Non è possibile la falsificazione materiale di un atto amministrativo operando sull’atto non conforme

Falso materiale o falso ideologico? A questa domanda risponde la Corte di Cassazione.

Delibera di giunta falsificata. Falso materiale o falso ideologico? A questa domanda risponde la Corte di Cassazione, Quinta sezione Penale, con la sentenza n. 43341 depositata il 23 ottobre 2013 in un giudizio relativo ad una presunta falsificazione di un bando per affidare una consulenza pubblica da svolgere presso la locale Agenzia sanitaria. Il caso. I due imputati – uno dei quali assolto in secondo grado per non aver commesso il fatto – erano stati condannati in primo grado alla pena di 5 mesi e 10 giorni di reclusione per il delitto di cui agli artt. 110, 476 e 61, n. 2, c.p. La vicenda prendeva le mosse” da una presunta falsificazione di una delibera di giunta regionale del 2007. In buona sostanza - secondo l’imputazione -, il testo della delibera, con la quale erano stabiliti i criteri per conseguire un incarico di collaborazione coordinata e continuativa, si presumeva fosse stato alterato inserendo nel bando come pubblicato un requisito non previsto, nonché aggiungendo un criterio temporale ad uno dei requisiti già previsti. La falsificazione veniva ascritta ad uno dei due imputati per favorire l’altro, in pregiudizio di eventuali ulteriori interessati. Requisiti della collaborazione. In sede di appello, la Corte territoriale ritiene priva di pregio la tesi difensiva di uno dei due appellanti, in base alla quale l’individuazione dei requisiti esulava dalle competenze della Giunta regionale, chiamata esclusivamente a verificare la compatibilità finanziaria della collaborazione. In questo modo – secondo l’imputato – risultava del tutto corretto che il direttore generale dell’Agenzia regionale sanitaria potesse fissare analiticamente i criteri in parola. In realtà, secondo la Corte di appello, la proposta del direttore generale doveva intendersi come presupposto della delibera e, conseguentemente, l’approvazione doveva necessariamente riguardare anche i criteri fissati per individuare il collaboratore. Irragionevole sarebbe stata la facoltà concessa al direttore generale dell’Azienda sanitaria di modificare a proprio piacimento il contenuto di un atto istruttorio! Inoltre, sulla circostanza che requisiti erano stati effettivamente modificati vi era la sostanziale ammissione di uno dei due imputati. Ciò che conferma anche la sussistenza dell’elemento soggettivo, non essendo sostenibile la tesi difensiva secondo cui l’imputato era convinto che l’Agenzia avesse pieni margini di autonomia sulla specificazione dei requisiti da fissare nel bando. Bando e delibera sono atti distinti. In sede di ricorso per cassazione le doglianze della difesa si focalizzano sulla circostanza di trovarsi di fronte a due atti amministrativi distinti e non già ad uno solo il cui contenuto sia stato in ipotesi alterato. In questo senso delibera di Giunta e bando proveniente dall’Agenzia regionale sanitaria restano distinti. In questo caso, la falsificazione avrebbe comunque riguardato, secondo la difesa, non il secondo, ma il primo atto. Gli Ermellini , prendendo atto di quanto sostenuto dalla difesa degli imputati non possono far altro che accogliere il ricorso ritenendolo fondato. Infatti – si legge nella sentenza in commento -, lo schema procedimentale emergente nel caso di specie non corrisponde a quanto ritenuto dalla Corte di appello nella sentenza impugnata, in quanto gli atti da prendere in considerazione erano due e non già solo uno. L’avviso di selezione pubblica bando - proseguono i giudici di Piazza Cavour – nulla aveva a che vedere con la delibera che ne costituiva il logico e cronologico presupposto. Infatti, si trattava di un atto autonomo e, peraltro, senza che fosse stato accertato il suo valore attestativo del contenuto della delibera precedente o meno. In definitiva, secondo i giudici della Cassazione, la tesi accolta dalla Corte di appello, avuto riguardo alla descrizione del fatto-reato in ordine alla quale vi era stata la dichiarazione di penale responsabilità, avrebbe comportato rendere possibile la falsificazione materiale di un atto amministrativo non già operando sullo stesso, bensì su un altro e successivo atto che a questo risulti non conforme. Il che non è sostenibile sic! . Abuso d’ufficio. Infatti, agli occhi dei giudici del Palazzaccio , risulta evidente che stando così le cose il falso non riguardò la delibera. In realtà, volendo seguire i giudici dell’appello, l’alterazione interessò l’avviso di pubblicazione, cioè il contenuto della delibera come riportato nel bando, che era atto sostanzialmente e formalmente diverso. Risulta, pertanto, del tutto fuorviante discutere di falso materiale. Il fatto, visto che si riferiva alle modalità con cui il testo della delibera era stato trasfuso in un altro atto, autonomo dal primo, poteva al più – così i giudici della Cassazione – concretizzare un’ipotesi di falso ideologico, laddove la destinazione dell’avviso di selezione pubblica fosse anche quella di attuare la corrispondenza all’originale delle parti del testo della delibera di cui si dava conto. Le conclusioni si riferiscono ad un’eventuale diversa qualificazione della condotta degli imputati che, al più, poteva essere sussumibile nello schema dell’abuso d’ufficio. Da qui l’annullamento della sentenza del capo di imputazione che qui si commenta , senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 8 febbraio - 23 ottobre 2013, n. 43341 Presidente Ferrua – Relatore Micheli Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Ancona, in data 16/02/2012, riformava parzialmente la sentenza emessa dal Tribunale della stessa città il 22/07/2010 nei confronti di A M. ed B.A. , entrambi condannati in primo grado alla pena di mesi 5 e giorni 10 di reclusione con la conversione in libertà controllata per il M. , e nella corrispondente sanzione pecuniaria per il coimputato per il delitto di cui agli artt. 110, 476 e 61 n. 2 cod. pen., in esso assorbita anche un'originaria contestazione di abuso d'ufficio i giudici di secondo grado assolvevano invece il B. , per non aver commesso il fatto, mentre revocavano la conversione della pena inflitta al M. , concedendogli il beneficio della sospensione condizionale. I fatti si riferivano alla presunta falsificazione, stando alla rubrica, della delibera della Giunta regionale delle Marche n. 287, datata 05/04/2007 si assumeva infatti che il testo della delibera anzidetta, con la quale venivano stabiliti i criteri per conseguire un incarico di collaborazione continuativa e coordinata presso l'Agenzia regionale sanitaria, fosse stato alterato inserendo nel bando come poi pubblicato un requisito non previsto la cultura universitaria od equivalente nonché aggiungendo ad uno dei requisiti già contemplati la posizione dirigenziale o di consulenza direzionale la specificazione che avrebbe dovuto riguardare enti pubblici o privati, per un periodo superiore a 10 anni. La falsificazione de qua veniva ascritta al M. , dirigente presso la suddetta Agenzia, al fine di favorire il B. in pregiudizio di eventuali, ulteriori interessati. La Corte territoriale dava atto che secondo l'appellante M. l'individuazione dei requisiti da fissare per quei rapporti di collaborazione esulava dalle competenze della Giunta, chiamata soltanto a verificarne la compatibilità sul piano finanziario, per cui era da intendersi correttamente demandato al direttore generale dell'Agenzia regionale sanitaria Ma Be. , a sua volta iniziale coimputato il compito di fissare analiticamente i criteri in parola perciò, il documento istruttorie predisposto dallo stesso Be. , per quanto allegato alla delibera della Giunta regionale, non avrebbe potuto intendersi costituirne parte integrante, escludendosi che la successiva pubblicazione nel relativo bando di un testo parzialmente modificato - secondo l'ipotesi accusatoria, dalla operatrice R G. , ma secondo le direttive a lei impartite dal M. - potesse avere rilievo penale. La tesi veniva ritenuta priva di pregio, atteso che la proposta del direttore dell'Agenzia doveva intendersi un presupposto della delibera, sicché la conseguente approvazione - posto che l'incarico di collaborazione costituiva oggetto di conferimento diretto da parte della stessa Giunta - veniva a comportare l'approvazione anche dei criteri fissati per individuare il collaboratore / soggetto esterno sicché, doveva reputarsi irragionevole che il direttore generale dell'Agenzia regionale sanitaria potesse modificare a proprio piacimento il contenuto di un atto istruttorio, come del resto confermato in sede di interrogatorio dallo stesso Be. . Questi aveva infatti dichiarato che l'avviso da pubblicare sul Bollettino ufficiale della Regione avrebbe dovuto avere contenuto sicuramente conforme al deliberato della Giunta, tanto da aver dato la circostanza come pacificamente presupposta, senza aver ulteriormente sottoscritto il testo inviato per la pubblicazione. Sottolineava inoltre la Corte che anche il M. aveva sostanzialmente ammesso che i requisiti contenuti nella delibera erano stati modificati, senza precisare su iniziativa di chi ciò sarebbe accaduto era stata peraltro la G. a dichiarare che l'avviso inoltrato al Bollettino era stato redatto da lei, ma secondo quel che le aveva indicato l'imputato e non già effettuando un mero copia e incolla rispetto al testo dell'originario documento istruttorio. La medesima operatrice aveva poi smentito un ulteriore assunto del M. , secondo il quale egli avrebbe, in un momento successivo, dato disposizioni affinché ogni aggiunta a quel testo avrebbe dovuto essere eliminata, senza poi dare corso al proposito o controllare se vi fosse stato dato seguito per mera disattenzione o fretta. Ad avviso dei giudici di appello, era pertanto da confermare la sussistenza anche dell'elemento soggettivo, non essendo sostenibile la tesi difensiva secondo cui l'imputato era in realtà convinto che l'Agenzia avesse pieni margini di autonomia sulla specificazione dei requisiti da fissare nel bando in quel caso, sarebbe stato comunque necessario un ulteriore ed autonomo atto amministrativo, da adottare in forma scritta ed a firma del direttore generale. Doveva infine affermarsi la pertinenza al caso di specie di un precedente giurisprudenziale di legittimità in cui era stata affermata la sussistenza del delitto contestato nella ipotesi della trascrizione, nel registro di un istituto di pena, del contenuto di un fonogramma in termini diversi rispetto a quelli della comunicazione effettiva, posto che si tratta di un caso in cui doveva essere trascritto esattamente sul Bur il contenuto di un atto pubblico adottato dalla Giunta regionale, essendo tale pubblicazione diretta a diffondere il testo esatto della relativa determinazione”. 2. Propongono ricorso, con atto unico sottoscritto da entrambi, il M. e il di lui difensore, deducendo quattro motivi. 2.1 Con il primo motivo, si lamenta violazione degli artt. 125 e 546 cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 476 cod. pen., nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata. Prendendo spunto dalla citazione giurisprudenziale all’uopo richiamata, si sostiene che quella vicenda non potrebbe mai considerarsi sovrapponibile alla fattispecie concreta, giacché nel caso in esame ci si trova dinanzi a due atti amministrativi distinti, non già ad uno solo il cui contenuto sia stato in ipotesi alterato da un lato vi è la delibera della Giunta, dall'altro il bando proveniente da altra autorità l'Agenzia , perciò la falsificazione avrebbe comunque riguardato non già il primo, bensì il secondo. Stando al ricorso, seguendo il ragionamento della Corte di appello si sarebbe al più potuto sostenere che l'alterazione del vero è stato effettuata sul bando, non nella delibera della Regione oppure che con il bando è stato consumato un abuso di potere, non che si è falsificata la delibera in questione”. 2.2 Con il secondo motivo si lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione, insistendo sul rilievo che il documento istruttorio inizialmente allegato alla delibera non avrebbe dovuto considerarsi parte integrante della stessa, giacché la Giunta si sarebbe limitata a condividere l'atto istruttorio, senza in alcun modo farlo proprio né avrebbe potuto, visto che ciò si sarebbe risolto in una violazione dell'autonomia dell'Agenzia regionale sanitaria. Tanto più che nella delibera presupposta a quella in esame, emessa nel 2006 e concernente lo schema di convenzione ed i principi generali da seguire per il conferimento degli incarichi di collaborazione esterna, non veniva in alcun modo prescritto che la Giunta dettasse indicazioni specifiche e dettagliate sui requisiti del candidato all'incarico, da rimettere alla discrezionalità ed all'autonomia decisionale del dirigente al momento del bando. 2.3 Con il terzo motivo si rappresenta un ulteriore profilo di mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui si ritiene che la teste G. avesse smentito gli assunti del M. circa la necessità di eliminare eventuali aggiunte apportate al testo da pubblicare riportando il passo delle dichiarazioni della operatrice, rese nel corso della sua deposizione in contraddittorio, viene evidenziato che ella alla domanda se l'imputato avesse detto torniamo al requisito base, previsto dall'atto istruttorio rispose Sì, cioè comunque ci dovevamo rifare alla delibera di Giunta, al requisito della delibera di Giunta . 2.4 Con il quarto ed ultimo motivo la difesa deduce violazione degli artt. 125 e 546 cod. proc. pen., nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla ritenuta ravvisabilità del dolo dovrebbe infatti escludersi in radice che la condotta contestata abbia in ogni caso prodotto il risultato - e fosse dunque animata da quel proposito - di favorire il B. . In concreto, i requisiti che si intendono sul bando aggiunti o modificati rispetto al testo iniziale della delibera furono assolutamente generici, e niente affatto individualizzanti onde recare vantaggio al suddetto in una rosa di potenziali candidati. Quanto al requisito della cultura universitaria o equivalente , oggettivamente privo di concreto significato, esso non poteva certamente valere ad orientare le determinazioni della pubblica amministrazione verso il B. , titolare di laurea honoris causa un titolo siffatto, notoriamente, viene conferito anche a persone che non hanno elevato livello culturale e, a ben guardare, una totale omissione di riferimenti a riguardo - come nella previsione originaria del documento istruttorio - sarebbe stata addirittura più favorevole per il B. . Richiedendosi una cultura universitaria , infatti, qualunque concorrente laureato a seguito di regolare corso di studi sarebbe stato da preferire a chi poteva vantare solo una laurea onorifica. Inoltre, nel documento istruttorio era previsto che il candidato avesse posizione dirigenziale o di consulenza direzionale , mentre nel bando risultò specificato che doveva trattarsi di posizione dirigenziale o di consulenza direzionale di enti pubblici o ditte private superiore ai dieci anni . La difesa osserva che il riferimento sia ad enti pubblici che a ditte private non aveva concreto significato, mantenendo l'onnicomprensività della dicitura iniziale semmai, ove interpretata nel senso di voler escludere situazioni intermedie, come le società a partecipazione pubblica, l'integrazione avrebbe nuovamente danneggiato il B. , che poteva vantare solo esperienze di quel tipo inoltre, il requisito temporale era già previsto al punto precedente, dove si richiedeva -in una parte del documento rimasta inalterata nell'avviso di selezione pubblica - esperienza pluridecennale nell'ambito dell'amministrazione e del governo aziendale . Conclusivamente, nel ricorso si osserva che non sarebbe in alcun modo spiegabile e risulterebbe contrario ad ogni logica che l'odierno imputato, volendo perseguire l'intento di favorire [ .] il B. , predisponesse un documento istruttorio appena qualche tempo prima del bando di concorso con previsione di determinati requisiti e poi, praticamente subito dopo, desse disposizioni per inserire nell'avviso di selezione pubblica requisiti aggiuntivi in contrasto con le previsioni del documento istruttorio dallo stesso redatto, al fine di cucirli addosso al candidato che intendeva favorire. Ovvia la considerazione che ciò avrebbe potuto fare già in sede di redazione del documento istruttorio, tanto più che, secondo quanto previsto dalla normativa amministrativa in materia [ .], egli godeva di una certa autonomia nella individuazione di tali requisiti”. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1 Già a proposito delle censure mosse con i primi due motivi, si rileva che lo schema procedimentale emergente nel caso di specie non corrisponde a quanto ritenuto dalla Corte di appello nella sentenza impugnata gli atti da prendere in considerazione erano infatti due, non già uno solo. L'avviso di selezione pubblica o bando, se si preferisce nulla aveva a che vedere con la delibera che ne costituiva il logico - e cronologico, come subito appresso evidenziato - presupposto si trattava di un atto autonomo, e peraltro non risulta accertato se dovesse avere o meno valore attestativo del contenuto della delibera precedente. Sul punto, la Corte territoriale afferma che la necessità di pubblicare sul bollettino regionale un avviso integralmente conforme a quanto deliberato dalla Giunta, escludendo che vi fossero discrezionalità di sorta in capo al dirigente dell'Agenzia presso cui doveva comunque essere incardinato il soggetto da selezionare troverebbe conferma dalle dichiarazioni del direttore generale in questione, Be.Ma. ciò perché egli aveva dato per scontata quella conformità, astenendosi anche dal sottoscrivere il documento inviato per la pubblicazione. Affermazione, però, di illogicità manifesta non considera, da un lato, che un conto è la convinzione personale del dirigente sull'estensione dei poteri del suo ufficio, ben altro è esaminare in concreto le norme che prevedono e disciplinano i poteri de quibus fra cui la delibera presupposta dell'anno precedente, richiamata dal ricorrente dall'altro, che il Be. era coimputato in questo stesso processo, con ovvio interesse a rendere dichiarazioni che facessero escludere la sua responsabilità. Come correttamente esposto nel ricorso in esame, la tesi esposta nella pronuncia della Corte di appello, avuto riguardo alla descrizione del fatto-reato in ordine al quale vi è stata declaratoria di penale responsabilità, è in definitiva che sia possibile la falsificazione materiale di un atto amministrativo non già operando sullo stesso, bensì su un altro e successivo atto che a quello risulti non conforme. Il che non è sostenibile. Nel capo di imputazione sub a , infatti, si contesta al M. - ed agli altri soggetti poi assolti, richiamando per tutti il delitto ex art. 476 cod. pen. - di avere alterato il testo della delibera della Giunta Regionale n. 287 di data 05/04/2007, nella parte in cui indicava i requisiti per il conseguimento di un incarico di collaborazione coordinata e continuativa profilo 1.1 si assume pertanto che l'oggetto della falsificazione sia la delibera della Giunta, come del resto confermato dal rilievo empirico che la collocazione spazio-temporale del fatto addebitato recita In Ancona, il 05/04/2007 . Tuttavia, nel riportare l'attività materiale che quegli imputati avrebbero realizzato, si precisa che essi in particolare nel bando 1 aggiungevano il requisito della cultura universitaria equivalente 2 aggiungevano alla dizione posizione dirigenziale o di consulenza aziendale, come approvata dalla Giunta, in enti pubblici o privati superiore a 10 anni, e ciò al fine di adeguare i requisiti a quelli posseduti dal B.A. . Ma allora è evidente che il falso non riguardò la delibera, e non si realizzò il 5 aprile 2007 e la stessa Corte territoriale non può non rilevarlo, laddove passa a trattare dell'elemento soggettivo dopo una premessa che recita nell'ottava pagina, l'originale non risulta numerato accertata, per quanto sopra esposto, la condotta materiale della alterazione dell'avviso da pubblicare sul BUR rispetto a quanto approvato dalla Giunta regionale”. L'alterazione interessò l'avviso da pubblicare, vale a dire il contenuto di quella delibera per come riportato nel bando, che era si ribadisce atto sostanzialmente e formalmente diverso il che porta alla immediata conseguenza che è del tutto fuorviante discutere di falso materiale. Il fatto, riguardando le modalità con cui il testo della delibera era stato trasfuso in un altro atto, autonomo dal primo, poteva al più concretizzare una ipotesi di falso ideologico, laddove - e non è stato provato, come rilevato in precedenza - la destinazione dell'avviso di selezione pubblica fosse anche quella di attestare la corrispondenza all'originale delle parti del testo della delibera di cui si dava ivi contezza addebito, però, certamente eterogeneo e comunque da collocare in altra data. In vero, il 5 aprile vi fu l'adozione della ricordata delibera come tale, rimasta sempre inalterata e mai falsificata da chicchessia , mentre il bando intervenne una settimana più tardi, con la pubblicazione sul bollettino della Regione Marche n. 35 del 12/04/2007. Ne deriva che il fatto contestato - di falso materiale - non sussiste. 1.2 La condotta in relazione alla quale è stata esercitata l'azione penale, complessivamente descritta nei capi A e B , può invece meritare qualificazione in termini di abuso d'ufficio, reato che - venendo meno l'addebito di falso, e dunque l'operatività della clausola di riserva ex art. 323 cod. pen. - è in astratto configurabile. Per il reato de quo è tuttavia necessario che l'elemento soggettivo abbia connotazione di dolo intenzionale, e la Corte territoriale non ha offerto adeguata valutazione sul punto essendosi fermata alla soglia del dolo generico, sufficiente a ritenere configurabile il delitto di cui all'art. 476 valutazione che è necessario rimettere al giudice competente ai sensi dell'art. 627 del codice di rito, dovendosi in quella sede tenere conto - al di là delle doglianze mosse dal ricorrente con il terzo motivo, dove si profila un travisamento della prova non concretamente ravvisabile - delle specifiche censure formulate con il quarto motivo di ricorso. 2. Si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata, nei termini di cui al dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo A , senza rinvio, perché il fatto non sussiste. Annulla detta sentenza, con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Perugia, con riguardo al capo B .