Delitto di Garlasco, troppe ombre sull’assoluzione di Stasi

A distanza di sei anni dalla morte di Chiara Poggi, ancora in discussione la posizione dell’allora fidanzato, Alberto Stasi, unico sotto accusa per omicidio volontaria. Azzerata l’assoluzione pronunziata in secondo grado. Per i giudici della Cassazione è stata erronea la visione del materiale indiziario da parte del giudice di merito, anche per il mancato approfondimento su elementi di sicuro rilievo, come le incongruenze nel racconto di Stasi.

Troppi coni d’ombra, troppi angoli bui, troppi interrogativi lasciati in sospeso, troppi dubbi ancora non sciolti. Volendo usare una metafora, la vicenda è ancora tutta da mettere a fuoco. Unico dato indiscutibile, purtroppo, è la morte di una ragazza, Chiara Poggi, la cui vita, le cui speranze, i cui sogni sono stati brutalmente spenti una mattina di sei anni fa. E altrettanto certo è il dolore, pieno di ricordi – e per questo ancora più forte –, della famiglia che Chiara ha visto crescere come figlia e come sorella Ora, comunque, quel dolore è destinato a essere amplificato ancora, rivivendo, dinanzi ai giudici della Corte di Assise d’Appello di Milano, quella triste e drammatica giornata dell’agosto 2007. Unica speranza è che possa arrivare una parola chiara e definitiva sulla ipotesi di colpevolezza di Alberto Stasi, fidanzato di Chiara, unico accusato per la sua morte, ma assolto nei primi due gradi di giudizio. Cassazione, sent. n. 44324/2013, Prima Sezione Penale, depositata oggi Omicidio. Per i Poggi la vita, felice, si tramuta in tragedia nel breve volgere di poche ore dalla sera del 12 agosto 2007 alla mattina del 13 agosto 2007, quando, a Garlasco, nell’abitazione della famiglia, viene rinvenuto il corpo, che non dava segni di vita di Chiara. Assolutamente orripilante lo scenario ‘scoperto’ dai Carabinieri, allertati proprio in seguito a una telefonata di Alberto Stasi al ‘Servizio Emergenze 118’ – dopo che egli, secondo la ricostruzione di quella mattinata, era riuscito ad entrare nell’abitazione, trovando il corpo senza vita della propria ragazza –, e facile la deduzione sulla morte della giovane è omicidio. A provocarne il decesso, secondo gli esiti dell’ esame autoptico , grossolane lesioni cranio-encefaliche di natura contusiva, riscontrate sul cadavere . A causare tali lesioni, molto probabilmente, un martello da muratore , anche se, poi, non è mai stato rinvenuto uno strumento che fosse compatibile con il quadro lesivo e oggettivamente riferibile all’azione omicida . A occupare il banco degli imputati, come detto, una persona sola Alberto Stasi. Diversi gli elementi a suo carico, secondo l’accusa, come, ad esempio, il tono freddo e innaturalmente distaccato della telefonata e incompatibile con il riferito immediatamente precedente rinvenimento della sua ragazza , e come la falsità dell’alibi . Ma tutti i dati indiziari, messi sul tavolo dall’accusa, vengono ritenuti non fondamentali, non decisivi dai giudici, sia di primo che di secondo grado ecco spiegata l’assoluzione nei confronti di Stasi. Approfondimento. Nonostante tutto, però, nonostante la doppia assoluzione, la posizione dell’unica persona finita sotto accusa per il reato di omicidio volontario è ancora tutta da definire. Già ad aprile di quest’anno era stata resa nota la pronunzia dei giudici della Cassazione, ma ora sono state finalmente depositate le motivazioni della decisione, che, in sostanza – recependo le osservazioni del Procuratore Generale e delle parti civili, ossia della famiglia Poggi –, pone in dubbio la analisi critica degli indizi compiuta dal giudice di merito. A essere ‘censurata’ è, in particolare, la mancanza di una valutazione complessiva e unitaria degli elementi acquisiti , come, ad esempio, la impronta digitale di Alberto Stasi sul contenitore del sapone liquido presente a casa Poggi e la presenza di Dna di Chiara Poggi su almeno uno dei pedali della bicicletta di Stasi , senza trascurare poi anche le modalità dell’ingresso, non violento, dell’autore dell’omicidio all’interno dell’abitazione della vittima . E altrettanto rilevanti, e non approfondite, vengono ritenute, dai giudici della Cassazione, le incongruenze del racconto di Stasi e le sue omissioni narrative relative al giorno dell’omicidio. Tutti questi pezzi del ‘puzzle’, però, sono stati presi solo singolarmente, e questo è da valutare come errore grave. Perché, evidenziano i giudici della Cassazione, il percorso compiuto dai giudici del merito è stato costantemente volto a considerare gli elementi acquisiti isolatamente e avulsi dal loro contesto, con pretesa di specifica autosufficienza ed esaustività probatoria e di certa sussunzione di condotte umane a variabili razionali, universali o frequentiste, e non nel loro insieme e nella loro possibile confluenza, con superamento – attraverso un organico ragionamento probatorio, esaustivo in rapporto a tutto il materiale ritualmente acquisito, plausibile in rapporto alla logica lettura operatane e non abdicativo della funzione, cognitiva e valutativa, giudiziaria – di eventuali carenze, limiti intrinseci o estrinseci ed equivocità, in una ricostruzione unitaria e preclusiva, previa valutazione della loro tenuta in termini di coerenza logico-indiziaria, di ricostruzioni alternative invalidanti . Come detto, il quadro deve essere meglio messo a fuoco. Per questo motivo, sono necessari approfondimenti probatori, relativi, tra l’altro, all’esame di un capello ritrovato in una mano della vittima e alle tracce di Dna di Chiara Poggi rinvenute sui pedali della bicicletta di Stasi. E questo delicatissimo compito è affidato, nuovamente, alla Corte di Assise d’Appello

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 aprile – 31 ottobre 2013, n. 44324 Presidente Bardovagni – Relatore Tardio Qui il testo della sentenza