Investe motociclista e non presta soccorso: la presenza del dolo è fuori discussione

In presenza di elementi certi e inequivocabili sintomatici di condotta dolosa, il tratto subiettivo dell’illecito è confermato oltre ogni ragionevole dubbio.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 49757 del 10 dicembre 2013. Ciclista investito. Il Tribunale di Varese afferma la penale responsabilità di un camionista che, effettuando un sorpasso, investiva un ciclista cagionandogli lesioni personali e si allontanava senza prestare soccorso. Confermata la condanna in appello, l’uomo propone ricorso. Il dolo sussiste se, nel caso concreto, non vi sono dubbi in ordine all’elemento psicologico del reato. Il camionista lamenta il fatto che i giudici di merito lo abbiano condannato solo sulla base di congetture e di argomenti presunti. La doglianza non può trovare accoglimento in quanto era stato accertato che l’incidente si era verificato su una strada rettilinea in buone condizioni di visibilità,.che i ciclisti viaggiavano in fila indiana lungo il margine destro, che la caduta era stata particolarmente rumorosa e accompagnata da uno sbandamento del camion, come riferito da un testimone. Si può notare come siano stati analizzati i segni del caso concreto, sulla base dei quali si è giunti alla conclusione che la caduta del ciclista, dovuta alla manovra compiuta, non era sfuggita all’imputato. D’altra parte le censure del ricorrente sono solo ipotetiche. Per questi motivi, il ricorso deve essere respinto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 3 – 10 dicembre 2013, n. 49757 Presidente Brusco – Relatore Blaiotta Motivi della decisione 1.11 Tribunale di Varese ha affermato la responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine ai reati di cui all'art. 189, commi 6 e 7, del Codice della strada. La sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Milano. Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito, l'imputato, alla guida di un camion, effettuava manovra di sorpasso e si portava sull'opposta semicarreggiata, investiva un ciclista cagionandogli lesioni personali indi si allontanava senza prestare soccorso. 2. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo due motivi. 2.1 Con il primo si lamenta che non si è tenuto conto del carattere doloso del reato. L'imputato ha sempre negato di essersi reso conto dell'accaduto ed ha aggiunto di essersi subito dopo regolarmente fermato ad un semaforo rosso. L'idea di potersi sottrarre ad un fatto del genere allontanandosi è d'altra parte inverosimile. La Corte d'appello oppone alla tesi difensiva argomenti presunti l'ipotizzato rumore connesso all'incidente, l’uso dello specchio retrovisore prima di rientrare nella corsia di marcia. Si tratta di congetture che non inficiano la verosimile prospettazione difensiva, trascurando tra l'altro che il retrovisore serviva per guardare la corsia di destra e non quella di sorpasso. 2.2 Con il secondo motivo si censura la mancata concessione delle attenuanti generiche, trattandosi di un incensurato autotrasportatore mai coinvolto in vicende consimili. Non è vero che non siano stati addotti elementi positivi. Si è infatti fatto cenno all'incensuratezza, alla condotta di vita pregressa, al positivo contegno processuale. 3. Il ricorso è infondato. La sentenza impugnata espone che al momento del sorpasso, nell'opposta corsia viaggiavano quattro ciclisti sul bordo della strada e che, dopo la rovinosa caduta in terra di uno di essi, il conducente del camion ometteva di fermarsi e proseguiva la marcia. La vittima veniva ricoverata presso il locale ospedale. La bicicletta presentava vari danni ed il conducente del ridetto camion veniva individuato sulla base dei dati forniti dall'autista di altro veicolo sorpassato. La pronunzia da atto della tesi difensiva dell'imputato di aver notato la presenza dei ciclisti ma di non essersi accorto della caduta di uno di essi, essendosi limitato, dopo il sorpasso a guardare nello specchietto retrovisore destro ai fini della manovra di rientro sulla corsia di marcia. La sentenza, tuttavia, considera che non vi sono dubbi in ordine all'esistenza dell'elemento psicologico del reato. L'incidente si è verificato in un tratto di strada rettilinea in buone condizioni di visibilità. L'imputato, alla guida di un'ingombrante camion notò, per sua stessa ammissione la presenza dei ciclisti che procedevano in fila indiana lungo il margine destro della loro carreggiata di marcia. La vittima è rovinata al suolo proprio nel momento in cui l'imputato stava ultimando la manovra di sorpasso e tale caduta fu accompagnata da un forte rumore, come riferito da un teste, e da un leggero sbandamento del camion. L'imputato, d'altra parte, prima di entrare nella propria corsia ha ispezionato la strada alle sue spalle guardando nello specchietto laterale destro. Tale apprezzamento appare immune da censure logiche e giuridiche si analizzano i segni del caso concreto e si giunge alla motivata conclusione che la caduta del ciclista, dovuta alla manovra compiuta, non era sfuggita all'imputato. Di qui l'individuazione di condotta dolosa configurante il tratto subiettivo dell'illecito. Il ricorrente, d'altra parte, muove obiezioni ipotetiche che finiscono col sollecitare impropriamente questa Corte ad una autonoma riconsiderazione del merito. 3.1 Quanto al trattamento sanzionatorio ed alle attenuanti generiche, la sentenza considera che la sanzione è adeguata alla gravità del fatto e che non si giustifica la concessione delle attenuanti generiche attesa l'assenza di elementi positivi da valutare. Anche qui si è in presenza di apprezzamento di merito, che esclude la presenza di circostanze significative idonee a giustificare la concessione dell'attenuante. Tale motivata valutazione non può essere qui riconsiderata, in assenza di vizi di sorta. Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.