Colpi d’ascia del figlio contro il padre, che martirizza la madre: tentato omicidio sì, ma con l’attenuante della provocazione

Confermata la condanna ‘mitigata’ per il ragazzo tre anni e due mesi di reclusione per avere colpito più volte il padre con un’ascia da lavoro. Decisiva la valutazione del contesto il giovane è intervenuto per difendere la madre e la sorellina. Sì all’attenuante della provocazione, ma no, di conseguenza, al riconoscimento dell’azione messa in atto per una ragione di particolare valore sociale.

Vita da incubo tra le mura domestiche un uomo aggredisce quotidianamente la moglie, tutto sotto gli occhi dei figli, costretti ad assistere a scene terribili. Ma la sopportazione ha un limite Ecco spiegata la reazione, anch’essa violenta, di uno dei figli, che colpisce il padre con un’ascia da lavoro, per impedirgli di fare del male alla madre e alla sorellina. Difficile immaginare quella vita, possibile provare umana comprensione per un’azione, quella del figlio, che è comunque di evidente rilevanza penale nessun dubbio, quindi, sulla condanna per tentato omicidio”, resa meno grave dal riconoscimento della attenuante della provocazione”. Cassazione, sentenza n. 51051, Prima sezione Penale, depositata oggi ‘Casa dolce casa’ Come detto, è davvero da film horror la vita familiare per una madre e i suoi figli protagonista, in negativo, l’uomo, marito e padre. Proprio la sua condotta violenta nei confronti della donna spinge a una estrema reazione il figlio maschio, che lo colpisce al volto, e in altre parti del corpo, con un’ascia da lavoro . Tale assurdo gesto, compiuto dal ragazzo, è stato finalizzato solo a soccorrere la madre e la sorellina vittime della feroce aggressione del padre . Anche il contesto, quindi, è da valutare Difatti, pur considerando acclarato il reato di tentato omicidio , la pena decisa in primo grado – quattro anni e otto mesi di reclusione – viene mitigata in secondo grado, e ridotta a tre anni e due mesi di reclusione . Decisivo il riconoscimento della attenuante della provocazione , provocazione rappresentata dalla condotta aggressiva dell’uomo. Ma ciò, sanciscono i giudici della Cassazione, porta a rigettare la richiesta avanzata dal legale del ragazzo, ossia valutare in maniera meno grave il comportamento delittuoso perché determinato da ragioni comunque apprezzabili di elevato significato etico e sociale . Detto in maniera chiara, in Corte d’Appello è stata riconosciuta l’attenuante della provocazione, in considerazione della condotta aggressiva tenuta dal padre, costantemente e da lungo tempo, nei confronti della madre e manifestata anche alla presenza dei figli . Questo elemento esclude, automaticamente, la circostanza attenuante dell’aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale . Da confermare, perciò, il quantum della pena stabilito dai giudici di secondo grado per il ragazzo, quindi, trentotto mesi di reclusione per il reato di tentato omicidio .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 novembre – 18 dicembre 2013, n. 51051 Presidente Giordano – Relatore La Posta Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14.6.2011 il Gup del Tribunale di Roma, all'esito del giudizio abbreviato, condannava W.F., con le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all'aggravante contestata, alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione in relazione al reato di tentato omicidio in danno del padre, colpito al volto e in altre parti del corpo con un'ascia da lavoro. La Corte di appello di Roma in data 10.5.2012, in parziale riforma della predetta sentenza, riconosceva la circostanza attenuante della provocazione che riteneva, unitamente alle circostanze attenuanti generiche, prevalente sull'aggravante cointestata, rideterminando, conseguentemente, la pena in anni tre e mesi due di reclusione confermava nel resto la decisione di primo grado. Riteneva, invece, infondata la richiesta del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 1 cod. pen. in ragione della circostanza che la condotta dell'imputato era finalizzata a soccorrere la madre e la sorellina dalla feroce aggressione del padre, tenuto conto che per configurare l'invocata attenuante occorre che si agisca per uno scopo spiccatamente nobile ed altruistico che non può realizzarsi se la finalità dell'azione è quella di commettere un illecito penale, tanto più un omicidio. 2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 1 cod. pen Lamenta che la motivazione della Corte di appello sul punto è illogica ed in contrasto con la ratio della norma invocata che, fermo restando il giudizio di disvalore penale della condotta, esprime la volontà del legislatore di sanzionare in maniera meno grave il comportamento delittuoso che sia determinato da ragioni comunque apprezzabili di elevato significato etico o sociale. Richiama la precedente decisione n. 14856 del 24/10/1990. Considerato in diritto Il ricorso, ad avviso del Collegio, non è fondato e, pertanto, deve essere rigettato. Infatti, deve rilevarsi che la possibilità di applicare simultaneamente l'attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale e quella della provocazione è subordinata all'accertamento, in concreto, della loro ascrivibilità a distinte situazioni poiché qualora il fatto che ne è alla base sia unico, per il principio del ne bis in idem sostanziale che impedisce la reiterata valutazione del medesimo elemento ai fini della riduzione della pena, deve applicarsi una sola delle anzidette circostanze Sez. 1, n. 29929 del 08/07/2010, Salvaguardia, rv. 248018 . Alle luce di tale principio che il Collegio condivide, deve rilevarsi che l'attenuante della provocazione è stata riconosciuta all'imputato dai giudici di secondo grado in considerazione dell'accertata condotta aggressiva tenuta dal padre, costantemente e da lungo tempo nei confronti della madre e manifestata anche alla presenza dei figli e, quindi, dell'imputato che aveva agito per difendere la madre. Pertanto, la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 1 cod. pen. nella fattispecie risulta incompatibile con la già riconosciuta circostanza della provocazione. In tal senso, quindi, deve essere corretta la motivazione della sentenza impugnata. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese processuali.