Limitato il valore probatorio dei certificati medici: sono semplici documenti da riscontrare

Non sono nemmeno sufficienti a suffragare le dichiarazioni della persona offesa, quando è l’unica testimone dei fatti di maltrattamenti

Una brutta storia di maltrattamenti in famiglia. Il padre imputato viene accusato di aver percosso in più occasioni consorte e figlio, qui parti civile costituite, nelle more di una crisi familiare che avrebbe condotto ad una dolorosa separazione giudiziale. Alle condanne del tribunale e della Corte d’appello l’imputato oppone, ricorrendo in Cassazione, l’assoluta precarietà del tessuto motivazionale, schiacciato sulle dichiarazioni della persona offesa e invece latitante nella raccolta e nella valutazione di ulteriori e dovuti elementi di riscontro al quanto narrato. Il ricorso era ai sensi dell’art. 606, lett. e, c.p.p. La Cassazione, Sesta sezione Penale, n. 50969 depositata il 17 dicembre 2013, annullando con rinvio la sentenza, ammonisce alle migliori integrità e coerenza delle motivazioni a sostegno di un decisum giudiziale, specie di condanna, per l’” oltre ragionevole dubbio ” che deve sostenere l’imposizione di una sanzione penale. Quando vi è solo la persona offesa a testimoniare il fatto, possibile la condanna, ma occorrono solidi elementi di riscontro. Sia quando la persona offesa si sia costituita parte civile nel processo penale, sia quando abbia deciso di rimanerne estranea, realizzando la sola funzione probatoria di sostegno alle ragioni dell’accusa, la giurisprudenza, e nella specie la Cassazione in commento, non ritiene superabile l’adeguata verifica giudiziale di riscontro al narrato della persona danneggiata. I caratteri del riscontro. Della persona offesa vanno verificate l’attendibilità intrinseca – la sostenibilità di un giudizio di coerenza e di affidabilità soggettiva del dichiarante – e quella estrinseca , per il riscontro ottenuto da altre fonti di prova, testimoniali o certificatorie. Valga la necessarietà del riscontro in ogni caso, sia quando la persona offesa sia anche imputata in procedimento connesso ex art. 210 c.p.p. – per l’operare dell’art. 192, terzo comma, c.p.p. -, sia quando non abbia processi penali a carico per fatti collegati e abbia assunto una veste testimoniale pura. La Cassazione ha annullato sul punto, ha negato il valore aureo del resoconto dibattimentale della persona offesa, ne ha imposto il nuovo riscontro al giudice del rinvio. Il valore probatorio attenuato del certificato medico. In ogni caso - sia quando il medico refertante riferisca delle sole dichiarazioni della persona offesa sulle lesioni subite, sia quando in prima persona, ipotesi più rara ma non sconosciuta nella prassi, descriva uno stretta consequenzialità fra lesioni e specifiche violenze subite -, il certificato medico non possiede un valore assoluto sul refertato. Non costituisce atto pubblico , i cui contenuti sarebbero rimovibili solo mediante querela di falso. Costituisce semplice documento ex art. 234 c.p.p., il cui valore necessita di riscontro quanto più la lesione è lieve – per la minore praticabilità di ipotesi simulatorie sul danno in caso di lesioni gravi -. La Cassazione ha proprio ritenuto inattendibili quei certificati, fondati sulle sole dichiarazioni della persona offesa. Per la Cassazione, attenzione alle querele strumentali ad instaurandi procedimenti civili per i medesimi fatti. In specie, le querele/denunce erano state presentate successivamente al ricorso per la separazione giudiziale, presumibilmente a corredo delle pretese di cui al ricorso. Ma i fatti in querela non erano nemmeno contenuti nella parte in fatto del ricorso civile. Alla Cassazione non sfugge il dato, e prende posizione sul valore strumentale che querele e denunce possono possedere al fine di sollecitare determinati esiti o comportamenti della parte opposta/querelata nel processo civile. A maggior ragione non si prescinde da un solido e rigoroso vaglio giudiziale delle dichiarazioni della persona offesa, specie in caso di forti interessi patrimoniali delle parti in causa – per le disposizioni del Presidente del Tribunale sul mantenimento e per le richieste di cui alla costituzione di parte civile -.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 ottobre - 17 dicembre 2013, n. 50969 Presidente Serpico – Relatore Raddusa Ritenuto in fatto 1. Tratto a Giudizio innanzi al Tribunale di Mascalucia con le imputazioni di cui agli articolo 572 capo A e 582 cp capi B e C , S.G. è stato riconosciuto colpevole dei fatti ascritti, uniti dal vicolo della continuazione, e condannato in primo grado alla pena di giustizia nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile, con liquidazione di una provvisionale in misura di Euro 70.000. 2. Interposto appello, la Corte di appello di Catania ha confermato il giudizio di responsabilità ha ridotto il trattamento sanzionatorio applicato in primo grado ha ridotto la provvisionale, riportandola al minore importo di Euro 20.000. 3. Hanno proposto ricorso per Cassazione avverso tale ultima decisione lo S. e la parte civile L.E. , in proprio e nella qualità di esercente la potestà genitoriale sul figlio minore D. . 4. Ricorso S. . Con un unico complesso motivo si lamenta motivazione sostanzialmente assente. La Corte si è richiamata per relationem al tenore della decisione di primo grado, omettendo tuttavia di rispondere ai puntuali rilievi resi dall'imputato con l'appello, destinati ad inficiare la linearità logica e la coerenza a norma del ragionamento seguito dal primo giudice, sia in punto alla attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, alla presenza di validi momenti di riscontro alle dette dichiarazioni, comunque richiamati a supporto del giudizio sulla attendibilità stessa, sia in punto alla sussistenza dei presupposti utili a integrare il reato di maltrattamenti e quello di lesioni, avuto riguardo alla condotta materiale posta in essere dall'imputato. In particolare, la Corte si sarebbe rifugiata dietro l'enucleazione di petizioni di principio mancando per contro di rispondere ai seguenti rilievi critici mossi alla decisione di primo grado - i testi indicati a riscontro del narrato della persona offesa, padre e sorella della stessa, non avevano mai preso parte diretta ai fatti narrati, limitandosi descrivere quanto raccontato dalla L. , così da risultare non idonei al fine probatorio perseguito situazione questa destinata ad assumere ancor maggiore pregnanza ove si consideri la posizione di imputata in reato connesso della persona offesa, in quanto tale sentita ai sensi dell'art 210 cpp - la distonia tra il tenore della domanda di separazione con addebito, successiva ai fatti che delle vessazioni e delle lesioni causate dal marito non conteneva riferimento alcuno , e quello della querela-denunzia posta a supporto del processo penale in esame, non a caso di poco successiva al deposito della ordinanza presidenziale del Tribunale di Catania con la quale veniva disposto l'affidamento congiunto del minore ai due separandi - l'assoluto silenzio in ordine al tenore delle deposizione dei testi indicati dalla difesa, Sc. , Dr. e C. che si contrapponeva a quanto dichiarato dalla persona offesa in ordine al contegno ordinariamente tenuto dal ricorrente nei rapporti con il figlio - la considerazione in forza alla quale le dichiarazioni della persona offesa davano conto solo di due episodi di vessazione, occorsi a distanza di tempo tale da incidere sull'abitualità delle condotte e sull'unicità del disegno criminoso, ritenute solo aprioristicamente dalla Corte senza legare i principi in diritto esposti alla fattispecie concreta, rivisitata alla luce dei detti rilievi critici - in punto alle lesioni arrecate, quelle della moglie troverebbero riscontro in un referto medico risalente a sette giorni dopo la data della affermata aggressione, esclusivamente ritenuta in forza della sola dichiarazione della persona offesa nonché in ragione della aprioristica affermazione in base alla quale era da ritenersi assurda la tesi difensiva della caduta accidentale, non in linea con quanto dichiarato dal minore D. - quanto alle lesioni al figlio, nel non considerare le dichiarazioni del minore che ha affermato di non essere mai stato picchiato dal padre, riconducendo ad un fatto accidentale l'episodio di cui alla lettera c della contestazione, nonché nell'aver pretermesso integralmente le dichiarazioni del teste a difesa Dottor X. sulle condizioni psicologiche del bambino nel suo rapporto con il padre, nella inconciliabilità tra le accuse della L. calci all'addome e i risultati attestati dal referto lesione alla cresta iliaca . 5. Ricorso della parte civile. 5.1 Con il primo motivo si lamenta violazione di legge avuto riguardo agli articolo 185 cp e 539 cpp, nonché vizio di motivazione. Si contesta la riduzione della provvisionale. Il dato istruttorio da adeguato conto delle sofferenze psichiche riportate dal minore per il comportamento, violento, verbale del padre, e dunque del danno alla salute correlato alle condotte dello stesso. Ciò non di meno il Giudice di secondo grado, pur confermando il giudizio di responsabilità, riduce drasticamente il tenore della provvisionale senza dar conto di quali elementi, sul piano della capacità lesiva della condotta o del nesso di causalità che abbiano potuto incidere sul danno in maniera tale da giustificare una riduzione così marcata. 5.2 Con il secondo motivo, sempre ricondotto all'egida del vizio di motivazione, illogica e avulsa dai dati acquisiti, viene evidenziato come con la decisione di secondo grado l'attendibilità della persona offesa viene ulteriormente rafforzata tramite una puntuale disamina ed il conseguente superamento dei profili critici sollevati con l'appello. Ma in contraddizione con quanto sopra, per altro verso, si riduce immotivatamente la provvisionale sulla sconta di un quadro probatorio immutato ed anzi rinvigorito dall'argomentare reso in risposta all'appello dell'imputato. Considerato in diritto. 6. La fondatezza delle doglianze sollevate dall'imputato ricorrente in ordine al portato argomentativo della sentenza impugnata impone l'annullamento con rinvio della stessa e rende al contempo in coerenza non più conferente la disamina dei motivi di ricorso articolati dalla parte civile, prescindendo dai profili di ammissibilità degli stessi. 7. Va ribadito che in linea di principio, quando, come nella specie, le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello può saldarsi con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo, sicché risulta possibile, sulla base della motivazione della sentenza di primo grado, colmare eventuali lacune della sentenza di appello. Occorre tuttavia, per non incorrere nel vizio di motivazione di cui alla lettera E del comma 1 dell'art 606 cpp, che il Giudice dell'appello non si sia limitato a riprodurre pedissequamente la decisione del primo giudice, aderendo in termini apodittici e stereotipati alle valutazioni rese in primo grado, senza dare conto degli specifici motivi d'impugnazione e senza argomentare sull'inconsistenza o non pertinenza degli stessi sollevati. Ciò sopratutto quando, come nel caso che occupa, l'appellante non si sia limitato alla mera riproposizione delle questioni di fatto o di diritto già espressamente ed adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, ovvero abbia formulato deduzioni generiche, apodittiche, superflue o palesemente inconsistenti la presenza di critiche circostanziate, che corrette o meno nei profili logici e di applicazione del dato normativo di riferimento, siano in grado, sul piano della decisività dei rilievi, potenzialmente di mettere in crisi le valutazioni rese dal primo giudice, impone una specifica risposta dalla quale il Giudice del gravame non può ritenersi esonerato pur quando finisca per aderire integralmente alle considerazioni ed alle conclusioni cristallizzate nella sentenza di primo grado. 8. Nel caso, la Corte territoriale muove da considerazioni di principio certamente condivisibili, in forza alle quali le dichiarazioni della persona offesa possono rappresentare il fondamento anche esclusivo del giudizio di responsabilità senza che occorra individuare un supporto esterno a conferma della veridicità del narrato e, ancora, sottolinea che le ragioni di contrapposizione con l'imputato, come nel caso sfociate nelle pretese risarcitorie sottese alla costituzione di parte civile, lungi dal depotenziare aprioristicamente la capacità probatoria delle dette dichiarazioni, impongono semmai una più rigorosa valutazione dei profili di attendibilità soggettiva del dichiarante nonché oggettiva del relativo narrato. Malgrado tale teorico e corretto punto di partenza la Corte finisce poi per tralasciare, omettendo di fornire risposta alcuna, i rilievi sollevati in appello e ribaditi in questa sede dall'imputato, dotati di assoluta decisività rispetto all'argomentare sotteso alla decisione di primo grado proprio perché destinati a cadere sulla forza probatoria delle dette dichiarazioni, sia in ragione della contestata attendibilità soggettiva della persona offesa, sia in punto alla coerenza intrinseca del relativo narrato avuto riguardo alle ipotesi di reato contestate. 9. Si consideri al fine, tra i rilievi articolati in appello e pretermessi nel valutare della Corte, il rapporto, denunziato dalla difesa siccome distonico, che corre tra la denunzia, cronologicamente successiva, che ha dato corpo al processo penale, ed il ricorso per separazione che ebbe a precederla lamentava e lamenta la difesa che in tale ultimo atto non si rinviene cenno ai fatti indicati oggi a sostegno del giudizio di responsabilità il che, anche alla luce del momento cronologico nel quale venne ad essere formulata la detta denunzia successiva al provvedimento presidenziale sull'affidamento, condiviso, del figlio minore della coppia potrebbe costituire un elemento logico di rilievo nel valutare l'attendibilità soggettiva della persona offesa e nel procedere ad una accurata e rigorosa valutazione critica della coerenza intrinseca e oggettiva del relativo narrato. E, sempre in questa linea, si pongono gli ulteriori motivi di appello cui non è dato rinvenire risposta alcuna in ordine alla natura delle dichiarazioni dei testi, padre e sorella della L. , utilizzati esplicitamente per dare supporto alla persona offesa ed al suo narrato dichiarazioni contestate non tanto in ragione del rapporto di parentela corrente tra i soggetti interessati quanto sul versante, integralmente pretermesso dalla Corte territoriale, che trattavasi di fatti conosciuti dai testi in ragione dei racconti riferiti dalla stessa persona offesa, con conseguente obbligo di approfondimento, quantomeno sul punto della circolarità degli elementi addotti. Ancora, sempre nel valutare il portato delle dichiarazioni testimoniali da raffrontare criticamente al tenore delle propalazioni della persona offesa, si tralascia apertamente quello emergente dalle dichiarazioni dei testi a difesa diversi dal T.R.E. l'unico preso in considerazione e che la difesa non richiama a supporto del gravame , senza dettagliarne, ove sussistente, l'inconducenza o l'irrilevanza dei relativi momenti dichiarativi rispetto agli ulteriori elementi in fatto entrati in processo. Quanto poi alle lesioni arrecate alla persona offesa capo B ed al figlio capo C , momenti essenziali anche rispetto agli ipotizzati maltrattamenti di cui al capo A della rubrica , la Corte non ha fornito risposta adeguata rispetto alle incongruenze riscontrate alla luce delle dichiarazioni del minore segnatamente quelle rese dinanzi al Tribunale per i Minorenni di Catania nel ricostruire il fatto accaduto alla madre quanto alle lesioni dallo stesso direttamente patite, quelle rese nel colloquio del 28 giugno 2006 con la dottoressa Strano del Servizio di neuropsichiatria della USL X di Catania in ordine alla circostanza relativa alla possibilità che il padre lo avesse mai malmenato . Dichiarazioni sminuite aprioristicamente in ragione del legame con il padre soprattutto guardando alla condotta posta in essere ai danni della madre e non adeguatamente superate dalla riferita, sempre dal minore, reazione non altrimenti dettagliata dell'imputato in occasione dell'asserita aggressione di cui al capo C, soprattutto considerando la evidenziata dubbia compatibilità tra la descrizione del fatto riferita dalla L. in sede dibattimentale l'imputato avrebbe colpito il figlio con violenti calci all'addome e le lesioni alla cresta iliaca riscontrate dal referto medico acquisito in atti. Tutti elementi questi che, prima di pervenire alla conclusione della inverosimiglianza logica della tesi difensiva della natura meramente accidentale dei due eventi traumatici, andavano necessariamente ed opportunamente approfonditi alla luce dei rilievi critici sollevati dalla difesa dell'imputato per valutare l'effettiva capacità della decisione di primo grado di reggere ugualmente l'urto provocato dalle doglianze specificatamente sollevate in tal senso con l'appello. Da ultimo ed infine va rimarcato che, quanto ai maltrattamenti di cui al capo A, la Corte territoriale, pur in presenza di apposita contestazione sollevata in appello non ha in alcun modo precisato quali siano gli ulteriori episodi, diversi da quelli di cui ai capi B e C, nei quali si sarebbe concretata la condotta contestata al ricorrente secondo il canone della abitualità che deve necessariamente caratterizzare indefettibilmente il reato ascritto, limitandosi, anche sul punto, ad una valutazione aprioristica, non adeguatamente supportata da puntuali riferimenti al tenore degli elementi probatori acquisiti in giudizio se del caso, superati i profili di contestazione sopra enucleati, anche esclusivamente ricavati dal tenore delle dichiarazioni della persona offesa . Ed anche in parte qua emerge la incompletezza della motivazione destinata ad invalidare la decisione. 10. L'accoglimento del ricorso dell'imputato, ponendo in discussione il tema legato ai profili di responsabilità da ascrivere allo S. , assorbe la disamina dei profuli di ricorso sollevati dalla parte civile immediatamente correlati alle statuizioni risarcitorie. Sugli aspetti in fatto e diritto innanzi enunciati vorrà motivatamente fornire risposta il giudice di rinvio, individuato in altra Sez. della Corte di Appello di Catania. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuova decisione ad altra sezione della Corte di appello di Catania.