Parcheggia le bici e occupa la strada: c’è connessione con la morte del motociclista?

Deve ritenersi correttamente escluso ogni profilo di colpa in capo all’imputato che ha parcheggiato le biciclette sulla sede stradale sotto il marciapiede, impedendo, così, al motociclista, rimasto vittima nell’impatto con alcuni ostacoli fissi presenti sul luogo, di effettuare un’efficace manovra di emergenza. Ciò, in quanto, è stato accertato che sul luogo non esisteva alcun divieto di sosta o altre limitazioni, sicché la sosta era consentita a qualsiasi tipo di veicolo.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 49093, depositata il 6 dicembre 2013. Il caso. Un imputato era stato assolto, perché il fatto non sussiste, dal delitto di omicidio colposo - aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale -, per la morte di un motociclista. Contro tale sentenza, il difensore di fiducia e procuratore speciale della parte civile costituita ha proposto ricorso per cassazione. Nell’interesse dell’imputato, è stata depositata una memoria difensiva con la quale è stata eccepita l’inammissibilità del ricorso, per essere stato presentato da difensore privo di procura speciale. Mandato alle liti. La Suprema Corte ha considerato manifestamente infondata quest’ultima eccezione in ordine alla pretesa carenza di procura speciale in capo alla parte civile ricorrente. Infatti, gli Ermellini hanno rilevato che, nel caso di specie, è stata rilasciata all’avvocato una procura speciale per il giudizio di primo grado, in calce alla costituzione di parte civile dinanzi al GIP, al fine di rappresentare e difendere la parte civile in ogni fase e grado processuale. Pertanto, deve ritenersi validamente attribuito già allora il potere d’impugnazione , in conformità alla pronuncia delle Sezioni Unite, secondo cui è legittimato a proporre appello il difensore della parte civile munito di procura speciale anche se non contenente espresso riferimento al potere di interporre il detto gravame . Nel caso in questione, è stata rilasciata anche una seconda procura speciale in occasione dell’impugnazione della sentenza di primo grado specificatamente resa a tal fine, ma per Piazza Cavour, questa seconda procura non vale a revocare quella precedentemente conferita, di carattere generale e onnicomprensivo, che anzi, sostanzialmente ribadisce, rafforzandola, l’interpretazione della manifestazione della volontà della parte di attribuzione del detto potere d’impugnazione . Non spetta alla Corte di Cassazione rivalutare” Per quanto concerne il merito, il ricorso è stato ritenuto inammissibile anche nel resto, essendo le censure manifestamente infondate e non consentite in sede di legittimità. Secondo l’imputazione, l’imputato aveva esposto alcune biciclette, senza autorizzazione, sulla sede stradale sotto il marciapiede antistante il negozio, occupando parte della carreggiata e così impedendo al motociclista, rimasto vittima nel caso in esame, di effettuare un’efficace manovra di emergenza per evitare l’impatto contro ostacoli fissi presenti sul luogo. A tal proposito, il Collegio ha chiarito che la norma di cui all’art. 20 C.d.S. occupazione della sede stradale , richiamata in relazione alle biciclette di proprietà dell’imputato, non concerne la disciplina della circolazione stradale, essendo solo volta a regolamentare l’occupazione degli spazi pubblici. Inoltre, il S.C. ha avallato la motivazione di merito sul fatto che nessuna responsabilità potesse ascriversi all’imputato. Ciò, in quanto, come evidenziato dalla Corte di legittimità, quand’anche le biciclette fossero state parcheggiate sulla carreggiata e la loro presenza avesse impedito al motociclista una manovra che, in assenza di velocipedi, egli avrebbe potuto compiere era stato accertato che sul luogo non esisteva alcun divieto di sosta o altre limitazioni, sicché la sosta era consentita a qualsiasi tipo di veicolo anche di ingombro maggiore delle biciclette e conseguentemente non era ravvisabile alcuna connessione tra l’occupazione della sede stradale con le biciclette e l’evento verificatosi . Alla luce di ciò, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 22 ottobre - 6 dicembre 2013, n. 49093 Presidente Brusco – Relatore Massafra Ritenuto in fatto Ricorre per cassazione il difensore di fiducia e procuratore speciale di M.G G. , parte civile costituita, avverso la sentenza emessa in data 5.12.2012 dalla Corte di Appello di Roma che confermava quella in data 16.2.2011 del Tribunale di Roma con cui P.B. era stato assolto dal delitto di cui all'art. 589 c.p., aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, in danno di G.G G. , perché il fatto non sussiste. Secondo l'imputazione, il P. , per colpa consistita nell'occupare abusivamente parte utile della carreggiata stradale, in violazione all'art. 20 del C.d.S., creando così una situazione di pericolo alla circolazione stradale, impediva a G.G.G. costretto ad allargarsi a sinistra a seguito della condotta di guida di L.C. minorenne, per il quale si procedeva separatamente di avere spazio sufficiente per poter iniziare un'efficace manovra di emergenza della moto da lui condotta che, pertanto, urtava con violenza contro ostacoli fissi presenti sui luoghi, provocandone la morte fatto del omissis . Il ricorrente deduce il vizio motivazionale in ordine alla tesi della Corte territoriale secondo cui non poteva affermarsi che le biciclette fossero sulla sede stradale, contestando le varie argomentazioni del Giudice di Appello e la mancata valutazione di talune circostanze fattuali. È stata depositata una memoria difensiva nell'interesse di P.B. , con la quale è stata eccepita l'inammissibilità del ricorso per essere stato presentato da difensore privo di procura speciale. Considerato in diritto È manifestamente infondata l'eccezione sollevata dalla difesa del P. in ordine alla pretesa carenza di procura speciale in capo alla parte civile ricorrente. Nel caso di specie è stata rilasciata una procura speciale per il giudizio di primo grado, in calce alla costituzione di parte civile dinanzi al G.i.p., da G.M.G. all'Avv. Gianmarco Cesari, per rappresentarlo e difenderlo in ogni fase e grado processuale, sicché deve ritenersi validamente attribuito già allora il potere d'impugnazione in conformità alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 44712 del 27.10.2004, Rv. 229179 secondo cui È legittimato a proporre appello il difensore della parte civile munito di procura speciale mandato alle liti anche se non contenente espresso riferimento al potere di interporre il detto gravame, posto che la presunzione di efficacia della procura per un solo grado del processo , stabilita dall'art. 100 comma 3 cod. proc. pen., può essere vinta dalla manifestazione di volontà della parte -desumibile dalla interpretazione del mandato - di attribuire anche un siffatto potere . In conformità di tale autorevole orientamento che pure è richiamato nella parte motiva della pronunzia della quinta Sezione – n. 42660/2010, Rv. 349337 - citata sia nella memoria difensiva sia dal P.G., la quale riporta una locuzione contenuta nella procura che non fa alcun riferimento ai successivi gradi di giudizio , dal quale questo Collegio non ritiene di discostarsi, è stato ulteriormente affermato che in tema di impugnazione della parte civile, la presunzione di efficacia della procura speciale soltanto per un determinato grado del processo, stabilita dall'art. 100, comma terzo, cod. proc. pen., può essere superata da una volontà diversa espressa nell'atto. In motivazione, la S.C. ha affermato che la manifestazione di tale volontà sussiste nel caso di richiamo globale ad ogni grado di giudizio , mentre deve essere esclusa nel caso di procura contenente il semplice riferimento ad ogni facoltà di legge , riferimento che, in assenza di ulteriori specificazioni, deve essere riportato al solo grado di giudizio in cui il conferimento è stato operato Cass. pen. Sez. V, n. 33369 del 25.6.2008, Rv. 241392 . È vero che è stata rilasciata anche una seconda procura speciale in occasione dell'impugnazione della sentenza di primo grado specificatamente tesa a tal fine, ma non si ritiene che questa seconda procura valga a revocare quella precedentemente conferita, di carattere generale e omnicomprensivo, che, anzi, sostanzialmente ribadisce, rafforzandola, l'interpretazione della manifestazione della volontà della parte di attribuzione del detto potere d'impugnazione. Venendo al merito, il ricorso è inammissibile anche nel resto essendo le censure mosse manifestamente infondate e non consentite nella presente sede. Va premesso che la norma di cui all'art. 20 C.d.S., richiamata in relazione alle biciclette di proprietà del P. che, secondo l'imputazione, le aveva esposte senza autorizzazione sulla sede stradale sotto il marciapiede antistante il negozio, occupando parte della carreggiata e così impedendo al motociclista di effettuare un'efficace manovra di emergenza per evitare l'impatto, non concerne la disciplina della circolazione stradale, essendo solo volta a regolamentare l'occupazione degli spazi pubblici. E la Corte territoriale, con congrua motivazione esente da vizi logici o giuridici, ha convenuto con il giudice di primo grado laddove ha escluso che fosse rimasta provata, con sufficiente certezza, la predetta circostanza del posizionamento delle biciclette sulla sede stradale, specie in considerazione della puntuale deposizione del teste oculare S. giungendo alla conclusione, sulla scorta di stringenti argomentazioni logiche e dati fattuali desunti dagli atti, che nessuna responsabilità potesse ascriversi all'imputato P. . Infatti, quand'anche le biciclette fossero state parcheggiate sulla carreggiata e la loro presenza avesse impedito al G. una manovra che, in assenza di velocipedi, egli avrebbe potuto compiere era stato accertato come da note della Sezione di P.G. dei Carabinieri e della Polizia Municipale di Roma che sul luogo non insisteva alcun divieto di sosta o altre limitazioni, sicché la sosta era consentita a qualsiasi tipo di veicolo anche di ingombro maggiore delle biciclette e conseguentemente non era ravvisabile alcuna connessione tra l'occupazione della sede stradale con le biciclette e l'evento verificatosi. In definitiva, deve ritenersi correttamente escluso qualsivoglia profilo di colpa in capo al P. . Sul punto, peraltro, va rammentato che, anche alla luce del nuovo testo dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Ma in ogni caso non spetta alla Corte di cassazione rivalutare il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché, attraverso la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi Cass. pen., sez. IV, 12.2.2008, n. 15556 . Peraltro, il vizio motivazionale deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no veicolato , senza travisamenti, all'interno della decisione Cass. pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424 ma ciò peraltro vale nell'ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado e non già in quella di doppia pronunzia conforme, come nel caso di specie. Per non dire che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia -valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente - è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti, come nel caso di specie, da adeguata motivazione v. ex pluribus, Cass. pen., Sez. IV, 17.10.2007, n. 43403 rv. 238321 Sez. IV, 1.7.2009, n. 37838, rv. 245294 . Ma le censure addotte dal ricorrente attinenti alla responsabilità del sinistro mirano appunto ad una improponibile rivalutazione della prova e si risolvono in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza, come sopra rilevato, ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei suoi contenuti. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma non al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende, attese le peculiarità della vicenda. Si ravvisano giusti motivi, in conseguenza delle ragioni del rigetto dell'eccezione preliminare concernente la procura speciale, oggetto di continue diatribe giuridiche, per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di lite relative a questo giudizio. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Compensa le spese tra le parti.