Assolto dal Gip, condannato dalla Corte di Appello: per affermare la responsabilità serve un quid pluris

La sentenza di condanna che ribalti la precedente assoluzione deve confutare, specificamente, tutte le ragioni poste a sostegno della prima pronuncia, dimostrando l’insostenibilità - sia sul piano logico, sia su quello giuridico – degli argomenti di maggior rilievo ivi contenuti. E ciò in quanto devono emergere le motivazioni che hanno portato la Corte a considerare rilevanti altri elementi di prova o a valutare diversamente quelli già esaminati.

Così ha stabilito la III Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza n. 43723, depositata il 24 ottobre 2013, a proposito di una vicenda delicatissima. Genesi del procedimento. Veniva imputato di atti sessuali con minorenne artt. 81 cpv. – 609 quater commi 1 e 5 c.p. , un uomo, per l’appunto accusato di aver compiuto, ripetutamente, atti sessuali con la figlia di quattro anni, attraverso il toccamento di genitali e la penetrazione manuale della vagina e dell’ano. Tale vicenda traeva origine dalla denuncia della madre della piccola avvenuta tra l’altro oltre otto mesi dopo le prime rivelazioni , che aveva con il marito un conflitto molto aspro a causa della separazione in corso. In sede di giudizio abbreviato, il Gip assolveva, ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p., l’imputato, ritenendo che il percorso d’indagine dell’accusa fosse stato inadeguato, che i colloqui della bambina peraltro alla presenza della madre! con la Ct del Pm fossero affetti da inutilizzabilità patologica e, infine, minimizzando le testimonianze de relato . A seguito di appello della Procura e della parte civile, la Corte di appello riformava la decisione di prime cure, reputando pienamente utilizzabili le dichiarazioni della p.o. nel corso della consulenza e tutti gli atti contenuti nel fascicolo del PM, e ciò in considerazione della scelta del rito abbreviato, che avrebbe comportato prestazione del consenso all’utilizzo degli atti assunti al di fuori del contraddittorio tra le parti. La Corte, inoltre, riconduceva l’anomala sessualizzazione di una così piccola bambina masturbazioni e toccamenti spontanei , in maniera certa, pur senza argomentare il percorso logico seguito, a dei supposti giochi segreti tra la stessa ed il padre, escludendo qualsivoglia rilevanza alla conflittualità della separazione tra i genitori. Abbondanza di censure. La difesa del condannato proponeva quindi ricorso per cassazione, deducendo molti motivi di doglianza, che, per semplicità, vengono ricondotti a violazione di legge – mancanza/contraddittorietà di motivazione, sia in ordine alla inutilizzabilità delle dichiarazioni della p.o. e della madre - contenute nella denuncia e nei verbali a s.i.t. – in quanto si tratterebbe di inutilizzabilità patologica, non sanabile dalla scelta del rito , sia in ordine alla sussistenza degli stessi abusi da parte dell’imputato. La Corte di Appello ha sbagliato. Gli Ermellini accolgono il ricorso la sentenza di appello è viziata per carenza di motivazione e per omessa valutazione degli elementi probatori acquisiti al processo, con conseguente contraddittorietà tra gli scarni elementi contenuti nella stessa. Rapporti tra sentenza di primo e secondo grado. La Suprema Corte rammenta, come da costante orientamento, che, quando il Giudice di seconde cure riformi una sentenza assolutoria, esso ha l’obbligo di confutare, con specificità e completezza, le argomentazioni poste alla base della stessa assoluzione, nonché di valutare le ulteriori argomentazioni dedotte dall’imputato a seguito di impugnazione ex parte adversa e, financo, sulle subordinate richieste formulate dallo stesso imputato in sede di prima discussione. Pertanto, la sentenza di condanna che ha ribaltato la previa assoluzione avrebbe dovuto confutare, specificamente, tutte le ragioni poste a sostegno della pronuncia del Gip, dimostrando l’insostenibilità - sia sul piano logico, sia su quello giuridico – degli argomenti di maggior rilievo ivi sostenuti. Anche in considerazione dell’ormai codificato principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio”, in mancanza di elementi sopravvenuti, una rivisitazione in senso peggiorativo resa dai secondi giudicanti sul medesimo materiale probatorio già acquisito in primo grado e ivi reputato inidoneo a fondare la colpevolezza deve essere accompagnata da argomenti persuasivi, tali da mettere in luce oggettive carenze ed insufficienze della pronuncia di assoluzione la sentenza di condanna, quindi, deve farsi portatrice di una forza persuasiva superiore rispetto alla prima pronuncia. Art. 6 CEDU diritto a un processo equo. La ricostruzione operata dalla Suprema Corte è avallata anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha ritenuto sussistere la violazione dell’art. 6 par. 1 Cedu in occasione di una pronuncia di appello che ribaltava un’assoluzione, in assenza di nuova istruttoria, e, quindi, sulla scorta di una rivalutazione, su mera base cartolare, delle testimonianze dibattimentali. Inaccettabili lacune. La Corte Suprema rileva come nella sentenza impugnata i giudici non abbiano dato minimo conto dell’ iter logico – argomentativo da loro seguito gli stessi si sono limitati a richiamare gli atti impugnativi delle accuse pubblica e privata, senza specificare le ragione del convincimento posto alla base del ribaltamento” della pronuncia assolutoria. Inoltre, la Corte di appello non ha confutato gli elementi posti alla base della decisione del Gip, tanto che, dalla lettura della sentenza, non è dato comprendere quale sia la ratio avente comportato il superamento delle perplessità sull’ipotesi accusatoria. Inutilizzabilità patologica delle dichiarazioni rese al CT. L’accoglimento del ricorso si è imposto anche alla luce della violazione di legge, quanto all’utilizzo delle dichiarazioni della minore p.o. per giurisprudenza costante, infatti, tali dichiarazioni esauriscono la loro funzione nella definizione delle risposte ai quesiti circa la credibilità del minore e la quantificazione dell’abuso subito le stesse, però, non possono essere utilizzate come fonte di prova per la ricostruzione del fatto, non potendosi ammettere un aggiramento del divieto legale, attraverso la registrazione e la verbalizzazione delle informazioni ottenute. Particolarità dei bambini. Le lacune in cui è incorsa la Corte di appello risultano ancora più evidenti se si considera che la persona offesa è una minore di appena quattro anni sulla scorta della consolidata giurisprudenza e della Carta di Noto, infatti, l’attendibilità dei bambini deve essere vagliata con molta attenzione, dal momento che gli stessi sono soggetti altamente suggestionabili – anche in buona fede. Quando si analizzano le loro dichiarazioni, occorre tener conto delle sollecitazioni, del numero delle volte in cui il racconto è stato ripetuto, delle modalità della narrazione, di eventuali discrasie e modifiche rispetto alla primissima versione. Tutto da rifare. Alla luce di quanto precede, quindi, la sentenza di secondo grado è stata annullata – con rinvio ad altra sezione della Corte di appello, in quanto afflitta da mancanza di motivazione e omessa valutazione dei compendi probatori acquisiti al processo.

Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza 23 maggio - 24 ottobre 2013, numero 43723 Presidente Lombardi – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza in data 25 novembre 2011, in riforma della sentenza del G.I.P. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 24 novembre 2010, ha condannato alla pena di cinque anni di reclusione M.P. , per il delitto di cui all'art. 81cpv, 609 quater comma 1 e 5 c.p., perché, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, compiva atti sessuali con la figlia L. nata omissis , di anni quattro , consistiti nel toccarle gli organi genitali e nell'infilarle le dita nel sedere e della farfallina , con l'aggravante di avere commesso il fatto su persona minore di anni dieci, fatto accertato in omissis . L'imputato era stato inoltre condannato al risarcimento dei danni alla costituita parte civile, da liquidarsi nella sede competente. 2. Il processo penale aveva preso le mosse dalla denuncia della madre della piccola L. , presentata otto mesi dopo le prime rivelazioni, in quanto la donna aveva ritenuto di rivolgersi ad uno psicologo. Il giudice di primo grado aveva assolto ex art. 530 comma 2 c.p.p. il M. , atteso l'esito dell'incidente probatorio disposto peraltro tardivamente, su istanza dello stesso imputato, ritenendo inadeguato il percorso investigativo svolto dalla Procura, che si era avvalsa di una consulenza tecnica che aveva avuto una durata eccessiva, con dodici colloqui, molti dei quali svolti con la presenza della madre della piccola, per cui il giudice aveva ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese da L. in tale contesto solo al fine della risposta ai quesiti, ma le aveva considerate affette da inutilizzabilità patologica, quale prova a carico dell'imputato. Del pari aveva considerato il valore limitato delle testimonianze de relato . 3. I giudici di secondo grado, a seguito di appello del P.M. e della parte civile, hanno riformato la decisione ritenendo pienamente utilizzabili le dichiarazioni della bambina nel corso dei colloqui espletati durante la consulenza e tutti gli atti del fascicolo, ivi comprese le testimonianze de relato in virtù della scelta del rito abbreviato, posto che con tale opzione l'imputato aveva prestato il proprio consenso alla utilizzazione degli atti assunti non in contraddittorio delle parti. Nella motivazione i giudici hanno ritenuto di fare espresso richiamo alle argomentazioni addotte dagli appellanti e in specie quelle del PM ed hanno ritenuto che all'accertamento dell'anomala sessualizzazione, per comportamenti di autoerotismo, di una bimba così piccola e del disturbo post-traumatico da stress, potesse darsi risposta quanto alla causale, in difformità dal G.I.P., affermando la certa riconducibilità di tali effetti al verificarsi di certi giochi segreti tra la bimba ed il padre gli atti sessuali , che giustificavano anche la conoscenza dell'organo genitale maschile dalla bambina descritto e la non rilevanza della conflittualità della separazione dei genitori, atteso che quando la stessa era avvenuta la bimba aveva solo cinque mesi. 4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, per mezzo dei propri difensori, chiedendone l'annullamento, con due separati atti di ricorso, ampiamente articolati, in relazione ai seguenti motivi elencati qui congiuntamente, per semplificazione espositiva 1 Violazione di legge, mancanza di motivazione e/o motivazione apparente, motivazione per relationem e contraddittorietà della stessa, in riferimento agli artt. 191, 222, 228 e 195 c.p.p., rispetto alla ritenuta inutilizzabilità del contenuto dichiarativo della persona offesa, nel corso della consulenza tecnica del P.M. della dott.ssa C. e dalla inutilizzabilità del contenuto delle dichiarazioni rese dalla madre nella denuncia e nei verbali s.i.t., atteso che i giudici di secondo grado avrebbero ritenuto tale inutilizzabilità, sanata dalla scelta del rito e comunque dalla presenza delle videoregistrazioni di contro si tratterebbe di inutilizzabilità patologica, come confermato da molte decisioni di legittimità, non sanabile dalla scelta del rito abbreviato, in quanto posta in essere in evidente violazione del principio del contraddittorio sulla prova inoltre la consulente del PM, che effettuò gran parte dei colloqui alla presenza della madre della bambina, giunse persino ad opporsi al richiesto incidente probatorio sulla base del presupposto che avrebbe pregiudicato la serenità della minore 2 Mancanza di motivazione e/o motivazione apparente, motivazione per relationem e contraddittorietà della stessa, in riferimento agli artt. 125 e 192 c.p.p. analizzando la sentenza risulterebbe evidente che la stessa è costituita da espressioni generiche, non riempite di alcun contenuto specifico si fa riferimento alle dichiarazioni di I.B. , madre della piccola, del fratello e della fidanzata di questi, della dott.ssa Rossi ausiliario di P.G. , della dott.ssa C. consulente Pm , della dott.ssa S. , consulente nominata dalla I. . I giudici di secondo grado menzionerebbero inoltre un tale dott. P. , quale consulente della parte civile, mai risultante agli atti. La decisione non spiegherebbe, inoltre, le ragioni della condanna, limitandosi ad un espresso richiamo alle argomentazioni degli appellanti e del PM, senza però indicare i passaggi argomentativi necessari allo sviluppo del ragionamento probatorio e senza affrontare le tematiche esaminate dal G.U.P. nella parte motiva della sentenza assolutoria 3 Violazione di legge, mancanza di motivazione, motivazione per relationem e contraddittorietà della stessa, in riferimento alla sussistenza degli abusi sessuali e della loro riferibilità al padre della minore, in quanto la sentenza avrebbe attribuito ai comportamenti della bambina una valenza indiziaria univoca, eliminando impropriamente ogni considerazione agli esiti dell'incidente probatorio disposto dal G.I.P., laddove la bimba era stata evasiva, e senza considerare gli esiti delle consulenze tecniche disposte dalla difesa la sentenza avrebbe impropriamente selezionato il materiale probatorio, non spiegando l'esclusivo riferimento agli esiti dell'esame psicodiagnostico delle dott.ssa S. erroneamente ritenuta incaricata dal Tribunale per i minori e C. , senza riportare le opposte conclusioni del perito nominato dal giudice dott.ssa Pe. non sarebbe stata considerata la diversità tra le dichiarazioni fornite dalla bambina al C.T del P.M. e la versione resa in incidente probatorio. Non sarebbe stata fornita alcuna risposta alle deduzioni difensive avanzate con la memoria presentata nel giudizio di appello il 14 novembre 2011, comprendente l'elaborato tecnico a firma del dr. T. . Né sarebbe stata esaminata la possibilità di una causa alternativa, anche ricollegabile ai conflitti tra i due ex coniugi sui tempi di affidamento della bambina al padre e sull'importo dell'assegno di mantenimento, evidenziatisi in particolare all'udienza della causa civile del maggio 2008, conflitti addirittura negati dai giudici di secondo grado. Del tutto anomala inoltre, e rimasta senza alcuna motivazione, l'interruzione della registrazione del colloquio del 16 dicembre 2008, tra la C.T. del Pm e L. , nel corso del quale la bimba narrava il gioco del puntino 4 Violazione di legge, mancanza di motivazione in ordine alla omessa concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 609 bis, comma 4 c.p., richiamato dall'art. 609 quater c.p. 5 Violazione di legge, mancanza di motivazione in ordine alla omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, pur in presenza della sussistenza degli elementi soggettivi. 5. In data 3 maggio 2013, la parte civile costituita ha presentato ampia memoria con la quale ha ribadito l'insussistenza della carenza motivazionale lamentata dal ricorrente, la solidità dell'accertamento giudiziale, la piena utilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla bambina al C.T. del P.M., attesa la scelta del giudizio abbreviato, essendo acquisibili ex art. 234 c.p.p. le testimonianze de relato essendo state documentate con registrazione video e l'indiscusso dato della innaturale sessualizzazione della bambina stessa. La parte civile ha stigmatizzato quale mero espediente difensivo l'asserita manipolazione del colloqui del dicembre 2008 ed ha concluso ritenendo corretto il diniego delle circostanze attenuanti generiche. 6. In data 7 maggio 2013, la difesa dell'imputato ha presentato motivi nuovi, che possono essere così sintetizzati 1 Mancanza di motivazione sul contenuto delle dichiarazioni rese dalla minore L. in sede di incidente probatorio il 13 marzo 2009 alla dott.ssa Pe. , quando atteggiandosi all'atto di masturbazione aveva dichiarato di averlo imparato da sola 2 Contraddittorietà della motivazione laddove è stata ribadita l'innaturale sessualizzazione della bimba, a fronte dei contenuti della consulenza tecnica di parte del dott. T. e delle dichiarazioni rese dalla madre della minore, che aveva riferito della spontaneità di atti masturbatori nelle bambine di tenera età dalla stessa riscontrata nella sua esperienza di maestra d'asilo 3 Contraddittorietà della motivazione, laddove la sentenza impugnata esclude che la minore potesse avere appreso le pratiche di masturbazione in altro contesto. Inoltre sono state ribadite le censure di nullità della sentenza per motivazione apparente e contraddittorietà della motivazione, laddove i giudici hanno negato che i disturbi da stress di L. potessero dipendere dal conflitto tra gli ex-coniugi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato sia sotto il profilo della mancanza di motivazione, che della omessa valutazione degli elementi probatori acquisiti al processo, con conseguente evidente contraddittorietà tra gli scarni elementi inclusi nella struttura motivazionale. 2. Va premesso che la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio che in tema di motivazione della sentenza di condanna pronunciata in appello in riforma di sentenza assolutoria di primo grado, il giudice ha l'obbligo di confutare in modo specifico e completo le argomentazioni della decisione di assoluzione , come anche di valutare le ulteriori argomentazioni non sviluppate in tale decisione ma comunque dedotte dall'imputato dopo la stessa e prima della sentenza di secondo grado, pronunciandosi altresì sui motivi di impugnazione relativi a violazioni di legge intervenute nel giudizio di primo grado in danno dell'imputato e da questi non dedotte per carenza di interesse, nonché sulle richieste subordinate avanzate dall'imputato stesso in sede di discussione nel giudizio di primo grado . Cfr. Sez. 6, numero 22120 del 29/4/2009, Tatone e altri Rv. 243946 . Pertanto nella sentenza di condanna che ribalta la decisione assolutoria di primo grado devono essere confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti , questo perché la motivazione, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, deve dare compiuta ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati Cfr., per tutte, Sez. 5, numero 42033 del 17/10/2008, dep.11/11/2008, Pappalardo, Rv. 242330, Sez. Unite 12/7/205, numero 33748 . 3. Infatti è ormai principio condiviso che il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, formalmente introdotto nel nostro ordinamento dalla L. numero 46 del 2006, pur se non più accompagnato dalla regola dell'inappellabilità delle sentenze assolutorie, espunta dalla sentenza numero 36 del 2007 della Corte Costituzionale, presuppone comunque che, in mancanza di elementi sopravvenuti, l'eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sullo stesso materiale probatorio già acquisito in primo grado e ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, sia sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, che deve, quindi, rivelarsi, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile, neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull'affermazione di colpevolezza. Non basta, insomma, per la riforma caducatrice di un'assoluzione, una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo, invece, come detto, una forza persuasiva superiore, tale da far cadere ogni ragionevole dubbio, in qualche modo intrinseco alla stessa situazione di contrasto. La condanna, invero, presuppone la certezza della colpevolezza, mentre l'assoluzione non presuppone la certezza dell'innocenza ma la mera non certezza della colpevolezza . Sicché è illegittima la sentenza di appello che, in riforma di quella assolutoria, condanni, l'imputato sulla base di una alternativa e non maggiormente persuasiva interpretazione del medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio cfr., tra le altre, Sez. 6 numero 40159 del 3/11/2001 Sez. 2 numero 27018 del 17/3/2012 . Sez. 6 numero 1514 del 19/12/2012 . 4. A tale assetto dell'ordinamento nazionale deve essere ora aggiunta una nuova riflessione, lungo le linee tracciate sul punto dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si veda per la rilevanza della giurisprudenza EDU su un caso analogo, la parte motiva di Sez.3, numero 29074 del 22/5/2013, S.K., non mass. la quale, già con la decisione del 5 luglio 2011, nel caso Dan e. Moldavia, ha ritenuto sussistente la violazione dell'art. 6 par. 1 della CEDI , perché il processo di appello aveva ribaltato la sentenza assolutoria in assenza di qualsiasi attività istruttoria e perciò soltanto in base ad una diversa valutazione del materiale probatorio assunto in primo grado e recentemente, con le decisioni del 5 marzo 2013 Manolachi comma Romania e del 9 aprile 2013 Flueras comma Romania ha ritenuto iniquo un processo che si concluda con la condanna dell'imputato per una mera rivalutazione, su base meramente cartolare , della testimonianza, senza la audizione diretta dei testimoni, affermando il diritto ad essere giudicati sulla base di una valutazione delle dichiarazioni accusatorie che sia affidabile , in quanto garantita dalla percezione diretta del c.d. evento-testimonianza . 5. Come è noto l'evento-testimonianza in riferimento alla vittima di età minore, si compone non solo del risultato dell'esame-intervista, compiuta solitamente nel corso di un incidente probatorio, ma anche delle modalità con le quali tale incombente istruttorie venga realizzato. Per cui può essere affermato il principio che tale valutazione dei giudici di appello sulla testimonianza del minore-persona offesa, per essere affidabile - e fondare legittimamente la opposta valutazione di colpevolezza rispetto al decisum del primo giudice - deve essere conseguenza non della sola lettura delle trascrizioni dell'incidente probatorio, ma dall'analisi, seppure indiretta, dell'evento-testimonianza del minore, attraverso la visione delle videoregistrazioni della testimonianza. 6. Date queste premesse, va innanzitutto osservato che la sentenza impugnata non solo non da conto di avere svolto alcuna visione delle videoregistrazioni dell'incidente probatorio espletato il 13 e 27 marzo 2009, con l'ausilio della dott.ssa Pe. , di assunzione delle dichiarazioni della piccola L. , ma neppure ha esaminato i contenuti di esso, pur risultanti dalla trascrizione effettuata all'esito di una perizia appositamente disposta, omettendo qualunque motivazione sul narrato acquisito per mezzo di tale mezzo di prova e, in particolare, sulle specifiche dichiarazioni poste all'attenzione dei giudici di appello con la memoria difensiva e riprodotte nel terzo motivo di ricorso e nel primo motivo aggiunto . 7. In secondo luogo - ma di primario ed assorbente rilievo per l'accoglimento dei motivi di ricorso ai numeri 2 e 3 - la Corte di appello non ha affatto descritto il proprio iter logico argomentativo, richiamandosi al contenuto delle argomentazioni contenute negli atti di impugnazione innanzi ad esso giudice proposti dal P.M. e dalla difesa di parte civile, senza per nulla evidenziare le ragioni del proprio convincimento, senza indicare quali fossero gli specifici rilievi che hanno permesso ad esso Collegio di disattendere le motivazioni esposte dal G.i.p., e poste a base del primo verdetto assolutorio e, comunque, senza compiutamente riassumere ed analizzare quelle risultanze che, ritenute satisfattive pag. 11 della sentenza impugnata , avrebbero condotto a ritenere accertata la penale responsabilità del M. nell'abuso, tanto da ritenere superfluo qualunque ulteriore approfondimento istruttorio. La Corte di appello, nel richiamarsi alle argomentazioni altrui ripetutamente, le ritiene integrate dalle più salienti dichiarazioni rese dalla bambina pag. 8 della sentenza , senza però specificare quali siano i passaggi salienti di tale narrato, esplicitando addirittura di omettere un'argomentazione dettagliata in riferimento alle dichiarazioni rese dalla C.T. dott.ssa C. , dalle altre esperte e dalla relazione della dott.ssa S. , quanto all'individuazione dell'abuso sessuale quale univoca causa dei disturbi della piccola L. pag.10 . I giudici di appello hanno espresso un'autonoma valutazione solo quanto al segreto intercorrente tra la bambina ed il padre ed alla compresenza in capo alla bimba di sentimenti contrapposti , peraltro non meglio esaminati, per cui tale valutazione, disancorata dagli elementi conoscitivi posti a sua base, finisce per risultare del tutto apodittica. 8. La sentenza impugnata incorre in tal modo nel vizio di mancanza di motivazione, non avendo provveduto a scardinare gli elementi analiticamente vagliati nella decisione del giudice di prime cure, per così dire smantellandoli con argomenti convincenti e non avendo sostituito a quella valutazione la propria, attraverso una ricostruzione pur diversa, ma ancorata agli elementi probatori specifici, corredata da una motivazione congrua e di perfetta tenuta logica, per cui dalla lettura della sentenza non è dato comprendere la ratio decidendi sottesa al superamento, da parte dei giudici di secondo grado, di quelle perplessità sulla verifica dell'ipotesi accusatoria, che il G.I.P. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva constatato e posto a fondamento della sentenza assolutoria. Inoltre la impugnata sentenza risulta gravemente carente quanto alle risposte che avrebbe dovuto fornire anche alle deduzioni difensive dell'imputato contenute nella memoria presentata in grado di appello motivo espressamente articolato nel corpus del terzo motivo e comunque in qualche modo richiamato in tutte le censure relative alla contraddittorietà della motivazione sviluppate nei motivi aggiunti . 9. Quanto al materiale probatorio che è legittimo porre a base della valutazione dei giudici di secondo grado, deve essere accolto anche il primo motivo di ricorso, che ha censurato, per violazione di legge, la valutazione espressa dalla Corte di appello circa la utilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla bambina al C.T. del P.M., in contrasto con il principio affermato invece dal G.I.P., che aveva correttamente ritenuto inutilizzabili, ai fini della prova di responsabilità dell'abuso in capo al padre, le dichiarazioni rese dalla bambina nei numerosi colloqui mediante i quali si era svolto l'accertamento tecnico demandato dal PM alla dott.ssa C. , posto che, proprio in riferimento al giudizio abbreviato e ad un'ipotesi di violenza sessuale in danno di persona di età minore, la giurisprudenza di questa Sezione ha affermato il principio che le dichiarazioni rese dalla persona offesa al perito durante le operazioni peritali sono utilizzabili ai soli fini dell'espletamento dell'incarico ad esso affidato cfr. Sez. 3, numero 16854 del 4/3/2010, dep. 4/5/2010, B., Rv. 246984 e già Sez.3, numero 12647 dell'1/2/2006, dep. 11/4/2006, A. Rv. 234012 e, pur tenuto conto della difforme Sez.3, numero 2101 dell'11/11/2008, dep. 20/1/2009, R., Rv. 242256, tale orientamento maggioritario è stato di recente ribadito, seppure in un obiter, anche da Sez.1, numero 12731 dell'11/1/2012, dep. 4/4/2012, Spaccino, Rv. 252600 . 10. Secondo la giurisprudenza di legittimità, che questo Collegio intende qui ribadire, tali dichiarazioni esauriscono la loro funzione nella definizione delle risposte ai quesiti circa la credibilità del minore e la sussistenza degli indici di patito abuso sessuale, affidati al perito o al consulente tecnico in forza del divieto espresso di utilizzazione ex art. 228, comma 3 c.p.p. con l'affidamento della consulenza personologica sulla vittima, ma non possono essere utilizzate come fonte di prova per la ricostruzione del fatto. Nello stesso senso anche la decisione Sez.3, numero 6887 del 19/1/2011, dep. 23/02/2011, P. in procomma A., nella quale è stato considerato improprio e non pertinente il richiamo all'art. 234 c.p.p. suggerito nel caso in questione dalla difesa di parte civile , non potendosi consentire un aggiramento del menzionato divieto, attraverso l'espediente della registrazione o verbalizzazione delle informazioni acquisite. 11. D'altra parte appare necessario precisare che questa Suprema Corte ha di recente confermato che le scelte di impostazione del protocollo di indagine per indagini relative a reati sessuali con vittime minori in particolare, quelli in tenera età non sono disciplinate nel nostro sistema processuale penale con precisi parametri di riferimento, ma restano affidate alla discrezionalità dell'organo della accusa, che può di certo scegliere di svolgere indagini tecniche con le forme di cui all'art. 359 c.p.p., valutando positivamente la possibilità di una eventuale futura ripetizione dell'accertamento nel contraddittorio delle parti od anche tenendo conto che i risultati della C.T. possono assumere rilevanza ai fini probatori per effetto della scelta del giudizio abbreviato si veda la parte motiva di Sez.3, numero 3258 del 22/1/2013, F. ed anche la motivazione di. Sez.3, numero 17339, del 4/12/2012, G.M. . Ma occorre ricordare anche che, con altrettanta convinzione, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito il proprio orientamento, ormai consolidato, relativo alla particolare natura della psicologia dei bambini in tenera età, la cui personalità è in rapida età evolutiva, per cui una maggiore garanzia del contraddittorio nell'assunzione della prova unitamente ad una maggiore tutela dell'attendibilità del minore ed anche della sua personalità, in conseguenza della riduzione delle interviste giudiziarie necessarie per le esigenze di acquisizione probatoria del procedimento penale è assicurata dall'espletamento dell'incidente probatorio e/o di una perizia, od al limite da una consulenza tecnica disposta dal P.M. ex art. 360 c.p.p., che, secondo quanto si suggerisce si rimanda a Sez. 3, numero 3258 del 4/12/2012, F., Rv. 254139 potrebbe, e dovrebbe, essere più utilmente impiegato nei caso di abusi sessuali in danno di minori in età prescolare. 12. Nel caso di specie, di contro, la consulenza tecnica del P.M. disposta sulla minore si era svolta, stando a quanto esposto nei motivi di ricorso, con incontri in numero sovrabbondante, molti dei quali alla presenza della madre della bambina, con una registrazione non sempre espletata correttamente, tanto da far sollevare dubbi giustificati in capo alla difesa dell'imputato circa una conduzione non imparziale della consulenza e comunque un possibile inquinamento dei risultati della stessa. Tali elementi erano stati tenuti in considerazione dal G.I.P., ma sono stati del tutto tralasciati, pur in presenza di un'articolata memoria difensiva dell'imputato depositata nel processo di appello, dalla sentenza impugnata. 13. I giudici non hanno neppure tenuto in alcun conto nella motivazione neppure le indicazioni che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha elaborato quanto ai criteri di valutazione delle dichiarazioni rese dai minori, soprattutto quanto all'attendibilità dei bambini in tenera età che si dichiarano vittime di reati sessuali. Infatti se è ben vero che il giudice può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, all'esito di un vaglio positivo circa la sua attendibilità, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all'art. 192, comma 3 e 4 c.p.p. che richiedono la presenza di riscontri esterni cfr., per tutte, Sez. 1, numero 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016 , è anche evidente che per i bambini vittime di reati sessuali è necessario che l'esame della credibilità sia onnicomprensivo e tenga conto di più elementi quali l'attitudine a testimoniare, la capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle ovvero l'attitudine psichica, rapportata all'età, a memorizzare gli avvenimenti e a riferirne in modo coerente e compiuto , nonché il complesso delle situazioni che attingono la sfera inferiore del minore, il contesto delle relazioni con l'ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute cfr. Sez. 3, numero 39994 del 26/9/2007, Maggioni, Rv. 237952 e Sez.3, numero 29612 del 27/7/2010, P.C. in procomma R. e altri., Rv. 247740 . Infatti l'assunto secondo il quale i bambini piccoli non mentono consapevolmente e la loro fantasia attinge pur sempre ad un patrimonio conoscitivo deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi possono essere dichiaranti attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni eteroindotte interrogati con domande inducenti, tendono a conformarsi alle aspettative dello interlocutore” cfr. parte motiva Sez.3, numero 37147 del 18/9/2007, PM in procomma Scancarello . 14. Attesa la carenza motivazionale, mancando anche un mero riassunto delle dichiarazioni che la bimba ebbe a rendere in sede di incidente probatorio, risulta del tutto inadeguato il percorso argomentativo seguito anche rispetto al giudizio di attendibilità della piccola L. . In particolare non è stata per nulla considerata essenziale la ricostruzione della genesi della notizia del fatto la sentenza nulla chiarisce in merito alla prima dichiarazione della bambina, alle reazioni emotive degli adulti coinvolti, in particolare della madre né risulta in alcun modo verificato se l'incremento nella narrazione dei particolari di tali abusi nel tempo possa essere dipeso dalla professionalità degli intervistatori o da improprie interferenze tutti questi elementi sono invece richiesti, secondo le indicazioni che la giurisprudenza di questa Corte ha fornito ai giudici di merito per la valutazione relativa alla attendibilità delle dichiarazioni rese dai bambini cfr. Sez. 3, numero 24248 del 13/5/2010, O.J., Rv. 247285 e parte motiva Sez.3, numero 29612 del 27/7/2010 , in relazione alle quali è alto il rischio di trasmissione inconsapevole di informazioni da parte degli adulti ed il rischio di formulazione di domande suggestive, anche in perfetta buona fede, per la preoccupazione ed ansia di scoprire una temuta verità cfr, parte motiva della sentenza Sez.3, numero 9811 del 17/1/2007,PG in procomma C.F., non massimata . 15. Del resto, come le neuroscienze hanno precisato, la capacità di comprensione e produzione linguistica e quella di recupero corretto dei ricordi autobiografici, sono legate alla maturazione delle regioni cerebrali linguistiche dell'emisfero sinistro che si sviluppano dai quattro/cinque anni in poi. Sulla linea di tali studi scientifici, la Carta di Noto, che contiene le linee-guida per gli esperti nell'ambito degli accertamenti da loro compiuti sui minori vittime di abuso sessuale la quale, pur non dettando regole di valutazione vincolanti, rappresenta un formidabile strumento di verifica dei dati probatori acquisiti nel processo , nel nuovo testo approvato il 12 giugno 2011, ha sottolineato la necessità di analizzare il minore considerando le modalità attraverso le quali il minore ha narrato i fatti ai familiari, alla polizia giudiziaria, ai magistrati ed agli altri soggetti, tenendo conto, in particolare a delle sollecitazioni e del numero di ripetizioni del racconto b delle modalità utilizzate per sollecitare il racconto c delle modalità della narrazione dei fatti se spontanea o sollecitata, se riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative d del contenuto e delle caratteristiche delle primissime dichiarazioni, nonché delle loro modificazioni nelle eventuali reiterazioni sollecitate. Inoltre, al punto 13 del testo della Carta di noto è espressamente ricordato che l'esperto deve individuare eventuali ipotesi alternative emerse o meno nel corso dei colloqui. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati come indicatori specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude l'abuso. Attenzione particolare va riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori come a separazioni coniugali caratterizzate da inasprimento di conflittualità dove si possono verificare, ancor più che in altri casi, situazioni di falsi positivi o falsi negativi b allarmi generati solo dopo l'emergere di un'ipotesi di abuso e fenomeni di suggestione e di contagio 'dichiarativo' d condizionamenti o manipolazioni anche involontarie es. contesto psicoterapeutico, scolastico, eco . In particolare sotto questo profilo, nello svolgimento dei motivi di ricorso il ricorrente ha sottolineato, tra l'altro, la omessa considerazione da parte dei giudici del fenomeno delle spontanee manifestazioni di autoerotismo nelle bambine in tenera età e delle altre considerazioni svolte dal proprio consulente di parte. 16. Tutti queste indicazioni, che si attagliano al caso di specie, devono essere considerati dai giudici del merito e di tale giudizio qualunque sentenza, soprattutto quella che dichiara la colpevolezza dell'imputato avrebbe dovuto dare conto, mediante una motivazione ampia, esaustiva e completa, fornendo compiuta descrizione, analisi, esposizione dei criteri di valutazione degli elementi accertati nel corso del processo attraverso la garanzia del contraddittorio, all’esito della attenta considerazione della posizione di tutte le parti processuali. Per tutti questi motivi, e dovendosi considerare assorbite le doglianze di cui ai punti 4 e 5 del ricorso principale, deve, quindi, disporsi l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli per nuovo esame, demandando al giudice del rinvio le eventuali determinazioni in ordine alle spese sostenute nel presente grado della parte civile costituita. P.Q.M. Annulla la sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.