Deroga al concorso di reato? Solo se il soggetto che emette le fatture false è diverso da chi le utilizza in dichiarazione

Nessuna deroga al concorso di reato se il soggetto che ha emesso le fatture fittizie è, a propria volta, l’utilizzatore delle stesse attraverso il meccanismo dell’inclusione nella dichiarazione reddituale.

La fattispecie. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7324/14 depositata lo scorso 17 febbraio, si è occupata nuovamente delle frodi carosello. In particolare, all’imputato veniva contestato il reato di cui all’art. 8, d.lgs. n. 74/2000, per aver emesso, in qualità di amministratore e legale rappresentante di una ditta individuale, una consistente serie di fatture per operazioni inesistenti in un esteso arco temporale compreso tra il marzo 2003 ed il dicembre 2005. Per i giudici di merito, nella fattispecie, vi è un concorso di reato, in quanto l’imputato ha emesso le fatture false e, inoltre, le ha utilizzate nella sua dichiarazione dei redditi. Anche la Cassazione, pur accogliendo parzialmente il ricorso per avvenuta prescrizione dei reati commessi tra il 2003 e il 2004, esclude la deroga al concorso di reato prevista dall’art. 9 d.lgs. n. 74/2000. Deroga al concorso di reato? Secondo tale norma – spiega la Cassazione – è esclusa la possibilità per l’utilizzatore delle fatture false di essere chiamato a concorrere con il diverso soggetto che ha provveduto all’emissione delle stesse fatture indebitamente utilizzate da altro soggetto. Allo stesso modo – si aggiunge - il soggetto autore delle false fatturazioni non può essere chiamato a rispondere a titolo di concorso con la diversa condotta di utilizzazione posta in essere dal soggetto che ha ricevuto le fatture, iscritte in contabilità e inserite nella dichiarazione annuale . Si presuppone la diversità dei soggetti. Nel caso di specie, invece, il soggetto emittente le fatture fittizie è, a propria volta, l’utilizzatore di esse attraverso il meccanismo della inclusione delle false fatture nella dichiarazione reddituale. In pratica – chiarisce la S.C. - lo stesso soggetto agente opera sotto una doppia – e diversa – veste quale amministratore del soggetto giuridico che emette le fatture e quale amministratore che utilizza quelle fatture . Questo, dunque, preclude l’applicabilità dello speciale regime derogatorio dell’art. 9 in questione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 luglio 2013 – 17 febbraio 2014, n. 7324 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 9 ottobre 2012 la Corte di Appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Gela in data 19 luglio 2011 nei confronti di P.O. soggetto imputato del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti , riconosceva il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto di detto procedimento e quelli oggetto di precedente sentenza divenuta irrevocabile emessa dalla medesima Corte territoriale il 3 febbraio 2011, rideterminando la pena in anni tre e mesi sei di reclusione oltre le pene accessorie e confermando nel resto. 1.2 Ricorre avverso la detta sentenza l'imputato personalmente deducendo tre motivi. Con il primo lamenta la mancata applicazione dell'art. 9 del D. L.vo 74/00 in tema di regime derogatorio alle norme sul concorso di persona nel reato a dire del ricorrente, infatti, avendo egli, in passato, riportato condanna per il delitto di cui all'art. 2 del medesimo D. L.vo dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti e stante l'identità delle fatture indebitamente utilizzate rispetto a quelle emesse fittiziamente sempre nei riguardi della SICILSABBIA s.r.l., la Corte territoriale non avrebbe potuto pronunciare sentenza di condanna anche per il reato di cui all'art. 8 del detto Decreto legislativo. Con un secondo motivo il ricorrente lamenta carenza e manifesta illogicità della motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con un ultimo motivo lamenta la mancata declaratoria del condono di cui al D.P.R. 241/06 con riferimento alle condotte commesse sino al maggio 2006. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato soltanto in parte per le ragioni che seguono. Va premesso, come ricordato dal giudice distrettuale, che al P. è stato contestato il reato di cui all'art. 8 del D. L.vo 74/00 per aver egli emesso, nella qualità di amministratore e legale rappresentante della ditta individuale P.O. , una consistente serie di fatture per operazioni inesistenti in un esteso arco temporale compreso tra il marzo 2003 ed il dicembre 2005 per un ammontare complessivo di Euro 220.000 circa per l'anno 2003 Euro 177.780,00 per l'anno 2004 ed Euro 3.580.585,00 per l'anno 2005. 2. È sicuramente infondato il primo motivo con il quale sostanzialmente si invoca la speciale disciplina derogatoria di cui all'art. 9 del D. L.vo 74/00 che si assume non essere stata erroneamente applicata dal giudice distrettuale lamenta, infatti, il ricorrente che - come del resto riconosciuto dalla stessa Corte territoriale - la maggior parte delle fatture fittiziamente emesse negli anni fiscali di riferimento dal 2003 al 2005 erano in tutto analoghe a quelle inserite all'interno della dichiarazione dei redditi relative ai medesimi anni di imposta, sicché, sostiene il ricorrente, andava escluso - come enunciato dall'art. 9 del D. L.vo - il concorso reciproco tra la norma di cui all'art. 2 e quella di cui all'art. 8. 2.1 Tale tesi - basata su una errata interpretazione dell'art. 9 citato - è del tutto inconsistente la norma in esame intitolata Concorso di persone nei casi di emissione o utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti testualmente recita 1. In deroga all'articolo 110 del codice penale a l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 2 b chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 8 ”. 2.2 Va, anzitutto, ricordato che il regime derogatorio alle disposizioni in tema di concorso di persone nel reato introdotto dall'art. 9 del D. L.vo 74/00 - di portata non generale - opera soltanto quando nei confronti del soggetto utilizzatore delle fatture fittizie sia stata esercitata l'azione penale ex art. 2 del medesimo D. L.vo in termini Sez. 3^ 2010 n. 14862, Rv. 246967 . 2.3 Si osserva, ancora, che la fattispecie delineata dall'art. 9 cit. presuppone in astratto due condotte tra loro distinte aventi conseguenze giuridiche tra loro diverse. Nel primo caso, due soggetti giuridici diversi e tra loro autonomi definiscono un accordo per la realizzazione di una frode fiscale mediante l'emissione di fatture false da parte di un soggetto e la loro utilizzazione da parte dell'altro, con reciproci vantaggi economici e fiscali. Nel secondo caso viene contemplata l'ipotesi che il soggetto giuridico avente interesse ad utilizzare la fatture fittizie dia luogo a una serie di condotte preparatorie e dissimulatorie diverse, o attraverso il meccanismo delle c.d. frodi carosello creazione di soggetti giuridici intermediari che operano come filtro ovvero mediante ricorso a fatture irregolari infragruppo , nel quale vengono coinvolte società che fanno capo al medesimo controllante che può, nei fatti, condizionarne la gestione e le soluzioni contabili. 2.4 Secondo la disciplina previgente L. 516/82 era possibile ipotizzare sia una responsabilità individuale a carico dell'utilizzatore delle fatture fittiziamente emesse, per la utilizzazione delle fatture essendo egli l'effettivo beneficiario della frode in quanto titolare di uno specifico interesse alla creazione delle fatture irregolari e alla realizzazione di un meccanismo di occultamento della diversa realtà economica e contabile sottostante , sia una responsabilità a titolo concorsuale nella condotta illecita di emissione posta in essere dal soggetto con cui egli aveva preso accordi. 2.5 Tale regime, come è noto, è profondamente mutato all'indomani dell'entrata in vigore del D. L.vo 74/00 che, all'art. 9, ha espressamente escluso la possibilità per l'utilizzatore delle fatture false di essere chiamato a concorrere con il diverso soggetto che ha provveduto all'emissione delle fatture false indebitamente utilizzate dall'altro soggetto. 2.6 Reciprocamente, il soggetto autore delle false fatturazioni non può essere chiamato a rispondere a titolo di concorso con la diversa condotta di utilizzazione posta in essere dal soggetto che ha ricevuto le fatture, iscritte in contabilità e inserite nella dichiarazione annuale. Tuttavia si tratta di una ipotesi che presuppone la diversità tra i due soggetti quello emittente e quello utilizzatore delle fatture fittizie . 2.7 Del tutto diversa è, invece, l'ipotesi in cui il soggetto emittente le fatture fittizie sia, a propria volta, l'utilizzatore di esse attraverso il meccanismo della inclusione delle false fatture nella dichiarazione reddituale in altri termini, lo stesso soggetto agente opera sotto una doppia - e diversa - veste quale amministratore del soggetto giuridico che emette le fatture e quale amministratore che utilizza quelle fatture. Ciò preclude l'applicabilità dello speciale regime derogatorio dell'art. 9 cit. 2.8 È quindi da ritenersi del tutto errata l'interpretazione che pretende di riguardare le due diverse fattispecie artt. 2 e 9 del D. L.vo 74/00 , unicamente sulla base del profilo meramente soggettivo costituito dalla identità delle persone chiamate a rispondere dei due reati. Si tratta, invero, di una identità formale e meramente apparente in quanto, se è innegabile che la ratio ispiratrice della norma è quella di evitare la punibilità della medesima persona una volta a titolo diretto per la propria condotta di utilizzazione delle fatture fasulle e una seconda volta a titolo di concorso nella diversa e autonoma condotta posta in essere dall'emittente con cui ha preso accordi, è del pari vero che ciò è possibile solo nella ipotesi di soggetti rivestenti ruoli diversi l'utilizzatore e l'emittente . 2.10 Proprio per tale ordine di ragioni è stato da tempo affermato il principio che il regime derogatorio in discorso non trova applicazione quando la stessa persona proceda in proprio sia all'emissione delle fatture fittizie sia alla loro successiva utilizzazione. Più in particolare, tale disposizione non può trovare applicazione nella ipotesi in cui l'amministratore della società utilizzatrice porti in contabilità una o più fatture false emesse da una ditta individuale di cui egli stesso sia anche il legale rappresentante, v. Sez. 3^ 8.3.2012 n. 19247, P.M. in proc. Desiati, Rv. 252545 idem 20.12.2012 n. 19025, Cetti Serbelloni, Rv. 255396 idem 6.10.2011 n. 47862, Ercolini, Rv. 251963 . 2.11 Come incisivamente affermato nella ricordata decisione di questa Sezione n. 19247/12, solo una lettura parziale e fuorviante dell'art. 9 cit. potrebbe portare alla altrettanto inesatta conclusione che la condotta di cui all'art. 8 del D.L.vo 74/00 vada esente da responsabilità in correlazione con la coincidenza del legale rappresentante del soggetto emittente e di quello utilizzatore, in quanto vengono ad essere confusi nell'unicità della persona fisica i diversi livelli di responsabilità giuridica da tenere, invece distinti. 2.12 L'esclusione del regime derogatorio sul concorso di persone porta, di contro, alla conclusione di una possibile applicazione dell'istituto della continuazione fra i due reati ex art. 81 cpv. c.p., attesa proprio la diversità delle due condotte e e dei ruoli nonostante l'identità del soggetto agente. 2.13 Ritornando al caso in esame, la Corte territoriale ha fatto buon governo di tali regole riconoscendo valore alla identità ed unicità del disegno criminoso ed applicando, perciò, la disciplina del reato continuato peraltro invocata dall'imputato in via subordinata nei propri motivi di appello. 2.14 Invero la Corte territoriale, sulla base delle risultanze emerse dal processo verbale di accertamento della Guardia di Finanza dell'I 1 maggio 2006, ha evidenziato come da parte dell'imputato - nella sua specifica veste di legale rappresentante della ditta individuale P.O. - erano state emesse numerosissime fatture per operazioni inesistenti, molte delle quali utilizzate dallo stesso imputato per commettere abusi fiscali riguardanti la società SICILSABBIA s.r.l. A ragione, il giudice distrettuale ha, anzitutto, rimarcato che non tutte le fatture erano identiche, ed ancora, che il P. aveva agito nella doppia veste di emittente di fatture fittizie ed utilizzatore di essere ex art. 2 di fatto giungendo alla esatta e condivisibile conclusione di un concorso delle due condotte, unificabili sotto il vincolo della continuazione. 3. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso è vero che la Corte territoriale, pur avendo fatto menzione nelle premesse dello specifico motivo di appello in ordine alla concedibilità delle circostanze attenuanti generiche e alla riduzione della pena entro il limite minimo edittale, non ha poi dato risposta specifica a tali doglianze. Ma è pur vero che la Corte distrettuale non aveva un obbligo specifico di provvedere in merito, attesa la totale genericità delle richieste sia attinenti alle circostanze ex art. 62 bis cod. pen,., sia alla entità della pena. 3.1 Va, al riguardo, ricordato che - come prescritto dall'art. 581 cod. proc. pen. - i motivi sui quali si fonda l'impugnazione debbono indicare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta ne consegue l'inammissibilità del gravame in caso di inosservanza della detta disposizione, in conformità a quanto previsto dall'art. 591 comma 1, lett. c del codice di rito. Si tratta di una inammissibilità rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, a norma dell'ultimo comma dello stesso articolo che consegue, dunque, ad una genericità della richiesta Sez. 6^ 9.3.1998, Lo Presti R., Rv. 210904 v. anche sulla necessità di specifica indicazione dei motivi a sostegno della richiesta e sulle refluenze in tema di motivazione, Sez. 2^ 3.6.1998 n. 8418, Maodo, Rv. 211189 . 4. Palesemente infondato è il motivo riguardante l'omessa motivazione in ordine alla concessione del beneficio di cui all'art. 163 cod. pen. con consolidato indirizzo di questa Suprema Corte è stata, infatti, affermata la superfluità del dovere di motivazione in ordine al diniego della sospensione condizionale della pena quando la stessa non sia concedibile in base all'art. 164, comma secondo, n. 1 cod., pen. che esclude il beneficio, alternativamente, sia per i soggetti che abbiano riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, sia per i delinquenti o contravventori abituali o professionali Sez. 5^ 26.5.2011 n. 30410, Albanito, Rv. 250583 v. anche Sez. 6^ 21.4.2009 n. 20383, Bomboi, Rv. 243841 . Nel caso in esame la pluralità delle condanne riportate dal P. nel passato era condizione assolutamente ostativa alla concessione del detto beneficio. 4.1 Quanto alla entità della pena la Corte ha offerto una implicita motivazione in relazione alla affermata gravità delle condotte ritenuta ostativa ad una qualsivoglia riduzione, salvo - come già rilevato - a riconoscere l'applicabilità dell'art. 81 cpv. cod. pen. 5. Con riferimento all'ultimo motivo - mancato riconoscimento dell'indulto - la Corte territoriale, pur dando atto della specifica doglianza formulata con l'atto di appello, non ha fornito risposta alcuna sul punto, pur trattandosi di condotte consumate nei termini temporale per usufruire del provvedimento di clemenza. 5.1 Ha affermato in passato questa Suprema Corte che nel caso - come nella specie - di emissione di una pluralità di fatture per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo d'imposta, ai fini dell'applicazione di una causa di estinzione del reato della pena, gli episodi criminoso vanno considerati in modo tra loro autonomo e valutati singolarmente onde verificare l'applicabilità in concreto del provvedimento di clemenza così Sez. 3^ 18.2.2009 n. 13908, Buscaglione, Rv. 243457 . 5.2 Si tratta, a ben vedere, di un principio parzialmente derogatorio rispetto al generale principio, affermato ripetutamente da questa Corte, secondo il quale nella ipotesi di pluralità di fatture fittizie, deve tenersi conto, ai fini del calcolo del termine prescrizionale, stante l'unità del reato previsto dall'art. 8, comma secondo, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non della data di commissione di ciascun episodio ma dell'ultimo di essi nell'ambito del medesimo periodo di imposta Sez. 3^ 6.2.2013 n. 10558, D'Ippoliti e altro, Rv. 254759 . 5.3 Ma in applicazione di tale principio la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare estinto il reato che è di natura istantanea limitatamente alle condotte, tutte commesse nel 2003 e nel 2004, per la intervenuta maturazione del termine massimo prescrizionale ben prima della pronuncia di appello, pur tenendo conto di un periodo di sospensione di mesi due e giorni 15. Invero relativamente all'anno fiscale 2003, l'ultima fattura risulta emessa il 30 dicembre, mentre con riferimento all'anno 2004, l'ultima in ordine di tempo è la fattura del 31 agosto. 5.4 Ne consegue che, con riferimento all'anno 2003, anche tenendo conto del detto periodo di sospensione, il termine massimo prescrizionale era spirato il 15 settembre 2011, mentre con riferimento all'anno 2004, il detto termine era giunto a maturazione - tenuto conto della sospensione - il 17 maggio 2012. 5.6 Da qui l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente ai reati commessi negli anni 2003 e 2004 perché estinti per prescrizione e contestualmente l'annullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Caltanissetta per la rideterminazione della pena relativamente alle condotte residue, previa verifica dell'applicabilità dell'indulto. Nel resto il ricorso va rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati commessi negli anni 2003 e 2004 perché estinti per prescrizione e con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Caltanissetta per la determinazione della pena rigetta, nel resto, il ricorso.