Rubano energia elettrica altrui: minaccia implicita e profitto non economico bastano a escludere la violenza privata

Per la configurazione del reato di estorsione, occorre l’azione tipica del costringimento a fare o a omettere qualcosa, l’ingiustizia del profitto e l’altrui danno rivisitati criticamente.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 50315 del 13 dicembre 2013. Il fatto. La Corte d’Appello dell’Aquila dichiara prescritti i reati di furto di energia elettrica e lesioni personali compiuti da due imputati ai danni di più persone mediante violenze e minacce consistite nel prospettare continuamente, attraverso costanti vessazioni e atti di aggressione verbale e fisica, gravi danni alla incolumità personale se non avessero acconsentito alle reiterate richieste di utilizzazione di parte del loro immobile e di allaccio abusivo ai contatori dell’energia elettrica serventi all’appartamento di queste ultime. Viene, inoltre, contestata l’aggravante di aver commesso tali fatti in concorso, con l’uso di armi e avvalendosi di minori appositamente istigati Con l’atto di appello, la difesa dei due imputati ne chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste e la derubricazione dell’imputazione di estorsione in quella di violenza privata. La Corte di merito, tuttavia, respinge l’appello e conferma le statuizioni del primo giudice. Gli imputati ricorrono in Cassazione. Estremi dell’estorsione. Gli imputati contestano che del reato di estorsione non è stata individuata l’azione tipica del costringimento a fare o a omettere qualcosa, l’ingiustizia del profitto e l’altrui danno i fatti, vanno quindi, inquadrati nella fattispecie della violenza privata e non in quelli dell’estorsione. Il ricorso è inammissibile ai fini dell’estorsione, la minaccia può anche essere implicita ed indiretta e l’ingiusto profitto non deve necessariamente avere natura economica ma può consistere nella disponibilità e nel godimento delle parti dell’immobile dei vicini. Dunque, non è corretto parlare di violenza privata se, come nel caso oggetto d’esame, vi è stato un danno concretamente individuato. In definitiva, tale motivo di ricorso è manifestamente infondato, mancando una rivisitazione critica delle argomentazioni svolte dalla Corte di merito.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 settembre – 13 dicembre 2013, numero 50315 Presidente Gentile – Relatore Taddei Ritenuto in fatto 1. Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di L'Aquila, in parziale riforma della sentenza di condanna dei due imputati pronunciata dal Tribunale di Pescara il 17 marzo 2006, dichiarava prescritti i reati sub b furto di energia elettrica commesso in omissis , diversamente qualificato ex articolo 614 cod.penumero in primo grado ed e lesioni personali commesso in omissis della rubrica di seguito riportata,rideterminando, di conseguenza, la pena, in relazione ai reati di seguito riportati, confermando nel resto la sentenza impugnata. A delitto p e p. dagli artt. 110,629 co 1 e 2 in relazione all'articolo 628 co. 3 numero 1, 112 co. 3 cod.penumero , per avere, agendo in concorso tra loro e con il minore D.R.U. , nei cui confronti si procede separatamente, mediante violenze e minacce consistite nel prospettare continuamente ai loro vicini L.M. , F.F. , F.M. e F.G. gravi danni alla incolumità personale se non avessero acconsentito alle reiterate richieste di utilizzazione di parte del loro immobile e di allaccio abusivo ai contatori dell'energia elettrica serventi l'appartamento di questi ultimi e comunque, nel porre in essere ai danni di tutti i componenti della famiglia F. reiterate e costanti vessazioni ed atti di aggressione verbale, quali gesta e grida intimidatorie nonché di aggressione fisica realizzati con calci, pugni e percosse varie e con le modalità meglio descritte nei capi C e D che seguono avvalendosi a tal fine, in alcune occasioni, anche di armi quali coltelli e bastoni , costretto tutti i componenti della famiglia F. ad abbandonare la loro abitazione e a lasciare di fatto agli indagati il godimento di gran parte dell'immobile di loro proprietà e delle sue pertinenze, riuscendo ad ottenerne il possesso indisturbato, così procurandosi il corrispondente ingiusto profitto con pari danno per le persone offese. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con il concorso di più persone riunite e con l'uso di armi nonché avvalendosi, D.R.A. e S.M. anche quali genitori, di minori appositamente istigati. Con la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale per S.M. e D.R.N. , con la recidiva reiterata per D.R.A. e con la recidiva reiterata e infraquinquennale per D.E. . In omissis C delitto p. e p. dagli artt. 110, 610, 339, 61 numero 2 c.p., per avere, agendo in concorso tra loro e con il minore D.R.U. , nei cui confronti si procede separatamente, e con altre persone non ancora compiutamente identificate, anche al fine di eseguire il reato di cui al capo A che precede, mediante violenze e minacce poste in essere direttamente nei confronti di F.M. , F.G. , L.V. e L.M. , che si erano recati nei pressi della loro abitazione per effettuare le operazioni di trasloco di alcuni beni mobili ivi presenti, costretto i predetti ad allontanarsi dalla suddetta abitazione, impedendone l'accesso e il completamento delle programmate operazioni di trasloco in particolare, usando violenze e minacce consistite nell'apporre alcuni oggetti ingombranti dinanzi all'ingresso dell'abitazione della famiglia F. opponendosi poi con la forza a che venissero rimossi, nell'intimare con tono minaccioso alle persone offese di non avvicinarsi alla loro abitazione e nel porre in essere altri gravi atti di aggressione fisica e verbale e, segnatamente, D.R.U. aggredendo il F.G. sferrandogli calci e pugni e brandendo un coltello al suo indirizzo con il quale colpiva anche L.M. , che era intervenuta in soccorso del figlio S.M. , rivolgendosi con tono minaccioso nei confronti di lutti i componenti della famiglia F. e, in particolare, brandendo una scopa verso L.M. e contestualmente urlando frasi del tipo Quando viene questa puttana succedono sempre casini Andate a chiamare D. D. , sopraggiunto successivamente sul posto, sferrando un violento pugno alla testa del F.G. . Con la recidiva reiterata ed infraquinquennale per S.M. e D.E. e con la recidiva reiterata per D.R.A. In OMISSIS nelle prime ore della mattina . D del delitto p. e p. dagli artt. 110, 610, 339, 61 numero 2 c.p., per avere, agendo in concorso tra loro e con il minore D.R.U. , nei cui confronti si procede separatamente, e con almeno altre dieci persone non ancora compiutamente identificate, anche al fine di eseguire il reato di cui al capo A che precede, mediante violenze e minacce poste in essere nei confronti di F.M. , F.G. , L.V. e L.M. , che si erano nuovamente recati presso la loro abitazione per riprendere le operazioni di trasloco, sbarrando l'accesso alla loro casa con due macchine ivi appositamente collocate, rivolgendosi verso di loro con gravi frasi minacciose e aggredendoli fisicamente con bastoni ed altri oggetti contundenti e colpendoli con calci e pugni, costretto i predetti ad allontanarsi dalla suddetta abitazione, impedendone nuovamente l'accesso e il completamento delle programmate operazioni di trasloco. Con la recidiva reiterata ed infraquinquennale per S.M. e D.E. e con la recidiva reiterata per D.R.A. In omissis tra le 14,00 e le 16,30 . 1.1 Con l'atto di appello la difesa dei due imputati chiedeva l'assoluzione dei predetti perché il fatto non sussiste,quantomeno ai sensi dell'articolo 530 co 2 cod.proc.penumero in subordine, la derubricazione dell'imputazione di estorsione in quella di violenza privata, l'esclusione dell'aggravante di cui al comma due dell'articolo 629 cod.penumero , la concessione dell'attenuante del danno lieve con riferimento al furto di energia elettrica e la riduzione della pena. La Corte di merito, respingendo l'appello, confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta. 1.2 Avverso tale sentenza propone ricorso il difensore degli imputati,chiedendo l'annullamento della sentenza, e deducendo a motivo l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale in riferimento all'articolo 629 cod.penumero , all'articolo 530 co. 2 cod.proc.penumero . Del reato di estorsione non è stata individuata l'azione tipica del costringimento a fare o ad omettere qualcosa,l'ingiustizia del profitto e l'altrui danno. I giudici del merito non hanno evidenziato elementi certi di costrizione non potendosi escludere che i F. abbiano liberamente scelto di cambiare sistemazione abitativa e che gli episodi di contrasto con i D.R. siano da ascrivere a comuni contrasti di vicinato. La responsabilità penale degli imputati è stata ravvisata solo in ragione di quanto dichiarato dalle persone offese i fatti andavano sicuramente inquadrati nella fattispecie della violenza privata e non in quella dell'estorsione, mancando gli elementi dell'ingiusto profitto e del danno la sentenza di secondo grado è meramente ripetitiva della prima sentenza e pertanto la motivazione è viziata per travisamento del fatto fondandosi il giudizio sulle interessate dichiarazioni delle parti lese. Infine la Corte d'appello non ha esaminato il motivo d'appello concernente la richiesta di riconoscere l'attenuante dell'articolo 62 numero 4 cod.penumero , essendosi il giudice di prime cure già pronunciatosi sulla lieve entità del profitto ma non avendo poi riconosciuto l'attenuante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati o non consentiti nel giudizio di legittimità. 2. Rileva innanzitutto che la Corte di merito ha precisato che le dichiarazioni delle parti lese sono corroborate dalle dichiarazioni di altri testi pag. 4 e dalla documentazione medica acquisita agli atti pertanto, è manifestamente infondata l'affermazione che la pronuncia della responsabilità penale sia basata esclusivamente sulle dichiarazioni delle parti lese. Quanto agli elementi essenziali della estorsione,la Corte di merito motiva, in linea con la giurisprudenza di legittimità,congruamente sia in ordine alla minaccia, affermando, che questa può anche essere implicita ed indiretta sia in ordine all'ingiusto profitto che non deve,necessariamente, avere natura economica pag. 4 e che, nel caso concreto, ben può ravvisarsi nella disponibilità e godimento delle parti dell'immobile lasciato libero dai vicini pag. 5 che non è ravvisabile la fattispecie della violenza privata se, come nel caso in esame, vi è stato un danno, quest'ultimo concretamente individuato e liquidato dal primo giudice,sulla base degli elementi probatori emersi al dibattimento, in Euro 8.000,00. Riguardo,infine, all'attenuante dell'articolo 62 numero 4 cod.penumero rileva che con l'atto d'appello l'attenuante era stata chiesta solo per il reato sub e , poi dichiarato prescritto, pertanto il motivo di ricorso costituisce un novum inammissibile. In definitiva i motivi di ricorso, presentano profili di assoluta genericità rispetto alla motivazione che li respinge e non assumono maggiore fondatezza oltre che per la manifesta infondatezza anche a causa della totale assenza di una rivisitazione critica delle argomentazioni svolte dalla Corte di merito. Il ricorso,pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al versamento, a favore della Cassa delle ammende. di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza numero 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 mille/00 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille, ciascuno, alla Cassa delle ammende.