Ricorso straordinario anche per l’imputato sottoposto a misura cautelare? La Corte Costituzionale ci pensa...

Il sistema delle impugnazioni soffre una falla quando l’errore pregiudica l’imputato sottoposto a procedure de libertate. L’ultima parola spetta alla Corte

I diritti della difesa lesi e l’assenza di una soluzione processuale. La contestazione di alcuni fatti di droga conduce un imputato alla custodia cautelare in carcere, la misura viene confermata dal tribunale della libertà. Ricorre in Cassazione l’imputato, tuttavia il difensore non viene ritualmente convocato in udienza per la discussione, per un lampante errore di comunicazione presso il suo studio. I giudici distrattamente non se ne avvedono e confermano la misura. Ricorre ancora in Cassazione l’imputato, stavolta ex art. 625 bis c.p.p., rilevando l’evidente errore di percezione sul fatto commesso dai giudici sul mancato perfezionamento della notifica, il quale comporterebbe l’immediata rilevabilità di una nullità ex art. 178, lett. c , c.p.p. L’art. 625 bis c.p.p. è tuttavia riservato ai soli condannati , non già agli imputati . I giudici invocati riconoscono le ristrettezze dello strumento processuale incardinato e l’impossibilità di revocare la sentenza divenuta definitiva – maturato ormai il c.d. giudicato cautelare -. L’ errore di fatto – quando commesso dai giudici di ultima istanza per l’applicazione di una misura cautelare - risulterebbe dunque privo di impugnativa processuale, anche laddove fossero stati clamorosamente pregiudicati i diritti della difesa, nel caso non avvertita dell’udienza da celebrare. Di seguito, la Cassazione, Terza sezione Penale, n. 42370 depositata il 15 ottobre 2013, adombra sospetti di costituzionalità della norma, rinviando ai giudici delle leggi. Non soccorre lo strumento della correzione materiale delle sentenze. Troppo limitato lo spettro applicativo della correzione dell’errore materiale , non è invocabile in caso di errori in grado di determinare la nullità dell’atto e comporta, se accolta l’istanza, l’annotazione sull’originale dell’atto e non già la revoca. Inoltre si riferisce alle mancate corrispondenze fra la volontà di disporre, correttamente formatasi, ed espressione grafica, ed esclude i casi, come quello in oggetto, di una errata percezione di elementi di fatto o di diritto in vero icto oculi verificabili. Le discutibili ristrettezze del Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto . Va esclusa la possibilità per l’imputato di ricorrere al g.i.p. per la modifica della misura cautelare , in assenza di elementi nuovi in grado di poterne demolire i presupposti sostanziali. Impraticabile altresì la via del ricorso straordinario per l’errore di fatto dei giudici, ex art. 625 cit. Troppo vincolante il tenore letterale della norma, che limita ai soli condannati la legittimazione a ricorrere. Impossibile dunque una interpretazione adeguata dello strumento processuale de quo ai canoni garantisti della tutela dei diritti della difesa ex art. 24 della Costituzione. Tuttavia l’art. 625 cit. va evidentemente esteso oltre i succitati e limitati valori semantici. Impotente la Cassazione pur verificata l’imperfezione del sistema delle impugnazioni processuali nel caso di provvedimenti de libertat e divenuti definitivi, i giudici non possono fungere da mano emendatrice della norma. Gli strumenti interpretativi cedono a fronte di un disposto letterale così netto ed escludente – l’imputato a ricorrere - . La Cassazione invoca una Corte Costituzionale riparatrice. Non resta che la Corte costituzionale. Gli Ermellini hanno dunque invitato il giudice delle leggi - accertata la rilevanza e la fondatezza della questione mossa dal ricorrente – ad un chiaro restyling di quella norma, fino a consentire  anche all’imputato oggetto di un provvedimento giurisdizionale pregiudicato da errore giudiziale di fatto , la promozione di uno strumento processuale in grado di consentire la maturazione di un giudicato cautelare finalmente conforme a diritto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 settembre - 15 ottobre 2013, numero 42370 Presidente Teresi – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli è stata disposta a carico del sig. D.M. la sostituzione della misura cautelare della custodia domiciliare con quella della custodia in carcere in ordine al reato ex articolo 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309. Il sig. D.M. ha censurato tale provvedimento davanti al Tribunale di Napoli, che con ordinanza dell'8/11/2012 ha confermato la decisione assunta dal Giudice delle indagini preliminari. 2. Con la sentenza numero 21325/13 del 12/2/2013, decidendo su ricorso dell'indagato, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, ha respinto l'impugnazione e la misura della custodia in carcere ha avuto esecuzione. 3. Con ricorso ex articolo 625-bis cod. proc. penumero il Difensore evidenzia come, per errore di fatto, la notifica dell'atto di citazione avanti la Quarta Sezione Penale sia stata inoltrata a diverso destinatario mediante invio di telefax a utenza telefonica del circondario di Genova, così impedendogli di conoscere la data della udienza e di partecipare alla stessa circostanza questa che il Difensore ha potuto accertare soltanto in momento successivo alla comunicazione dell'estratto della sentenza citata che definiva il procedimento cautelare. 4. Detto ricorso risulta preceduto da altra impugnazione di analoga natura, oggetto di decisione di questa Corte dello scorso mese di aprile, di cui si dirà appresso. 5. Infine, risulta presente in atti una diversa istanza ex articolo 130 cod. proc. penumero , non fascicolata e non registrata in occasione della udienza del 12/6/2013 fissata per la trattazione del ricorso ex articolo 625-bis cod. proc. penumero Per tale ragione all'udienza del 12/6/2013 questa Corte ha disposto il rinvio del procedimento a nuovo ruolo affinché si provvedesse a regolarizzare la registrazione delle richieste del sig. D.M. e la relativa fascicolazione. Considerato in diritto 1. Osserva la Corte in via preliminare che avverso la citata sentenza emessa dalla Quarta Sezione di questa Corte sono stati presentanti dal sig. D.M. plurimi atti di impugnazione che a diverso titolo lamentano l'esistenza di un errore che ha compresso i diritti della difesa il primo, ex articolo 625-bis cod. proc. penumero e oggetto del procedimento numero 11191/2013, è stato esaminato mediante l'ordinanza numero 20931/13 emessa da questa Sezione all'udienza del 26/4/2013 con pronuncia di inammissibilità il secondo, sempre ex articolo 625-bis cod. proc. penumero è oggetto del presente procedimento, numero 14544/13 il terzo, ex articolo 130 cod. proc. penumero , è stato trasmesso come seguito e unito agli atti del presente procedimento attesa l'unicità della materia trattata. 2. In tutti i casi ricordati il ricorrente lamenta che la sentenza a lui sfavorevole emessa dalla Quarta Sezione Penale di questa Corte in data 12/2/2013 risulti viziata da un errore radicale, consistente nell'omessa notifica al difensore dell'avviso di udienza, e che il giudizio di legittimità si sia conseguentemente svolto in assenza di contraddittorio senza che ciò dipenda da scelte della difesa. 3. La censura è fondata in punto di fatto. Dall'esame della documentazione in atti, che la Corte può effettuare in presenza di censura in procedendo , emerge che nessun difensore presenziò alla trattazione del ricorso e che la notificazione al Difensore di fiducia in vista dell'udienza del 12/2/2013 fu effettuata a numero di telefono recante il prefisso 010, corrispondente all'area genovese, e non al numero telefonico dello Studio dell'avv. Esposito Fanello il Collegio non rilevò il vizio di notificazione e l'udienza si svolse senza la presenza del Difensore, iscritto all'Albo speciale e a cui l'avviso doveva essere inviato anche quale rappresentante dell'indagato, per legge non destinatario di autonoma comunicazione. Si è, dunque, in presenza di violazione del diritto dell'indagato ad essere rappresentato in giudizio e assistito tecnicamente, con conseguente vizio del giudizio integrante l'ipotesi di nullità di ordine generale prevista dall'articolo 178, lett. c , cod. proc. penumero . 4. Può rilevarsi fin d'ora che detta violazione chiama in causa, come sarà di seguito approfondito, i principi del giusto processo, fissati dall'articolo 111 Costituzione il diritto inviolabile alla difesa, fissato dal comma 2 dell'articolo 24 Costituzione i principi del processo equo, fissati dall'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali di seguito, Cedu , ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, numero 848 nonché il principio di parità di trattamento, fissato dall'articolo 3 Costituzione. 5. Tutto ciò premesso, va ricordato che il ricorso ex articolo 625-bis cod. proc. penumero che ha dato luogo al presente procedimento, numero 14544/2013 R.G., è stato preceduto da altro ricorso avente contenuto nella sostanza analogo proposto dal medesimo ricorrente e oggetto dell'ordinanza numero 20931/13 pronunciata da questa Sezione all'udienza del 26/4/2013. Detta ordinanza dichiarò la non ammissibilità dell'impugnazione in quanto proposta non avverso una sentenza che definisce il processo, e dunque da persona condannata nei termini fissati dall'articolo 625-bis, commi 1 e 2, cod. proc. penumero , bensì avverso una ordinanza cautelare. Sul punto si rinvia all'ampia motivazione dell'ordinanza del 26/4/2013, che viene qui riportata nei suoi passaggi rilevanti 3. Il ricorso è inammissibile. L'articolo 625-bis cod. proc. penumero , nel disciplinare il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, stabilisce, al primo comma, che il rimedio è ammesso a favore del condannato. Come chiarito da tempo dalle Sezioni Unite di questa Corte, la disposizione richiamata ha natura di norma eccezionale e, come in essa specificato, l'impugnazione straordinaria può riguardare soltanto quei provvedimenti della Corte di cassazione che rendono definitiva una sentenza di condanna e non anche le altre decisioni che intervengono in procedimenti incidentali SS. UU. numero 16103, 30 aprile 2002. Conf. SS.UU. numero 16104, 27 marzo 2002, non massimata . Le Sezioni Unite hanno infatti posto in evidenza il carattere tassativo della normativa dettata dall'articolo 625-bis, escludendo espressamente che il ricorso straordinario possa essere proposto anche contro le decisioni adottate nei procedimenti incidentali de libertate e ciò considerando, oltre al tenore letterale del primo comma in precedenza ricordato, anche la limitazione della legittimazione all'impugnazione straordinaria al procuratore generale e al condannato ricavabile dal comma 2, osservando che l'estensione della speciale disciplina a decisioni emesse all'interno di procedimenti incidentali trova insuperabile preclusione nel divieto dell'interpretazione analogica. 4. Poco tempo dopo la pronuncia delle Sezioni Unite, questa Corte ha avuto modo di verificare la tenuta costituzionale della disposizione codicistica in esame, escludendo la fondatezza della questione sollevata in relazione all'articolo 3 Cost. con riferimento alla parte in cui l'articolo 625-bis cod. proc. penumero prevede che il ricorso straordinario sia esperibile solo dal condannato e non anche dall'imputato con riferimento ad errore occorso in procedure incidentali, rilevando che trattasi di situazioni completamente diverse e che le decisioni emesse all'esito di queste ultime costituiscono giudicato allo stato degli atti e, come tali, essendo suscettibili di modificazione per la sopravvenienza di nuovi elementi, non sono munite del carattere dell'irrevocabilità, che connota invece i provvedimenti con cui viene resa definitiva una condanna Sez. I numero 35614, 23 ottobre 2002 . 5. Il principio stabilito dalle Sezioni Unite è stato successivamente ribadito, escludendo l'ammissibilità del ricorso straordinario proposto dal procuratore generale a favore della parte offesa Sez. V numero 35186, 21 ottobre 2002 , nonché dei ricorsi avverso decisioni del giudice di legittimità aventi per oggetto l'ordinanza di affidamento in prova al servizio sociale Sez. V numero 38630, 13 ottobre 2003 , avverso provvedimenti adottati nella fase di esecuzione della pena da parte dei giudici di sorveglianza Sez. IV numero 38269, 30 settembre 2009 Sez. V numero 45937, 19 dicembre 2005 , di rigetto di istanza di riabilitazione Sez. IV numero 42725, 20 novembre 2007 , in materia di riparazione per ingiusta detenzione Sez. III numero 1265, 15 gennaio 2009 , di rigetto di incidente di esecuzione Sez. V numero 2727, 21 gennaio 2010 Sez. V numero 48103, 16 dicembre 2009 , in materia di sequestro preventivo Sez. IV numero 22497, 8 giugno 2007 . È stata altresì esclusa la legittimazione dell'imputato nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di annullamento senza rinvio per prescrizione del reato Sez. I numero 14869, 13 aprile 2007 e della parte civile o di altre parti processuali diverse dall'imputato condannato Sez. I 42114, 12 novembre 2008 Sez. I numero 11653, 14 marzo 2008 Sez. II numero 28629, 18 luglio 2007 . Con riferimento specifico ai procedimenti incidentali de libertate, l'ammissibilità del ricorso straordinario è stata successivamente esclusa sempre in ragione del carattere eccezionale della disposizione che lo disciplina e la conseguente impossibilità di applicazione analogica Sez. II numero 11741, 14 marzo 2008 . 6. I principi in precedenza richiamati sono pienamente condivisi dal Collegio, che non intende discostarsene, rilevando conseguentemente che il ricorso, in quanto concernente una decisione di questa Corte relativa ad un provvedimento emesso dal Tribunale quale giudice del riesame, non è ammissibile ”. 6. La decisione ora ricordata ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato dal sig. D.M. e ha definito la fase incidentale, così che può parlarsi di avvenuta formazione di giudicato cautelare essa costituisce un precedente che può inibire la presentazione di una nuova impugnazione che, come la presente, sottoponga a controllo il medesimo provvedimento del tribunale del riesame, abbia analogo contenuto e sia fondata sulla medesima disposizione di legge di riferimento si veda, Sez.3, numero 23976 del 3/3/2011, Varvara, rv 250376 . 7. Deve a questo punto essere preso in esame il diverso mezzo d'impugnazione proposto ai sensi dell'articolo 130 cod. proc. penumero e unito al presente procedimento per evidenti ragioni di unicità di giudizio. 8. La disposizione contenuta nell'articolo 130 cod. proc. penumero , la cui rubrica recita Correzione degli errori materiali , appronta un strumento destinato a porre rimedio a errori o omissioni contenuti nel provvedimento del giudice, ma esclude espressamente che esso sia utilizzabile come alternativa allo strumento ordinario costituito dalla impugnazione infatti, la norma contiene l'espressa previsione secondo cui il ricorso alla procedura di correzione è escluso in presenza di errori che determinano nullità o la cui eliminazione comporterebbe una modificazione essenziale dell'atto . Va aggiunto, a completamento dell'esame della disposizione, che il secondo comma prevede che dell'ordinanza che ha disposto la correzione è fatta annotazione sull'originale dell'atto , cosa che porta a esclude che l'articolo 130 cod. proc. penumero possa essere utilizzato come strumento che conduce alla revoca del provvedimento contenente l'errore. 9. Questa Corte ha affrontato in plurime occasioni il tema dei rapporti fra le disposizioni contenute negli articolo 130 e 625-bis cod. proc. penumero , disposizione quest'ultima introdotta dall'articolo 6, comma 6, della legge 26 marzo 2001, numero 128 al fine di offrire alla Corte di cassazione la possibilità di correggere i propri provvedimenti non emendabili sotto l'egida del citato articolo 130. In particolare, secondo la giurisprudenza di legittimità si parla di errore materiale quando sussiste la mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica , mentre si parla di errore di fatto quando si verificano una svista o un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo in tale contesto la Corte ha precisato che restano estranei all'ambito degli errori di fatto gli errori di valutazione e di giudizio , che vanno assimilati agli errori di diritto. Tali principi, fissati tra le altre da Sez. I, numero 45731 del 13/11/2001, Salerno rv 220373 , sono stati accompagnati dalla precisazione che l'errore materiale richiamato dall'articolo 625-bis cod. proc. penumero , era già previsto come emendabile, a determinate condizioni, dall'articolo 130 cod. proc. penumero , mentre l'errore di fatto ex articolo 625 bis cod. proc. penumero è assimilabile a quello revocatolo già previsto, in materia civile, dall'articolo 391-bis cod. proc. civ. . 10. La Corte ha inoltre avuto modo di esaminare espressamente l'ipotesi che il Collegio di legittimità non abbia rilevato l'irregolare costituzione del rapporto processuale per difetto di notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza e, in linea con l'interpretazione della legge ora ricordata, ha affermato che in tale ipotesi il condannato con sentenza confermata dalla corte di legittimità può chiedere di ottenere la correzione ex articolo 625-bis cod. proc. penumero in tal caso, la corte ha la facoltà di revocare la propria precedente decisione e procedere immediatamente all'esame dei motivi di ricorso si veda Sez.6, numero 40628 del 16/10/2008, Iannò, rv 241526 . 11. L'esame complessivo della giurisprudenza di legittimità conduce ad affermare che l'errore commesso dalla Corte di cassazione consistente nell'omessa rilevazione del vizio di notificazione al difensore del ricorrente e nella conseguente celebrazione del giudizio in assenza di valida costituzione del rapporto processuale integra un errore di fatto riconducibile alla previsione di cui all'articolo 625-bis cod. proc. penumero detto errore non può, invece, trovare rimedio mediante il ricorso all'articolo 130 cod. proc. penumero , che prevede la correzione dei soli errori materiali che non integrino una ipotesi di nullità si veda per tutte Sez.5, numero 21050 del 7/4/2011, Gilardi, rv 250404 e non modifichino il contenuto essenziale della decisione. 12. A parere di questo giudice, disattendendo sul punto la sollecitazione del ricorrente, le conclusioni adesso esposte non sono smentite, ma trovano anzi conferma nella sentenza di questa Sezione, numero 1265/2009 dell'11/12/2008, che ha ritenuto applicabile l'articolo 130 cod. proc. penumero alla ipotesi in cui la precedente sentenza della Corte di cassazione abbia omesso del tutto di pronunciare sulla impugnazione di uno dei ricorrenti. La motivazione della sentenza così illustra le ragioni della decisione Da un lato è indubitabile che nelle vicende umane il vero ed il giusto non possano essere rimessi sempre in discussione e che esiste un momento in cui la dinamica processuale deve comunque arrestarsi per cedere il posto all'esigenza di certezza e di stabilità di decisioni giurisdizionali quali fonti regolatrici di relazioni giuridiche e sociali Cass. Sez. 1^, 6.10.1998 - Bompressi ed altri . A tale indiscutibile esigenza di certezza si contrappone, per altro verso, quella, altrettanto significativa, di porre rimedio agli errori di cui palesemente sia affetta una decisione ormai non più soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione. La Corte Costituzionale è intervenuta più volte in proposito, evidenziando che al di là della più volte affermata inammissibilità di richieste che mirino alla introduzione nel sistema processuale di un mezzo straordinario di impugnazione che, in presenza di determinate condizioni, consenta di ovviare alle conseguenze, ritenute lesive di diritti dell'imputato, di presunti errori contenuti nelle pronunce della Corte di Cassazione, in relazione al quale diverse potrebbero essere le soluzioni adottabili v. sentenze nnumero 294 del 1995, 21 del 1982 e 136 del 1972 - resta il fatto che l'errore di tipo percettivo in cui sia incorso il giudice di legittimità, e dal quale sia derivata l'indebita declaratoria di inammissibilità del ricorso con l'ovvia conseguenza di determinare l'irrevocabilità della pronuncia oggetto di impugnativa rappresenta eventualità tutt'altro che priva di conseguenze per il rispetto dei principi costituzionali coinvolti cfr. sent. numero 0395/2000 . Siffatta evenienza, invero, si porrebbe, come sottolineava la Corte, in automatico e palese contrasto non soltanto con l'articolo 3, ma anche con l'articolo 24 Cost., per di più sotto uno specifico e significativo aspetto, quale è quello di assicurare la effettività del giudizio di cassazione. Di qui la necessità che all'errore di tipo percettivo debba porsi necessariamente rimedio. Nel dichiarare la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articolo 629 e 630 e ss. c.p.p., la Corte costituzionale sottolineava come fosse compito della Corte di Cassazione - odierna remittente -svolgere appieno la propria funzione di interpretazione adeguatrice del sistema, individuando, all'interno di esso, lo strumento riparatorio più idoneo sent. cit. . L'ipotesi in cui addirittura vi sia stata, come nel caso di specie, una omessa pronuncia sul ricorso proposto non può rimanere, certamente, priva di tutela . Il ricorso al procedimento di correzione ex articolo 130 c.p.p. è stato incanalato, proprio nell'ottica della definitività ed immodificabilità dei provvedimenti della Corte di Cassazione, entro rigorosi limiti e applicabile ai soli casi di divergenza manifesta e casuale tra volontà del giudice e rappresentazione grafica della stessa. È quindi possibile ricomprendervi sia gli errori in senso stretto che le omissioni, sempre che siano frutto di una vista. Si è però prevista la possibilità di esperire il suddetto rimedio anche nei casi in cui l'errore si risolva nella omissione di statuizioni derivanti da un obbligo normativo, sì che l'intervento correttivo sia configurabile come un atto dovuto ed automatico di recente le sezioni unite hanno ritenuto esperibile il rimedio di correzione dell'errore materiale ex articolo 130 c.p.p. nell'ipotesi di omessa condanna dell'imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile - cfr. Cass. sez. unumero sent. numero 3 del 31.1.2008 - Boccia . Non può revocarsi in dubbio che la pronuncia in relazione ad un ricorso costituisca atto dovuto e che l'eventuale omissione determini la lesione di diritti costituzionalmente garantiti. La sentenza della quarta sezione non ha espresso alcuna valutazione in ordine al ricorso del C. , avendo omesso di esaminarlo. È da ritenere, conseguentemente, esperibile il procedimento di correzione ex articolo 130 c.p.p. . 13. Come si vede, la fattispecie oggetto della decisione consiste in una omessa pronuncia sulla domanda del ricorrente, che è stata correttamente ricondotta all'interno della categoria dell'errore materiale al pari delle varie ipotesi di sentenza che ometta di applicare una misura obbligatoria, ipotesi che la Corte ha sempre ritenuto correggibili ex articolo 130 cod. proc. penumero si veda Sez.6, numero 2644/1999 del 22/9/1998, Passamonte, rv 213576 . Diverso il caso di cui si occupa la presente decisione il giudicante non ha omesso di pronunciare sulla domanda, bensì ha pronunciato senza ravvisare un vizio essenziale della citazione a giudizio che avrebbe imposto la rinnovazione della citazione stessa e la fissazione di una nuova udienza al fine di consentire alla difesa di partecipare al giudizio. 14. Esiste, in realtà, una risalente decisione che non sembra collocarsi in linea con le conclusioni qui esposte e che presenta aspetti di specifico interesse. Il riferimento è alla ordinanza numero 2005 del 22/5/1994 con la quale la Sesta Sezione Penale di questa Corte adottò una interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 130 cod. proc. penumero e provvide a correggere, revocandola, la sentenza resa dalla medesima Sezione all'udienza del 4/11/1994 in assenza di valida notificazione al difensore per poi disporre di procedere a ulteriore trattazione del ricorso, rinviando a nuovo ruolo. La motivazione dell'ordinanza, che è bene ricordare fu adottata nella vigenza del solo articolo 130 cod. proc. penumero e anteriormente all'entrata in vigore dell'articolo 625-bis cod. proc. penumero , individua una fattispecie storica oggi riconducibile alla disposizione dell'articolo 625-bis, citato, ma presenta indubbio interesse in quanto giunge a superare il dato letterale della disposizione di legge allora vigente richiamando i principi che la Corte costituzionale aveva fissato con le decisioni numero 17 del 30 gennaio 1986, numero 558 del 20 dicembre 1989, fino a giungere alla sentenza numero 36 del 31 gennaio 1991 . Le decisioni del giudice delle leggi avevano ad oggetto il procedimento di revisione delle sentenze civili per errore di fatto nella lettura degli atti interni al giudizio articolo 395, comma 4, cod. proc. civ. ed erano giunte ad affermare che le violazioni del diritto fissato dall'articolo 24, comma 2, Costituzione non potevano restare senza rimedio solo perché poste in essere dal giudice di legittimità. Tale principio, ricorda la motivazione dell'ordinanza in esame, aveva condotto il legislatore a introdurre a far data dall'I 1 gennaio 1993 la disposizione prevista dall'articolo 391-bis cod. proc. civ., che prevede la possibilità per la stessa Corte di cassazione di procedere in camera di consiglio alla fase rescindente e di rinviare alla pubblica udienza per la fase rescissoria . Ciò premesso, l'ordinanza afferma che una lettura sistematica e costituzionalmente orientata delle disposizioni codicistiche imponeva di rilevare che la inadeguatezza formale dell'articolo 130 cod. proc. penumero non poteva impedire l'applicazione anche alle sentenze penali dei principi fissati dalla Corte costituzionale e dal legislatore per le sentenze civili così che, con interpretazione adeguatrice , che rendeva superfluo l'intervento del giudice delle leggi, la Corte giudicò possibile dare una lettura dell'articolo 130 cod. proc. penumero comprensiva dell'intervento rescindente e della possibilità di revocare la sentenza pronunciata dal giudice di legittimità al termine di un giudizio condotto per errore senza il rispetto del diritto di difesa. 15. A questo punto, escluso che dopo l'introduzione dell'articolo 625-bis cod. proc. penumero la fattispecie oggi all'esame della Corte possa essere ricondotta sotto l'operatività dell'articolo 130 cod. proc. penumero , occorre chiedersi se il giudice delle leggi abbia assunto decisioni che consentano di percorrere soluzioni interpretative in grado di dare risposta alla questione posta dal ricorrente se esista un rimedio esperibile avverso l'errore essenziale della Corte di cassazione commesso in procedimento de libertate . 16. La sentenza numero 36 del 17 gennaio 1991, richiamata dalla citata ordinanza numero 2005/1994, ha fissato un chiaro principio concernente il processo civile che è stata così massimata il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento sarebbe gravemente offeso se l'errore di fatto, così come descritto dall'articolo 395, numero 4, cod. proc. civ., non fosse suscettibile di emenda sol per essere stato perpetrato dal giudice cui spetta il potere - dovere di nomofilachia. Tale principio, affermato dalla Corte costituzionale per l'errore di fatto in cui la Corte di cassazione incorra nel controllo degli atti del processo a quo, ai fini della decisione sulla sussistenza di eventuali nullità dello stesso procedimento o della correlativa sentenza denunciate ai sensi dell'articolo 395 cod. proc. civ., non può non valere anche anzi a fortiori per l'analogo errore in cui quella Corte incorra nella lettura di atti interni del suo stesso giudizio nella specie errore sulla data della notifica del ricorso . Così come del resto è previsto nella nuova norma introdotta dall'articolo 67 della legge 26 novembre 1990, numero 353. Pertanto l'articolo 395, numero 4, cod. proc. civ. va dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Cassazione anche per errore di fatto compiuto nella lettura di atti propri del giudizio di legittimità . 17. Con riferimento al processo penale e all'errore che si verifichi nel giudizio di cassazione, va ricordata la sentenza numero 395 del 17 marzo 2000 che, nel dichiarare inammissibile la richiesta di correzione della decisione della Corte di cassazione in tema di revisione, ha in motivazione affermato Al di là, dunque, della più volte affermata inammissibilità di richieste che mirino alla introduzione nel sistema processuale di un mezzo straordinario di impugnazione che, in presenza di determinate condizioni, consenta di ovviare alle conseguenze, ritenute lesive di diritti dell'imputato, di presunti errori contenuti nelle pronunce della Corte di cassazione - in relazione al quale diverse potrebbero essere le soluzioni adottabili v. sentenze nnumero 294 del 1995, 21 del 1982 e 136 del 1972 - resta il fatto che l'errore di tipo percettivo in cui sia incorso il giudice di legittimità, e dal quale sia derivata l'indebita declaratoria di inammissibilità del ricorso con l'ovvia conseguenza di determinare l'irrevocabilità della pronuncia oggetto di impugnativa rappresenta eventualità tutt'altro che priva di conseguenze per il rispetto dei principi costituzionali coinvolti. È evidente, infatti, che una simile evenienza - e non importa certo se statisticamente rara - si porrebbe in automatico e palese contrasto non soltanto con l'articolo 3, ma anche con l'articolo 24 della Costituzione, per di più sotto uno specifico e significativo aspetto, quale è quello di assicurare la effettività del giudizio di cassazione. Questa garanzia, infatti, si qualifica ulteriormente in funzione dell'articolo Ili della Costituzione, il quale non a caso prevede che contro tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale è sempre ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge. Ciò sta dunque a significare non soltanto che il giudizio di cassazione è previsto come rimedio costituzionalmente imposto avverso tale tipo di pronunzie ma, soprattutto, che il presidio costituzionale - il quale è testualmente rivolto ad assicurare il controllo sulla legalità del giudizio a ciò riferendosi, infatti, l'espresso richiamo al paradigmatico vizio di violazione di legge - contrassegna il diritto a fruire del controllo di legittimità riservato alla Corte Suprema, cioè il diritto al processo in cassazione. Da ciò, dunque, un evidente corollario. L'errore di tipo percettivo in cui sia incorso il giudice di legittimità e dal quale sia derivata l'indebita compromissione di quel diritto, deve avere un necessario rimedio. Ne consegue, di riflesso, che spetta alla stessa Corte di cassazione - odierna rimettente - svolgere appieno la propria funzione di interpretazione adeguatrice del sistema, individuando, all'interno di esso, lo strumento riparatorio più idoneo. Che tale strumento possa essere poi rinvenuto proprio all'interno dello speciale istituto previsto dall'articolo 130 cod. proc. penumero , non a caso oggetto del procedimento a quo, è aspetto che - tenuto conto delle ineludibili esigenze di adeguamento secundum constitutionem che la peculiare e delicata tematica, come si è detto, impone - dovrà essere scandagliato dalla stessa Corte rimettente, in linea, d'altra parte, con la funzione nomofilattica ad essa istituzionalmente riservata . 18. La decisione della Corte costituzionale, al di là dei passaggi motivazionali che meritano di essere ulteriormente approfonditi sul piano del metodo, ha come presupposto un vizio percettivo in cui sono incorsi i giudici della Corte di cassazione e che ha condotto ad omettere di pronunciare su parte della domanda come si è avuto modo di affermare con riferimento al caso simile riguardante l'omessa pronuncia della Corte di cassazione sull'intera posizione di un ricorrente, si è in presenza di vizio che non integra ipotesi di nullità e che non modifica il contenuto essenziale della decisione difettando semplicemente una decisione in parte qua un vizio che, a differenza della fattispecie oggetto del presente ricorso, può ricadere in via di principio all'interno della sfera di operatività dell'articolo 130 cod. proc. penumero . 19. Le considerazioni fin qui svolte possono essere così riassunte a. la sentenza della Corte di cassazione del 12/2/2013 oggetto del presente procedimento è caratterizzata da un vizio nella costituzione del rapporto processuale che invalida il giudizio e la decisione, vizio che può essere ricondotto alla nullità prevista dall'articolo 178, lett. c , cod. proc. penumero e che può ragionevolmente chiamare in causa anche i principi fissati dagli articolo 3, 24 e 111 Costituzione e dall'articolo 6 Cedu b. detta sentenza ha concluso in termini sfavorevoli al ricorrente il procedimento de libertate avviato con l'istanza di riesame avverso l'ordinanza che ha modificato in termini più rigorosi la misura cautelare in atto, così determinando l'esecutività dell'ordine di custodia in carcere c. avverso tale decisione non risultano esperibili secondo la giurisprudenza di legittimità, e dunque secondo il diritto vivente , gli strumenti di correzione previsti dall'articolo 130 cod. proc. penumero e dall'articolo 625-bis cod. proc. penumero d. sembra così potersi affermare che, a differenza di quanto avviene per i provvedimenti adottati dai giudici di merito, il sistema processuale non contempla strumenti di correzione per gli errori essenziali commessi nel giudizio de libertate in sede di legittimità e. anche ipotizzando che tale situazione giustifichi la successiva presentazione di una domanda riparatoria alla Corte Europea dei diritti dell'uomo da parte dell'odierno ricorrente, tale strumento non comporterebbe in sé un rimedio effettivo rispetto all'errore occorso e divenuto non emendabile senza che a ciò concorrano responsabilità della parte privata f. si potrebbe, a questo punto, osservare che la posizione giuridica del ricorrente non ha carattere di definitività, potendosi incidere sullo stato di custodia mediante l'attivazione di autonoma istanza al giudice delle indagini preliminari al fine di ottenere la modifica del regime custodiale. Si tratta di istanza che, peraltro, dovrebbe tenere in considerazione l'esistenza del giudicato cautelare generato proprio dalla sentenza della Corte di cassazione e imporrebbe al giudice delle indagini preliminari di operare esclusivamente sulla base di fatti ed elementi diversi rispetto a quelli del procedimento cautelare esaurito e presi in esame dalla sentenza viziata da errore. Va, infatti, escluso che il sistema processuale consenta al giudice delle indagini preliminari di sindacare la correttezza del giudizio di cassazione e di prescindere, in ragione del vizio in cui essa è incorsa, dalla decisione non revocabile che la Corte ha assunto. 20. Occorre a questo punto verificare se, sulla scia dell'indicazione contenuta nella richiamata sentenza numero 395/2000 della Corte costituzionale, esistano gli spazi interpretativi per individuare nella disciplina vigente uno strumento riparatorio idoneo e un rimedio effettivo all'errore in cui la Corte di cassazione è incorsa. 21. Tale ultima questione si sostanzia nella domanda se dell'articolo 625-bis cod. proc. penumero possa darsi una lettura che includa tra i soggetti legittimati a sollecitare la correzione dell'errore non solo il condannato , come si è motivatamente ritenuto fino ad oggi, ma anche il ricorrente che sia stato destinatario di una decisione sfavorevole nel procedimento de libertate . 22. Per rispondere a questa domanda occorre nel nostro caso esaminare in primo luogo le conseguenze dell'esistenza di una precedente decisione assunta con l'ordinanza numero 20931/2013, sopra richiamata. A tale proposito va rilevato che si è giunti a questo punto di esame muovendo dalla richiesta di correzione di errore ex articolo 130 cod. proc. penumero , disposizione che non ha come oggetto le sole sentenze definitive in tema di responsabilità e che non conosce il limite fissato dall'articolo 625-bis cod. proc. penumero Va rilevato, poi, che in applicazione del principio del favor impugnationis , una volta rilevato che l'errore denunciato non è riconducibile nella sfera di applicazione dell'articolo 130, citato, questa Corte ritiene di ricondurre la richiesta del sig. D.M. all'ambito di operatività dell'articolo 625-bis cod. proc. penumero , disposizione che secondo la ricordata giurisprudenza ricomprende l'ipotesi di errore percettivo come quello denunciato. 23. Ciò premesso, la Corte rileva come la regola di preclusione basata sull'esistenza di precedente pronuncia è stata criticamente esaminata e superata dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza numero 113 del 9 febbraio 2011. In tale decisione, avente ad oggetto una questione di contrasto fra la disciplina interna e i principi dell' equo processo ex articolo 6 Cedu, si é affermato che l'esistenza di precedente decisione di non fondatezza della questione sollevata dal giudice di merito non preclude la riproposizione del tema nell'ambito del medesimo procedimento penale a condizione che non sussistano piena identità di oggetto, di parametro normativo e di argomenti. L'evidente favore dimostrato dalla Corte costituzionale per l'effettività della verifica di legittimità della legge e della tutela dei diritti interessati consente di considerare che nel caso presente sia il dato normativo preso in esame sia il percorso argomentativo seguito da questa Corte non coincidono con il contenuto della ordinanza numero 20913 del 26/4/2013, più volte citata. Inoltre, quest'ultima decisione non ha affrontato neppure indirettamente il tema della compatibilità fra la normativa processuale e i principi costituzionali e sovranazionali che sono stati qui richiamati e che verranno di seguito specificati. Quanto esposto consente alla Corte di concludere che non sussiste una preclusione a che nel presente procedimento si proceda a nuovo e diverso esame e in tale contesto eventualmente investire la Corte costituzionale della questione di legittimità di seguito precisata. 24. Una volta esclusa l'esistenza di una preclusione processuale, occorre verificare se la disposizione dell'articolo 625-bis cod. proc. penumero possa essere interpretata nel senso che anche la persona non condannata è ammessa a richiedere la correzione dell'errore di fatto commesso dalla Corte di cassazione soluzione che consentirebbe a questa Corte di provvedere direttamente alla correzione e di non interessare il giudice delle leggi. 25. A tale proposito due osservazioni si impongono. Il testo dell'articolo 625-bis, commi 1 e 2, cod. proc. penumero appare univoco nel limitare al condannato e al procuratore generale la facoltà di richiedere la correzione. La citata giurisprudenza di legittimità ha illustrato le ragioni che rendono coerente col sistema processuale la scelta del legislatore di adottare simile limitazione. 26. Entrambi i profili si oppongono, a parere di questa Corte, in modo decisivo a una interpretazione adeguatrice che si muova sulla scia dell'invito contenuto nella motivazione della sentenza numero 395 del 2000 della Corte costituzionale. 27. Devono sul punto considerarsi decisive sul piano metodologico e interpretativo le motivazioni che la stessa Corte costituzionale ha offerto con le sentenze numero 110 del 2012 e numero 232 del 2013, decidendo su questioni sollevate con riferimento all'articolo 275, comma 3, cod. proc. penumero Con l'ultima di tali decisioni la Corte costituzionale ha esaminato l'ordinanza di rimessione del Tribunale di Salerno che, non condividendo le scelte adottate con la sentenza numero 4377 del 20/1/2012 della Corte di cassazione, muove dalla convinzione che non sia possibile applicare estensivamente in via interpretativa all'articolo 609-octies cod. penumero i principi fissati con riguardo ad altre fattispecie criminose dalle sentenze numero 265/2010, 164/2011, 231/2011 e 331/2011 dichiarative di parziale illegittimità costituzionale del citato articolo 275, comma 3. 28. La sentenza numero 232 del 2013, nel dichiarare la parziale illegittimità costituzionale della disposizione di legge processuale, afferma, tra l'altro, quanto segue In via preliminare, deve rilevarsi la correttezza della tesi del rimettente che esclude la praticabilità, nel caso in esame, di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma sospettata di illegittimità costituzionale. Infatti, questa Corte ha più volte affermato che l'univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale sentenza numero 78 del 2012 e, a proposito della presunzione assoluta dettata dall'articolo 275, comma 3, cod. proc. penumero , ha già ritenuto che le parziali declaratorie di illegittimità costituzionale della norma impugnata, relative esclusivamente ai reati oggetto delle varie pronunce, non si possono estendere alle altre fattispecie criminose ivi disciplinate sentenza numero 110 del 2012 . 29. L'applicazione di tali principi al caso in esame conduce a concludere che il testo e la ratio dell'articolo 625-bis cod. proc. penumero sono incompatibili con una interpretazione adeguatrice della disposizione e che occorre investire il giudice delle leggi della questione di legittimità di tale disposizione. 30. E, infatti, venendo al profilo di non manifesta infondatezza del contrasto che questa Corte ravvisa fra il disposto dell'articolo 625-bis, commi 1 e 2, cod. proc. penumero e le disposizioni della Costituzione e della Cedu, possono richiamarsi le complessive argomentazioni esposte in precedenza e sintetizzate al punto 19 e può conclusivamente osservarsi quanto segue a. la non effettività del controllo previsto dal comma 7 dell'articolo 111 Costituzione e delle garanzie fissate dal comma 2 del medesimo articolo assume una specifica valenza nel caso in esame vertendosi in materia di libertà personale e considerando che l'omissione ha dato luogo alla applicazione di misura cautelare carceraria in assenza di rimedi all'errore posto in essere dalla Corte di cassazione. Appare, dunque, applicabile al caso in esame il principio fissato per il processo civile dalla sentenza della Corte costituzionale numero 36 del 1991, citata, secondo cui non è ammissibile che l'errore di fatto resti privo di possibile correzione solo perché l'errore commesso dalla Corte di cassazione riguarda una ordinanza cautelare e non una sentenza che definisce il processo b. l'assenza di strumenti processuali che consentano di rimediare all'errore adesso ricordato rende non emendabile la violazione dell'articolo 24, comma 2, della Costituzione verificatasi con la non giustificata compressione del diritto dell'indagato e del suo difensore di essere informati della celebrazione del giudizio di cassazione e di essere posti in condizione di parteciparvi utilmente c. quanto si è appena ricordato evidenzia l'esistenza di un sistema processuale privo di strumenti effettivi di correzione dell'errore essenziale che conduca a limitazioni di diritti fondamentali dell'indagato e questo sembra alla Corte evidenziare un contrasto delle norme di rito coi principi del processo equo contenuti nell'articolo 6, comma 3, Cedu. Si è in presenza di contrasto che chiama in evidenza la disposizione contenuta nell'articolo 117, comma 1, della Costituzione alla luce dei principi interpretativi fissati dalla Corte costituzionale a far data dalle sentenze numero 348 e 349 del 2007 d. infine, non manifestamente infondata appare la esistenza di un profilo di contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, posto che la eventuale impossibilità di correggere l'errore in cui la Corte di cassazione sia incorsa conduce alla ingiustificata differenza di trattamento nel regime attinente la libertà tra persone che, trovandosi in situazione analoga, hanno sollecitato il controllo del giudice di legittimità e partecipato di giudizi svoltisi, in un caso, nel rispetto del contraddittorio e, nell'altro, senza che la persona e il suo difensore siano stati posti in condizione di partecipare all'udienza camerale. 31. Quanto esposto nelle pagine che precedono fonda il giudizio di rilevanza della questione rispetto alla posizione del sig. D.M. e alla decisione che questa Corte deve assumere nel presente procedimento. Invero, solo la possibilità di ottenere la correzione dell'errore, e cioè la revoca della sentenza pronunciata in assenza di contraddittorio, consentirebbe di rinnovare il controllo sulla ordinanza del tribunale del riesame e di emanare una decisione rispettosa dei diritti della persona, pervenendo alla formazione di un giudicato cautelare conforme a diritto. Nessuna diversa soluzione può dare corso a un controllo sul provvedimento restrittivo della libertà che sia effettivo e conforme al compito affidato alla Corte di cassazione dalla nostra Carta costituzionale. P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 625-bis cod. proc. penumero nella parte in cui non consente alla persona indagata di attivare la procedura di correzione dell'errore materiale o di fatto commesso dalla Corte Suprema di Cassazione decidendo nel procedimento de libertate , avendo riferimento agli articolo 3, 24, 111 e 117, comma 1, Costituzione. Sospende il giudizio e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per la notificazione dell'ordinanza alle parti, al Procuratore generale, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.