Donna rapinata all’uscita dalla posta: violenza sulla cosa o sulla persona? Una differenza molto sottile…

Non ricorre furto con strappo se la violenza sia stata esercitata per vincere la resistenza della parte offesa giacché, in questo caso, sarebbe la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso cui si realizza la sottrazione, determinando automaticamente il refluire del fatto nello schema tipico del delitto di rapina.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 49832 dell’11 dicembre 2013. Poco dopo l’uscita dall’ufficio postale La Corte d’Appello di Bari conferma la condanna nei confronti di un uomo per rapina tentata aggravata per aver cercato di sottrarre la borsa a una donna, cagionandole lesioni. L’uomo ricorre in Cassazione, contestando la qualificazione del fatto tentativo, tramite strappo, di impossessarsi della borsa, senza riuscirvi, in quanto la cintura della stessa si era attorcigliata attorno al braccio della vittima, conseguentemente caduta in terra come rapina tentata anziché tentativo di furto con strappo art. 624 -bis c.p. , essendosi esercitata la violenza non sulla persona bensì sulla cosa, cosicché le lesioni subite dalla donna non possono essere ritenute volute dall’imputato la violenza si sarebbe estesa alla persona a causa della particolare adesione della borsa al corpo della vittima tra l’altro, l’esistenza di una cinghia escluderebbe a priori l’adesione dell’oggetto al corpo. Differenza tra furto con strappo e rapina. Secondo la giurisprudenza della Corte di legittimità è configurabile il furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene anche se, a causa della relazione fisica intercorrente tra cosa sottratta e possessore, può derivare una ripercussione indiretta e involontaria sulla vittima, mentre ricorre la rapina allorché la res è particolarmente aderente al corpo del possessore e questi, istintivamente e deliberatamente, contrasta la sottrazione, cosicché la violenza necessariamente si estende alla sua persona, dovendo l'agente vincerne la resistenza e non solo superare la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con essa. Peraltro, qualora la violenza sia esercitata simultaneamente sulla cosa e sulla persona per vincere la resistenza opposta dalla vittima e protesa a difendere o trattenere la cosa, ricorre il delitto di rapina e non quello di furto con strappo. Va, quindi, esclusa la possibilità di ravvisare la figura del furto con strappo in tutte le ipotesi in cui la violenza, comunque indirizzata , sia stata esercitata per vincere la resistenza della parte offesa, giacché in tal caso sarebbe la violenza stessa - e non lo ''strappo - a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione, determinando automaticamente il refluire del fatto nello schema tipico del delitto di rapina . Ne consegue che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto integrato il delitto di rapina tentata aggravata, in considerazione della resistenza passiva esercitata dalla vittima per il fatto che la borsa avesse ormai aderito al corpo nel mentre l’imputato si ostinava nel tentativo di strapparla via. Aggravamento di pena quando è previsto. L’art. 628, comma 3, n. 3 -quater , c.p prevede un aggravamento di pena se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro, data la maggiore gravità del fatto, sussistendo tali circostanze. Nel caso di specie, l’imputato rileva che erano trascorsi dieci minuti dal prelievo e che la vittima non si trovava nei pressi dell’ufficio postale ma in un via parallela. Questa conclusione viene disattesa dalla Corte barese, secondo la quale solo pochi minuti prima dell’aggressione la vittima aveva prelevato denaro l’applicazione dell’aggravante non può essere oggetto di discussione poiché nella descrizione della fattispecie astratta si presta esclusivamente attenzione al momento temporale e non alla collocazione spaziale non è richiesto nulla se non la stretta vicinanza, in termini di tempo, tra prelievo e aggressione. Alla luce di ciò, il ricorso deve essere respinto.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 novembre – 11 dicembre 2013, n. 49832 Presidente Cammino – Relatore Di Marzio Ritenuto in fatto Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima città in data 24 aprile 2012 di condanna di P.I. per il reato di rapina tentata aggravata per aver cercato di sottrarre la borsa alla parte offesa non riuscendo nello scopo e cagionando lesioni alla vittima. Ricorre, a mezzo di difensore, l'imputato lamentando violazione di legge in relazione dell'art. 628 comma 1 cod. pen Premesso che nel caso di specie l'imputato è stato condannato per aver tentato, tramite strappo, di impossessarsi della borsa della persona offesa senza riuscirvi giacché la cintura della borsa si era attorcigliata intorno al braccio della vittima, conseguentemente caduta in terra, si contesta la qualificazione del fatto come rapina tentata anziché tentativo di furto con strappo, rimarcando come l'imputato avesse esercitato violenza non sulla persona bensì sulla cosa cosicché le lesioni subite dalla vittima non potrebbero ritenersi volute dall'imputato. Per conseguenza, si sostiene che il fatto avrebbe dovuto essere qualificato ai sensi dell'art. 624 bis cod. pen La critica si appunta sull'argomentazione del Tribunale per cui non di furto con strappo ma di rapina si tratta quando la cosa sia particolarmente aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente, contrasta la sottrazione, così che la violenza necessariamente deve estendersi alla persona, in quanto l'agente non deve superare soltanto la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincere la resistenza di questa Cass. Sez. II, 23.11.2010, n. 41464 . Rileva infatti il ricorrente che, nel caso di specie, la violenza non si sarebbe estesa alla persona a causa della particolare adesione della borsa al corpo, bensì soltanto per un evento accidentale che ha fatto attorcigliare la cinghia al corpo della vittima osservando anche come l'esistenza di una cinghia escluderebbe a priori l'adesione dell'oggetto al corpo. In un secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo agli articoli 59 comma 2 cod. pen. e 628 comma 3 n. 3 quater cod. pen. contestando l'applicazione dell'aggravante di essere stata la rapina posta in essere ai danni di un soggetto che ha appena fruito del servizio da parte di un istituto bancario o di un ufficio postale rilevando come erano trascorsi 10 minuti dal prelievo e come la vittima non si trovasse nei pressi dell'ufficio ostale bensì in una via parallela. Con l'ultimo motivo si lamenta il giudizio sul trattamento sanzionatorio essendo stata comminata all'imputato pena superiore a quella inflitta coimputato nel medesimo delitto, il quale ha definito la propria posizione con patteggiamento. Analoghe doglianze sono svolte in ordine alle statuizioni civili avendo il giudice di merito trascurato di valutare positivamente l'offerta avanzata dall'imputato a ristoro del danno arrecato. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte di legittimità, richiamata nella sentenza impugnata e anche nel ricorso è configurabile il furto con strappo quando la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, anche se, a causa della relazione fisica intercorrente tra cosa sottratta e possessore, può derivare una ripercussione indiretta e involontaria sulla vittima, mentre ricorre la rapina allorché la res è particolarmente aderente al corpo del possessore e questi, istintivamente e deliberatamente, contrasta la sottrazione, cosicché la violenza necessariamente si estende alla sua persona, dovendo l'agente vincerne la resistenza e non solo superare la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con essa Sez. 2, Sentenza n. 34206 del 03/10/2006 Ud. dep. 12/10/2006 Rv. 234776 . Peraltro, qualora la violenza sia esercitata simultaneamente sulla cosa e sulla persona per vincere la resistenza opposta dalla vittima e protesa a difendere o trattenere la cosa, ricorre il delitto di rapina e non quello di furto con strappo Sez. 2, Sentenza n. 3972 del 12/10/1987 Ud. dep. 28/03/1988 Rv. 177978 . Va, quindi, esclusa la possibilità di ravvisare la figura del furto con strappo in tutte le ipotesi in cui la violenza, comunque indirizzata , sia stata esercitata per vincere la resistenza della parte offesa, giacché in tal caso sarebbe la violenza stessa - e non lo strappo - a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione, determinando automaticamente il refluire del fatto nello schema tipico del delitto di rapina Cass. Sez. II, 23.11.2010, n. 41464 . In questa sentenza è stato altresì precisato, con riguardo alla concretezza del fatto, che le modalità del fatto, come emerse dalla stessa denuncia della parte offesa non sono contrastanti con l'ipotesi di rapina aggravata contestata, in quanto risulta, con evidenza, che vi fu momento in cui la donna cercò di trattenere la borsa, ma la sua resistenza fu vinta dalla trazione violenta che fu adoperata, quindi, nei confronti della persona e non esclusivamente sulla cosa . Alle stesse conclusioni deve giungersi nel caso di specie, essendo stato ricostruito il fatto nel senso che dapprima l'imputato afferrò con violenza la borsa portata dalla persona offesa cercando di vincere la sua resistenza strappandola con forza in tal modo faceva cadere per terra sia la persona offesa che il di lei marito che l'accompagnava a tal punto proseguiva nel tentativo di strappare la borsa alla vittima mentre la stessa era per terra, non riuscendo nel tentativo perché la borsa si era attorcigliata al corpo della stessa. Se la prima fase dell'azione - ossia lo strappo tentato della borsa - avrebbe ancora potuto integrare il tentativo di furto aggravato, il prosieguo dell'azione - ossia lo strappo tentato della borsa nei confronti della vittima ormai caduta a terra a seguito della azione precedente - integra evidentemente il delitto di tentata rapina aggravata giacché l'imputato, tenendo la descritta condotta, ha cercato evidentemente di vincere la resistenza passiva della vittima, a cui aveva già cagionato lesioni, esercitando una ulteriore violenza sulla stessa nel pervicace tentativo di impossessarsi della borsa insistendo, va rimarcato, nell'azione di strappo benché la borsa si forse attorcigliata intorno al corpo della vittima e dunque senza preoccuparsi di arrecare ulteriori lesioni alla vittima, già ferita. In conclusione, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto integrato il delitto di rapina tentata aggravata in considerazione della resistenza passiva esercitata dalla vittima per il fatto che la borsa avesse ormai aderito al corpo nel mentre l'imputato si ostinava nel tentativo di strapparla via. Circa l'ulteriore motivo, deve rilevarsi che dell'art. 628, comma 3, n. 3 quater cod. pen. stabilisce un aggravamento di pena se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. Come esattamente rilevato dei giudici di appello, il fondamento della norma è nella maggiore gravità del fatto commesso ai danni di una persona intenta - e sorpresa - a prelevare denaro o che abbia appena effettuato il prelievo. Così si è verificato nel caso di specie, giacché soltanto pochi minuti prima dell'aggressione la vittima aveva prelevato del denaro presso un ufficio postale, allontanandosi a piedi e percorrendo una via parallela a quella in cui si trova detto ufficio. Poiché nella descrizione della fattispecie astratta si presta esclusiva attenzione al momento temporale e non alla collocazione spaziale, poiché null'altro si richiede oltre alla stretta vicinanza nei tempi tra prelievo e aggressione, come evidenza l'avverbio appena correttamente la corte di appello ha motivato a pagina 9 e s. della sentenza impugnata l'integrazione dell'aggravante in parola. Quanto al trattamento sanzionatorio deve rilevarsi che il giudice d'appello, con motivazione congrua ed esaustiva, anche previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti, è giunto a una valutazione di merito come tale insindacabile nel giudizio di legittimità, quando - come nel caso di specie - il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l'argomentare scevro da vizi logici Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794 , rilevando in particolare la sussistenza di precedenti penali, la prognosi negativa sulla personalità dell'imputato e la proporzione della pena inflitta alla gravità del fatto commesso, e l'evidente inadeguatezza della somma offerta a risarcimento del danno arrecato come si legge nella sentenza di appello alla pagina 11 . Attesa la separatezza delle posizioni e la diversità dei riti applicati manifestamente infondata è la doglianza con riguardo alla comparazione tra pena comminata al ricorrente e pena comminata al coimputato che ha ritenuto di fruire del patteggiamento. Manifestamente infondata per insuperabile genericità è infine la doglianza crea la quantificazione delle statuizioni civili, non argomentandosi alcunché nel ricorso. Ne consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.