ritenuti nella disponibilità degli indagati. Con il settimo motivo viene denunciata violazione di legge sotto il profilo della assoluta carenza di motivazione nella parte del provvedimento in cui si afferma che i beni societari debbono intendersi nella disponibilità degli amministratori. 1.4 Con memoria difensiva ritualmente e tempestivamente formulata, i difensori degli indagati hanno ulteriormente evidenziato i vizi del provvedimento impugnato con specifico riferimento alla questione riguardante la non assoggettabilità a sequestro per equivalente dei beni societari per fatti commessi dagli amministratori, in ossequio all'orientamento della S.C. recentemente espresso sul punto, in discontinuità con un precedente orientamento che consentiva tale eventualità. 1.5 Il Procuratore Generale, all'odierna udienza, ha presentato brevi note nella quali prospetta sotto diversa luce la questione, certamente non pacifica nella giurisprudenza di questa Corte circa la possibilità di aggredire - nella materia dei reati tributari - beni della società per fatti commessi dagli amministratori, chiedendo, in alternativa, la rimessione della questione alle SS.UU. nella ipotesi in cui l'espressione riguardante i beni della società salvo che appartengano a persona estranea al reato sia riferibile alla confisca in forma specifica ovvero anche estensibile alla confisca per equivalente in subordine, chiedendo il rigetto del ricorso laddove l'espressione beni di cui il reo abbia la disponibilità debba intendersi in termini di titolarità o di possibilità di disporre dei beni nell'ambito della propria funzione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti che seguono. Non appare fondato il primo motivo, con il quale si denuncia carenza assoluta di motivazione, per avere il Tribunale omesso di pronunciarsi sulla effettiva configurabilità dei reati di omessa dichiarazione ai fini IVA e omesso versamento di ritenute certificate. 2. Contrariamente alle scarne deduzioni difensive che fanno propendere per una inammissibilità del motivo per genericità e manifesta infondatezza, il Tribunale, dopo aver richiamato le articolate argomentazioni del GIP sulla configurabilità delle due ipotesi delittuose, seppur nei limiti propri da osservare nell'ambito dei provvedimenti cautelari reali, ha analizzato le singole condotte illegali attribuite agli indagati, rifacendosi agli esiti delle indagini di P.G. che avevano evidenziato le irregolarità penalmente rilevanti in cui erano incorsi gli indagati. L'operazione compiuta dal Tribunale investe un esteso arco temporale dal 2007 al 2010 ed analizza la condotta posta in essere dai vari indagati nell'ambito di una innumerevole serie di società riconducibili in realtà ad un'unica struttura societaria per effetto dei vincoli di stretta parentela e familiarità tra i vari indagati. Correttamente il Tribunale ha individuato quali - tra le varie prestazioni - fossero esenti in astratto dall'IVA le sole operazioni di trasporto di sangue pervenendo alla più che logica conclusione che tutte le altre prestazioni effettuate fossero assoggettabili all'IVA in quanto compiute - come ricordato dal Tribunale - nell'ambito dei servizi di ambulanza ed altri servizi sanitari. Rispetto a tale motivazione che non può di certo connotarsi per genericità e fumosità, il vizio dedotto non sussiste affatto. 3. Per queste stesse ragioni non è censurabile il provvedimento nemmeno in quella parte in cui si estende la contestazione - sotto l'aspetto soggettivo - a tutti gli indagati, dovendosi tenere conto del fatto che in tema di riesame di provvedimenti cautelari reali, l'accertamento della sussistenza del fumus criminis è circoscritto alla verifica della configurabilità in via astratta del fatto contestato come desumibile dalla imputazione provvisoria - necessariamente fluida in quella particolare fase delle indagini - senza che sia possibile un apprezzamento della fondatezza dell'accusa ed alla probabilità di una pronuncia favorevole all'indagato, essendo tale genere di valutazione rimesso alla valutazione da parte del giudice di merito tra le tante Sez. 5^ 12.21999 n. 736 Rubino G e altri, Rv. 212883 Sez. 4^ 21.5.2008 n. 23944, P.M. in proc. Di Fulvio, Rv. 240521 Sez. 2^ Ord. 22.6.2005 n. 26457, P.M. in proc. Farnitano, Rv. 231959 . Ancora più significativamente - in tema di provvedimento di sequestro preventivo - è stato affermato da questa Corte il principio che tale decreto può essere disposto in quanto sia ravvisabile l'esistenza di un reato è dunque compito del giudice valutare, non solo l'astratta sussumibilità del fatto in una fattispecie penale, ma anche se sia ravvisabile il fumus del reato ipotizzato, tenendo conto sia degli elementi forniti dall'accusa che delle argomentazioni difensive. Ne consegue che la motivazione del provvedimento deve dar conto anche delle ragioni per le quali il fatto integra il reato contestato, posto che quest'ultimo è antecedente logico e necessario del provvedimento cautelare Sez. 2^ 23.3.2006 n. 19523, P.M. in proc,. Cappello, Rv. 234197 . 3.1 Gli approdi più recenti della giurisprudenza hanno ribadito poi la necessità che in sede di riesame la valutazione del fumus criminis debba avvenire, oltre che verificando l'astratta configurabilità del reato, anche, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato in termini Sez. 3A 20.5.2010 n. 27715, Barbano, Rv. 248134 idem 11.3.2010 n. 18532, D'Orazio, Rv. 247103 . 3.2 Ai suddetti criteri si è uniformato il Tribunale nella misura in cui non solo ha compiuto una verifica, peraltro attenta e con esplicito richiamo alle più analitiche considerazioni del GIP sul fumus criminis , ma ha tenuto conto delle prospettazioni difensive che ha poi disatteso con motivazione convincente sul piano logico ed altrettanto analitica. 3.3 Il Tribunale, nel ribadire l'assoggettabilità al regime dell'IVA delle varie prestazioni effettuate dalle società dei ricorrenti, ha giustamente posto in evidenza come solo ove le prestazioni di altro genere rispetto a quelle di trasporto dei pazienti, astrattamente esenti da IVA, fossero state accessorie rispetto a quest'ultima da considerarsi, come ipotizzato dai ricorrenti, prevalente, sarebbe stato possibile accedere alla tesi difensiva ma il Tribunale è stato esaustivo nel sottolineare come tale rapporto di accessorietà delle altre prestazioni rispetto a quella del trasporto di pazienti non emergesse affatto ed anzi acquisisse un ruolo di prevalenza rispetto all'altro vds. pag. 6 della ordinanza impugnata . 4. Quanto, poi, al terzo motivo nel quale si lamenta la carenza di motivazione con riguardo alla ritenuta assoggettabilità al regime fiscale dell'IVA delle singole operazioni nonostante la mancata esposizione delle fatture nei documenti e il mancato incasso delle fatture, il Tribunale basandosi sulle oggettive risultanze del processo verbale di constatazione ha fatto leva sull'accertamento induttivo compiuto dalla Guardia di Finanza proprio a causa della carenza di documentazioni fiscali a fronte di plurime prestazioni di tipo eterogeneo documentalmente accertate e correttamente è stato affermato che tali operazioni preludevano al conseguimento di un illecito risparmio di imposta che, calcolato in via presuntiva, certamente superava la soglia di punibilità richiesta per la configurabilità delle due fattispecie vds. pag. 7 dell'ordinanza . 5. Generico, oltre che manifestamente infondato, il quarto motivo con il quale la difesa deduce l'indebita estensione a tutti gli indagati di condotte non a tutti ascrivibili, enucleando una sorta di responsabilità solidale la risposta fornita dal Tribunale in proposito, contenuta a pag. 2 dell'ordinanza risolve in pieno le obiezioni difensive, posto che tutte le operazioni compiute dalle diverse società, formalmente riconducibili a singoli indagati, sono state rettamente ricondotte ad unità nel senso che - attesi i vincoli di stretta parentela e familiarità tra i cinque indagati - è stata ipotizzata una sorta di società comune che inevitabilmente ha finito con l'ascrivere indistintamente, grazie anche alla omogeneità delle varie prestazioni, la responsabilità solidalmente a tutti gli indagati. 6. Manifestamente inconsistente, e soprattutto, generico, il quinto motivo riguardante la violazione di legge sotto il profilo che la il provvedimento cautelare è stato adottato solidalmente nei confronti di tutti gli indagati, trattandosi di una conclusione cui il Tribunale è pervenuto sulla scorta di quella premessa di partenza relativa alla struttura societaria unitaria che portava tutti gli indagati a rivestire, penalmente, il medesimo ruolo, con ovvia ricaduta sul piano del provvedimento cautelare da adottare nei confronti di costoro senza distinzioni specifiche, peraltro neanche precisate. 7. Sono fondati, invece il sesto e settimo motivo da trattarsi unitariamente, attesa la sostanziale identità dei contenuti. 7.1 In questo senso militano anche le puntuali considerazioni del P.G. requirente in ordine al profilo - del tutto incerto nella giurisprudenza di questa Sezione in quanto frutto di due diversi orientamenti - circa la assoggettabilità a sequestro dei beni della società per condotte commesse dagli amministratori, nonché le altrettanto puntuali osservazioni contenute nella memoria difensiva che fanno leva su un recente arresto giurisprudenziale di questa Sezione secondo il quale il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall'art. 19 del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, non può essere disposto sui beni immobili appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento, con esclusione dell'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti cos' Sez. 3^ 19.9.2012 n. 1256, P.G. in proc, Unicredit s.p.a., Rv. 254796 . 7.2 Trattasi di un indirizzo giurisprudenziale nient'affatto isolato che ha preso le mosse dalla considerazione della misura cautelare come provvedimento di carattere afflittivo sanzionatorio si è infatti affermato da tempo il principio di diritto che la confisca per equivalente svolge una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l'imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile Sez. 3^ 14.6.2012 n. 25774, P.M. in proc. Amoddio e altro, Rv. 253062 , dovendosi, quindi, escludere qualsiasi funzione di prevenzione, che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza. È stato anche affermato dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte che l'istituto in esame della confisca per equivalente non è applicabile retroattivamente cfr. con riferimento ai reati tributari sez. 3^, 24.9.2008 n. 39172, Canisto, Rv, 241033 Sez. 6A, 18.2.2009 n. 13098, P.M. in proc. Molon e altri, Rv, 243127 . 7.3 Dalla natura di sanzione penale della confisca per equivalente deriva altresì la inapplicabilità dell'istituto nei confronti di un soggetto diverso dall'autore materiale del reato a nulla rilevando, con riferimento alle persone giuridiche, il cosiddetto rapporto di immedesimazione organica del reo con l'ente del quale con compiti o poteri vari egli fa parte Sez. 3A 25774/12 cit. . 7.4 Mutuato com'è l'istituto in parola dai criteri informatori del D.L.vo 231/01 con gli adattamenti alla materia tributaria in dipendenza dell'art. 1 comma 143 della L. 244/07 c.d. finanziaria , la questione riguardante la confisca per equivalente prevista dalla L. n. 231 del 2001, art. 19, comma 2, è applicabile alle persone giuridiche nella residuale ipotesi la struttura societaria costituisca un apparato fittizio, utilizzato dal reo proprio per porre in essere i reati di frode fiscale o altri illeciti, sicché ogni cosa fittiziamente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato. 7.5 Se così è la decisione del Tribunale di vincolare il patrimonio societario per condotte ascrivibili ai singoli amministratori deve ritenersi adottata in difformità al prevalente indirizzo di questa Corte, posto che nessuna specifica motivazione viene offerta dal Tribunale circa i rapporti tra le singole condotte penalmente rilevanti ed il ruolo delle società rispetto a tali condotte, nonché i modi di utilizzazione da parte dei singoli amministratori degli apparati societari. 7.6 In questo senso, allora, l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Messina, il quale in quella sede dovrà adeguarsi ai principi di diritto sui limiti del sequestro per equivalente esteso alle società enunciati da questa Corte Suprema come da motivazione. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Messina.