Calcolato il profitto illecitamente lucrato dalla società costruttrice, ma al netto di spese e costi sostenuti

Il profitto del reato nel sequestro preventivo funzionale alla confisca nei confronti dell'ente collettivo è costituito dal vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, va concretamente determinato al netto dell'effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato.

Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2228, depositata il 20 gennaio 2014. La fattispecie. Un ingegnere dirigente di una società di costruzioni veniva indagato per i delitti di truffa aggravata in danno del Comune di Bari e falso in atto pubblico come commessi nell'ambito dell'appalto per la realizzazione di un parcheggio pubblico. Il Tribunale di Bari, in accoglimento dell'appello proposto dalla locale Procura della Repubblica, aveva disposto il sequestro preventivo dei beni dell'indagato fino all'ammontare di 19.797.995,00 euro. Manca il ‘profitto del reato’? L’indagato propone quindi ricorso per cassazione, lamentando che il sequestro preventivo era stato disposto in mancanza del ‘profitto del reato’, che costituisce il presupposto cui lo stesso art. 322 ter ancora la possibilità della confisca e che deve essere verificato in termini di certezza, mentre - nel caso di specie - il profitto sarebbe del tutto ipotetico e aleatorio . La Seconda Sezione Penale della Cassazione, rifacendosi ad una decisione delle Sezioni Unite Cass., SSUU, n. 26654/2008 , ribadisce che il profitto del reato nel sequestro preventivo funzionale alla confisca nei confronti dell'ente collettivo è costituito dal vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, va concretamente determinato al netto dell'effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato . Nella fattispecie, infatti, i giudici di merito hanno individuato il profitto conseguito dalla S.p.A. nell'avere la società in questione ottenuto l'affidamento dei lavori in appalto, prima, e la concessione della gestione del parcheggio, poi, per un numero di annualità superiore a quello che - senza la condotta truffaldina - le sarebbe spettato . Si tratta di un profitto ‘attuale’. La stima operata dal Tribunale – insistono i giudici di legittimità - è in termini di sussistenza del ‘ fumus commissi delicti ’. Si è comunque provveduto a decurtare dall'importo complessivo di tali introiti le spese e i costi sostenuti dall'impresa, calcolando così l'entità del profitto illecitamente lucrato dalla società costruttrice. Detto questo, la Cassazione, prima di rigettare il ricorso dell’indagato, ha voluto precisare che, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, le divergenze sulla esatta determinazione del valore dei beni oggetto dell'ablazione costituiscono una ‘ quaestio facti ’ il cui esame è precluso in sede di legittimità .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 dicembre 2013 – 20 gennaio 2014, n. 2228 Presidente Gentile – Relatore Lombardo Ritenuto in fatto C.M. , ingegnere dirigente della società DEC S.p.A. del gruppo DEGENNARO Costruzioni, indagato per i delitti di truffa aggravata in danno del Comune di Bari e falso in atto pubblico come commessi nell'ambito dell'appalto per la realizzazione del parcheggio di piazza OMISSIS , ricorre per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Bari del 9.4.2013, che - in accoglimento dell'appello proposto dalla locale Procura della Repubblica avverso il provvedimento con il quale il G.I.P. di quella città aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo avanzata da quell'Ufficio requirente - dispose il sequestro preventivo dei beni dell'indagato fino all'ammontare di Euro 19.797.995,00. Deduce l'indagato la violazione dell'art. 322 ter cod. pen., per avere il Tribunale disposto il sequestro preventivo in mancanza del profitto del reato che costituisce il presupposto cui lo stesso art. 322 ter ancora la possibilità della confisca e che deve essere verificato in termini di certezza, mentre - nel caso di specie - il profitto sarebbe del tutto ipotetico e aleatorio, tanto che il Tribunale ne avrebbe ritenuto l'esistenza sulla base del piano economico finanziario presentato al Comune di Bari e asseverato da Banca Intesa. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va rigettato. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale ha disposto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 640 quater e 322 ter cod. pen., il sequestro per equivalente dei beni di C.M. - fino all'ammontare di Euro 19.797.995,00 - quale profitto del contestato delitto di truffa aggravata commesso in danno del Comune di Bari, in relazione all'appalto per la realizzazione e la gestione economica di un parcheggio pubblico. Come si ricava dalla motivazione dell'ordinanza impugnata, il sequestro per equivalente è stato commisurato al profitto illecito derivante dalla gestione economica del parcheggio corrispondente al totale degli futuri introiti ricavabili dalla gestione, al netto dei costi di costruzione, dei fenomeni inflattivi, delle spese e delle imposte . Questa Corte suprema ha ripetutamente statuito che il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, previsto dall'art. 322 ter cod. pen., presuppone che l'imputato abbia già conseguito il profitto illecito del reato Cass., Sez. 6, Sentenza n. 4297 del 10/01/2013 Rv. 254484 Sez. 2, n. 31211 del 25/06/2013 . Le Sezioni unite di questa Corte, d'altra parte, hanno precisato che il profitto del reato nel sequestro preventivo funzionale alla confisca nei confronti dell'ente collettivo è costituito dal vantaggio economico di diretta e immediata derivazione causale dal reato, ma, nel caso in cui questo venga consumato nell'ambito di un rapporto sinallagmatico, va concretamente determinato al netto dell'effettiva utilità eventualmente conseguita dal danneggiato Cass., Sez. Un., n. 26654 del 27/03/2008 Rv. 239924 sulla stessa scia, Sez. 6, n. 42300 del 26/06/2008 Rv. 241332 Sez. 2, n. 20506 del 16/04/2009 Rv. 243198 . Nel caso di specie, il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi. Infatti, in primo luogo i giudici di merito hanno individuato il profitto conseguito dalla DEC S.p.A. nell'avere la società in questione ottenuto l'affidamento dei lavori in appalto, prima, e la concessione della gestione del parcheggio, poi, per un numero di annualità superiore a quello che - senza la condotta truffaldina - le sarebbe spettato. Il profitto illecito è stato individuato dal Tribunale nel riconoscimento, da parte dell'amministrazione comunale con apposita delibera , dell'aumento del costo dell'opera in realtà inesistente e nel conseguente ingiusto prolungamento degli anni di concessione della gestione del parcheggio. La stima operata dal Tribunale - sulla base delle emergenze processuali -è in termini di sussistenza del fumus commissi delicti , come si attaglia alla materia delle misure cautelari e non è dubbio che trattasi di un profitto attuale , giacché la concessione della gestione del parcheggio, ottenuta illecitamente per una durata superiore a quella dovuta, ha un valore commerciale attuale sul mercato, suscettibile di valutazione economica già nel momento presente. I giudici di merito, poi, hanno tenuto conto che non tutti gli introiti ricavabili dalla gestione del parcheggio possono costituire il profitto della DEC S.p.A. e ha provveduto a decurtare dall'importo complessivo di tali introiti come stimato le spese e i costi sostenuti dall'impresa, calcolando così l'entità del profitto illecitamente lucrato dalla società costruttrice. Avendo il Tribunale fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra richiamati e dovendosi escludere la sussistenza della denunciata violazione di legge, nessun'altro sindacato sul provvedimento impugnato può essere svolto da questa Corte di legittimità, in quanto, avverso le ordinanze emesse a norma degli artt. 322 bis e 324 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge” art. 325, comma 1, cod. proc. pen. . Cosicché, come già chiarito da questa Corte proprio in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, le divergenze sulla esatta determinazione del valore dei beni oggetto dell'ablazione costituiscono una quaestio facti il cui esame è precluso in sede di legittimità Cass., Sez. 2, n. 17584 del 10/01/2013 Rv. 255965 . Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.