Esclusa la competenza del giudice di pace per il delitto di tentate lesioni aggravate

Nel caso di più imputazioni, per lesioni volontarie e tentate lesioni volontarie aggravate a norma dell’art. 585, comma 1, c.p., il trattamento sanzionatorio più lieve previsto dall’art. 52, lett. b , D.lgs. n. 274/2000 per le prime, non si applica alle seconde, nemmeno qualora le circostanze aggravanti siano state neutralizzate per effetto della concessione di attenuanti, in quanto tale secondo delitto non appartiene alla competenza del giudice di pace.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 44252, depositata il 30 ottobre 2013. Il caso. Con sentenza del Tribunale di Roma, l’imputato veniva condannato per i delitti di tentate lesioni volontarie, aggravate dall’uso di una barra di ferro e lesioni volontarie, cagionate alla persona offesa con un pugno al volto, sul luogo di lavoro. La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello di Roma, che fondava il proprio convincimento sulla scorta del referto medico prodotto e delle dichiarazioni della persona offesa e di altro teste, comune collega di lavoro delle parti. Sulla errata determinazione della pena. Proponeva ricorso l’imputato, eccependo vizio di legge in relazione al riconoscimento del tentativo nel delitto di lesioni aggravate, nonché medesima censura per non avere riconosciuto l’attenuante della provocazione stante che la persona offesa più volte si recava sul luogo di lavoro per riprendere continuamente l’imputato, con la scusa del fumo, al fine di provocarlo. Infine, con un ultimo motivo il ricorrente censurava la pena detentiva applicatagli dalla Corte di Appello in relazione ad un reato di competenza del giudice di pace quello di lesioni volontarie . Quali sanzioni? Affermata la inammissibilità dei primi due motivi per genericità degli stessi, la Corte, tuttavia, accoglie il terzo. Ed infatti, la norma di cui all’art. 63 D.Lgs. n. 274/2000 prevede che quando il Tribunale sia chiamato a giudicare dei reati previsti dall’art. 4, comma 1 e 2, D.Lgs. n. 274/2000 di competenza del giudice di pace come quelli previsti dall’art. 582, comma 2, c.p. di lesioni perseguibili a querela , si applichino le disposizioni previste dal Titolo II della stessa legge, che individuano le sanzioni applicabili da parte del Giudice di Pace, sanzioni che, tuttavia, non possono essere mai applicate dal giudice superiore ai concorrenti reati di sua competenza. Il vizio in cui è incorsa la Corte di Appello di Roma. Ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, ha errato, in primo luogo, nella determinazione del reato più grave, ed in secondo luogo, nella applicazione del trattamento sanzionatorio. Ed infatti, ha erroneamente applicato ad un reato di competenza del giudice di pace lesioni personali una pena detentiva, che è invece sanzione prevista per i reati di competenza del Tribunale, ritenendo peraltro, più grave tale reato, piuttosto che il delitto di lesioni aggravate. Ed infatti, ai fini della continuazione, ai sensi dell’art. 81, comma 2, c.p., in caso di concorso di reati, bisogna individuare la violazione più grave su cui operare poi l’aumento. Ed allora, la Corte, al fine di ricordare le modalità di individuazione della violazione più grave, in tema di reato continuato, ha richiamato la recente sentenza delle Sezioni Unite n. 25939/2013 , secondo cui la violazione più grave va individuata in astratto, in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice, in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione delle stesse. La sanzione edittale, cioè la pena prevista in astratto, tuttavia, è sempre quella comminata per il reato contestato o ritenuto in sentenza, secondo il titolo e le circostanze, tenuto conto del loro bilanciamento. A tale risultato si deve fare, poi, riferimento per individuare in astratto la pena edittale per il reato circostanziato. È più grave il delitto di lesioni aggravate, seppur tentate. Ed allora, ritenuto che ad esser più grave è dunque il delitto di lesioni aggravate, seppur tentate, di competenza del Tribunale, va rideterminata la pena, individuando come pena base quella prevista per tale reato, aumentata poi per il reato di lesioni volontarie. Al primo, infatti, a prescindere dalla neutralizzazione delle circostanze aggravanti attraverso la concessione di eventuali circostanze attenuanti, non potrà mai essere applicato il trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 52, comma 1, lett. b D.Lgs. n. 274/2000 in quanto tale delitto non appartiene alla competenza del giudice di pace.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 luglio - 30 ottobre 2013, n. 44252 Presidente Bruno – Relatore Lignola Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza del 12 maggio 2009, il Tribunale di Roma condannava alla pena di giustizia S.A. , per i delitti di lesioni personali volontarie tentate, aggravate dall'uso di una barra di ferro, in danno di P.L. , oltre che per lesioni personali volontarie in danno della medesima persona offesa, cagionate con un pugno al volto, sul luogo di lavoro. 1.1 L'affermazione di responsabilità, confermata della Corte di appello di Roma con sentenza del 23 novembre 2012, si fonda sulla deposizione della persona offesa, costituitasi parte civile, sul referto medico prodotto nonché sulle deposizioni del teste F. , collega di lavoro dell'imputato e della persona offesa. 2. Contro la sentenza propone ricorso per Cassazione il S. , personalmente, affidandolo a tre motivi. 2.1 Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera B ed E, cod. proc. pen., in relazione al delitto di tentato, con riferimento alla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa. 2.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera B ed E, cod. proc. pen., in relazione all'articolo 62, n. 2, cod. pen., per non avere la Corte territoriale riconosciuto l'aggravante della provocazione, chiaramente emersa dall'istruttoria dibattimentale, poiché la persona offesa era solito recarsi nell'ambiente di lavoro per riprendere continuamente l'imputato, con la scusa del fumo, così provocandolo. 2.3 Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 606, comma 1, lettera B ed E, cod. proc. pen., in relazione agli articoli 132 e 133 cod. pen. ed agli articoli 12 e 15, cod. proc. pen., in relazione all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 2000, numero 274. Il ricorrente censura la pena detentiva applicata dal Tribunale, in relazione ad un reato di competenza del giudice di pace, con il semplice richiamo ai criteri di cui all'articolo 133 cod. pen Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla inattendibilità della deposizione della persona offesa, è inammissibile, attesa l'assoluta genericità della censura peraltro poiché le dichiarazione del teste, oltre che confermate dal collega di lavoro F. , sono confortate dal referto medico del pronto soccorso, che descriveva una lesione contusione regione zigomatica sinistra e parete interna labbro superiore del tutto compatibile con le modalità dell'aggressione descritte dai due testi. 2. Anche il secondo motivo è inammissibile, poiché meramente assertivo, non essendo emerso da alcun atto del processo, al di là delle parole dell'imputato, l'atteggiamento pretestuoso e provocatorio della persona offesa il motivo rappresenta peraltro la mera riproposizione di una censura proposta con l'appello, priva di una critica argomentata avverso la decisione di appello, in quanto tale inammissibile Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 . 2. Il ricorso è invece fondato con riferimento alla determinazione della pena, oggetto del terzo motivo, essendo i giudici di merito incorsi nell'errore denunciato in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio. A norma del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 63, nei casi in cui i reati indicati nell'art. 4, commi 1 e 2 tra i quali rientra l'ipotesi di cui all'art. 582, limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma, perseguibili a querela di parte , sono giudicati da un giudice diverso dal giudice di pace, si osservano le disposizioni del titolo 2 del decreto legislativo, che disciplina le sanzioni applicabili dal giudice di pace. Di conseguenza la Corte territoriale non poteva ritenere reato più grave quello di lesioni personali capo B , ma avrebbe dovuto determinare la pena base su quello di lesioni tentate aggravate dall'uso di una arma capo A , come già aveva fatto il Tribunale, per poi applicare l'aumento per la continuazione, a norma dell'art. 81 c.p 2.1 Come recentemente ricordato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all'eventuale giudizio di comparazione fra di esse Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347 . La sanzione edittale, ovverossia la pena prevista in astratto, è sempre quella comminata per il reato contestato o ritenuto in concreto in sentenza, secondo il titolo e le circostanze predicate esistenti salvo che disposizioni particolari e tassative escludano a certi effetti la rilevanza delle circostanze o di alcune di esse , tenuto conto del loro bilanciamento e dei minimi e dei massimi edittali così risultanti una volta che le circostanze attenuanti sono state riconosciute non si tratta di concessione, perché la materia non è affidata alla benevolenza ma alla ricognizione delle condizioni di legge e sia stato effettuato il pure doveroso giudizio di bilanciamento rispetto alle aggravanti contestate, è al risultato di tale giudizio che deve farsi riferimento per l’individuazione in astratto della pena edittale per il resto circostanziato Sez. 1, n. 24838 del 15/06/2010, Di Benedetto, Rv. 248047 . 2.2 Ciò premesso, poiché il trattamento sanzionatorio più lieve previsto dall’art. 52, lett. d , D.Lgs. n. 274 del 2000 disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace non si applica al delitto di lesioni volontarie aggravato a norma dell’art. 585, comma primo, cod. pen., nemmeno qualora le circostanze aggravanti siano state neutralizzate per effetto della concessione di attenuanti, in quanto esso non appartiene alla competenza del giudice di pace, reato più grave deve ritenersi comunque quello di cui al capo A, di lesioni tentate sulla pena base determinata per tale violazione, poi, va applicato l’aumento previsto dall’art. 81 cod. pen 2.3 Tale operazione non può essere compiuta dalla Corte di Cassazione, per cui occorre annullare la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, al solo fine di rideterminare il trattamento sanzionatorio, essendo preclusa ogni ulteriore statuizione in ordine all’affermazione di responsabilità. 3. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, limitatamente al trattamento sanzionatorio, applicato in termini difformi da quelli previsti dalla legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.