Affitta appartamento a prostituta senza permesso di soggiorno: confermata la condanna per favoreggiamento

Se il ricorso si basa su una versione alternativa dei fatti oggetto d’esame non è valutabile in sede di legittimità.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 47808 del 2 dicembre 2013. Il fatto. La Corte d’Appello di Ancona, in riforma della sentenza di primo grado, condanna una donna per favoreggiamento della prostituzione di due donne consentendo loro di prostituirsi nell’appartamento a lei in uso. La donna propone ricorso per cassazione, lamentando vizio motivazionale della sentenza che si baserebbe su affermazioni indimostrate, ovvero che l’imputata sapesse che la locataria era priva di permesso di soggiorno e, quindi, non avrebbe potuto stipulare il relativo contratto e che abbia preso in locazione l’appartamento. Il ricorrente, per ottenere una diversa deliberazione, deve indicare specifiche défaillances motivazionali. La ricorrente ha denunciato un vizio motivazionale ma, in realtà, propone un motivo di ricorso di carattere fattuale, basato su questioni relative alla sufficienza o meno degli elementi probatori che hanno fondato la decisione di merito , non evidenziando neppure contraddittorietà o incongruità della sentenza impugnata. Un ragionamento di questo genere è scorretto, perché, se si mira a una decisione di riforma, occorre evidenziare specifiche défaillances motivazionali, non orientando la censura direttamente sul fatto e sulle prove a suo sostegno. Infatti, una versione alternativa della vicenda non è valutabile in sede di legittimità. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 ottobre – 2 dicembre 2013, numero 47808 Presidente Fiale – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 gennaio 2012 la Corte d'appello di Ancona, a seguito di appello proposto da S.D.O.A.C. avverso sentenza del 24 settembre 2003 con cui il Tribunale di Fermo l'aveva assolta perché il fatto non sussiste dal reato di cui agli articoli 3 e 4 numero 7 l. 75/1958 per favoreggiamento della prostituzione di due donne consentendo loro di prostituirsi nell'appartamento a lei in uso , in riforma della sentenza di primo grado, la dichiarava colpevole del reato, esclusa l'aggravante di cui all'articolo 4 numero 7 l. 75/1958, condannandola alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 200 di multa. 2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo due motivi. Il primo denuncia vizio motivazionale la corte territoriale ha affermato che una delle due prostitute, G.D.S.S. , era priva del permesso di soggiorno onde la S. , stipulando la locazione nell'appartamento - cosa che la G. non avrebbe potuto fare -, ha tenuto un comportamento indubbiamente agevolativo della prostituzione della G. . Così la sentenza si baserebbe su due affermazioni indimostrate, ovvero che l'imputata sapesse che la G. era priva di permesso di soggiorno e che l'imputata abbia preso in locazione l'appartamento. Anche se si ritenessero provate tali circostanze, non vi sarebbe favoreggiamento poiché la clandestina non avrebbe avuto nessuna difficoltà ad affittare in nero un alloggio per prostituirvisi. Il secondo motivo denuncia violazione dell'articolo 157 c.p. per omessa declaratoria dell'estinzione per prescrizione del reato, avendo la corte escluso l'aggravante di cui all'articolo 4 numero 7 l. 75/1958 il reato è punito con la reclusione da due a sei anni e quindi il termine è spirato al 22 marzo 2011. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. Il primo motivo viene presentato come vizio motivazionale, ma in realtà si pone sul piano fattuale, poiché lamenta, in sostanza, la carenza di prove su tre elementi la conoscenza da parte dell'imputata della mancanza di permesso di soggiorno di una delle due prostitute nei cui confronti ha posto in essere il favoreggiamento, la stipulazione da parte dell'imputata del contratto di locazione dell'appartamento, l'impossibilità della prostituta clandestina di affittare in nero quale presupposto dell'effettivo favoreggiamento tramite la condotta di collegamento con il proprietario dell'appartamento. Si tratta, appunto, di questioni di fatto relative alla sufficienza o meno degli elementi probatori che hanno fondato la decisione di merito, non avendo d'altronde la ricorrente neppure evidenziato argomentazioni affette da contraddittorietà o incongruità rinvenibili nella motivazione della sentenza impugnata. La corte, comunque, ha fornito una, seppure concisa, adeguata motivazione della condanna, confutando in modo specifico come esige la giurisprudenza di legittimità nel caso di riforma di sentenza di assoluzione ex multis Cass. sez. VI, 29 aprile 2009 numero 22120 e Cass. sez. V, 5 maggio 2008 numero 35762 il percorso decisionale del primo giudice al contrario, il ricorrente, che nel caso di riforma come quello in esame ha l'obbligo di indicare specificamente i passaggi argomentativi della prima sentenza non confutati e al contrario decisivi al fine di una diversa deliberazione Cass. sez. VI, 14 aprile 2011 numero 18081 , come già si è evidenziato non ha identificato defaillances motivazionali, orientando la sua censura direttamente sul fatto e sul suo riflesso nel compendio probatorio, per offrire una versione alternativa della vicenda non valutabile in sede di legittimità. Parimenti privo di consistenza è poi il secondo motivo, poiché dagli atti risulta che il reato è stato commesso sino al 23 settembre 2003, per cui la prescrizione, secondo la disciplina applicabile, anteriore alla I. 251/2005, non si era ancora maturata quando fu pronunciata la sentenza d'appello, che risulta dunque non essere incorsa in violazione di legge al riguardo. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, il che impedisce, non consentendo il formarsi di un valido rapporto processuale di impugnazione, di valutare la presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129 c.p.p., inclusa l'estinzione del reato per prescrizione S.U. 22 novembre 2000 numero 32, De Luca e v. pure S.U. 11 novembre 1994 - 11 febbraio 1995 numero 21, Cresci S.U. 3 novembre 1998 numero 11493, Verga S.U. 22 giugno 2005 numero 23428, Bracale Cass. sez. III, 10 novembre 2009 numero 42839, Imperato Franca , con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.