La Cassazione dichiara guerra all’avvocato astenutosi per l’agitazione di categoria

Nessuna rimessione in termini per le decadenze già maturate o per le eccezioni non tempestivamente prodotte, nessun privilegio prescrizionale ex art. 159 c.p. I giudici ignorano l’espresso riconoscimento sindacale dell’OUA, ex art. 39 della nuova legge professionale.

Il fatto è di scuola. Titolari d’azienda emettevano fatture a soggetti diversi dai reali prestatori di servizi, fino a superare le soglie della rilevanza penale in punto di imposta evasa sul valore aggiunto. Contestata la dichiarazione fraudolenta ex art. 2, d.lgs. n. 74/2000. Si giunge a condanna, plurimi i vizi della sentenza contestati dagli imputati, sia in ordine ad alcuni aspetti sostanziali dell’imputazione – la mancata integrazione dei requisiti dell’associazione a delinquere ex art. 416 c.p., la mancata sussistenza di una dichiarazione fraudolenta ai fini IVA nel caso di sola operazione soggettivamente inesistente ma oggettivamente reale -, sia in ordine ad alcuni profili processuali – la nullità dei motivi aggiunti in appello e la rilevanza processuale dell’astensione del legale per l’agitazione di categoria -. In una lunga ma ordinata sentenza, la Cassazione, Terza sezione Penale, n. 47471 depositata il 29 novembre 2013, offre un’articolata soluzione giurisprudenziale, annullando con rinvio per la sola ragione della mancata indicazione di quelle fatture nelle dichiarazioni ai fini IVA. Nessuno sconto al legale astenutosi per l’agitazione di categoria. Nonostante la rilevanza sindacale riconosciuta all’OUA – di cui anche all’art. 39 della recente legge professionale n. 247/2012 – la Cassazione, ormai in più occasioni, non ha offerto generosi spazi alle garanzie processuali del difensore astenutosi per l’agitazione sindacale proclamata. In primis – come sancito dalla Cassazione n. 46388/2013 – non viene concesso un binario prescrizionale privilegiato ex art. 159, primo comma, n. 3, c.p. – non s’ha una sospensione massima di sessanta giorni del termine a prescrivere, anche in caso di rinvii dell’udienza a più lungo termine -. Inoltre, il legale non viene rimesso in termini quando il giorno dell’udienza in cui era assente costituiva termine ultim o per la proposizione di una eccezione di nullità – in specie, l’udienza per l’appello era stata fissata ad un termine minore dei venti giorni dalla notifica al difensore ex art. 601 c.p.p., il vizio costituiva nullità a regime intermedio , reclamabile subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti ex art. 491 c.p.p. -. Per ultimo, l’astensione del legale non impedisce la dichiarazione di contumacia per l’imputato assistito dal difensore nominato ex art. 97, quarto comma, c.p.p. in sostituzione dell’avvocato fiduciario, nonché il seguente rinvio ad altra udienza. nemmeno per i termini di proposizione dei motivi nuovi in appello. Ancora, in caso di rinvio della prima udienza d’appello, la cui citazione era stata ritualmente notificata al difensore fiduciario – poi astenutosi -, il termine ad quem ex art. 585, quarto comma, c.p.p. per la proposizione di nuovi motivi in appello – quindici giorni prima dell’udienza -, decorre dalla prima data e non da quella di rinvio. La bussola per l’esercizio della facoltà della proposizione dei motivi aggiunti è dunque costituita dall’udienza per prima regolarmente notificata . Anche nel caso in cui si sia stato disposto il rinvio per ragioni di adesione del legale all’agitazione di categoria. Ovviamente, l’inammissibilità dei motivi nuovi sancita dal giudice dell’appello non impedisce la reviviscenza di quei vizi di nullità o di inutilizzabilità per la prima volta giudizialmente avanzati in sede di motivi aggiunti, quando la rilevabilità è ammessa d’ufficio in ogni stato e grado del processo – nel caso, il difetto era autorizzatorio delle intercettazioni telefoniche di cui alle investigazioni -. Costituisce dichiarazione fraudolenta ai fini IVA ex art. 2, d.lgs. n. 74/2000 l’operazione fiscale solo soggettivamente inesistente. In caso di IVA, costituisce un fatto fiscalmente evasivo anche la semplice diversità – c.d. inesistenza soggettiva - fra il soggetto che ha effettuato la prestazione e quello realmente indicato in fattura, pur in presenza di costi concretamente sostenuti e di oggettiva esistenza dell’operazione. Di fatti, il sistema ex artt. 17 e 18, D.P.R. n. 633/1972 prevede la detraibilità per i soli costi sostenuti nei confronti del reale prestatore d’opera, consentendo l’indebito recupero dell’IVA versata. In caso di imposte sul reddito invece, la frode si annida nella sola prestazione oggettivamente irreale , ossia quando è inesistente l’esborso indicato in fattura e tuttavia fiscalmente contabilizzato, a nulla rilevando la diversità fra chi ha realizzato la prestazione e chi è stato indicato nel documento fiscale. Segue Irrilevante la più favorevole disciplina fiscale speciale. L’art. 8, d.l. n. 16/2012, imporrebbe, per la difesa, l’estensione generale del principio della deducibilità dei costi e delle spese esposte in fattura nei confronti di soggetti inesistenti , quando prevede la indeducibilità dei costi derivanti per il compimento di atti o attività qualificabili come delitti non colposi , per le quali il Pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale. La Cassazione nega alla norma speciale l’estrapolabilità di un valore generale per l’accertamento tributario. A sostegno della soluzione giudiziale ulteriori argomenti sistematici, la previsione si applica alle sole imposte dirette – D.P.R. n. 917/1986 – e non a quelle indirette e non tocca i principi di separazione fra accertamento tributario e penale – cui la norma speciale non fa alcun espresso riferimento -. La limitata estensione applicativa della norma ne impedisce la vigenza oltre i già angusti reticolati tributari suoi propri.

Corte di Cassazione, sez. II I Penale, sentenza 14 - 29 novembre 2013, n. 47 471 Presidente Teresi – Relatore Andreazza