Guida in stato di ebbrezza: questioni di minuti e di elementi sintomatici

Nel reato di guida in stato di ebbrezza, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base a elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 c.d.s., essendo sufficiente anche un’unica misurazione alcolimetrica.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 50607 del 16 dicembre 2013. Il caso. Il Tribunale di Udine e la Corte d’Appello di Trieste condannano un uomo per avere causato un incidente stradale guidando in stato di ebbrezza. Avverso la pronuncia di secondo grado, viene proposto ricorso in Cassazione. I tempi della misurazione alcolimetrica. Con il primo motivo di ricorso, l’imputato contesta le modalità di effettuazione dell’alcoltest l’art. 379, co. 2 reg. att., c.d.s. richiede due misurazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di almeno cinque minuti, intervallo che non è stato rispettato secondo il ricorrente. Tale doglianza è infondata in quanto la predetta norma non prescrive che la decorrenza dell’intervallo de quo debba conteggiarsi dal termine della prima misurazione invece che dal suo inizio e, nel silenzio della legge, è corretto considerare il momento di inizio della prima o della seconda misurazione o il loro termine. La valutazione può essere compiuta sulla base di indici sintomatici. Contrariamente a quanto lamentato dall’imputato, anche non ritenendo attendibile il test, l’elevato superamento dei limiti emerso dalle misurazioni e la presenza di altri indici altamente sintomatici dello stato di ebbrezza alito fortemente alcolico, difficoltà di proferire frasi di senso compiuto fanno ritenere comunque sussistente l’alterazione. Non a caso, la Corte ha più volte affermato che nel reato di guida in stato di ebbrezza, l’accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base a elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall’art. 186 c.d.s., essendo sufficiente anche un’unica misurazione alcolimetrica. Onere probatorio. Denuncia, inoltre, l’uomo che la Corte territoriale non ha tenuto conto dell’assunzione, da parte sua, di farmaci, responsabili dello stato in cui egli si era venuto a trovare. Anche tale doglianza non merita accoglimento in quanto è risaputo che l’alcoltest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell’imputato fornire eventualmente la prova contraria, dimostrando vizi e errori di strumentazione o di metodo nell’esecuzione dell’aspirazione, non essendo sufficiente allegare la circostanza relativa all’assunzione di farmaci idonei a influenzare l’esito del test, quando tale affermazione sia sfornita di riscontri probatori. Pertanto, il ricorso si intende respinto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 aprile – 16 dicembre 2013, n. 50607 Presidente Bianchi – Relatore Savino Ritenuto in fatto Con sentenza emessa in data 4 luglio 2011 il Tribunale di Udine dichiarava F.E. colpevole del reato di cui all'art. 186 co. 1 e 2 lett. e, 2 bis CDS per aver guidato il proprio veicolo in stato di ebbrezza, accertato con alcoltest - tasso alcol emico pari a 2,53 in prima rilevazione e 2,55 in seconda - causando un incidente stradale. Condannava lo stesso alla pena di mesi 2 di arresto ed Euro 1000 di ammenda oltre alle spese processuali. Proposto appello, la Corte di appello di Trieste confermava in foto la impugnata sentenza e condannava l'imputato al pagamento delle spese processuali del grado. Avverso tale pronuncia il difensore del F. ha interposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi 1 Vizio di motivazione ed erronea applicazione delle norme del codice della strada relative alle modalità di effettuazione dell'alcoltest. 2 Erronea applicazione delle norme del codice della strada in relazione alle conseguenze dell'illegittimità dell'accertamento con alcoltest. 3 Manifesta illogicità della motivazione in punto di influenza sull'esito della prova etilometrica dei farmaci assunti dal F. . Ritenuto in diritto Con il primo ed il secondo motivo di ricorso si contesta l'impiego da parte del giudice di merito dei risultati dell'alcoltest quale fondamento della ritenuta responsabilità del F. in relazione al reato a lui contestato. In particolare si afferma che la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere non attendibile l'accertamento del tasso alcolemico dal momento che ai fini della prova dello stato di ebbrezza l'art. 379 co. 2 reg. att. CDS richiede due misurazioni concordanti effettuate ad un intervallo di tempo di almeno 5 minuti mentre nel caso di specie la prima misurazione risulta avvenuta tra le 12 54 e le 12 56 e la seconda tra le 13 00 e le 13 01. Dunque sottolinea la difesa tra la fine della prima misurazione e l'inizio della seconda non sarebbe trascorso il lasso di tempo richiesto dalla norma e la motivazione addotta dal giudice di appello risulta inadeguata dal momento che lo stesso si limita ad osservare che la suddetta norma non prescrive che i 5 minuti debbano conteggiarsi con decorrenza dal termine della prima misurazione e non dal suo inizio. Inoltre si censura anche l'assunto propugnato dalla Corte di appello secondo il quale, anche volendo ravvisare una irregolarità nell'effettuazione dell'alcoltest per il mancato rispetto dell'intervallo minimo tra la prima e la seconda misurazione, comunque i valori acquisiti possono essere impiegati quali indici sintomatici dai quali desumere lo stato di alterazione psico-fisica dell'imputato. A detta della difesa, infatti, in caso di illegittimità del risultato dell'alcoltest e di accertamento dello stato di ebbrezza sulla base di elementi solo sintomatici al trasgressore si deve contestare la guida in stato di ebbrezza in riferimento alla lett. a del co. 2 dell'art. 186 CDS e non in relazione alla lett. e, come nel caso di specie. Le doglianze sono infondate e, pertanto, vanno rigettate. Innanzitutto appare del tutto logica la argomentazione utilizzata dalla Corte territoriale secondo la quale l'intervallo di tempo di almeno 5 tra le due misurazioni minuti può ritenersi rispettato atteso che la prima è iniziata alle 12 54 terminando alle 12 56 e la seconda è iniziata alle 13 00 e terminata alle 13 01. A ben vedere, infatti, l'art. 186 co. 2 CDS non prescrive che la decorrenza dell'intervallo de quo debba conteggiarsi dal termine della prima misurazione invece che dal suo inizio e, nel silenzio della legge, è logico ritenere - per ovvie ragioni di coerenza - che suddetto intervallo debba calcolarsi considerando il momento di inizio della prima misurazione e della seconda ovvero il termine di dette misurazioni 12 54 e 13 oppure 12 56 e 13 01 . Orbene in entrambi i casi l'intervallo di 5 minuti risulta rispettato. Peraltro anche non ritenendo attendibile il test, si deve convenire con la Corte di appello laddove ritiene comunque sussistente l'alterazione psicofisica da assunzione di sostanze alcooliche dato il così elevato superamento dei limiti emerso da entrambe le misurazioni nonché la rilevata - e non contestata - presenza di altri indici altamente sintomatici dello stato di ebbrezza quali l'alito fortemente alcolico e la difficoltà di proferire frasi dal senso compiuto. In proposito, infatti, questa Corte ha più volte affermato che nel reato di guida in stato di ebbrezza, poiché l'esame strumentale non costituisce una prova legale, l'accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall'art. 186 cod. strada essendo sufficiente anche un'unica misurazione alcolimetrica corroborata, come nel caso di specie, da elementi sintomatici desumibili dagli atti si veda ex pluris Cass., Sez. IV, n. 30231/2013 . Al pari infondato appare il terzo motivo di ricorso con il quale si lamenta l'illogicità della motivazione in relazione all'esclusa incidenza dei farmaci assunti quotidianamente dal F. sul suo stato di alterazione psico-fisica. Sul punto la Corte territoriale, conformemente al giudice di prime cure, ha osservato come non possa ritenersi dimostrata la suddetta influenza dei farmaci sulla base di un mero parere medico secondo il quale non si può escludere che l'epatopatia dell'imputato sia riconducibile a fattori extraetanolici in assenza di qualsivoglia altra precisazione in ordine alla possibile colabilità dell'elevato tasso alcolico riscontrato sull'imputato con l'assunzione di tali medicinali assunzione, peraltro, solo affermata e non dimostrata . Sul punto merita ricordare il costante orientamento di questa Corte in base al quale l'esito positivo del, alcotest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione, non essendo sufficiente allegare la circostanza relativa all'assunzione di firmaci idonei ad influenzare l’esito del test, quando tale affermazione sia sfornita di riscontri probatori ex pluris Cass., Sez. IV, n. 45070/2004 . Dunque sulla base delle suddette considerazioni il ricorso risulta infondato e come tale deve essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.