L’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata non può essere presunta

La preclusione di cui all’art. 4 bis , u.c. ord. pen. presuppone che l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata sia accertata in concreto e che possa, cioè, predicarsi sulla base di specifici elementi sintomatici una perdurante e qualificata pericolosità del detenuto, capace di giustificare, a prescindere dalla entità della pena da scontare e dalla natura o gravità del reato commesso purché si tratti di delitto doloso , la sua sottrazione sia alle misure alternative che ai benfici penitenziari premiali.

Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli respingeva il reclamo presentato da un condannato per associazione di tipo mafioso avverso la decisione del Magistrato di Sorveglianza di respingere la richiesta da quello formulata in merito alla concessione in suo favore del beneficio della liberazione anticipata con riferimento a due semestri di detenzione espiati nel 2006 e nel 2012. In particolare, il Tribunale riteneva non accoglibile, ai sensi dell’art. 4 bis , u.c. l. n. 354/1975, la richiesta del reo in quanto lo stesso avrebbe mantenuto, durante il periodo di detenzione, collegamenti attuali con la criminalità organizzata, non avendo, inoltre, mai collaborato con la giustizia. Il condannato ricorreva in Cassazione avverso la decisione del Tribunale di Sorveglianza adducendo l’illegittimità dell’ordinanza negatoria del beneficio penitenziario per violazione di legge art. 4 bis ord. pen. e per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Secondo la difesa il Tribunale avrebbe basato il proprio convincimento semplicemente sul contenuto di alcune informative dei Carabinieri e di una comunicazione della Direzione Distrettuale Antimafia senza sottoporre le stesse ad un’approfondita valutazione e senza indicare le specifiche circostanze di fatto da cui far discendere l’attuale collegamento del detenuto con la criminalità organizzata. Nel medesimo ricorso il reo evidenziava come la circostanza per cui egli stesso fosse stato raggiunto in carcere da un’ordinanza di custodia cautelare per i delitti di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso art. 7, l. n. 203/1991 non avrebbe potuto rilevare in alcun modo nel giudizio de quo , essendo la stessa riferita a fatti precedenti la detenzione. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. Il collegamento con la criminalità organizzata va accertato in concreto. La Prima Sezione Penale della Suprema Corte accoglie in toto i rilievi critici mossi all’ordinanza impugnata. I giudici di legittimità ricordano, in primis , il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui, in materia di divieto di concessione delle misure alternative alla detenzione e dei benefici penitenziari ex art. 4 bis , u.c. ord. pen., l’accertamento dell’attuale collegamento del detenuto con la criminalità organizzata necessita della presenza di concreti elementi sintomatici del perdurante sodalizio criminale. Ciò a prescindere dalla gravità del reato per il quale il reo è stato condannato e dall’entità della pena da espiare. Ne deriva, secondo il Supremo Collegio, che neanche le valutazioni espresse dal Procuratore Distrettuale o Nazionale Antimafia in merito alla suddetta attualità di collegamenti possiedono efficacia vincolante per la decisione del Giudice Magistrato o Tribunale di Sorveglianza, necessitando anche queste un riscontro oggettivo nei fatti. Nella vicenda oggetto del ricorso, al contrario, il Tribunale ha semplicemente fatto riferimento, nel motivare il diniego al reclamo del detenuto, ai predetti documenti, valorizzando il loro contenuto senza porre a base del proprio convincimento nessun altro elemento fattuale che corroborasse quanto ivi affermato in particolare rispetto alla ‘irriducibilità’ del reo . Inoltre, lo stesso Tribunale non ha tenuto in debito conto che i fatti per cui il ricorrente era sottoposto a detenzione in carcere risalivano ad un periodo anteriore al marzo del 2006, periodo dal quale, quindi, era trascorso un apprezzabile lasso di tempo. Tale circostanza, secondo la Corte, avrebbe dovuto comportare un approfondimento istruttorio, che, invece, non vi è stato. No alle presunzioni. Il Tribunale, infatti, sempre secondo le motivazioni della sentenza in commento, avrebbe posto in essere un ragionamento di tipo presuntivo, omettendo del tutto di verificare gli approdi di tale ragionamento. Ne sono derivate, pertanto, l’insufficienza e la coerenza della motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, a cui la Corte di Cassazione ha dovuto porre rimedio attraverso l’accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 ottobre – 5 dicembre 2013, n. 48890 Presidente Giordano – Relatore Cavallo Ritenuto in fatto 1. P.C. , ricorre per cassazione, per il tramite del suo difensore, avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, con la quale era stato respinto dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli il reclamo da lui proposto avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di liberazione anticipata con riferimento ai semestri di detenzione espiati dal 18 febbraio 2004 al 18 dicembre 2006 e dal 5 aprile 2011 al 5 aprile 2012 deliberato dal Magistrato di sorveglianza della sede, che aveva ritenuto ostassero alla concessione del beneficio, secondo quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, l'attualità di collegamenti del prevenuto con la criminalità organizzata e la mancata collaborazione della giustizia. 1.1 Si deduce in particolare nel ricorso, che la decisione impugnata è illegittima per violazione di legge art. 4 bis Ord. Pen. e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, avendo il tribunale fondato la propria decisione, sostanzialmente, sul contenuto di informative di polizia dei Carabinieri di Ercolano e di una comunicazione della DDA, senza sottoporre le stesse ad accurata valutazione critica e, quel che più rileva, senza indicare le specifiche circostanze di fatto da cui dedurre l'attualità, in costanza di detenzione, dei collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata. 1.2 In particolare, la circostanza espressamente evocata nel provvedimento impugnato, che il P. è stato attinto da ordinanza cautelare in carcere per i reati di cui all'art. 416 bis e 629 cod. pen. aggravati ex art. 7 legge n. 203/1991, non può assumere, ad avviso del ricorrente, decisiva rilevanza nel presente giudizio, riferendosi tali imputazioni a fatti antecedenti alla restrizione. 1.3 Il Tribunale, quindi, in assenza di concreti elementi tratti da altre fonti, in base ai quali affermare l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, del tutto incongruamente aveva negato la concessione del beneficio pur riconoscendo la sussistenza del necessario requisito della regolare condotta intramuraria. Considerato in diritto 1. L'impugnazione proposta nell'interesse del P. , nei termini di seguito precisati, è fondata e merita quindi accoglimento. 1.1 Secondo principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte cfr. Sez. 1, 13/1/94, ric. Ricciardi, rv. 196392, e più di recente, Sez. 1, Sentenza n. 4195 del 09/01/2009, dep. 29/01/2009, imp. Calcagnile, Rv. 242843 la preclusione istituita dall'art. 4 bis ord. pen., u.c. presuppone che l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata sia accertata in concreto e che possa, cioè, predicarsi sulla base di specifici elementi sintomatici una perdurante e qualificata pericolosità del detenuto, capace di giustificare - a prescindere dalla entità della pena da scontare e dalla natura o gravità del reato commesso, purché si tratti di delitto doloso - la sua sottrazione sia alle misure alternative che ai benefici penitenziari premiali. Sicché neppure quella espressa dal Procuratore nazionale o distrettuale antimafia, che pure deve fondarsi su dettagliati elementi, è valutazione vincolante per il giudice, che deve sottoporla a controllo sia per quanto attiene l'apprezzamento dei dati fattuali esposti, sia, a maggior ragione, per quel che concerne il giudizio di attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata”. Nel caso in esame il Tribunale di sorveglianza, pur dichiarando formalmente di condividere tali principi, li ha poi di fatto disattesi, allorquando, ha affermato, genericamente, che nell'informativa della DDA il P. è definito un irriducibile senza però esplicitare le concrete ragioni di tale definizione, al di là della annotazione della già accertata sua pregressa partecipazione, sia pure con ruolo apicale, ad un'associazione per delinquere di tipo mafioso e dell'adesione a tale sodalizio anche di suoi congiunti. In particolare, il provvedimento impugnato, come già precisato, fornisce indicazioni soltanto in merito alle fonti su cui il tribunale ha basato il proprio giudizio circa l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, ma non già relativamente agli elementi fattuali da cui emergerebbe tale dato lacuna motivazionale tanto più rilevante, ove si consideri, che per quanto è dato desumere in proposito dal testo del provvedimento, sia le summenzionate informative e l'ordinanza cautelare emessa nei confronti del P. che la sentenza di condanna in esecuzione, riferiscono, essenzialmente, di una accertata partecipazione del ricorrente ad un sodalizio di tipo mafioso dedito al traffico stupefacente, che risale ad un periodo certamente anteriore al marzo 2006, data di deliberazione della sentenza di secondo grado. Il Tribunale ha fatto insomma ricorso a valutazioni apodittiche ovvero di tipo presuntivo e ha omesso di verificare le conclusioni cui è pervenuto tramite siffatto procedimento induttivo alla luce dei risultati obiettivi tratti dall'osservazione del comportamento del ricorrente. È dunque venuto meno all'obbligo di fornire adeguata e coerente giustificazione delle ragioni per le quali ha ritenuto che effettivamente sussisteva la condizione ostativa indicata dalla L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, comma 3 bis. 2. Il provvedimento impugnato va di conseguenza annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Napoli, che procederà a nuovo esame attenendosi ai principi precedentemente enunciati. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Napoli.