Il giudizio di pericolosità del Questore non può essere sostituito dal giudice

Il giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore.

Il caso. La Cassazione, adita dal Procuratore della Repubblica, con sentenza n. 51062/13 depositata lo scorso 18 dicembre, si è occupata della violazione della misura di prevenzione del divieto di rientro nel Comune di Rimini per 3 anni, contestata ad una donna dedita al meretricio. Soggetto socialmente pericoloso. E, in particolare, la S.C. ha affermato che in tema di contravvenzione al provvedimento del Questore art. 2 l. n. 1423/1956 , il giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo mentre, invece, gli è consentito soltanto il sindacato di legittimità sul provvedimento consistente nella verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto . Possibile adescamento di minori? In realtà, nel caso di specie, non c’era alcun pericolo che la donna adescasse clienti minorenni. Senza contare poi – concludono gli Ermellini – che la dedizione a prostituzione costituisce fatto che in sé non è suscettibile di rappresentare un pericolo per la sicurezza e la tranquillità collettive , in quanto frutto di scelta individuale e privata di vita e di frequentazioni.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 – 18 dicembre 2013, numero 51062 Presidente Giordano – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Rimini con sentenza emessa il 16 novembre 2012 assolveva perché il fatto non sussiste l'imputata D.V. dal reato di cui alla L. numero 1423 del 1956, art. 2, contestatole per avere violato la misura di prevenzione del divieto di rientro nel Comune di Rimini per tre anni, di cui al provvedimento del Questore di Rimini del 2 dicembre 2008, venendo identificata nel predetto comune, fatto commesso il omissis . 1.1 Il Tribunale fondava la decisione sul rilievo, secondo il quale il provvedimento amministrativo che aveva imposto l'allontanamento ed il divieto di rientro all'imputata doveva ritenersi illegittimo e quindi da disapplicare, in quanto non delineava caratteristiche soggettive proprie di persona pericolosa per la sicurezza pubblica, ma semplicemente assumeva l'esercizio da parte della stessa del meretricio sulle strade cittadine, senza che ciò fosse stato accompagnato dalla constatazione di condotte pericolose per i minorenni, non rinvenuti nei luoghi di esercizio della prostituzione, o di offesa alla sanità ed alla sicurezza pubblica. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini, deducendone l'illegittimità per violazione di legge vizio di motivazione, avendo il giudice di merito disapplicato il provvedimento del Questore sebbene in tale atto fosse stato riportato che l'imputata era stata colta in inequivocabile contesto di abituale prostituzione in strada, dal che il fondato convincimento che ella potesse compiere atti osceni in luogo pubblico coinvolgenti anche minorenni e mettere in pericolo la pubblica tranquillità tanto da suscitare proteste nei residenti delle zone frequentate non era stato considerato poi il concreto pericolo della commissione di altri gravi delitti connessi al controllo ed allo sfruttamento della prostituzione in luogo pubblico, che di frequente esitano atti lesivi in danno delle prostitute e scontri violenti ed armati tra i loro sfruttatori. Inoltre, l'interpretazione offerta dal Tribunale non teneva conto del fatto che la norma dell'art. 2 L. 1423/56 non richiede per la sua applicazione che i destinatari del foglio di via abbiano commesso reati e siano per tale ragione stati condannati, ma soltanto l'acquisizione di elementi di fatto indicativi della loro dedizione ad attività criminosa. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto. 1. Va premesso in punto di diritto che, come già affermato da questa Corte, la conformità a legge del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio deve essere accertata dal giudice penale per rintracciarvi i possibili vizi dell'atto amministrativo, costituiti dall'incompetenza, dalla violazione di legge e dall'eccesso di potere. In particolare, per quanto riguarda quest'ultima ipotesi, essa è suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario, non solo nella classica configurazione dello sviamento di potere, ma anche nelle varie figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa Cass., sez. 1, numero 916 del 11/02/1997, P.M. in proc. Allegrini, rv. 207345 sez. 1, numero 23034 del 20/04/2001, Minierò, rv. 219289 sez. 1, numero 248 del 13/12/2007, Luciani, rv. 238767 . 1.1 Si è affermato al riguardo che In tema di contravvenzione al provvedimento del Questore previsto dall'art. 2 della legge numero 1423 del 1956, il giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull'atto amministrativo mentre, invece, gli è consentito soltanto il sindacato di legittimità sul provvedimento consistente nella verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l'obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto Cass. sez. 1, numero 664 del 09/12/1999, Cozzolino, rv. 215243 sez. 1, numero 248 del 13/12/2007, Luciani, rv. 238767 . Ciò significa che il provvedimento deve esplicitare gli elementi di fatto, in base ai quali esprime il giudizio di appartenenza del destinatario ad una delle categorie indicate nell'art. 1 della L. numero 1423 del 1956 ed indicare i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra la appartenenza a una delle categorie di cui al citato art. 1 e la pericolosità sociale del soggetto, che va desunta da ulteriori circostanze di fatto, delle quali si deve dare atto. Pertanto, nel caso in cui il provvedimento del Questore sia sufficientemente motivato, indichi in modo chiaro ed intelligibile le ragioni dell'affermata pericolosità del sottoposto a foglio di via obbligatorio, esso può essere disapplicato solo a fronte dell'accertata insussistenza degli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità. 2. Ebbene, l'applicazione dei principi sopra enunciati al caso in esame prova che la sentenza impugnata vi si è attenuta, avendo motivatamente escluso i presupposti di fatto per ravvisare la pericolosità dell'imputata. 2.1 Invero, per quanto deducibile dalle stesse indicazioni riportate nella sua motivazione, il provvedimento emesso dal Questore aveva dedotto la probabilità di commissione di reati da parte della prevenuta per la sua abituale dedizione all'attività di prostituzione sulle strade cittadine di Rimini con adescamento in tali luoghi dei clienti, fra i quali anche possibilmente soggetti minori, il che fondava il ragionevole convincimento del compimento di atti osceni in luogo pubblico e l'affermato pericolo per la tranquillità e la sicurezza pubbliche, sia per il disagio che l'esercizio della prostituzione in strada ingenera nei residenti nella zona, sia per il possibile innesco di altri fenomeni criminosi legati al controllo ed allo sfruttamento del meretricio. 2.2 Al contrario, il provvedimento non indica che, come rilevato dal Tribunale, sia in concreto stata accertata la presenza di minori nei luoghi di esercizio della prostituzione, né l'effettivo compimento di atti osceni in luogo pubblico e nemmeno la presentazione di esposti o di richieste di intervento da parte della popolazione residente, sicché l'ordine impartito risulta essere fondato essenzialmente sul mero esercizio della prostituzione, in sé insufficiente per ritenere la D. persona pericolosa. 2.3 In tal modo, non risulta travisato il provvedimento amministrativo presupposto del reato contestato, né sono state sovrapposte valutazioni individuali del giudicante sull'innocuità in sé della prostituzione, ma si è ribadito il principio secondo il quale la dedizione a prostituzione costituisce fatto che in sé, in quanto frutto di scelta individuale e privata di vita e di frequentazioni, non è suscettibile di rappresentare un pericolo per la sicurezza e la tranquillità collettive, quanto le modalità per tempi e luoghi del suo esercizio, che nel caso specifico però non risultano oggettivamente motivo di allarme per la salute e la moralità di minori e per gli altri valori protetti dalla norma. Per contro, le deduzioni sviluppate dal ricorrente si basano su circostanze notorie, ma in realtà astrattamente affermate, legate a fenomeni di adescamento e di sfruttamento del meretricio, portatori di risvolti criminogeni , diffusi, ma rimasti privi di sicura dimostrazione nel caso in esame. L'assenza di un certo riscontro fattuale induce a disattendere le argomentazioni contenute in ricorso, dal momento che la valutazione prognostica di futura commissione di condotte illecite è stata esclusa dal giudice di merito sulla scorta di una corretta applicazione del parametro normativo di riferimento e di una motivazione completa, logica, immune da vizi di sorta. P.Q.M. Rigetta il ricorso.