Registratore di cassa vuoto, il rapinatore va via: condannato. Illogico parlare di desistenza volontaria

A ‘vuoto’ il colpo tentato da un giovane, che ha preso di mira un piccolo negozio di alimentari. Decisiva la constatazione della mancanza di un bottino appetibile. Consequenziale la scelta di scappare via. Ciò però non cancella la contestazione del delitto di tentata rapina.

Grossa delusione per il rapinatore il registratore di cassa del negozio – che vende frutta e verdura – è completamente vuoto, a parte qualche spicciolo. Scelta logica, a quel punto, riporre l’arma – un coltello da cucina – e scappare via, seppure a mani vuote. Ma, sia chiaro, la razionalità del rapinatore è non valutabile con un’ottica buonista non si può, cioè, parlare di desistenza volontaria”, perché, comunque, si è concretizzato, senza dubbio, il delitto di tentata rapina”. Cass., sent. n. 51514/2013, Seconda Sezione Penale, depositata oggi Scelta Obbligata. A ‘ridimensionare’ l’azione compiuta dal giovane rapinatore è stato, in prima battuta, il Giudice dell’udienza preliminare azzerata la contestazione del delitto di tentata rapina pluriaggravata alla luce del comportamento tenuto di fronte ai proprietari del negozio ortofrutticolo, ossia alla luce della scelta di riporre l’arma utilizzata e di andare via a mani vuote. Per il Gup si può, a ragion veduta, parlare di desistenza volontaria . Di opposto avviso, invece, sono i giudici della Corte d’Appello, che confermano l’ipotesi della tentata rapina pluriaggravata , condannando il giovane uomo a due anni di reclusione e 600 euro di multa . E questa visione, davvero lontana dalla prospettiva tracciata dal Gup, è condivisa anche dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, difatti, ribadiscono la condanna nei confronti del rapinatore . Ciò perché il giovane ha consumato per intero l’azione – cioè penetrare nel negozio per impossessarsi del denaro nel registratore di cassa , minacciando i gestori del negozio di alimentari, con un grosso coltello da cucina in mano –, mentre la successiva decisione di andare via senza alcun bottino, sottolineano i giudici, è stata solo motivata dalla constatazione che l’oggetto a cui la condotta era finalizzata era occasionalmente mancante, così da imporre, più che giustificare, ineluttabilmente la condotta della fuga per evitare di essere individuato e punito . Assolutamente illogico, quindi, parlare di desistenza volontaria , molto più sensato, invece, considerare pienamente consumata la tentata rapina ecco spiegata la conferma della condanna a due anni di reclusione nei confronti dell’uomo.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 – 20 dicembre 2013, n. 51514 Presidente Petti – Relatore Iannelli Fatto e diritto 1. M.L., già condannato, in abbreviato e in primo grado dal gup del tribunale di Sassari con sentenza datata 14-2-2008 alla pena di mesi quattro di reclusione per il delitto di minacce aggravate ex art. 612 cpv. c.p., previa derubricazione dell'originaria imputazione di tentata rapina pluriaggravata, ricorre per cassazione avverso la sentenza della corte di appello di Cagliari sez. - distaccata di Sassari - datata 31.1/29.3.2013 che, riqualificato il fatto come originariamente contestato, rideterminava la pena per il delitto di tentata rapina pluriaggravata in anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa. 2. In breve il fatto, pacifico, come ricostruito dai entrambi i giudici di merito 1'imputato con il volto travisato e con in mano un grosso coltello da cucina era penetrato in un negozio di alimentari, aveva minacciato ed intimato ai gestori, i coniugi S. e B., di consegnargli il denaro in cassa, alla risposta nel senso che non ve ne erano, il prevenuto aveva verificato di persona, sollevando il vano porta spiccioli del registratore di cassa, che effettivamente non vi era denaro e quindi era uscito dal negozio dileguandosi. Il giudice di primo grado ha ritenuto ricorrere nella fattispecie la desistenza volontaria ai sensi dell'art. 56 comma 3 c.p., i giudici di appello, invece, hanno escluso la ricorrenza della causa estintiva e hanno ravvisato un compiuto tentativo di rapina precludente per definizione 1'operatività dell' istituto della desistenza 3. Con un unico motivo di ricorso, richiamando precedenti giurisprudenziali, si sostiene che nel caso di specie vi era stata una spontanea determinazione dell'imputato ad abbandonare la condotta criminosa intrapresa, pur essendo ancora nella sua possibilità di impossessarsi dei beni presenti nel negozio o nella personale disponibilità delle persone offese, S.M. e O.A 4. Il ricorso non è fondato e pertanto va disatteso. Occorre puntualizzare che la desistenza è un'esimente che esclude ab extrinseco ed ex post l'antigiuridicità del fatto, sicchè la sua applicabilità presuppone che l'azione sia penalmente rilevante in quanto pervenuta alla fase del tentativo Sez. 6, 24.9/14.11.2008, Cariati e a. R.v. 242417 . Ne consegue che quale che sia la qualificazione dogmatica dell' istituto se causa estintiva del reato e/o di risoluzione del reato ovvero ancora della causa personale sopravvenuta di non punibilità, la desistenza presuppone l'assenza della consumazione, e la possibilità della consumazione stessa. Solo allorchè, consumatosi la possibilità della condotta incriminatrice, l'evento possa essere impedito da una contro-azione che annulli e depotenzi l'azione compiuta è possibile individuare il punto di non ritorno e la possibilità solo di un recesso attivo. Ora nel caso di specie il prevenuto ha consumato per intero l'azione divisata - penetrare nel negozio per impossessarsi del denaro nel registratore di cassa - con la conseguenza che l'azione successiva è solo motivata dalla constatazione che l'oggetto a cui la condotta era finalizzata era occasionalmente mancante, così, più che da giustificare, da imporre ineluttabilmente la condotta della fuga per evitare di essere individuato e punito. Il tentativo della difesa di postulare la possibilità della protrazione della rapina inserisce, nella intenzione criminosa del prevenuto, una finalità disomogenea alla situazione dei fatto deponente per una volontà di rapinare i soldi della cassa,e non altro, non certo i prodotto ortofrutticoli in vendita nel negozio né i soldi eventualmente custoditi nella persona o in altro luogo del negozio. Di un tale succedaneo, eventuale obiettivo non vi è traccia di prova, eppure se presente avrebbe comportato la delineazione di un programma diverso, non necessariamente presente, se non escluso, dalla programmazione delittuosa. In definitiva, richiedendo la desistenza volontaria che il soggetto attivo arresti, per volontaria iniziativa, la propria condotta delittuosa prima del completamento dell'azione esecutiva, impedendo l'evento, deve ritenersi sussistere il tentativo di rapina - e non l'ipotesi della desistenza volontaria - nel caso in cui la condotta si sia arrestata per cause indipendenti dalla determinazione dell'agente, nel caso di specie per non aver trovato il rapinatore il denaro al cui impossessamento violento era finalizzata la sua condotta. Ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.