Decide il giudice italiano anche se solo un frammento della condotta si è verificato in Italia

Ciò che conta è che sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio straniero.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 43340, depositata il 23 ottobre 2013. La fattispecie. Secondo il Tribunale vi era un difetto di giurisdizione per i reati di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita art. 648 ter c.p. e per aver violato i provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa art. 7, legge n. 203/1991 , contestati all’imputato, mentre, a parere del Pubblico Ministero ricorrente in Cassazione, per i reati per i quali è prevista una pena non inferiore nel minimo a 3 anni, va applicata la legge italiana in forza dell’art. 9 c.p. delitto comune del cittadino all'estero . È sufficiente che anche solo un frammento della condotta si sia verificata in Italia. Sul punto, la Corte di legittimità ha affermato che, ai fini dell’affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all’estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, che, seppur privo dei requisiti di idoneità e di in equivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio straniero. Sarà il giudice a cui la Cassazione ha rinviato a riesaminare la questione in ordine ad entrambi i reati contestati.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 – 23 ottobre 2013, n. 43340 Presidente Casucci – Relatore Carrelli Palombi di Montrone Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 28/12/2012 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce applicava nei confronti, tra gli altri, di P.G. la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 881, 110, 648 ter cod. pen. 7 legge n. 203 del 1991. 1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l'indagato P.G. ed il Tribunale di Lecce annullava l'ordinanza impugnata dichiarando il difetto di giurisdizione per il reato ascritto a P.G. . 2. Ricorre per Cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Lecce, sollevando il seguente motivo di gravame violazione di legge e difetto di motivazione, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. b , c ed e cod. proc. pen., in relazione agli artt. 6, 9 e 648 ter cod. pen., 12 quinquies legge n. 356 del 1992, 4 legge n. 146 del 2006 con riferimento all'art. 3 lett. a e d legge n. 203 del 1991. Fa, al riguardo, rilevare che il Tribunale, in relazione al reato di cui all'art. 12 quinquies legge n. 356 del 1992, ha ritenuto il difetto di giurisdizione, affermando non esistere la prova di consumazione di parte della condotta in Italia, omettendo di indicare gli elementi dai quali aveva tratto il suo convincimento. Evidenzia ancora che per entrambi i reati ipotizzati, per i quali è prevista una pena non inferiore nel minimo a tre anni, andava applicata la legge italiana in forza dell'art. 9 cod. pen Considerato in diritto 3. Il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce risulta fondato e merita, pertanto, accoglimento con annullamento del provvedimento impugnato e rinvio al Tribunale di Lecce per nuovo esame. In primo luogo, con riferimento al reato di cui agli artt. 110, 81 cod. pen. 12 quinquies legge n. 356 del 1992 e 7 legge n. 203 del 1991, ipotizzato al capo 3 dell'ordinanza genetica, coglie nel segno il P.M. ricorrente nell'eccepire la totale omissione della motivazione da parte del Tribunale del riesame di Lecce, nella parte in cui è stato dichiarato, in relazione a detto reato ascritto al P. , il difetto di giurisdizione italiana. In tal senso nella decisione impugnata viene dato atto esclusivamente che le attività di acquisto e di intestazione fittizia delle azioni della società Bet Plus si sarebbero verificate in Albania in data 2/10/2009, data che evidentemente si riferisce al contratto di acquisto della predetta società. Risulta, quindi, che il Tribunale non ha, adeguatamente, preso in considerazione l'articolata condotta che era stata ipotizzata nel capo d'imputazione e rispetto alla quale nell'ordinanza genetica si era ravvisata la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza detta condotta risulta integrata, tra l'altro, dalla formazione, da parte del Pr. , delle disponibilità finanziarie necessarie per l'effettuazione dell'operazione finanziaria fittiziamente attribuita al P. e dall'ideazione e programmazione dell'intera operazione trattasi di attività delittuosa che, necessariamente, almeno in parte, doveva considerarsi commessa nel territorio dello Stato, tenuto conto che tutti i soggetti coinvolti nella stessa risultano risiedere stabilmente in Italia e considerato anche che la condotta risultava finalizzata alla commissione dei delitti di cui all'art. 648 ter cod. pen., consentendo l'impiego in attività economiche svolte all'estero di denaro proveniente dai reati di contrabbando di tabacchi lavorati esteri e di partecipazione all'associazione mafiosa denominata Sacra Corona Unita, operante in Italia, e dedita anche al narcotraffico. E del resto di tutto ciò il Tribunale ha palesato piena consapevolezza, affermando esplicitamente che risulta evidente che il Pr. fosse l'effettivo titolare delle quote della società albanese intestate a persone di nazionalità italiana, persone considerate vicine allo stesso e certamente a conoscenza delle pregresse attività illecite facenti capo al suddetto Pr. il che rende ancora più evidente il difetto di motivazione, non essendosi, appunto, tenuto conto degli elementi di fatto emersi nelle indagini preliminari in base ai quali sussisteva la giurisdizione italiana, ai sensi dell'art. 6 comma 2 cod. pen., risultando commessa nel territorio dello stato quanto meno una parte rilevante della condotta incriminata. Ed al riguardo questa Corte ha, costantemente, affermato che, ai fini dell'affermazione della giurisdizione italiana in relazione a reati commessi in parte all'estero, è sufficiente che nel territorio dello Stato si sia verificato anche solo un frammento della condotta, che, seppur privo dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo, sia apprezzabile in modo tale da collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella realizzata in territorio estero Sez. 6, Sentenza n. 16115 del 24/04/2012, Rv. 252507 . Ed anche con riferimento al reato di cui al capo 4 - artt. 81, 110, 648 ter cod. pen. 7 legge n. 203 del 1991, dalla lettura del provvedimento impugnato emerge che il Tribunale, pur dando atto della sussistenza della giurisdizione italiana, per essere lo stesso stato consumato almeno in parte in Italia, concludeva poi, in modo contraddittorio, per il difetto di giurisdizione in relazione a tutte le ipotesi di reato addebitate al P. . Di tali principi di diritto il Tribunale del riesame di Lecce dovrà tenere conto nel riesaminare la vicenda cautelare relativa all'indagato P.G. . P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Lecce per nuovo esame.