Fa da “scorta” di malviventi intenti ad ottenere una somma per la liberazione di ostaggi: contributo minimo o no?

Il ruolo di copertura” in una vicenda di sequestro di persona – stante la delicatezza del ruolo e del rapporto fiduciario tra i concorrenti – non è minimale, indifferente o infungibile rispetto alla serie causale produttiva dell’evento.

Non può dunque invocarsi l’attenuante dell’art. 114 c.p. se non quando la condotta del reo abbia inciso sul risultato finale in modo del tutto marginale e tale da poter essere esclusa, senza apprezzabili conseguenze. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 27533 del 29 novembre 2013. Il caso. Più soggetti avevano concorso nel sequestro di persona a scopo di estorsione di due vittime, private della libertà dal 1° al 14 marzo 2011. I fatti si caratterizzavano anche per lesioni aggravate e detenzione illegale di arma comune da sparo clandestina tuttavia, quanto alla posizione del ricorrente in Cassazione, tali ultime imputazioni cadevano perché la Corte d’appello riformava la sentenza di condanna di prime cure, assolvendo l’imputato per non aver commesso il fatto” e, conseguentemente, rideterminando la pena a suo tempo stabilita. Ciò malgrado la decisione giungeva davanti alla Corte di legittimità per ottenere adesione ad una diversa ricostruzione della vicenda, per vedere concessa l’attenuante del contributo minimo” di cui all’art. 114 c.p., nonché per contestare la mancata derubricazione nei reati di favoreggiamento o di sequestro di persona non a scopo di estorsione e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Minuta interpretazione contraria Secondo la tesi sostenuta dalla difesa, la sentenza d’appello sarebbe illogica perché avrebbe dapprima escluso un ruolo dell’imputato nella fase ideativa e di materiale apprensione dei sequestrati ed evidenziato l’assenza di movente, nonché di interesse all’effettivo recupero materiale del denaro per poi concludere ritenendolo pleno jure concorrente nel reato. L’imputato avrebbe solo assistito a distanza e, su tale mera assistenza, i giudici avrebbero costruito illazioni, poi trasformate in convincimenti di responsabilità. peraltro, inammissibile in sede di legittimità. Secondo la Suprema Corte i giudici di merito avevano, al contrario, ricostruito ogni scansione della vicenda e, correttamente, escluso la responsabilità dell’imputato per gli altri reati ai quali era rimasto estraneo. La decisione di merito aveva preso in esame tutte le risultanze processuali, lavoro sostenuto da una spiegazione – logica ed adeguata – delle ragioni del convincimento, di guisa che le deduzioni difensive, quando incompatibili con la decisione adottata, sono state implicitamente disattese, quand’anche non specificamente confutate. Peraltro, scopo e limite del giudizio di legittimità è quello di verificare se la motivazione di una decisione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento e non pervenire alla migliore ricostruzione di un fatto. Così avevano operato, secondo la Cassazione, i giudici della gravata sentenza, valorizzando gli elementi di prova, verificati e pesati con rigore e correttezza e producendo una ricostruzione logica. Contributo decisivo o minimo? Motivo di doglianza era anche la questione della mancata concessione dell’attenuante dell’art. 114 c.p. che si assumeva illegittima in quanto la sentenza avrebbe sostenuto il ruolo consapevole e causale dell’imputato nella dinamica del sequestro mentre lo avrebbe ritenuto estraneo agli altri reati. Il ruolo dell’imputato veniva però ritenuto non marginale poiché l’imputato aveva assunto il ruolo di scorta” che, come evidenzia la Corte, implica – di per sé – un rapporto fiduciario elevato tra i concorrenti la gravità del contesto e delle conseguenze imponevano la presenza di una persona di massima e assoluta fiducia. L’imputato era dunque pienamente consapevole, anche rispetto al proprio ruolo per questi motivi, il suo ruolo era affatto marginale nella criminodinamica e, quindi, una volta accertato che il contributo materiale integrava concorso pieno nel reato, non poteva derubricarsi il reato in favoreggiamento. Critica di tautologia da respingere. Nessun limitato ruolo causale poteva associarsi all’imputato atteso che era intervenuto in una fase cruciale e delicata del reato – quella della dazione del denaro richiesto per la liberazione degli ostaggi – decisivo per la consumazione del reato. Le censure sollevate in Cassazione avverso la gravata sentenza erano dunque da respingere perché la motivazione non soffre di alcuna tautologia. La vittima è debitrice del reo sequestro di persona a scopo di estorsione o semplice? La Suprema Corte respingeva altresì la tesi per cui il capo di imputazione per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione avrebbe dovuto essere derubricato nei reati di sequestro di persona e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, asseritamente sussistenti in quanto il sequestro sarebbe stato ideato per il recupero di alcune somme sottratte e trattenute dalle vittime, di guisa che non si poteva – secondo tale tesi – ritenere sussistente il requisito dell’illiceità del profitto. In altre parole, la liceità della pretesa farebbe cadere il requisito della finalità estorsiva. Privazione di libertà + prezzo della liberazione = sequestro a fini di estorsione. Nessun dubbio che – qualsiasi siano i motivi sottesi alle condotte poste in essere – nel caso in oggetto si fosse in presenza di un sequestro estorsivo. Di tale circostanza la giurisprudenza si era già interessata pervenendo a un risultato netto e privo di crepe e tale per cui la violenta privazione della libertà personale come nel caso in oggetto in cui la vittima veniva malmenata e le venivano procurate lesioni per un rilevante periodo di tempo al fine di ottenere la corresponsione di una somma di denaro, quale corrispettivo della liberazione, esclude ogni ragionevole intento di far valere un presunto diritto.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 29 novembre 2013, n. 47533 Presidente Milo – Relatore Lanza Ritenuto in fatto 1. F.S. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza della Corte di assise d'appello di Roma in data 13 dicembre 2012, la quale, applicata la diminuente ex articolo 311 cod. pen., ha determinato per il F. la pena in anni otto di reclusione per il reato sub A sequestro di persona a scopo di estorsione , e lo ha assolto dai reati sub B lesioni aggravate e C detenzione di armi per non aver commesso il fatto. Il F. con C.G. , D.S.R. , D.S.A. , giudicati separatamente era accusato A del delitto di concorso in sequestro di persona a scopo di estorsione artt. 110, 630 c.p. , perché, in concorso fra loro, agendo riuniti e facendo uso dell'arma descritta al capo che segue, sequestravano Ci.Ma. e R.M.V.M. , allo scopo di ottenere dai medesimi, come prezzo della liberazione, il versamento di una somma di denaro quantificabile in almeno 20.000/30.000 Euro B del delitto di concorso in lesioni personali aggravate artt. 110, 582, 585, 576 n. 1 c.p. . perché, in concorso previo accordo fra loro, al fine di commettere il reato di cui al capo A , colpendoli ripetuta mente, cagionavano a Ci.Ma. lesioni personali al volto frattura del mascellare sinistro, frattura delle ossa nasali, edema ecchimotico palpebrale, emorragia sottocongiuntivale , giudicate guaribili in trenta giorni, e a R.M.V.M. lesioni personali consistenti in lesioni del volto e dell'emitorace di sinistra C del delitto di concorso in detenzione illegale aggravata di arma comune da sparo clandestina artt. 61 n. 2, 110 c.p., 10 14 legge n. 497/1974, 23 legge n. 110/1975 perché, in concorso previo accordo fra loro, al fine di commettere il reato di cui al capo A , detenevano illegalmente una pistola una pistola Browing's Patent Depose cal. 7.65 matricola , completa di caricatore monofilare e n. 5 cartucce cal. 7.65 MFS. non iscritta nel catalogo previsto dall'articolo 7 della legge n. 110/1975 condotta materialmente commessa da D.S.A. in concorso morale previo accordo con gli altri correi . Fatti commessi in Roma nel periodo compreso fra i giorni I e 4 marzo 2011. Con la recidiva specifica, reiterata. 2. Con sentenza 27 febbraio 2012 il G.U.P. presso il Tribunale di Roma ha condannato l'imputato, ritenuto responsabile di tutti e tre i delitti contestati, alla pena di anni 12 di reclusione. 3. La Corte di assise d'appello di Roma, con sentenza 13 dicembre 2011, applicata la diminuente ex articolo 311 cod. pen., ha determinato per il F. la pena in anni otto di reclusione per il reato sub A , e lo ha assolto dai reati sub B e C per non aver commesso il fatto. La pena inflitta è stata determinata in anni otto di reclusione, tenuto conto delle già concesse attenuanti generiche e dei criteri ex articolo 133 cod. pen. pena base anni 25 di reclusione, ridotta ad anni 17 reclusione per le attenuanti generiche, ulteriormente ridotta ad anni 12 per l'ipotesi attenuata di sequestro, ed infine ridotta di un terzo per la scelta del rito. 4. La Corte territoriale, nell’individuare il ruolo del F. ed il suo apporto causale nel delitto, ha escluso il concorso dell'appellante nella fase ideativa e nell'apprensione materiale degli ostaggi a sequestrare gli ostaggi furono, stando al racconto di R.M. , tre persone che parlavano, fra loro, una lingua incomprensibile si trattava, con ogni evidenza, di persone di etnia rom , e F. non vi appartiene. 5. Per la gravata sentenza quindi, il ruolo dell'imputato sarebbe desumibile unicamente in relazione all'episodio dell'incontro con Te Ci. , del omissis , dovendosi peraltro escludere che la frase gli abbiamo dato una mano più di questo non possiamo fare sia stata pronunciata dal F. , circostanza questa che a giudizio della Corte territoriale non incide comunque sul ruolo attivo esercitato dall'imputato nella vicenda. 6. In proposito si osserva preliminarmente che, mentre avviene l'incontro del , il sequestro è in pieno svolgimento Ci.Ma. e R.M. sono stati fatti prigionieri, sono stati picchiati, sono stati minacciati con un'arma, e a Ci.Ma. è stato inviato, il giorno prima, un ultimatum Ci.Ma. viene condotto da due uomini all'incontro con la sorella mentre R.M. è ancora custodito in casa. 7. L'incontro è così finalizzato all'acquisizione di una somma di denaro che la donna consegnerà al fratello, il quale versa in condizioni di disperazione e terrore, data la situazione, e reca visibili sul volto i segni delle percosse. 8. Osserva la sentenza d'appello che la tesi dell'imputato non poteva rendersi conto che il ragazzo , cioè Ci.Ma. , era stato picchiato è del tutto inverosimile i segni erano ben visibili, e, prima dell'incontro con la sorella, F. ha avuto tutto il tempo per rendersi conto delle sue condizioni. 9. All'incontro il C., diretto percettore della busta con il denaro, si reca scortato da F. la funzione dell'imputato risulta essere quella di autista e guardaspalle. 10. La giustificazione addotta sull'uso della macchina intestata alla fidanzata non voleva perdere punti della patente prestandola all'amico C. è stata ritenuta risibile dalla corte distrettuale. 11. Per i giudici di merito, che il F. agisca, nella vicenda, con funzioni di copertura e sorveglianza, è testimoniato dall'osservazione diretta degli operanti e dalle dichiarazioni di Te Ci. , che riferisce di come l'incontro con il fratello sia avvenuto sotto la costante sorveglianza dei due individui che lo avevano accompagnato e che erano interessati ad ottenere subito una somma di denaro né ha pregio, per sostenere che F. fosse inconsapevole della natura illecita dell'incontro, il rimando all'episodio del vaglia poiché, in altra occasione, C.G. accompagna da solo R.M. a incassare un vaglia che la moglie gli ha spedito, se ne dovrebbe trarre la conclusione che egli non aveva alcun bisogno di scorta quando Ci.Ma. incontra la sorella. 12. I due episodi, però, per la Corte non possono essere accomunati. L'incontro fra Ci.Ma. e la sorella avviene in luogo pubblico e aperto, e vi è la possibilità di una fuga .la sorella potrebbe insospettirsi e chiamare aiuto. Ci.Ma. potrebbe avere una reazione diversa da quella del più malleabile R.M. . 13. Sta di fatto prosegue la sentenza che in quel momento C. ha necessità del supporto fisico e logistico che F. gli fornisce la presenza dell'imputato avvalora la forza intimidatrice nei confronti dell'ostaggio F. controlla i dintorni, pronto a dare l'allarme e a garantire, mettendosi al volante dell'auto, una comoda via di fuga in caso d'imprevisto. 14. L'imputato, in sostanza per i giudici di merito, esplica un'attività materiale finalizzata al conseguimento dell'obbiettivo primario del sequestro, ed in questo sta il contributo che apporta al compimento del reato. 15. Quanto all'osservazione difensiva che il F. potrebbe avere avuto la consapevolezza generica di supportare una qualche attività illecita da parte di G C. , ma era comunque estraneo al sequestro di persona a scopo di estorsione, la corte distrettuale rileva che tale argomento può al massimo valere per la condotta della fidanzata, L.V. , che si affretta a coprire comunque l'imputato, ma non per l'imputato stesso. Mentre l'incontro del OMISSIS avviene, un sequestro è in corso, e C.G. vi sta prendendo parte. 16. In conclusione, la Corte di assise d'appello, affermato il ruolo consapevole e causale del F. nella dinamica del sequestro, lo ha invece ritenuto estraneo alla fase iniziale del sequestro, e dunque all'apprensione materiale degli ostaggi e alle minacce a mano armata, con conseguente logica assoluzione per i reati sub B e C con la formula per non aver commesso il fatto . La pena infitta è stata infine rideterminata alla luce della sentenza 68/2012 della Corte Costituzionale, ravvisata l'ipotesi lieve. Considerato in diritto 1. Preliminarmente va argomentato sul diniego della richiesta di rinvio dell'udienza, depositata e formulata dal difensore sotto il duplice profilo della impossibilità di accesso agli atti per intempestività della nomina della presenza di un impegno avanti al Tribunale di Vicenza, a partire dalle ore 14 del giorno , giorno antecedente l'odierna udienza. 2. Per ciò che attiene al primo punto impossibilità di accesso agli atti per tardività della nomina , ferma restando la facoltà dell'imputato di nominare il difensore in qualsiasi momento dello sviluppo dell'azione penale, e fermo il dovere del difensore di essere in grado di utilmente difendere nella piena disponibilità degli atti processuali, è evidente che tali evenienze vanno bilanciate con il principio della ragionevole durata del processo diversamente opinando, l'imputato con revoche, seguite da nomine intempestive di difensori, perché a ridosso del fissato calendario processuale nella specie 24 ottobre, revoca dell'avv. Spaltro e nomina dell'avv. Mercurelli 6 novembre, revoca dell'avv. Mercurelli 6 novembre nomina avv. Tucci diventerebbe paradossalmente l'arbitro delle scansioni e dei tempi del processo in qualsiasi suo stato e grado, di merito odi legittimità cfr. SU 155/2012 Rv. 251497 . L'impedimento non ha quindi rilievo. 3. Quanto poi alla richiesta di rinvio, essa non risponde ai requisiti voluti dal legislatore con l'articolo 420 ter cod. proc. pen Invero il difensore ha documentato un impegno nel primo pomeriggio ore 14 del giorno omissis , località servita con da una velocissima doppia linea ferroviaria omissis oppure omissis , ed anche da un'agevole tratta aerea omissis , oppure omissis , con partenze serali, lo stesso giorno , oppure nella mattinata del giorno , con arrivi in prima delle ore 10, tempo di inizio dell'odierna udienza. Nessuna ricorrenza pertanto degli insuperabili ostacoli che non solo giustificano ma impongono il rinvio dell'udienza stessa, che, pertanto deve essere pacificamente celebrata, in assenza del difensore non impedito, attesa, l'insussistenza di un'assoluta impossibilità a comparire dello stesso. 4. Tanto premesso vanno ora esaminati i motivi di ricorso. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione, e travisamento della prova con riferimento alla informativa n. 196/1-17 del omissis , ed alla informativa dei Carabinieri del omissis in ordine alla affermazione della responsabilità dell'imputato a titolo di concorso nel reato sub A . Rileva il difensore che la sentenza d'appello, pur avendo rappresentato un netto e qualitativo passo avanti rispetto a quello di primo grado, in relazione all'accertamento dei fatti, sarebbe afflitta da irragionevolezze, considerato che, una volta escluso l'imputato dalla fase ideativa e dalla materiale apprensione degli ostaggi ed attribuita la decisiva frase, gli abbiamo dato una mano più di quanto possiamo fare al C. e non a lui, nella ulteriore impossibilità di individuare un qualsiasi valido movente in capo al F. , persona indifferente al materiale recupero della somma di denaro, non poteva in tale quadro di dati probatori ritenere il ricorrente concorrente pieno jure nel sequestro siffatta conclusione rappresenterebbe per la difesa un enorme regresso sul piano della coerenza logica. In ogni caso, nel corso dell'incontro del alla , del sequestrato Ci.Ma. con la sorella Ci.Te. e il C. , la condotta rilevata in capo al F. si sarebbe limitata ad una mera assistenza a distanza del conversare dei tre, sulla quale i giudici di merito hanno costruito illazioni e congetture trasformate in convincimenti di responsabilità. 5. Ritiene questa Corte che il motivo, come sviluppato, non superi la soglia dell'ammissibilità. Nella specie la corte distrettuale ha effettuato una attenta valutazione delle dinamiche del sequestro, recuperando con estremo rigore la condotta ed il ruolo assunto dal ricorrente, argomentando su ogni scansione degli eventi e fornendo una ragionevole lettura della condotta del F. , anche sotto il profilo della soggettività, escludendo, con la formula per non aver commesso il fatto, la responsabilità per i capi B e C , affermata invece dal primo giudice. A tale ricostruzione la difesa oppone ora una minuta contraria interpretazione della vicenda, peraltro inefficace in sede di legittimità. La giustificazione del provvedimento impugnato risulta infatti sui punti lamentati priva di incoerenze o salti logici, apprezzabili ed idonei ad invalidare il costrutto delle argomentazioni di responsabilità, tali non potendosi considerare le diverse conclusioni e considerazioni più volte prospettate nel ricorso, le quali finiscono con delineare una diversa e più favorevole interpretazione dei dati processuali, peraltro non praticabile in sede di legittimità e tanto meno con esiti di annullamento della pronuncia gravata. Il tutto considerando che, quanto ai lamentati mancati esami, omesse valutazioni o carenti apprezzamenti, la decisione di merito non è tenuta a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti, pubblica o privata, e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, come avvenuto nella specie, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, sia individuabile una spiegazione, logica ed adeguata, delle ragioni del convincimento, con ciò dimostrando che ogni fatto rilevante e decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive, le quali, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata Cass. pen. sez. 4, 26660/2011 Rv. 250900 . 6. Da ciò deriva che il preteso dedotto, carattere soggettivo prerazionale del giudizio formulato in punto di visibilità delle percosse , gli pseudo ragionamenti e le congetture, in ordine al ruolo reale del ricorrente non sono in grado di intaccare la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato. Va infatti ribadito che nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento , secondo una formula giurisprudenziale ricorrente cfr. in termini Cass. Pen. sez. V, sent. 39843/2007, in ric. Gatti Cass., sez. V, 30 novembre 1999, Moro, n. 215745, Cass., sez. II, 21 dicembre 1993, Modesto, m. 196955 . 7. In conclusione risulta che la corte distrettuale ha affermato la certa attribuibilità degli illeciti all'imputato, valorizzando i consistenti elementi di prova in atti, che sono stati verificati e pesati nel loro insieme con rigore e correttezza, confluendo in una ricostruzione logica e unitaria del fatto e nell'affermazione di responsabilità. Da ciò è derivata una motivazione rispondente ai canoni stabiliti dall'articolo 192 c.p.p., ed il procedimento probatorio, che ha fondato l'affermazione di colpevolezza, resiste alle censure di merito, in parte inammissibili, formulate dal ricorrente il quale tende a proporre una non consentita lettura alternativa degli eventi. Il primo motivo di ricorso va quindi dichiarato inammissibile. 8. Con un secondo motivo ed il quarto motivo si sostiene nullità della sentenza per violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento dell'attenuante ex articolo 114 cod. pen Per il ricorrente la decisività od, anche, rilevanza dell'apporto del F. era esattamente ciò che la sentenza avrebbe dovuto dimostrare, al fine di negare la circostanza attenuante invocata, mentre la motivazione sul punto si sarebbe esaurita nella enunciazione della tesi che si doveva dimostrare. 9. Tali due ultimi motivi non hanno fondamento. Nella vicenda, la Corte di appello ha sostenuto il ruolo consapevole e causale del F. ” nella dinamica del sequestro e lo ha invece ritenuto estraneo alla fase iniziale, e dunque non coinvolto nell'apprensione materiale degli ostaggi e nelle minacce a mano armata, con conseguente logica assoluzione per i reati sub B e C con la formula per non aver commesso il fatto . In tale quadro l'imputato ha però esplicato, nella ricostruzione della Corte di appello, un'attività materiale finalizzata al conseguimento dell'obbiettivo primario del sequestro, ed in questo sta il contributo che apporta al compimento del reato. In proposto, e con evidente coerenza, la gravata sentenza ha spiegato a che un compito così delicato come quello di scorta , mentre il sequestro è in atto, non può essere assegnato, sulla base di un astratto rapporto di confidenza personale, a una persona del tutto ignara per contro, proprio la gravità del contesto, e le possibili conseguenze della condotta comune, imponevano la presenza di una persona quale l'imputato della più totale e assoluta fiducia b che non si tratta di sostenere che F. non poteva non sapere , ma, al contrario, di postulare che proprio perché sapeva, ed era pienamente consapevole del ruolo che veniva chiamato a svolgere, egli ebbe a prendere parte attiva all'incontro del 4 marzo 2011 c che, una volta postulato l'apporto materiale al reato in atto, sotto forma di concorso pieno, non può trovare accoglimento il motivo d'appello afferente alla derubricazione in favoreggiamento. d che va del pari escluso che il ruolo di F. sia stato quello dell'intermediario ai sensi dell'articolo 1, 4 comma DL 8/91 trattandosi di norma che sanziona la condotta di colui che si adopera per favorire il pagamento, al di fuori di ogni concerto con i sequestratori, quindi nella più totale estraneità al sequestro stesso, e non è dunque applicabile al caso in esame cfr. Cass. Sez. I, nr. 7671 del 5.12.2000, Patteri e altri, RV 218308 e che pertanto non è accoglibile il motivo afferente il supposto limitato ruolo causale articolo 114 CP , posto che, nel momento in cui consapevolmente interviene in una fase cruciale e delicata del reato, F. fornisce un apporto decisivo alla sua commissione, e dunque il suo ruolo non può assolutamente definirsi marginale. 10. La lettura delle suestese argomentazioni rende di scarsa comprensione la sostanziale critica di tautologia, fatta alla motivazione di esclusione dell'invocata attenuante, la quale, notoriamente, ricorre solo nei casi in cui la condotta del correo abbia inciso sul risultato finale dell'impresa criminosa in maniera del tutto marginale, tanto da poter essere avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell'evento Cass. Pen. sez. I, 7881/1997 Berio . Anche su tale punto la motivazione del giudice distrettuale non consente spazi di critica, proprio perché, dalle ragioni stesse della pronuncia di responsabilità, si desume in modo inoppugnabile che il ruolo di manifesta ed efficace copertura, svolto dal ricorrente, va qualificato come essenziale nella vicenda, e che esso non fu per nulla quello minimale, di assoluta ed indifferente fungibilità chiunque altro al posto del F. richiesto dalla norma invocata. La doglianza va quindi respinta. 11. Con un terzo motivo si prospetta nullità della sentenza ex articolo 606 lett. b e c in relazione alla mancata derubricazione del delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, contestato ex articolo 630 cod. pen., in quello di cui agli artt. 605 e 393 cod. pen., considerato che si è ritenuto che il sequestro fosse stato ideato ed eseguito con la finalità di recuperare quanto il Campa aveva sottratto, non potendosi definire illecito il profitto, ricercato in ossequio al canone della ripetibilità dell'indebito. La liceità della pretesa precluderebbe la configurabilità della finalità estorsiva ed imporrebbe la derubricazione della condotta nel paradigma delle norme di cui agli artt. 605 e 393 cod. pen 12 Il motivo è inaccoglibile. Nella specie va evidenziato che alla persona offesa Ci.Ma. , all'effetto di conseguire la somma di denaro richiesta, sono state cagionate dopo l'uso dell'arma per assicurare la protrazione del sequestro ed impedire tentativi di fuga lesioni personali al volto consistite in frattura del mascellare sinistro, frattura delle ossa nasali, edema ecchimotico palpebrale, emorragia sottocongiuntivale, lesioni ben visibili e percepibili dal ricorrente nel loro manifesto esito, e che il sequestro con le predette finalità estorsive si è protratto dal omissis . Orbene, la violenta privazione della libertà personale della parte offesa, per un rilevante periodo di tempo al fine di ottenere la corresponsione di una somma di denaro, quale prezzo della liberazione, esclude ogni ragionevole intento di far valere un presunto diritto, con la conseguenza che è da ritenere insussistente l'ipotesi di cui all'articolo 393 cod. pen. Cass. pen. sez. 1, 14802/2012 Rv. 252263 Massime precedenti Vedi N. 2425 del 1990 Rv. 183405, N. 37980 del 2001 Rv. 220003 . 13. Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonché apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.