Quando le dichiarazioni del minore sono determinanti per la responsabilità penale del reo?

Sebbene le dichiarazioni del minore persona offesa di un reato debbano sottostare alle regole generali in materia di testimonianza, soprattutto in materia di reati sessuali, si rende necessaria, da un lato, un’attenta verifica della natura disinteressata e della coerenza intrinseca del narrato, rapportata all’età, alla memorizzazione degli avvenimenti e alla capacità di riferirne in maniera coerente e compiuta e, dall’altra, un’analisi del complesso delle situazioni che attingono la sfera interiore del minore, il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare ed i processi di rielaborazione delle vicende vissute.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 48090 del 3 dicembre 2013. Il caso. L’imputato veniva condannato in primo ed in secondo grado per il reato di cui all’art. 609 quater c.p. per avere indotto un bambino di sette anni, a lui affidato nel doposcuola, a compiere e subire atti sessuali. Il bambino aveva riferito, dopo tempo, di tali circostanze alla madre, dopo che la stessa, avendolo visto particolarmente pensieroso, preoccupata, lo aveva spinto a parlare. Avverso tali fatti e tale persona, tuttavia, la madre del minore non aveva proposto querela fino a quando non era stata arrestata per l’omicidio ed il tentato omicidio dei familiari dell’uomo. Nel ricorso dell’imputato si lamentavano quattro motivi di censura. Più specificamente si deduceva erronea applicazione dell’art. 192 c.p.p. nonché mancanza ed illogicità della motivazione per non avere la Corte di merito tenuto conto dei principi giurisprudenziali in materia di valutazione delle dichiarazioni dei minori per non avere preso in considerazione i rilievi contenuti nell’atto di appello circa la inattendibilità della testimonianza del bimbo per non avere motivato in ordine al contenuto della perizia medica in atti, contraddetta dagli accertamenti effettuati dalla psicologa ausiliaria del perito per non avere inoltre motivato sui rilievi difensivi relativi alle dichiarazioni rese dalle maestre della scuola del minore che avevano evidenziato come il minore non avesse mai manifestato turbamento o disagio di alcun genere. La Corte ritiene fondato il ricorso. La testimonianza del minore. La pronuncia in argomento, infatti, affronta in maniera chiara ed inequivocabile l’argomento della valutazione delle dichiarazioni del minore vittima o presunta vittima di abusi sessuali. In particolare, sebbene, ribadisca la necessità che tali dichiarazioni, in via generale, soggiacciano alle regole generali in materia di testimonianza, ed in particolare di testimonianza resa dalla persona offesa dal reato che, da sole, possono essere ritenute fonte di prova del reato medesimo, tuttavia, afferma anche che le propalazioni del minore vadano analizzate con maggiore rigore. In particolare, richiamando la propria giurisprudenza Cass. 4 ottobre 2007, Bagalà , precisa che, proprio in considerazione delle complesse implicazioni che la materia di reati sessuali a danno dei minori comporta, si deve valutare, prima di tutto, la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto di tutte le situazioni interne ed esterne che costituiscono il contesto in cui vive. Tra l’altro, si evidenzia come anche l’età del minore sia determinante sul punto, stante che quanto più il bambino è piccolo, tanto più è limitata la sua capacità di vigilanza e di elaborazione cognitiva. In tal senso, sebbene anche un bimbo in tenera età possa fornire una dichiarazione dettagliata e precisa, di contro è imprescindibile uno studio di tutto il contesto sociale e familiare in cui lo stesso vive. Le modalità di ascolto. Il racconto del minore può essere, tuttavia, inficiato da condizionamenti esterni ed è proprio per questo che lo stesso codice di rito prevede all’art. 498, comma, 4 c.p.p. un particolare tipo di esame del minore che esclude la possibilità di sottoporgli domande che possano nuocere alla sincerità delle risposte o domande suggestive L'esame testimoniale del minorenne è condotto dal presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti. Nell'esame il presidente può avvalersi dell'ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile. Il presidente, sentite le parti, se ritiene che l'esame diretto del minore non possa nuocere alla serenità del teste, dispone con ordinanza che la deposizione prosegua nelle forme previste dai commi precedenti. L'ordinanza può essere revocata nel corso dell'esame . In particolare, al fine di tutelare la personalità del minore e la sua serenità sono previste modalità di ascolto protette” che, in presenza di reati sessuali, sono addirittura incrementate, laddove si preveda la possibilità, ad esempio, che lo stesso venga sentito dietro un vetro specchio. Protezione e garanzia del minore. La Corte, nella ricostruzione dell’istituto, richiama anche le linee guida fornite dalla Carta di Noto del 9 giugno 1996 sulla audizione del minore e sulla protezione psicologica dello stesso che, sebbene non vincolanti, in qualche modo, tuttavia, danno spunti e suggerimenti in materia. Genuinità delle dichiarazioni? Una valutazione necessaria. In costanza del principio di integrazione delle due sentenze di primo e secondo grado conformi, si deve ritenere, che nel caso di specie, proprio l’avere ritenuto la sentenza di primo grado che non potesse escludersi che le domande della madre potessero essere state in qualche modo suggestive, la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare con severità e attenzione la correttezza delle modalità con cui la donna aveva acquisito le prime confidenze del bambino nonché il comportamento successivo della stessa che, quantomeno in maniera sospetta, aveva omesso di denunciare i fatti, facendosi giustizia da sé e rivelando tali circostanze solamente al momento del proprio arresto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 novembre - 3 dicembre 2013, numero 48090 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4.4.2012 la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Lecce, emessa in data 22.1.2010, con la quale C.L. era stato condannato alla pena di anni dieci di reclusione per il reato di cui agli artt. 81, 609 quater, 609 ter ult.co. c.p. ascritto. Richiamava la Corte territoriale, innanzitutto, la ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza di primo grado, secondo cui la vicenda aveva tratto origine dalle confidenze fatte alla madre dal minore B.E. . La genitrice, D.S. , riferiva che, essendo impegnata in attività lavorativa, aveva deciso di portare il figlio E. , che all'epoca frequentava la seconda elementare, presso i coniugi C. - P. per il dopo scuola. Un giorno, mentre si trovava a discutere con dei parenti in ordine all'opportunità di far trascorrere molte ore ad un bambino in compagnia di persone anziane, E. che si trovava in una stanza a fianco, aveva chiesto se stavano litigando per lui o per il professore. Quando i parenti erano andati via, la D. aveva notato il figlio pensieroso, per cui aveva ripetutamente chiesto cosa avesse alla fine il bambino si era deciso a raccontare che il C. lo portava nella stanza da letto e, dopo essersi spogliato ed averlo spogliato, lo costringeva a toccarlo, accarezzarlo e baciarlo il C. faceva la stessa cosa con lui . Tanto premesso, riteneva la Corte territoriale che i motivi di appello fossero destituiti di fondamento. La piena capacità a testimoniare del minore, sentito in incidente probatorio, emergeva dalla perizia del dott. D.G.S. , il quale aveva evidenziato la capacità di analisi, di critica e di giudizio di E. . Le dichiarazioni da lui rese erano poi, come già ampiamente evidenziato dai primi giudici, pienamente attendibili e non era certo inficiate da presunte suggestioni etero indotte. Le stesse modalità delle rivelazioni attestavano che non vi era stata alcuna pressione o induzione che potesse influenzare la genuinità del racconto. Peraltro l'indagine peritale aveva escluso l'esistenza di patologie idonee ad incidere sulla suggestionabilità del minore. Le medesime considerazioni valevano anche per l'esame condotto dal GIP e da uno psicologo infantile in sede di incidente probatorio come emergeva dalla deposizione resa il minore non si era mostrato suggestionabile . I rilievi difensivi in proposito derivavano da una lettura parziale della testimonianza, di cui erano riportati soltanto degli stralci. La mancata tempestiva denuncia da parte dei genitori del minore era stata poi, in modo convincente, spiegata con lo sconvolgimento determinato da quelle rivelazioni e dalla preoccupazione per il minore. Né le dichiarazioni in ordine agli abusi sessuali subiti dal figlio, rese dalla D. in sede di interrogatorio per la convalida del suo arresto per l'omicidio di P.I. e per il tentato omicidio del P. , potevano ritenersi un espediente difensivo, dal momento che le medesimi dichiarazioni erano state rese nell'immediatezza dell'arresto. Dalle altre testimonianze acquisite, ed in particolare quelle dei genitori di alcuni bambini che frequentavano lo stesso doposcuola della P. , emergeva che vi erano le condizioni perché le attenzioni dell'uomo si concentrassero su E. . Irrilevante era la circostanza che sul computer rinvenuto nell'abitazione dell'imputato non fosse stato trovato materiale pedopornografico. Infine, non potevano essere concesse le circostanze attenuanti generiche per la oggettiva gravità dei fatti, commessi in danno di un bambino di sette anni in un contesto di affidamento fiduciario e per la personalità dell'imputato dalle testimonianze assunte emergeva che il C. già in precedenza aveva posto in essere attenzioni sessuali nei confronti di ragazzi che frequentavano la sua scuola di sartoria . 2. Ricorre per cassazione C.L. , a mezzo dei difensori, denunciando, con il primo motivo la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonché l'inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 192 c.p.p La Corte territoriale, contrariamente a quanto affermato in premessa, ha completamente trascurato le recenti linee guida elaborate dalla giurisprudenza di legittimità per la valutazione delle dichiarazioni dei minori. La motivazione è carente ed illogica, in particolare, in ordine al possibile condizionamento del minore, avendo la Corte territoriale omesso di prendere in considerazione i rilievi contenuti nell'atto di appello quanto ai punti critici della testimonianza del minore medesimo. Perfino il Tribunale aveva affermato che non poteva escludersi che da parte della D. fossero state poste al figlio domande ai limiti della suggestionabilità, che la gestione della vicenda non era stata improntata a correttezza metodologica e che anche in sede di incidente probatorio erano state poste domande al limite della suggestione. La Corte territoriale, ignorando le affermazioni del Tribunale ed i rilievi contenuti nell'appello, ha ritenuto che tutto fosse avvenuto in base a sostanziale correttezza ed ha confutato le censure specifiche attraverso mere congetture o apparenti ed apodittiche giustificazioni. Né è esatto che la difesa abbia offerto una lettura soltanto parziale della testimonianza del minore è sufficiente leggere in proposito le pagine 5,6 e 7 dell'appello . Con il secondo motivo denuncia la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione al contenuto della perizia del dott. D.G.S. . Le conclusioni del predetto in ordine alla piena attendibilità del minore sono contraddette dagli accertamenti psicodiagnostici della dr.ssa Z.S. , psicologa ausiliaria del perito, come evidenziato nell'atto di appello. Anche sul punto la Corte territoriale ha ritenuto insussistente il segnalato contrasto con motivazione carente ed approssimativa. Con il terzo motivo denuncia la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine ai rilievi difensivi circa la valutazione delle testimonianze delle maestre della scuola del minore, di alcuni genitori di bambini che frequentavano il doposcuola della moglie del C. e della consulenza sul materiale informatico sequestrato. La difesa aveva segnalato nell'impugnazione la circostanza rilevante, come emergeva dalle testimonianze delle insegnanti, che il minore, senza mai mostrare alcun disagio o turbamento, avesse improvvisamente deciso di raccontare gli abusi subiti, ed il fatto che nei confronti degli altri bambini che frequentavano il dopo scuola non vi era stato alcun abuso. La Corte territoriale non ha argomentato sul punto o travisando i rilievi difensivi o ritenendoli irrilevanti. Le medesime considerazioni valgono per la consulenza e per i bigliettini prodotti, che attestavano l'affettuosità del minore nei confronti della famiglia dell'imputato. Con il quarto motivo, infine, denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale trascurato lo stato di incensuratezza dell'imputato e fatto riferimento, per negare il beneficio, al dato oggettivo del fatto commesso in danno di un bambino di sette anni che integra già la circostanza aggravante di cui all'articolo 609 ter ultimo comma c.p. . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2. È opportuno ricordare che, come affermato ripetutamente da questa Corte cfr. Cass.penumero sez.3 numero 29612 del 5.5.2010 le dichiarazioni della persona offesa possono essere assunte anche da sole come fonte di prova ove sottoposte ad un vaglio positivo di credibilità oggettiva e soggettiva ex plurimis Cass., sez. 4, 21 giugno 2005, Poggi . Si è anche precisato come tale controllo, considerato l'interesse di cui la persona offesa è naturalmente portatrice ed al fine di escludere che ciò possa comportare una qualsiasi interferenza sulla genuinità della deposizione testimoniale, debba essere condotto con la necessaria cautela, attraverso un esame particolarmente rigoroso e penetrante, che tenga conto anche degli altri elementi eventualmente emergenti dagli atti Cass., sez. 3, 26 settembre 2006, Gentile . Tali principi trovano applicazione ancor più stretta allorché la persona offesa sia un minore ed i fatti narrati possano interagire con gli aspetti più intimi della sua personalità adolescenziale o, come nel caso di specie, infantile, sì da accentuare il rischio di suggestioni, di reazioni emotive, di comportamenti di compiacenza o autoprotettivi . Ed infatti - ancorché non esistano nel sistema processuale preclusioni o limiti generali alla capacità del minore di rendere testimonianza Cass., sez. 3, 6 maggio - 8 luglio 2008, numero 27742 - si impone tuttavia una particolare cautela nello scandagliare il vissuto del bambino e la sua capacità rielaborativa Cass., sez. 3, 3 luglio 1997, Ruggeri . In altre parole, la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore che sia parte offesa di un delitto di tipo sessuale - proprio in considerazione delle assai complesse implicazioni che siffatta materia comporta di ordine etico, culturale ed affettivo e delle quali non è facile stabilire l'incidenza in concreto-presuppone un esame della sua credibilità in senso omnicomprensivo, valutando la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto di tutte le situazioni interne ed esterne la sua attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, tenuto conto della capacità del minore di recepire le informazioni, di ricordarle e raccordarle nonché, sul piano esterno, le condizioni emozionali che modulano i suoi rapporti con il mondo esterno la qualità e la natura delle dinamiche familiari i processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni Cass., sez. 3, 4 ottobre 2007, Bagalà . È indubbio, peraltro, che quanto più il bambino è piccolo, tanto più limitata è la sua capacità di vigilanza e di elaborazione cognitiva ciò che impone una attenzione ancor maggiore nella valutazione delle sue dichiarazioni. C'è sì la astratta capacità di un bambino, anche piccolo, di rendere una testimonianza utile e precisa ma resta ferma l'esigenza imprescindibile di inquadrare la sua deposizione in un più ampio contesto sociale, familiare e ambientale, che abbracci la sua complessiva formazione ed evoluzione sui limiti di rilevabilità dei condizionamenti familiari del minore abusato v. Cass., sez. 3, 4 ottobre - 21 novembre 2007, numero 42984 . Più volte questa Corte Cass., sez. 3, 26 settembre - 29 ottobre 2007, numero 39994 ha affermato che la valutazione del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa minorenne, oltre a non sfuggire alle regole generali in materia di testimonianza, in relazione alla attenta verifica della natura disinteressata e della coerenza intrinseca del narrato, richiede la necessità di accertare, da un lato, la capacità a deporre, ovvero l'attitudine psichica, rapportata all'età, a memorizzare gli avvenimenti e a riferirne in modo coerente e compiuto, e, dall'altro, il complesso delle situazioni che attingono la sfera interiore del minore, il contesto delle relazioni con l'ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute. È vero, che il minore in tenera età non può riferire ciò che non sa, ma è altrettanto vero che i concetti di spazio e di tempo sono per lui estremamente limitati e non si può quindi pretendere una narrazione logica in ogni sua parte. Cfr. Cass., sez. 3, 23 maggio - 21 settembre 2007, numero 35224, secondo cui è manifestamente illogico che un bambino possa inventarsi completamente fatti che esulano del tutto dalla sua esperienza anche fantastica però - ha precisato Cass. sez. 3, 4 ottobre 2007 - 21 novembre 2007, numero 42984 - occorre pur sempre un ancoraggio radicale ad una realtà fattuale nella cui evocazione non emergano stridenti contraddizioni. Solo un siffatto esame complessivo, una volta accertata la capacità del minore di comprendere e riferire i fatti, può consentire di escludere l'intervento di fattori inquinanti idonei ad inficiare la sua credibilità e di valutare correttamente il contenuto intrinseco delle sue dichiarazioni, sotto il profilo della loro reiterazione e coerenza, precisione, spontaneità e logicità. Cfr. Cass., sez. 3, 7 novembre 2006 - 7 febbraio 2007, numero 5003, secondo cui la valutazione del contenuto delle dichiarazioni della persona offesa minorenne deve contenere un esame sia dell'attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo esatto, ovvero di recepire le informazioni, raccordarle con altre e di esprimerle in una visione complessiva, sia della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne che hanno regolato le sue relazioni con il mondo esterno . Questa Corte Cass., sez. 3, 18 settembre 2007, Scancarello ha affermato che l'assunto secondo il quale i bambini piccoli non mentono consapevolmente e la loro fantasia attinge pur sempre ad un patrimonio conoscitivo deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi possono essere dichiaranti attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni eteroindotte interrogati con domande inducenti, tendono a conformarsi alle aspettative dello interlocutore. Necessita, quindi, che le dichiarazioni dei bambini siano valutate dai giudici con la necessaria neutralità ed il dovuto rigore e con l'opportuno aiuto delle scienze che hanno rilievo in materia pedagogia, psicologia, sessuologia l'esame critico deve essere particolarmente pregnante in presenza di dichiarazioni de relato Cass., sez. 3, 29 novembre 2006 - 8 marzo 2007, numero 9801 Cass., sez. 3A, 3 aprile - 16 maggio 2008, numero 19729 per l'utilizzabilità delle deposizioni de relato aventi ad oggetto le dichiarazioni rese dal minore vittima di reati sessuali cfr. anche, più recentemente, Cass., sez. 3, 11 giugno 2009 - 24 luglio 2009, numero 30964 . 3. Particolare attenzione va, in particolare, riservata alle prime rivelazioni del minore ed alle modalità in cui esse sono avvenute. Non a caso sono previste dal codice di rito disposizioni che differenziano l'esame del minore dalle deposizioni testimoniali in genere. Ed infatti l'articolo 498 c.p.p., comma 4, esclude per i testi minorenni l'esame diretto e il controesame condotto dalle parti c.d. esame incrociato o cross examination , al fine evidente di tutelare la personalità del minore e di garantire la serenità della sua deposizione. Il medesimo articolo 498 c.p.p., al successivo comma 4 bis prevede poi che, su richiesta di una parte o se il presidente lo ritiene necessario, l'esame del testimone minorenne possa svolgersi secondo le modalità protette indicate per l'incidente probatorio nell'articolo 398 c.p.c., comma 5 bis, e cioè presso strutture specializzate di assistenza, o, in mancanza, presso l'abitazione del minore, e con la documentazione fonografica o audiovisiva, o in mancanza con le forme della perizia o della consulenza tecnica. Ed inoltre l'articolo 498, al comma 4 ter contempla che per determinati reati a sfondo sessuale l'esame del minore vittima del reato, su richiesta sua o del suo difensore, venga effettuato mediante l'uso di un vetro specchio unitamente a un impianto citofonico. Sempre con riferimento ai reati sessuali l'articolo 609 decies c.p., comma 2, prevede che l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dall'Autorità giudiziaria che procede Cass., sez. 3, 16 aprile - 14 maggio 2009, numero 20252 per l'assistenza in sede di deposizione testimoniale del minore v. Cass., sez. 3, 28 settembre - 21 novembre 2005, numero 41676 assistenza peraltro non obbligatoria Cass., sez. 3, 25 marzo - 20 maggio 2003, numero 22066 .Inoltre, stante la particolare vulnerabilità psichica dei minori, a maggior ragione valgono anche per le loro deposizioni testimoniali il divieto di domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte articolo 499 c.p.p., comma 2 e il divieto di domande suggestive che tendono a suggerire le risposte articolo 499 c.p.p., comma 3 v. Cass., sez. 3, 13 febbraio - 03 aprile 2008, numero 13981 .Sulle particolari cautele per l'assunzione della prova testimoniale del minore cfr. Cass., sez. 3, 30 settembre - 11 novembre 2009, numero 42899. A ciò si aggiunge che, al fine di garantire la genuinità della testimonianza di minorenni, possono essere adottate le misure suggerite nella carta di Noto del 9 giugno 1996, aggiornata il 7 luglio 2002, la quale, pur non avendo valore cogente, raccoglie le linee guida per l'indagine e l'esame psicologico del minore. Cfr. Cass., sez. 4, 8 giugno 2006, secondo cui non può essere considerata sufficiente la consulenza della psicologa incaricata dell'analisi delle dichiarazioni del minore quando tale consulenza non abbia rispettato quelli che notoriamente sono i criteri di audizione dei minori abusati secondo la c.d. Carta di Noto criteri che si risolvono in validi suggerimenti diretti a garantire l'attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso Cass., sez. 3, 10 aprile 2008, Gruden , ancorché non tali da comportare, nel caso di inosservanza di dette prescrizioni, la nullità dell'esame testimoniale. Le richiamate norme processuali attestano le particolari cautele previste dal legislatore per l'esame del minore, vittima di abuso sessuale, proprio per garantirne l'attendibilità. E, tenendo presenti i criteri ispiratori non potendosi ovviamente applicare siffatte disposizioni processuali, le modalità anomale delle prime rivelazioni effettuate dal minore al di fuori del processo non possono non incidere sulla loro genuinità e sulle successive dichiarazioni. Le prime rivelazioni, come più volte sottolineato da questa Corte, assumono, invero, importanza decisiva e, per un effetto di trascinamento , condizionano quelle successivamente rese cfr. di recente Cass.penumero sez. 3 numero 8057 del 6.12.2012 . 3.1. Il Tribunale, pur dando atto che il colloquio condotto dalla D. con il figlio si era svolto, nei limiti del possibile, in maniera corretta , aveva però riconosciuto che non poteva escludersi che nel contesto di quel drammatico colloquio ci siano state domande ai limiti della suggestionabilità da parte della D. . pag. 15-17 sent. Trib. . Con i motivi di appello si evidenziava che, come emergeva dal controesame della D. , le modalità con cui la donna aveva sentito il bambino risultavano tutt'altro che spontanee e genuine, tanto che lo stesso Tribunale aveva finito sostanzialmente per riconoscere che il racconto del bambino era in gran parte frutto della suggestione indotta quest'ultima pag. 9 mot.app. . E si aggiungeva, censurando sul punto specificamente le vantazioni dei primi giudici, che non era consentito escludere che il racconto del piccolo E. sia frutto di fantasia o suggestione da alcuni particolari riferiti dal bambino pag.10 app. . 3.2. Non c'è dubbio che in caso di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Allorché, quindi, le due sentenze concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo cfr. ex multis Cass.sez. 1 numero 8868 del 26.6.2000-Sangiorgi cfr. anche Cass.sez.unumero numero 6682 del 4.2.1992 Cass.sez.2 numero 11220 del 13.1.1997 Cass.sez.6 numero 23248 del 7.2.2003 Cass.sez.6 numero 11878 del 20.1.2003 . È altrettanto pacifico, però, che sussiste il vizio di motivazione, sindacabile ai sensi dell'articolo 606 comma primo lett. e cod. proc. penumero , quando il giudice del gravame si limiti a respingere i motivi di impugnazione specificamente proposti dall'appellante e a richiamare la contestata motivazione del giudice di primo grado in termini apodittici o meramente ripetitivi cfr. ex multis Cass. Sez. 6 numero 35346 del 12.6.2008 . In motivazione si precisa che se l'appellante si limita alla mera riproposizione di questioni di fatto già adeguatamente esaminate e risolte dal primo giudice oppure di questioni generiche, superflue o palesemente inconsistenti, il giudice dell'impugnazione ben può motivare per relationem e trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati. Quando, invece, le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state specificamente censurate dall'appellante sussiste il vizio di motivazione, sindacabile ex articolo 606 comma 1 lett. e c.p.p., se il giudice del gravame si limita a respingere tali censure e a richiamare la contestata motivazione in termini apodittici o meramente ripetitivi senza farsi carico di argomentare sulla fallacia i inadeguatezza o non consistenza del motivi di impugnazione , così anche Cass. Sez. 6 numero 4221 del 20.4.2005 . Il Giudice di appello, quindi, nella ipotesi in cui l'imputato, con precise considerazioni, svolga specifiche censure su uno o più punti della prima pronuncia, non può limitarsi a richiamarla, ma deve rispondere alle singole doglianze prospettate. In caso contrario, viene meno la funzione del doppio grado di giurisdizione ed è privo di ogni concreto contenuto il secondo controllo giurisdizionale cfr. Cass.penumero Sez. 3 numero 24252 del 13.5.2010 . 3.3.La Corte territoriale ha, sbrigativamente, superato ogni rilievo sul punto, ribadendo la sostanziale correttezza delle modalità con cui la madre, D.S. , ha acquisito le prime confidenze del bambino , stante la gradualità dell'approccio pag.3-4 sent.app. . Non si è preoccupata, infatti, di accertare se il bambino sia stato lasciato libero di raccontare e se le domande a lui rivolte pur se in modo progressivo siano state inducenti. Né si è preoccupata di accertare il clima sereno o meno in cui si era svolto l'esame e l'atteggiamento avuto dalla madre in presenza del turbamento manifestato dal bambino. Eppure un'analisi approfondita si imponeva maggiormente proprio in ragione degli accadimenti precedenti e successivi alle rivelazioni del bambino. Nella sentenza di primo, richiamata dalla Corte territoriale, si dava atto che, durante il pranzo, tutti i parenti si erano mostrati contrari alla decisione della D. di far trascorrere l'intero pomeriggio con degli anziani, invece di fargli frequentare ambienti diversi, tipo palestre e piscine, ed avevano anzi messo in risalto l'eccentricità del C. , persona che si faceva chiamare da tutti il professore e che vestiva sempre in maniera curata e pieno di oggetti in oro pag.7 sent. Trib. . Da un lato, quindi, la D. si sentiva in un certo senso colpevolizzata e, dall'altro, la rappresentazione della personalità del C. non era stata certamente positiva. I Giudici di merito anche sul punto hanno omesso ogni indagine al fine di accertare se la conversazione avvenuta durante il pranzo potesse aver influenzato la serenità del contesto in cui erano poi avvenute le rivelazioni del bambino. E, neppure, hanno tenuto conto del comportamento successivo della madre che aveva omesso di denunciare i fatti e si era fatta giustizia da sé attentando alla vita dei coniugi C. - P. . Nonostante i rilievi specifici contenuti nell'atto di appello, la Corte territoriale ha ritenuto giustificate le ragioni addotte in ordine all'omessa denuncia pag.7 ed escluso che il racconto degli abusi sessuali subiti dal figlio costituisse un espediente per rendere in qualche modo giustificabile il proprio comportamento delittuoso pag.8 sent. . A parte l'illogicità dell'affermazione anche se quelle dichiarazioni erano state rese già al momento dell'arresto, erano comunque successive al fatto delittuoso , occorreva valutare se il comportamento della D. , che aveva posto in essere un grave fatto di sangue non certo rivelatore di razionalità, freddezza e serenità , potesse indurre a ritenere che l'approccio avuto dalla donna di fronte al percepito turbamento del bambino fosse stato improntato a serenità e prudenza. 4. Mentre in ordine alla capacità a testimoniare del minore ed ai segnalati contrasti tra le conclusioni del perito e quelle della dr.ssa Z. ed in relazione all’assenza di evidenti suggestioni” nel corso dell’esame del minore in sede di incidente probatorio, la Corte territoriale ha argomentato in modo pertinente ed adeguato rispettivamente, pag. 8, 5 e 6 sent. , in relazione, invece, ai rilievi contenuti nell’atto di appello quanto alle acquisizioni probatorie che contrastavano l’ipotesi accusatoria e, in particolare, deposizioni delle maestre di scuola – pag. 12 mot.app., testimonianze genitori di alcuni compagni della parte offesa – pag. 13 mot. app., consulenza tecnica sul materiale informatico – pag. 14 mot. app., bigliettini redatti dal piccolo E. - pag. 14 mot. app.,la motivazione o è apparente oppure travisa le deduzioni difensive pag. 9 sent. . 5. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce. I Giudici del rinvio, pur potendo pervenire alle medesime conclusioni della sentenza annullata, motiveranno adeguatamente in ordine alle sopraindicate censure contenute nei motivi di appello ed in particolare in ordine alle modalità in cui si verificarono le prime rivelazioni. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce.