Poliziotto chiede denaro a camionista per non elevare la contravvenzione: ecco i caratteri del ricorso straordinario in Cassazione

Il ricorso straordinario in Cassazione produce la rescissione della decisione definitiva di legittimità soltanto nel caso in cui venga accolto. In caso di rigetto o di inammissibilità , la decisione di legittimità impugnata resta definitiva.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 49877 dell’11 dicembre 2013. Il fatto. In primo e secondo grado, un uomo viene dichiarato colpevole del delitto di concorso in concussione per avere, abusando dei relativi poteri di assistente della Polizia Stradale svolgente servizi di controllo autoveicolare su strada, costretto un camionista olandese che risultava aver superato i limiti di velocità, a versare indebitamente a lui e al suo collega di pattuglia una somma di denaro per omettere la redazione del verbale di contravvenzione e il contestuale ritiro della patente di guida. La Cassazione rileva difetto di motivazione della sentenza d’appello nella descrizione e valutazione della condotta criminosa dell’imputato che, a suo parere, andrebbe qualificata come corruzione propria . Giudicando in sede di rinvio, la Corte d’Appello di Firenze esclude la ravvisabilità dell’ipotesi di corruzione in luogo della contestata concussione ed evidenzia il decisivo ruolo coercitivo-concussivo svolto dall’uomo. Investita nuovamente del ricorso, la Suprema Corte rigetta l’impugnazione e specifica che la seconda sentenza d’appello ha colmato le carenze di motivazione della precedente annullata sentenza di secondo grado. Esclude, peraltro, che la vicenda possa inscriversi in una dinamica di c.d. concussione ambientale. Il difensore del condannato propone, a questo punto, ricorso straordinario in Cassazione. Inquadramento della fattispecie giusto quello della Cassazione. Gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile de plano tutti i profili di censura enunciati sono stati puntualmente valutati, in particolare quelli relativi alla fattispecie concreta oggetto d’esame, non qualificabile né in termini di corruzione né di induzione indebita. La censura afferente alla mancata riqualificazione giuridica della condotta contestata non descrive alcun errore di fatto, ma sottopone a critica un presunto errore di giudizio o più precisamente, un’ipotetica erronea valutazione delle emergenze processuali, desumibili dalla impugnata sentenza di appello in cui sarebbe incorso il giudice di legittimità. Una simile lettura è incongrua perché imperniata sulla singolare tesi di una virtuale applicazione postuma retroattiva ad un rapporto processuale ormai definito con sentenza passata in giudicato di una normativa sopravvenuta alla decisione di legittimità e che, per ciò stesso, la Suprema Corte giammai avrebbe potuto prendere in considerazione, siccome inesistente al momento dell'assunta decisione reiettiva del ricorso. D'altra parte il ricorso straordinario denuncia un errore attinente ai contenuti valutativi del giudizio di legittimità. Attinente, cioè, non già a uno o più veri errori di fatto, ma a presunti errori di giudizio, in quanto tali non scrutinabili mediante lo strumento dell'art. 625 -bis c.p.p. Ricorso straordinario in Cassazione. La Corte chiarisce, da ultimo, che il ricorso previsto dall'art. 625 -bis c.p.p. è un mezzo di impugnazione straordinario assimilabile alla revisione e non un grado ordinario di giudizio che consenta un controllo nuovo e ulteriore della decisione di legittimità tale da causare, nella duplicità dei suoi momenti rescindente e rescissorio, la prosecuzione” del giudizio nella sua interezza. Il ricorso straordinario produce la rescissione della decisione definitiva di legittimità soltanto nel caso in cui venga accolto. In ogni altro caso contrario di rigetto o di inammissibilità del ricorso straordinario la decisione di legittimità impugnata ex art. 625 -bis c.p.p. rimane definitiva ai sensi dell'art. 648, comma 2 c.p.p. . Ne consegue che il ricorso deve essere respinto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, ordinanza 29 novembre – 11 dicembre 2013, n. 49877 Presidente Agrò – Relatore Paoloni Motivi della decisione 1. Con sentenza resa in data 8.4.2006, all'esito di giudizio abbreviato, il G.U.P. del Tribunale di Grosseto ha dichiarato B.G. colpevole, tra gli altri reati ascrittigli, del delitto di concorso in concussione commesso il , per avere - con abuso della qualità e dei relativi poteri di assistente della Polizia Stradale di Orbetello svolgente servizi di controllo autoveicolare su strada - costretto il camionista olandese T.W. , conducente di un autotreno che risultava dai dati del cronotachigrafo aver superato i limiti di velocità, a versare indebitamente a lui e al suo collega di pattuglia la somma di Euro 100,00 per omettere la redazione del verbale di contravvenzione con connessa sanzione pecuniaria di Euro 275,00 e contestuale ritiro della patente di guida. Con sentenza del 7.7.2009 la Corte di Appello di Firenze ha respinto l'appello dell'imputato, confermando la decisione di condanna di primo grado. Adita dal ricorso del B. avverso tale sentenza di appello, questa Corte di Cassazione Cass. Sez. 6, 17.6.2010 n. 35403 ha annullato la sentenza della Corte fiorentina, cui ha rinviato gli atti per nuovo giudizio sul contestato reato di concussione, avendo rilevato difetto di motivazione della sentenza nella descrizione e valutazione della condotta criminosa dell'imputato in rapporto ai motivi di appello enunciati dal B. imperniati sulla sussumibilità dei fatti nella fattispecie di corruzione propria ex art. 319 c.p. e, in subordine, sull'ingiustificato diniego delle attenuanti generiche . 2. Giudicando in sede di rinvio ex art. 627 c.p.p., con sentenza resa il 20.10.2011 la Corte di Appello di Firenze ha confermato in punto di responsabilità la sentenza del g.u.p. del Tribunale di Grosseto, in particolare escludendo l'eventuale ravvisabilità della ipotesi di corruzione in luogo della contestata concussione ed evidenziando il decisivo ruolo coercitivo-concussivo svolto dal B. , quale descritto dal camionista persona offesa l'imputato è il componente della pattuglia della Stradale che gli prospetta il grave danno della cospicua sanzione pecuniaria e del ritiro della patente derivanti da una formale verbalizzazione dell'accertata infrazione stradale di eccesso di velocità . La Corte territoriale ha unicamente riformato il trattamento sanzionatorio, riconoscendo all'imputato le attenuanti generiche e l'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p., per l'effetto riducendo l'inflitta pena a tre anni e quattro mesi di reclusione. Investita da nuovo ricorso per cassazione del B. , questa Corte, con sentenza emessa in data 8.11.2012, depositata il 14.3.2013 Cass. Sez. 2, n. 11887/13 , ha rigettato l'impugnazione, valutando infondata la rinnovata tesi difensiva della qualificabilità dei fatti di causa in termini di corruzione propria con conseguente intervenuta prescrizione del reato ex art. 319 c.p. . Al riguardo questa Corte ha rimarcato come l'impugnata decisione di merito seconda sentenza di appello abbia colmato le carenze di motivazione della precedente annullata sentenza di secondo grado, valorizzando i convergenti dati costituiti dalle dichiarazioni del camionista olandese e dagli univoci contenuti dell'intercettazione ambientale eseguita a bordo della vettura di servizio del B. e del coimputato subito dopo l'indebita riscossione della somma di cento Euro. Elementi probatori linearmente esposti e vagliati dalla Corte territoriale e tali - ha osservato questa Corte - da far escludere sia che il trasportatore olandese abbia assunto l'iniziativa di formulare una diretta o indiretta offerta di denaro accettata dal B. e dal coimputato, sia che la vicenda possa inscriversi in una dinamica di cd. concussione ambientale riveniente da una prassi contra ius sottesa ai controlli di polizia effettuati nei confronti di conducenti di grossi autoarticolati, dinamica quale ricomposta nei suoi profili definitori da una recente decisione di questa Corte regolatrice Cass. Sez. 6, 11.1.2011 n. 25694, De Laura, rv. 250467 Non integra la fattispecie di concussione la condotta di semplice richiesta di denaro o altre utilità da parte del pubblico ufficiale in presenza di situazioni di mera pressione ambientale, senza che questi abbia posto in essere atti di costrizione o induzione, non potendosi fare applicazione analogica della norma incriminatrice, imperniata inequivocabilmente sullo stato di soggezione della vittima provocato dalla condotta del p.u. . 3. Con tempestivo atto d'impugnazione 25.7.2013 il difensore del condannato B. ha proposto ricorso straordinario per errore di fatto avverso la descritta sentenza dell'8.5.2012 di questa S.C., adducendo i seguenti ordini di ragioni. 3.1. La Cassazione con la decisione impugnata è incorsa, nell'esame degli atti interni al giudizio, in una svista percettiva sui fatti, dimostrata dalla novella normativa in tema di reati contro la pubblica amministrazione dettata dalla legge 6.11.2012 n. 190, che ha espunto dalla fattispecie della concussione, circoscritta ai casi di esercizio di attività costrittiva del pubblico ufficiale, l'ipotesi della mera induzione indebita a dare o promettere utilità posta in essere dal pubblico ufficiale, all'uopo introducendo la nuova autonoma fattispecie di cui all'art. 319 quater c.p Uno dei più meditati criteri selettivi differenziali delle due fattispecie concussione per costrizione, induzione indebita è stato individuato dalle prime decisioni di legittimità nella natura ingiusta o non del male prospettato al privato dal pubblico ufficiale se ingiusto, integrante la concussione, quali che siano state le modalità esecutive del minacciato danno se giusto, cioè conforme all'ordinamento minaccia di adottare un atto legittimo, ma dannoso o sfavorevole per il privato , integrante la meno grave ipotesi ex art. 319 quater c.p. Cass. Sez. 6,3.12.2012 n. 3251/13, Roscia, rv. 253936-253938 Cass. Sez. 6, 25.2.2013 n. 13047, Piccinno, rv. 254466 . In tale prospettiva non vi è dubbio sulla riconducibilità della condotta del p.u. B. nell'alveo dell'art. 319 quater c.p È sfuggito, infatti, alla Corte di legittimità che ha rigettato il ricorso del B. come - a fronte dell'oggettiva elusione dei limiti di velocità del camionista controllato evenienza che questi ha ammesso - l'atto la cui adozione è stata minacciata al camionista T. redazione del verbale di infrazione al codice stradale avesse tutti i caratteri della legittimità donde la connessa attuale punibilità, sebbene limitata nella misura della sanzione, anche del privato indotto alla indebita dazione art. 319 quater co. 2 c.p. . Di tal che il camionista ha agito, corrispondendo la somma di denaro ai due agenti della Stradale, per evitare un danno non iniuria datum e, quindi, per perseguire anche un suo personale interesse non vedersi infliggere la sanzione pecuniaria e, soprattutto, non vedersi ritirare la patente di guida . 3.2. La questione scaturente dalla motivazione della sentenza di rigetto dell'8.11.2012 è, allora, quella di stabilire se l'applicazione dell'art. 319 quater c.p. costituendo i fatti di causa una ipotesi conclamata del detto reato possa essere effettuata dalla stessa Corte di Cassazione in sede di ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p., atteso che - nel caso in cui si ritenga verificata detta ultima ipotesi di reato - lo stesso sarebbe abbondantemente prescritto . Al riguardo non può sottacersi che la stessa S.C. ha ritenuto rientrare nei casi contemplati dall'art. 625 bis c.p.p. anche l'omessa applicazione della prescrizione ex art. 129 c.p.p. per errore di fatto sulla sussistenza della causa estintiva Cass. S.U., 14.7.2011 n. 37505, Corsini, rv. 250528 . 3.3. Vero è che nel caso di specie non può disquisirsi di un errore percettivo in fatto della decisione di legittimità impugnata per non avere dichiarato la prescrizione, giacché l'ipotesi di reato ex art. 317 c.p. ritenuta dalla Corte non era prescritta, mentre lo è sicuramente quella di cui all'art. 319 quater c.p. come introdotto dalla legge n. 190/2012. Giova tuttavia evidenziare che l'effettiva definitività della sentenza verrebbe a maturare anche con il decorso dei termini previsti per l'effettuazione del ricorso straordinario, sicché può arguirsi che la S.C., nell'ancora pendenza del procedimento , possa riqualificare il capo di imputazione in quello di cui all'art. 319 quater c.p. e dichiarare di conseguenza estinto il reato per intervenuta prescrizione. 3.4. Un sicuro ulteriore errore percettivo della sentenza dell'8.11.2012 è quello derivante dalla circostanza che la S.C. non si è pronunciata su un altro motivo di ricorso a suo tempo proposto. Il motivo prospettante la derubricazione del reato di concussione così come contestato in quello di corruzione. La sentenza ha affrontato il problema della non sussistenza della cd. concussione ambientale che era uno dei motivi di ricorso , ma ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di derubricazione del reato contestato in quello di corruzione, per altro anche questo prescritto. 4. Il ricorso straordinario proposto nell'interesse di B.G. va dichiarato de plano inammissibile, ai sensi dell'art. 625 bis - co. 4, prima parte - c.p.p., per indeducibilità e infondatezza manifesta delle censure mosse alla sentenza di legittimità dell'8.11.2012, che ha respinto il ricorso per cassazione del prevenuto. Inammissibilità che discende dalla impropria interpretazione dei caratteri dell'impugnazione straordinaria. 4.1. È agevole osservare, infatti, che i rilievi critici del ricorrente sono estranei all'area di inferenza dell'art. 625-bis c.p.p., non ponendo in luce alcun reale errore di fatto nell'esame della vicenda criminosa di cui è stato definitivamente riconosciuto colpevole. Tutti i profili di censura enunciati in ricorso sono stati puntualmente presi in esame e valutati dalla sentenza di questa Corte, ivi compreso il motivo con cui, evocandosi un contesto di cd. concussione ambientale da ricondursi nell'area dell'art. 319 c.p. piuttosto che in quella dell'art. 317 c.p., l'imputato ha sostenuto la tesi della ravvisabilità nella sua condotta della fattispecie della corruzione attinta da prescrizione e non già della concussione. Ipotesi alternativa che la decisione di questa Corte ha giudicato impercorribile alla stregua dell'evoluzione del rapporto instaurato dall'imputato ratione officii con il camionista olandese enunciato dalle conformi sentenze di merito sentenza Cassazione niente di tutto ciò è ravvisatile neanche in termini di fraintendimento nelle puntuali e specifiche ricostruzioni motivazionali della Corte di merito . 4.2. Né alcun errore percettivo può mai essere ravvisato nel mancato inquadramento dell'illecito contegno del ricorrente nella nuova fattispecie dell'induzione indebita ex art. 319 quater c.p. per altro non attinta da prescrizione, come erroneamente si adduce nel ricorso . La censura afferente alla mancata riqualificazione giuridica della condotta contestata al B. non descrive alcun errore di fatto, ma sottopone a critica un presunto errore di giudizio o, più precisamente, un'ipotetica erronea valutazione delle emergenze processuali, desumibili dalla impugnata sentenza di appello, in cui sarebbe incorso il giudice di legittimità. Una simile lettura è incongrua perché imperniata sulla singolare tesi di una virtuale applicazione postuma retroattiva ad un rapporto processuale ormai definito con sentenza passata in giudicato di una normativa sopravvenuta alla decisione di legittimità e che, per ciò stesso, questa S.C. giammai avrebbe potuto prendere in considerazione, siccome inesistente al momento dell'assunta decisione reiettiva del ricorso del B. . È appena il caso di osservare, infatti, che la legge 6.11.2012 n. 190, pubblicata sulla G.U. del 13.11.2012 è entrata in vigore soltanto il 28.11.2012, cioè in epoca ben successiva alla decisione 8.11.2012 gravata dall'odierno ricorso straordinario. D'altra parte il ricorso straordinario del B. propone come frutto di apparente errore percettivo su elementi di fatto il giudizio espresso da questa Corte sulla sentenza di appello oggetto dell'originario ricorso del condannato, così prefigurando un errore attinente ai contenuti valutativi del giudizio di legittimità. Attinente, cioè, non già a uno o più veri errori di fatto, ma - se mai, in tesi - a presunti errori di giudizio, in quanto tali non scrutinabili mediante lo strumento dell'art. 625-bis c.p.p., di cui si delinea una fuorviante lettura dissimulante un improponibile secondo giudizio di legittimità. 4.3. Merita aggiungere, infine, che nessun pregio può riconoscersi al non meno singolare corollario dell'anzidetta tesi difensiva del ricorrente, secondo cui la effettiva definitività delle sentenze di questa S.C. verrebbe a maturazione anche con il decorso dei termini per la proposizione del ricorso previsto dall'art. 625 bis c.p.p., determinanti una perdurante pendenza del procedimento , che nel caso di specie offrirebbe spazio all'invocata riqualificazione dell'imputazione ascritta al B. . Così non è, né potrebbe essere, perché il ricorso previsto dall'art. 625 bis c.p.p. è un mezzo di impugnazione straordinario assimilabile alla revisione e non un grado ordinario di giudizio che consenta un controllo nuovo e ulteriore della decisione di legittimità tale da causare, nella duplicità dei suoi momenti rescindente e rescissorio, la prosecuzione del giudizio o del procedimento nella sua interezza. Il ricorso straordinario produce la rescissione della decisione definitiva di legittimità soltanto nel caso in cui venga accolto. In ogni altro caso contrario di rigetto o di inammissibilità del ricorso straordinario la decisione di legittimità impugnata ex art. 625 bis c.p.p. rimane definitiva ai sensi dell'art. 648 co. 2 c.p.p. cfr. Cass. Sez. 3, 7.4.2006 n. 33872, Calzone, rv. 234878 Cass. Sez. 1, 12.7.2011 n. 33024, Costanze rv. 250815 . Con ovvia conseguente impossibilità di rilevare la prescrizione del reato o di altre cause estintive o di tener conto, nel computo del termine ex art. 157 c.p., dei periodi successivi alla pronuncia della sentenza oggetto di ricorso straordinario. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo stabilire in misura di Euro 1.000,00 mille . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.