Non luogo a procedere se la situazione di innocenza appare di tutta evidenza

Elevata probabilità sta a significare alta probabilità logica e non mera possibilità statistica.

La Suprema Corte, con sentenza n. 41860/13 depositata il 10 ottobre, ha avuto occasione di rammentare la funzione dell’udienza preliminare e l’essenza della sentenza di non luogo a procedere. In particolare la S.C. ha precisato che l’udienza preliminare ha natura processuale e non di merito essa è un mezzo per evitare dibattimenti inutili e non per accertare la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato. In tale sede, il metro di valutazione del G.U.P. non é la mera innocenza del soggetto, bensì l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio. Il caso responsabilità medica. Venivano rinviati a giudizio e, in sede di udienza preliminare, assolti con sentenza di non luogo a procedere tre medici, due dei quali imputati per omicidio colposo in forma omissiva l’uno per aver comunicato con ritardo i risultati di un pap-test avente dato esito positivo l’altro per non aver somministrato idonee terapie all’esito del terzo ciclo di chemioterapia , avendo le loro omissioni cagionato una gravissima neutropenia chemioterapica avente condotto al decesso di una paziente, e il terzo per rifiuto di atti d’ufficio lo stesso rifiutava di intervenire presso il domicilio della chiamante, nonostante la sintomatologia evidenziasse una situazione di allarme . Ad avviso del G.u.p., la formulazione del delitto di cui all’articolo 328 c.p. escludeva la rilevanza penale della condotta della Guardia Medica, dal momento che, in concreto, non era rinvenibile l’elemento del dolo, ma, al più, una grossolana negligenza. Quanto agli altri due medici, il giudice rilevava di non poter concludere con certezza circa le cause del decesso della paziente, e ciò sulla base del contrasto tra quanto sostenuto dal perito leucopenia per eccesso di chemioterapia, derivante dalle condotte degli imputati e quanto affermato dal CT della difesa morte per appendicite . Il giudicante, inoltre, ha interpretato la locuzione elevata probabilità quanto al rapporto di causalità intercorrente tra l’omesso intervento e l’evento morte come affermazione di mera ipotesi, dimenticando che, in ossequio alla sentenza SSUU Franzese, tale dizione sta a significare alta probabilità logica e non mera possibilità statistica. A fronte della sentenza emessa dal G.U.P., le parti civili esperiscono il ricorso per cassazione, unico mezzo impugnativo loro concesso. Esse sollevano plurime doglianze circa l’illegittimità del provvedimento camerale, entrando, persino, nel merito della vicenda, evidentemente ‘deviati’ proprio dal contenuto del provvedimento impugnato, che si é spinto ad indagare ciò che, di norma, é riservato alla fase meritoria - dibattimentale. Il ricorso è ammesso una sentenza di non luogo a procedere del tutto originale. La Suprema Corte ritiene che il ricorso sia fondato e annulla la sentenza impugnata. Attraverso una magistrale lezione di diritto processuale, i Giudici della legittimità ricordano come l’udienza preliminare abbia natura processuale e non di merito la ratio della sua introduzione, infatti, è evitare dibattimenti inutili e non accertare la colpevolezza dell’imputato. Il G.u.p., per l’appunto, deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere in presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile nel dibattimento, neppure attraverso l’acquisizione di nuovi elementi di prova o da una differente valutazione del compendio probatorio già agli atti. Il metro di giudizio non è l’innocenza. Anche alla luce della disposizione di cui all’art. 425 comma 3 c.p.p. per cui il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio , è, quindi, evidente che il criterio di valutazione per il giudice non sia l’innocenza, bensì l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio. Il controllo che la Corte Suprema può effettuare, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. d ed e c.p.p., concerne esclusivamente la riconoscibilità del criterio prognostico circa la sostenibilità dell’accusa in dibattimento. Diversamente opinando, infatti, si finirebbe per riconoscere un compito anticipatorio delle valutazioni sulla prova da assumere, così compromettendo anche la possibilità che il g.u.p. stesso revochi la sentenza di non luogo a procedere emessa, alla luce di sopravvenute o scoperte fonti di prova. Nello specifico, il G.u.p. era incorso in palesi omissioni valutative, aventi comportato un’insufficiente motivazione. Egli, infatti, non ha effettuato il giudizio prognostico circa la tenuta probatoria della vicenda in dibattimento, ma, anzi, ha anticipato egli stesso delle valutazioni decisamente tipiche della fase dibattimentale, a lui precluse. Per queste ragioni, il ricorso è meritevole di accoglimento e ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 luglio - 10 ottobre 2013, n. 41860 Presidente Foti – Relatore Massafra Ritenuto in fatto Ricorrono per cassazione, tramite il difensore di fiducia, munito dell'apposita procura speciale, M.A. e C.A. , parti civili costituite nel procedimento penale n. 4770/2008, avverso la sentenza emessa in data 31.10.2012 ai sensi dell'art. 425 c.p.p., su conforme richiesta del P.M., dal G.u.p. del Tribunale di Trento con la quale B.A. , V.F. e S.A. venivano assolti perché il fatto non costituisce reato dal delitto di omicidio colposo in danno di C.P. . In particolare, secondo l'imputazione disposta coattivamente dal G.i.p. dopo due successive reiezioni della richiesta di archiviazione del P.M. e a seguito di duplice opposizione delle parti civili , il B. , quale dirigente a tempo indeterminato presso l'U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale omissis , cagionava la morte di C.P. , per colpa consistita nel sottoporre la predetta ad esame enologico vaginale pap-test e prelievo citologico in data omissis , non adoperandosi affinché fosse data tempestiva comunicazione dell'esito referto dell' lesione intrapiteliale squamosa di alto grado carcinoma in situ Si consiglia controllo colposcopico con biopsia derivando dal ritardo reso noto solo il omissis , un aumento significativo delle dimensioni della neoplasia da cui la paziente era affetta divenuta localmente avanzata omissis sì da richiedere un trattamento chemioterapico preoperatorio il V. nella sua qualità di medico presso l'U.O. di Oncologia dell'Ospedale omissis , cagionava la morte di C.P. , per colpa consistita nell'omettere la somministrazione di una profilassi con fattori di crescita granulocitari dopo il terzo ciclo di chemioterapia omissis nella predetta paziente che aveva dimostrato una marcata sensibilità dell'effetto tossico ematologico dei farmaci impiegati per l'effetto delle predette omissioni concause dell'evento insorgeva una gravissima neutropenia da chemioterapia tale da condurre la vittima ad decesso verificatosi in data . Il S. , invece, rispondeva del delitto di cui all'art. 328 c.p. perché rifiutava di intervenire presso il domicilio di C.P. nonostante fosse di servizio quale guardia medica e nonostante la predetta presentasse una sintomatologia tale da configurare una situazione di allarme clinico fatto dell' . Il G.u.p., rilevata la natura dolosa del delitto di cui all'art. 328 c.p., escludeva la rilevanza penale della condotta tenuta dal S. che intervenne 50 minuti dopo la prima e 30 minuti dopo la seconda chiamata , ritenendo che, poiché in altro consimile ma ben più grave caso si era addivenuti all'assoluzione, non vi era ragione di ritenere possibile una diversa conclusione in quello in esame in cui si intravvedeva una semplice quanto grossolana negligenza. Per gli altri due imputati, il G.u.p. rilevava la non conclusa certezza delle cause del decesso, derivante da quanto ritenuto dal perito leucopenia da eccesso di chemioterapia, derivante, quindi, da omissioni ascrivibili agli imputati e quanto ipotizzato dai CT della difesa dell'imputato appendicite . Inoltre, laddove il perito aveva affermato che in caso di tempestivo avvertimento ad opera del primo imputato e di esatta prescrizione di terapia da parte del dr. V. , con elevata probabilità si sarebbe determinato un diverso corso degli eventi, le sue conclusioni riferivano solo di ipotesi, di probabilità, cioè, di mera verosimiglianza. Per quanto concerneva la posizione del V. , doveva ritenersi pacifica la mancata previsione della terapia di cui si contestava l'omessa prescrizione tra quelle autorizzate dalle linee guida in materia. Si rilevava infine, che, benché la soluzione offerta dall'imputato non fosse indiscutibilmente la migliore sotto il profilo dell'agente modello, andavano considerate le difficoltà oggettive della condizione e la complicazione logistica del trasferimento in ogni caso, concludeva il G.u.p., per la definizione della colpa grave con riferimento dell'addebito di imperizia , non poteva farsi riferimento al così detto agente modello. Le parti civili ricorrenti deducono, in sintesi, i motivi di seguito riportati. 1. La violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all'art. 328 c.p. e 13 dPR n. 41/1991 compiti ed obblighi del medico , richiamando al riguardo una gran messe di sentenze di questa Suprema Corte che affermano in casi analoghi l'integrazione del contestato reato di omissione/rifiuto di atti d'ufficio e contestando le argomentazioni svolte dal G.u.p. in ordine alla peculiare condotta del S. . 2. La violazione degli artt. 40 e 41 c.p. in relazione al nesso causale a per quanto attiene alla presunta mancanza di certezza sulle cause del decesso e sulla presunta ragionevolezza dell'ipotesi alternativa prospettata dai consulenti degli imputati B. e V. , evidenziando come, secondo il consulente della parte civile, non vi fosse prova documentale a supporto della tesi della causa alternativa dell'appendicite, invenzione dei consulenti degli imputati b per quanto attiene al mancato rispetto dei criteri di cui alla nota sentenza delle SS.UU. Franzese n. 30328 del 2002 , e conseguente vizio motivazionale sul concetto di elevata probabilità espressa dal perito Z. , da intendersi quale alta probabilità logica secondo la detta sentenza Franzese e non quale probabilità statistica avente rilevo meramente civilistico come ritenuto dal G.i.p. , assumendo che il G.u.p. aveva errato laddove aveva sostenuto che le conclusioni del perito riferivano solo di ipotesi di probabilità, in termini di verosimiglianza. 3. Il vizio motivazionale in relazione alla posizione del dr. V. , nonché l'errata valutazione delle risultanze peritali e l'errata interpretazione ed applicazione del principio delle presunzioni semplici di cui al'art. 2727 c.c., contestando che potessero essere considerate pacifiche conclusioni che invece erano state poi diffusamente trattate dal perito nel suo supplemento di relazione. 4. La violazione di legge per quanto concerne la corretta applicazione degli artt. 589, 42 e 43 c.p. nonché dell'art. 2236 c.c. disciplina in tema di responsabilità degli esercenti le professioni intellettuali il vizio motivazionale laddove il G.i.p. aveva ritenuto che il comportamento del V. integrasse un comportamento imperito e non, invece, anche negligente ed imprudente al solo fine di applicare la regola di cui all'art. 2236 c.c. sui problemi tecnici di particolare difficoltà, limitato, dalla giurisprudenza, al solo profilo dell'imperizia , osservando, fra l'altro, come il V. che il perito aveva lasciato intendere aveva commesso un grave errore non avesse incontrato un problema tecnico di particolare difficoltà e che, a differenza di quanto ritenuto dal G.u.p., il perito Z. aveva definito imprudente il comportamento del V. per non aver predisposto una profilassi con fattori di crescita granulocitari dopo il terzo ciclo e per non aver effettuato controlli ematologici. Sono state depositate tre memorie difensive nell'interesse dei rispettivi ricorrenti, a sostegno dell'impugnata sentenza. Considerato in diritto Il ricorso è sostanzialmente fondato e merita accoglimento. Alcune considerazioni di ordine sistematico s'impongono prima di procedere all'esame delle censure sopra riportate. Sia in giurisprudenza che in dottrina, si è dell'avviso che all'udienza preliminare debba riconoscersi natura processuale e non di merito, non essendovi alcun dubbio circa la individuazione della finalità che ha spinto il legislatore a disegnare e strutturare l'udienza preliminare, quale oggi si presenta, all'esito dell'evoluzione legislativa registrata al riguardo, e nonostante l'ampliamento dei poteri officiosi relativi alla prova lo scopo dell'udienza preliminare è quello di evitare dibattimenti inutili, non quello di accertare la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato. Di tal che, il giudice dell'udienza preliminare deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato solo in presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuovi elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito e ciò anche quando, come prevede espressamente l'art. 425 comma 3 c.p.p., gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio tale disposizione è la conferma che il criterio di valutazione per il giudice dell'udienza preliminare non è l'innocenza, bensì - dunque, pur in presenza di elementi probatori insufficienti o contraddittori sempre che appaiano destinati, con ragionevole previsione, a rimanere tali nell'eventualità del dibattimento - l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio. Insomma, il provvedimento ai sensi dell'ari . 425 c.p.p., pur motivato sommariamente, in effetti assume natura di sentenza sol perché la valutazione dopo il contraddittorio svolto in udienza preliminare è difforme da quella del pubblico ministero, ed implica assunzione del giudice della scelta d'inibire allo stato l'esercizio dell'azione penale contro l'imputato, salvo potenziale revoca. Pertanto, a fronte del ricorso, va tenuto in conto che il controllo di questa Corte sulla sentenza non può comunque avere ad oggetto gli elementi acquisiti dal P.M., bensì solo la giustificazione resa dal giudice nel valutarli. Quindi l'unico controllo ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d ed e consentito in sede di legittimità della motivazione della decisione negativa del processo, qual è la sentenza di non luogo a procedere , concerne la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d'insieme degli elementi acquisiti dal pubblico ministero Cass. pen. Sez. IV n. 2652 del 27.11.2008, Rv. 24250 Sez. VI, n. 20207 del 26.4.2012, Rv. 252719 . Diversamente, si giunge ad attribuire al giudice di legittimità un compito in effetti di merito, in quanto anticipatorio delle valutazioni sulla prova da assumere. E tanto si pone in contraddizione insanabile con la possibilità di revoca della sentenza da parte dello stesso giudice per le indagini preliminari, sopravvenute o scoperte nuove fonti di prova da combinare eventualmente con quelle già valutate art. 434 c.p.p. . In altri termini, paradossalmente, questa Corte potrebbe pregiudicare l'esito di un eventuale giudizio Cass. pen. Sez. V, n. 14253 del 13.2.2008, Rv. 23949 . Orbene, deve riconoscersi come il G.u.p. sia incorso in palesi omissioni valutative, conducenti alla insufficiente motivazione adottata, che, invece, nel caso di specie s'imponevano. Infatti, non è stato compiutamente operato il giudizio prognostico circa l'evoluzione probatoria in sede dibattimentale nella valutazione della vicenda. Tale non può ritenersi nemmeno quel ragionamento a fortiori seguito per escludere la possibilità di ravvisare l'integrazione del reato di cui all'art. 328 c.p. ascritto al S. , poiché, oltre ad essere smentito dalle pronunce di questa Corte che hanno esaminato analoghe vicende In tema di rifiuto di atti di ufficio, risponde di tale reato il sanitario comandato dal servizio di guardia medica che, richiesto di visita domiciliare urgente, non intervenga, pur presentando la richiesta di soccorso inequivoci connotati di gravità Sez. VI, n. 31670 del 5.6.2007, Rv. 236935 ed altre successive conformi non vale a dimostrare nemmeno la sussistenza della mera colpa grossolana o, comunque, ad escludere in radice la possibilità di un più approfondito accertamento in sede dibattimentale dell'atteggiamento assunto nell'occasione dal S. . Per non dire, poi, delle argomentazioni addotte a sostegno del proscioglimento dei coimputati B. e V. , laddove si pongono sullo stesso piano gli esiti, di chiaro tenore colpevolista, della perizia d'ufficio con le mere congetture relative alla supposta appendicite formulata dai consulenti della difesa, per giungere a ritenere un contrasto inducente l'incertezza della causa del decesso. Del tutto inconsistente e forzata è poi la tesi della mera imperizia del dr. V. la cui condotta ben può essere ricondotta anche nell'alveo dell'imprudenza. È vero che le censure mosse con il ricorso delle parti civili, benché questo abbia efficacia ai soli fini penali Cass. pen. Sez. VI, n. 2 2019 del 22.11.2011, Rv. 252774 e Sez. Un. n. 25695 del 29.5.2008, Rv. 239701 appaiono orientate ad una rivalutazione del materiale istruttorio e non già ad evidenziare le principali carenze motivazione della sentenza in esame secondo gli orientamenti sopra richiamati di questa Corte con focalizzazione dell'attenzione sulla insuperabilità della insufficienza o contraddittorietà degli elementi probatori acquisiti, ma tanto è chiaramente un portato necessariamente indotto dalla complessiva impostazione della sentenza impugnata con la quale il G.u.p., anticipando valutazioni decisamente proprie della fase dibattimentale a lui precluse, ha omesso la formulazione della prescritta prognosi di immodificabilità delle sue analisi e conclusioni decisionali nel corso dell'eventuale esperimento dibattimentale in tal modo i ricorrenti sono stati sostanzialmente sviati dalle precipue finalità poste a base del provvedimento impugnato e costretti ad entrare nel merito onde evidenziare l'erroneo ed irrituale percorso argomentativo adottato dal giudice a quo. Consegue l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Trento. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Trento.