Non serve che il favorito consegua un vantaggio, ma serve la prova che la condotta intralci la giustizia

Il delitto di favoreggiamento personale consiste in un’attività idonea a frapporre un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento delle indagini.

La fattispecie. Aveva fornito false informazioni ai carabinieri in merito alle modalità di acquisto di un involucro contenente sostanza stupefacente , aiutando così il responsabile della cessione ad eludere le investigazioni degli inquirenti. Per questo veniva ritenuto colpevole del reato di favoreggiamento. A pronunciarsi su tale fattispecie è la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 51029/13 depositata il 18 dicembre scorso, ha fatto alcune precisazioni in merito al favoreggiamento personale. Non è necessario che il soggetto favorito tragga vantaggio. Nello specifico, gli Ermellini hanno ribadito che la condotta che integra il delitto di favoreggiamento personale, che ha natura di reato di pericolo, deve consistere in un’attività idonea a frapporre un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento delle indagini, e a provocare, dunque, una negativa alterazione del contesto fattuale all’interno del quale le investigazioni e le ricerche erano in corso o si sarebbero comunque potute svolgere . Ciò che conta – conclude la S.C. – è la prova della oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 novembre – 18 dicembre 2013, n. 51029 Presidente Agrò – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10 maggio 2013 la Corte d'appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma in data 26 maggio 2009, ha ridotto a mesi sei e giorni venti di reclusione la pena inflitta ad O.G. , confermando nel resto l'impugnata sentenza, che all'esito di giudizio abbreviato lo riconosceva colpevole del reato di favoreggiamento personale commesso in data 6 giugno 2006 per aver fornito ai Carabinieri di Roma - Montesacro false dichiarazioni in merito alle modalità di acquisto di un involucro contenente sostanze stupefacenti, così aiutando il responsabile di tale cessione, I.R. , ad eludere le investigazioni degli organi inquirenti. 2. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d'appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato, deducendo i seguenti motivi di doglianza. 2.1. Erronea applicazione della legge penale in ordine all'integrazione dell'elemento oggettivo del reato di favoreggiamento personale, in quanto le mendaci dichiarazioni dell'O. sullo svolgimento dei fatti non possono costituire atto idoneo ad intralciare o eludere le investigazioni dell'autorità giudiziaria, riguardando fatti e circostanze cadute sotto la diretta percezione degli operanti, e dunque destinate a confluire nei relativi verbali redatti dalla Polizia giudiziaria. 2.2. Inosservanza della legge penale in ordine all'omessa applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 384 c.p., poiché se l'imputato avesse ammesso di aver acquistato la sostanza stupefacente per uso personale dalla persona individuata in loco dalla P.G., avrebbe corso il rischio di vedere applicate nei suoi confronti le misure sanzionatorie previste dall'art. 75 del D.P.R. n. 309/90. Considerato in diritto 3. Il ricorso è parzialmente fondato e va pertanto accolto entro i limiti di seguito indicati. 4. È inammissibile il secondo motivo di doglianza, trattandosi di una censura non dedotta nei motivi di appello, e dunque non proponibile in questa Sede, ai sensi dell'art. 606, comma terzo, c.p.p 5. Per quel che attiene al primo motivo di ricorso, non risulta chiaramente evincibile dalla sentenza impugnata la situazione di pericolo che, nell'ambito di una valutazione formulata ex ante, la condotta dell'imputato abbia determinato per le attività investigative in corso la stessa motivazione, anzi, sembrerebbe escluderne la presenza, laddove pone in rilievo esclusivamente la circostanza che il comportamento dell'imputato è stato direttamente seguito ed osservato dagli agenti di P.G., sì da procedere, nell'immediatezza del fatto, al rinvenimento ed al sequestro di una somma di denaro, nella mano dell'I.R. , e di un quantitativo di stupefacente in quella dell'imputato. 6. Secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte ex multis, v. Sez. 6, n. 709 del 24/10/2003, dep. 15/01/2004, Rv. 228257 , la condotta che integra il delitto di favoreggiamento personale, che ha natura di reato di pericolo, deve consistere in un'attività idonea a frapporre un ostacolo, anche se limitato o temporaneo, allo svolgimento delle indagini, e a provocare, dunque, una negativa alterazione del contesto fattuale all'interno del quale le investigazioni e le ricerche erano in corso o si sarebbero comunque potute svolgere v., inoltre, Sez. 6, n. 2936 del 01/12/1999, dep. 09/03/2000, Rv. 217108 . Non è necessaria, peraltro, la dimostrazione dell'effettivo vantaggio conseguito dal soggetto favorito, ma occorre comunque la prova della oggettiva idoneità della condotta favoreggiatrice ad intralciare il corso della giustizia Sez. 6, n. 3523 del 07/11/2011, dep. 27/01/2012, Rv. 251649 . Tale idoneità, infatti, deve essere apprezzata sotto il profilo oggettivo, considerando la condotta in sé e con riferimento alla sua intrinseca attitudine a deviare le indagini degli inquirenti Sez. 6, n. 3575 del 25/01/1995, dep. 04/04/1995, Rv. 201100 . Nella pronuncia impugnata la disamina di tale profilo non risulta essere stata effettuata, imponendosi, dunque, l'annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, affinché nel nuovo giudizio provveda ad eliminare l'evidenziata lacuna, in adesione ai su indicati principii di diritto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Roma.