Caso clinico ambiguo? Nessuna colpa lieve se il medico non va a fondo

È stata proprio la mancanza di doverosi approfondimenti clinici ad impedire al paziente di fruire di trattamenti efficaci nessuna colpa lieve del medico.

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 47904, depositata il 2 dicembre 2013. La fattispecie. Una donna, medico di pronto soccorso, veniva condannata in ordine al reato di omicidio colposo in danno di un paziente e, inoltre, veniva condannata al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili. In particolare, l’imputata, in presenza di sintomatologia sospetta e di esame elettrocardiografico che evidenziava anomalie ventricolari indicative di possibile sofferenza ischemica, invece di disporre il ricovero e li approfondimenti del caso, dimetteva il paziente che decedeva per infarto alcuni giorni dopo. Anche la Cassazione ha confermato la condanna, escludendo il caso di colpa lieve. Colpa lieve del medico? Inutile, infatti, la difesa dell’imputata, che aveva affermato la configurabilità della colpa lieve, trattandosi di caso clinico assai sfumato ed ambiguo a causa della giovane età della vittima, dell’assunzione di cortisone, del quadro sintomatico, della distanza di diversi giorni dalla data della visita e quella dell’evento letale, che depone per l’inesistenza di infarto all’epoca dell’intervento terapeutico dell’imputata . Sono mancati i doverosi approfondimenti clinici. Gli Ermellini, al contrario, hanno ritenuto che la mancanza di doverosi approfondimenti clinici ha impedito al paziente di fruire di trattamenti efficaci. Tali omissioni – conclude la S.C. - pongono la condotta terapeutica fuori dalle linee guida in ordine al percorso diagnostico e terapeutico per casi del genere di quello in esame . Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 7 novembre – 2 dicembre 2013, n. 47904 Presidente Brusco – Relatore Blaiotta Motivi della decisione 1. A seguito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Taranto ha affermato la responsabilità dell'imputato, in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo in danno di L.C. e la ha altresì condannata al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili. La sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Lecce. Secondo l'ipotesi accusatoria l'imputata, medico di pronto soccorso, in presenza di sintomatologia sospetta e di esame elettrocardiografico che evidenziava anomalie ventricolari indicative di possibile sofferenza ischemica, invece di disporre il ricovero e gli approfondimenti del caso, dimetteva il paziente che decedeva per infarto alcuni giorni dopo. 2. Ricorre per cassazione l'imputata deducendo diversi motivi. 2.1 Con il primo motivo si espone che la relazione della perizia disposta in appello non è stata depositata nel termine prescritto ma in ritardo, solo 10 giorni prima dell'udienza, con conseguente pregiudizio del diritto di difesa ed in violazione dell'art. 231 cod. proc. pen. Si è così impedito di redigere tempestivamente una consulenza, difettando il tempo occorrente. Si è conseguentemente determinata nullità che colpisce la sentenza, basata proprio sulla detta perizia. 2.2 Con il secondo motivo si deduce che la pronunzia non ha distinto tra errore diagnostico ed errore nel monitoraggio del caso clinico e non ha neppure tenuto conto della legge n. 189 del 2012 che esclude la responsabilità in caso di colpa lieve. Nel caso di specie si tratterebbe comunque di colpa lieve, trattandosi di caso clinico assai sfumato ed ambiguo a causa della giovane età della vittima, dell'assunzione di cortisone, del quadro sintomatico, della distanza di diversi giorni tra la data della visita e quella dell'evento letale, che depone per l'inesistenza di infarto all'epoca dell'intervento terapeutico dell'imputata. 3. Il ricorso è infondato. 3.1 La sentenza impugnata da atto, che essendo mutata ripetutamente la composizione del collegio giudicante, gli adempimenti afferenti alla perizia disposta in appello sono stati reiterati più volte. Si aggiunge che da ultimo, nell'udienza del 21 novembre 2011, fatti propri i precedenti provvedimenti, si è dato corso all'esame del perito e, a richiesta dalla difesa, è stato concesso alla stessa un termine per lo studio di tale esame. La stessa difesa aveva sin dall'inizio nominato proprio consulente. Nel corso del dibattimento la Corte di merito ha ritenuto che il ritardo di soli alcuni giorni nella redazione della relazione peritale scritta è privo di alcun rilievo, posto che tale ritardo riguarda la formazione del documento scritto e non lo svolgimento delle indagini peritali. Si è quindi escluso che esistesse alcuna nullità o che vi fosse necessità di disporre la sostituzione del perito. Tale enunciazione è del tutto corretta. Invero l'indagine peritale è atto incentrato sull'esame dibattimentale dell'esperto mentre la relazione scritta costituisce solo un ausilio eventuale e non cruciale. E d'altra parte il deposito del documento ha avuto comunque luogo prima dell'udienza nella quale è stato escusso il perito, in presenza del difensore cui è stato concesso pure un differimento per lo studio dell'atto istruttorio. Nessun pregiudizio vi è stato, pertanto, nell'esercizio del diritto di difesa. 3.2 Nel merito si afferma che l'imputata avrebbe dovuto disporre ulteriori accertamenti senza dimettere il paziente. Infatti, come evidenziato nelle perizia, si era in presenza di tracciato elettroencefalografia atipico, che poteva ritenersi possibile prodromo di diverse patologie cardiache, considerato che vi era concomitante sintomatologia algica. In tale situazione sarebbe stato richiesto il monitoraggio seriale del tracciato encefalo-grafico, nonché il monitoraggio dei marcatori di necrosi miocardica. Tale approfondimento avrebbe potuto pure avvalersi della consulenza cardiologica. Si da pure atto che l'esame autoptico ha rilevato oltre alla necrosi ventricolare letale, pregressi insulti ischemia verificatisi nei giorni precedenti che spiegano la sintomatologia riferita dalla vittima. La mancanza di tali doverosi approfondimenti ha impedito al paziente di fruire di trattamenti efficaci. Tali omissioni pongono la condotta terapeutica fuori dalle linee guida in ordine al percorso diagnostico e terapeutico per casi del genere di quello in esame. Tale valutazione appare immune da censure. La sentenza da un canto, sulla base delle valutazioni degli esperti, riconduce con certezza la condizione del paziente ad una patologia ischemica in atto e dall'altro considera che la condotta della terapeuta si colloca fuori dalle regole dell'arte e dalle linee guida, posto che, in presenza della indicata significativa situazione d'allarme deducibile sia dalla sintomatologia che dall'elettrocardiogramma, sono stati omessi i doverosi approfondimenti diagnostici articolati in una duplice direzione. Tale situazione da luogo chiaramente al profilo di colpa contestato e d'altra parte, essendosi esplicitamente enunciato che la condotta del medico fuoriesce dalle linee guida, non vi è spazio per l'applicazione della novella normativa invocata che consente l'esonero da responsabilità nei casi di colpa lieve solo quando, appunto, l'approccio terapeutico si collochi all’interno dell’accreditato sapere scientifico enunciato nella linee guida. Non vi sono motivi sulla causalità. Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.