Non sussiste appropriazione indebita se l’assegno è utilizzato come strumento di garanzia delle obbligazioni

Integra il delitto di cui all’art. 646 c.p. la condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario, appropriandosi della somma riscossa in violazione del patto di garanzia concluso con l’emittente.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5643 del 5 febbraio 2013. Il fatto. Il Tribunale di Brescia dichiarava un uomo responsabile di appropriazione indebita aggravata di alcuni assegni bancari consegnatigli in occasione della stipulazione di un contratto preliminare relativo all’apertura di in’agenzia di viaggi in franchising . L’imputato ricorre per cassazione, affermando che i tre assegni consegnatigli non erano mai stati posti all’incasso e per il quarto era scaduta la data indicata nel titolo. Inoltre, fa notare di non aver mai avuto intenzione di invertire il titolo del possesso, essendo certo di avere diritto ad incassare i titoli ricevuti in garanzia. Appropriazione indebita quando si configura. I giudici di merito hanno ritenuto sussistente il delitto contestato con riferimento ai quattro assegni consegnati dalla controparte contrattuale a garanzia delle obbligazioni assunte. Tre di essi non erano mai stati posti all’incasso e, nel momento in cui è venuto meno l’accordo per la stipula del contratto definitivo, il ricorrente ha continuato a detenerli in attesa della definizione del dare e dall’avere tra le parti. La Suprema Corte ha più volte precisato che non integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del creditore che, a fronte dell’inadempimento del debitore, eserciti a fini di garanzia del credito il diritto di ritenzione sulla cosa di proprietà di quest’ultimo legittimamente detenuta in ragione del rapporto obbligatorio, a meno che egli non compia sul bene atti di disposizione che rivelino l’intenzione di convertire il possesso in proprietà. Quindi, i fatti relativi ai tre assegni semplicemente detenuti non sono sussumibili nella fattispecie criminosa di cui all’art. 646 c.p. Assegno bancario come strumento di garanzia. Per quanto riguarda l’assegno posto all’incasso dall’imputato, la Corte di legittimità ricorda che le parti di un rapporto giuridico, nella loro autonomia negoziale, possono usare l’assegno bancario, anziché nella sua funzione tipica di titolo di credito destinato a circolare secondo le modalità cogenti di questa disciplina, come mero strumento di garanzia per l’adempimento delle obbligazioni pattuite, prevedendo – in caso di inadempienze – un apposito patto di riempimento a favore del creditore che potrà, quindi, da quel momento, considerarsi legittimo possessore e porre in circolazione il titolo, ovvero conferendo a questo valore sostanziale promessa di pagamento utilizzabile, in detta evenienza, nel modi consentiti dalla legge come prova del credito art. 1988 c.c. . Conseguentemente, integra il delitto di cui all’art. 646 c.p. la condotta del prenditore che ponga all’incasso un assegno bancario, appropriandosi della somma riscossa in violazione del patto di garanzia concluso con l’emittente. Manca l’elemento psicologico del reato. Nel caso di specie, neppure l’unico titolo posto all’incasso può essere sussunto nella figura delittuosa contestata e ciò perché manca l’elemento psicologico del reato che, nel delitto di appropriazione indebita, consiste nella coscienza e volontà di appropriarsi del denaro o della cosa mobile altrui allo scopo di trarre per sé o per altri una qualsiasi illegittima utilità. Il ricorrente, semmai, era convinto, a seguito della mancata stipulazione del contratto, del diritto di incassare le somme portate dai titoli consegnati a garanzia. La sentenza, pertanto, è annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 gennaio - 5 febbraio 2014, n. 5643 Presidente Casucci – Relatore Lombardo Ritenuto in fatto Con sentenza del 4.3.2011, il Tribunale di Brescia dichiarò A.M. responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata di alcuni assegni bancari consegnatigli da I.M. in occasione della stipulazione di un contratto preliminare, col quale quest'ultima si era obbligata a stipulare con la società Gemark s.r.l. , di cui l'A. era legale rappresentante, un futuro contratto di affiliazione in conseguenza del quale avrebbe dovuto aprire una agenzia di viaggi in franchising e - concesse le attenuanti generiche - lo condannò alla pena di mesi sei di reclusione ed € 200,00 di multa. Avverso tale pronunzia l'imputato propose gravame e la Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 5.3.2012, assolse l'A. dal reato di appropriazione indebita limitatamente alla somma di € 13.200,00, ma confermò per il resto la decisione di primo grado, riducendo la pena a mesi quattro di reclusione e € 140,00 di multa. Ricorre per cassazione il difensore dell'indagato deducendo 1 la violazione dell'art. 646 cod. pen., sia con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del reato considerato da un lato la nullità - per contrarietà a norma imperativa - del patto di postdatazione degli assegni e, dall'altro, le circostanze che tre degli assegni consegnati dalla I. non erano mai stati posti all'incasso, mentre per il quarto era comunque scaduta la data indicata nel titolo sia con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo, considerato che l'imputato non aveva avuto alcuna intenzione di invertire il titolo del possesso, essendo il medesimo certo di avere diritto ad incassare i titoli ricevuti in garanzia, stante l'inadempimento della I. alla stipula del contratto definitivo e la mancata richiesta di restituzione degli assegni da parte della stessa 2 la violazione dell'art. 646 cod. pen. ancora con riferimento all'elemento soggettivo del reato, per non avere i giudici di merito considerato che mancava, nell'imputato, la consapevolezza della ingiustizia del profitto componente necessaria del dolo specifico , operando l'agente nella sicura convinzione che la Germak vantasse un credito nei confronti della I. e avesse, pertanto, diritto all'incasso delle somme indicate sui titoli lasciati in garanzia della stipulazione del contratto definitivo 3 la violazione dell'art. 47 cod. pen., per non aver tenuto conto la Corte territoriale che, anche a ritenere sussistenti gli elementi materiali della appropriazione indebita, in ogni caso l'imputato era caduto in errore di fatto, ossia nella erronea convinzione dei diritto ad incassare gli assegni 4 la violazione dell'art. 646 cod. pen., per avere la Corte di merito accertato che il delitto di appropriazione indebita era avvenuto il 11.10.206, e non invece il 30.8.2006, data nella quale l'assegno è stato posto all'incasso. Considerato in diritto 1. Preliminarmente, la Corte rigetta l'istanza di rinvio del processo avanzata dal difensore di fiducia dell'imputato per l'adesione alla astensione dalle udienze indetta dall'associazione di categoria Unione camere penali , in quanto la detta adesione non è consentita dall'art. 4 del Codice di autoregolamentazione - approvato con deliberazione del 13 dicembre 2007 pubblicata nella G.U. n. 3 del 4 gennaio 2008 della Commissione di Garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali - afferendo ad un processo concernente un reato per il quale prescrizione verrà a maturazione entro 90 giorni precisamente l'11.4.2014 . 2. Nel merito il ricorso è fondato e va accolto. Va premesso che i giudici di merito hanno escluso la sussistenza del delitto di appropriazione indebita ascritto all'A. con riferimento ai due importi versati dalla I. a titolo di caparra la somma di € 2.400 e l'assegno per € 2.600 hanno, invece, ritenuto sussistente il delitto contestato con riferimento ai quattro assegni bancari consegnati dalla I. alla Germak s.r.l. a garanzia delle obbligazioni assunte. Tre di tali assegni non sono mai stati posti all'incasso dalla Germak , la quale, quando venne meno l'accordo tra le parti per la stipula dei contratto definitivo, ha continuato a detenerli in attesa della definizione del dare e dell'avere tra le parti. A questo proposito, va ricordato che questa Corte suprema ha più volte affermato che non integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del creditore che, a fronte dell'inadempimento del debitore, eserciti a fini di garanzia del credito il diritto di ritenzione sulla cosa di proprietà di quest'ultimo legittimamente detenuta in ragione del rapporto obbligatorio, a meno che egli non compia sul bene atti di disposizione che rivelino l'intenzione di convertire il possesso in proprietà Cass., Sez. 2, 23/03/2011 n. 17295 Rv. 250100 Sez. 2, 25/01/2002 n. 10774 Rv. 221522 . Dunque, con riferimento ai tre assegni semplicemente detenuti dall'imputato, quale legale rappresentante della Germak , e mai posti all'incasso, i fatti così come accertati dai giudici di merito non risultano sussumibili nella fattispecie criminosa del delitto di cui all'art. 646 cod. pen. Rimane da verificare la sussistenza del delitto contestato con riferimento all'unico assegno posto all'incasso dall'imputato, senza peraltro che la somma portata dal titolo sia stata riscossa ciò in quanto la I., nel frattempo, aveva ritirato la provvista . In proposito, va osservato che tale titolo - come gli altri tre di cui sopra - furono consegnati dalla I. all'A. con data futura, a garanzia delle obbligazioni assunte. Va ricordato che l'art. 31 del R.D. 21-12-1939, n. 1736 - recante disposizioni sull'assegno - riguarda il normale regime di circolazione dell'assegno bancario come titolo di credito, cui inerisce la regola ivi prevista del pagamento a vista e dell'invalidità di ogni difforme disposizione riportata per iscritto sul titolo stesso. Pertanto, la postdatazione non induce di per sé la nullità dell'assegno bancario, ma comporta soltanto la nullità del relativo patto per contrarietà a norme imperative poste a tutela della buona fede e della regolare circolazione dei titoli di credito, consentendo al creditore di esigere immediatamente il suo pagamento Cass. Civ., Sez. 3, 03/03/2010 n. 5069 Rv. 611866 Cass. Civ., Sez. 2, 25/05/2001 n. 7135 Rv. 546998 . Tuttavia, questa Corte suprema ha avuto modo di riconoscere che la disciplina sull'assegno e, segnatamente, la regola contenuta nell'art. 31 non escludono che le parti di un rapporto giuridico, nella loro autonomia negoziale, possano utilizzare l'assegno bancario, anziché nella sua funzione tipica di titolo di credito destinato a circolare secondo le modalità cogenti di detta disciplina, come mero strumento di garanzia per l'adempimento delle obbligazioni pattuite, prevedendo - in caso di inadempienze - un apposito patto di riempimento a favore del creditore. che potrà, quindi, da quel momento, considerarsi legittimo possessore e porre in circolazione il titolo, ovvero conferendo a questo valore sostanziale di promessa di pagamento utilizzabile, in detta evenienza, nei modi consentiti dalla legge come prova del credito art. 1988 cod. civ. . Conseguentemente, integra il delitto di cui all'art. 646 cod. pen. la condotta del prenditore che ponga all'incasso un assegno bancario, appropriandosi della somma riscossa in violazione del patto di garanzia concluso con l'emittente Cass., Sez. 2, 29/02/2000 n. 1151 Rv. 216303 Sez. 6, 10/10/2006 n. 757 Rv. 235597 . Orbene, ciò posto, ritiene la Corte che la ricostruzione del fatto compiuta dai giudici di merito non consenta di sussumere la fattispecie concreta nella figura delittuosa contestata neppure per l'unico titolo posto all'incasso dall'imputato e ciò per mancanza dell'elemento psicologico del reato, che - nel delitto di appropriazione indebita - consiste nella coscienza e volontà di appropriarsi dei denaro o della cosa mobile altrui, posseduta a qualsiasi titolo, sapendo di agire senza averne diritto, ed allo scopo di trarre per sé o per altri una qualsiasi illegittima utilità da ultimo, Cass., Sez. 2, 27/03/2012 n. 27023 Rv. 253411 . Nel caso di specie, è stato accertato 1 che gli assegni erano stati consegnati dalla I. a garanzia delle obbligazioni assunte 2 che la I. non stipulò il contratto definitivo che si era obbligata a stipulare 3 che la stessa la I. non chiese all'imputato la restituzione degli assegni, provvedendo invece - quando venne meno l'accordo tra le parti per la stipula del contratto definitivo - a ritirare la provvista presso l'istituto bancario trattario 4 che l'A., non potendo riscuotere gli importi portati dai titoli, presentò al Tribunale civile ricorso per decreto ingiuntivo, onde ottenere titolo esecutivo nei confronti della I. in relazione alle somme indicate nei titoli rilasciatigli a garanzia. Tutti questi elementi fattuali e, tra essi, soprattutto l'ultima circostanza relativa alla richiesta di decreto ingiuntivo inoltrata al Tribunale civile convergono nell'attestare l'assenza, nell'imputato, della coscienza e volontà di appropriarsi dei denaro altrui sapendo di agire senza averne diritto ed allo scopo di trarne una illegittima utilità e, semmai, la convinzione della sussistenza a seguito della mancata stipulazione del contratto da parte della I. del diritto all'incasso delle somme portate dai titoli consegnati a garanzia. La mancanza dell'elemento soggettivo del reato contestato comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. Le altre censure rimangono assorbite. Spetterà al giudice civile stabilire se vi fu inadempimento contrattuale della I., determinare - sulla base degli accordi contrattuali sottoscritti dalle parti - il titolo per il quale furono consegnati gli assegni de quibus e, infine, accertare la sussistenza del diritto della Germak di pretendere i relativi importi. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.