La velocità adeguata non avrebbe evitato la collisione, ma il fatale evento sì: scatta l’omicidio colposo

In tema di reati colposi, la causalità si configura anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il danno.

Lo ha ricordato la corte di Cassazione con la sentenza n. 49401/13, depositata il 9 dicembre scorso. Il caso. Una donna perde la vita a causa dell’impatto tra 2 veicoli avvenuto nei pressi di un incrocio stradale. Scatta l’accusa - e la conseguente condanna nei 2 gradi del giudizio di merito - per l’altro automobilista 6 mesi di reclusione in relazione al reato di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Asfalto bagnato. Secondo quanto emerso nel corso del giudizio, l’imputato si era approssimato all’incrocio ad una velocità di 71,6 Km/h, superiore a quella consentita di 60 Km/h. Infatti – si osserva – se l’imputato avesse adeguatamente conformato la velocità del proprio veicolo alle particolari condizioni di tempo e di luogo, avrebbe con ragionevole e concreta verosimiglianza evitato – se non la collisione tra i veicoli – certamente le violente conseguenze dell’impatto a catena da cui ebbe a scaturire la serie causale che condusse al decesso della vittima . Una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il danno. A confermare la condanna è anche la Corte di Cassazione, la quale, richiamando l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità in merito alla ricostruzione del nesso causale, ha precisato che in tema di reati colposi, la causalità si configura, non solo quando il comportamento diligente imposto dalla norma a contenuto cautelare violata avrebbe certamente evitato l’evento antigiuridico che la stessa norma mirava a prevenire, ma anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità di scongiurare il danno . La decisione dei giudici territoriali, dunque, risulta essere immune da vizi, per questo il ricorso dell’imputato viene rigettato in toto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 7 novembre – 9 dicembre 2013, n. 49401 Presidente Brusco – Relatore Dell’Utri Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza resa in data 13.4.2012, la corte d'appello di Roma ha integralmente confermato la sentenza in data 13.4.2010 con la quale il tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia, ha condannato, tra gli altri, G.M. alla pena di sei mesi di reclusione in relazione al reato di omicidio colposo commesso, ai danni di D.A. , con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in omissis . In particolare, al G. è stata ascritta la commissione del reato de quo per aver condotto la propria autovettura a velocità eccessiva anche per il fondo stradale reso scivoloso dalla pioggia in corrispondenza dell'incrocio tra la via omissis e la via di omissis , alla cui altezza si era verificato l'incidente ad esito del quale aveva perduto la vita la D. . Avverso la sentenza d'appello, ha proposto ricorso per cassazione il G. , censurando la pronuncia della corte territoriale per vizio di motivazione, avendo la corte d'appello determinato in modo illogico e contraddittorio l'entità della velocità tenuta dall'imputato nell'occasione de qua, essendo rimasto accertato che lo stesso percorreva la strada antecedente l'incrocio in corrispondenza del quale ebbe a verificarsi il sinistro ad una velocità inferiore a quella consentita, e non essendo mai stata raggiunta alcuna certezza in ordine all'effettiva velocità tenuta dal proprio veicolo nell'immediatezza di detto incrocio. Considerato in diritto 2. - Il ricorso è infondato. Con motivazione logicamente coerente e congruamente argomentata, la corte territoriale ha evidenziato come l'odierno imputato, in occasione dei fatti posti a oggetto dell'odierno procedimento, si fosse approssimato, all'incrocio in corrispondenza del quale ebbe a verificarsi l'impatto tra i veicoli che condusse al decesso della D. , ad una velocità 71,6 Km/h superiore a quella consentita in loco 60 Km/h , conseguentemente specificando come, là dove lo stesso imputato avesse adeguatamente conformato la velocità del proprio veicolo alle particolari condizioni di tempo e di luogo caratterizzate da piovosità e dalla presenza di asfalto bagnato in prossimità di un incrocio , lo stesso avrebbe con ragionevole e concreta verosimiglianza evitato - se non la collisione tra i veicoli - certamente le violente conseguenze dell'impatto a catena da cui ebbe a scaturire la serie causale che condusse al decesso della vittima. Lo stesso giudice d'appello ha inoltre dato conto dell'attendibilità dell'accertamento tecnico condotto al fine di procedere alla ricostruzione della velocità tenuta dai veicoli, evidenziandone il fondamento nella congiunta valutazione delle circostanze costituite dalla posizione finale dei mezzi, dai danni riportati dagli stessi, dalle relative deformazioni subite, dall'applicazione delle leggi della cinetica e dalle dichiarazioni rese dagli stessi conducenti. Sul punto - ferma l'accertata violazione, da parte dell'imputato, della norma cautelare riguardante i limiti di velocità - è appena il caso di richiamare, sul piano della ricostruzione del nesso casuale, l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità ai sensi del quale, in tema di reati colposi, la causalità si configura, non solo quando il comportamento diligente imposto dalla norma a contenuto cautelare violata avrebbe certamente evitato l'evento antigiuridico che la stessa norma mirava a prevenire, ma anche quando una condotta appropriata avrebbe avuto significative probabilità come nel caso di specie di scongiurare il danno cfr. Cass., Sez. 4, n. 19512/2008, Rv. 240172 , secondo un criterio di elevata credibilità razionale. La motivazione cosi complessivamente compendiata dalla corte territoriale deve ritenersi del tutto immune da vizi d’indole logica o giuridica e adeguatamente argomentata, sì da sfuggire integralmente alle censure contro la stessa rivolte dall’odierno ricorrente. P.Q.M. la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.